domenica 31 maggio 2020

Confronto fra Parole e Musica secondo Rossini e Stendhal

 

«Se la voce umana, raffrontata agli strumenti, ha minor forza, possiede però, ad un grado perfetto, il potere di graduare i suoni. La diversità delle inflessioni, cioè l'impossibilità per la voce di essere "senza passione", è assai più importante, a parer mio, del vantaggio di  pronunciare le parole. (...) non sono le parole più forti come "vi odio a morte" oppure "vi amo alla follia" che fanno la bellezza di un verso; sono le "sfumature", sia nella posizione delle parole, sia nelle parole stesse, che "provano" la verità della passione e che destano in noi la simpatia. Ma le sfumature non possono essere ammesse, per mancanza di spazio, nelle cinquanta o sessanta parole che formano un'aria italiana; quindi le parole possono essere soltanto un semplice "canovaccio"; la musica ha il compito di rivestirlo di colori  vivaci.»

(Stendhal - 'Vita di Rossini' - Paris, 1824)
 

UNA PASSEGGIATA IN COMPAGNIA DI ROSSINI

Rossini (...) mi disse:
« (...) La musica non è un'arte imitatrice, ma tutta ideale quanto al suo principio, e quanto allo scopo, incitativa ed espressiva. La pittura e la scultura sono arti essenzialmente imitatrici, perciocchè imitano il vero; e l'ideale di quelle arti consiste nel formare di varie parti prescelte un tutto perfetto: Esse, imitando, rappresentano ciò che l'uom vede, e parlano agli occhi ed all'animo col muto linguaggio degli atteggiamenti. La musica non intende, e non può far pervenire agli orecchi una sembianza di tutto ciò che l'uom ode; ma lo risveglia, lo anima in mezzo ai pericoli delle battaglie, lo conforta e lo fa lieto nella solitudine dei campi, e con nuovo linguaggio, tutto suo proprio, parla al cuore, ridesta le affezioni più vive, rallegra, rattrista, atterrisce, commove. Saprete già che vi sono quattro caratteri o generi  di musica; il marziale, il pastorale, il severo, il grazioso. La musica  guerresca e la pastorale, poco meno del tempo antiche, sono un trovato  dell'uomo, il quale per sua natura cerca il diletto, ed abbisogna d'incitamenti e di conforto. Gli altri due generi, ideali ancor essi, sono più particolarmente espressivi. (...)
La musica può imitare imperfettamente solo quel vero che produce suono; la pioggia, il tuono, la tempesta, un piagnisteo lamentevole, uno strepito festoso. Il canto sì, il canto, di sua natura espressivo, in certo modo imita la  declamazione: Ma una facoltà sì limitata non si può prendere per l'attributo essenziale della imitazione. La musica è una sublime arte appunto perchè, non avendo mezzi per imitare il vero, s'innalza al di là della natura comune in un mondo ideale, e colla celeste armonia commove le passioni terrene. La musica, vi ripeto, è tutta ideale, non è un'arte imitatrice. (...)
Ponete ben mente, che l'espressione della  musica non è quella della pittura, e che non consiste nel rappresentare al vivo gli effetti esteriori delle affezioni dell'animo, ma nell'eccitarle in chi ascolta. E questa è la possanza del linguaggio, il quale esprime e non imita. Se non che la possanza del linguaggio è più  estesa, quella della musica più intensa. Le parole hanno virtù di rappresentare gli affetti alla mente e di concitarli nel cuore; la musica solo di concitarli, ma assai fortemente. La musica si può dire essere una specie di linguaggio armonioso. L'espressione della musica non è così chiara ed esplicita come la significazione della parole, non è così apparente e viva come le immagini e gli atteggiamenti della pittura, ma è più attraente e d'ogni poesia più poetica. La parola sarebbe un suono vano senza il significato attribuitole per convenzione. Non è così della musica, linguaggio espressivo per sè medesimo che, senza l'opera della mente di colui che ascolta, gli penetra immediatamente all'animo e fortemente lo commove. Il linguaggio della musica è comune ad ogni generazione di popoli, e da tutti s'intende, perchè s'intende col cuore. Aggiungete che è variatissimo per la varietà infinita delle modulazioni, ed acquista forza ed avvenenza dal concorso di più voci e di più suoni; dove le parole si succedono le une alle altre e, se molte ne uscissero ad un tempo, produrrebbero un mormorìo  confuso e perderebbero tutta la loro efficacia. La musica produce effetti maravigliosi quando si accompagna all'arte drammatica, quando l'espressione ideale della musica si congiunge alla espressione vera della poesia, ed alla imitativa della pittura. Allora, mentre le parole e gli atti esprimono le più minute e le più concrete particolarità degli affetti, la musica si propone un fine più elevato, più amplo, più astratto. La musica allora è, direi quasi, l'atmosfera morale che riempie il luogo, in cui i personaggi del dramma rappresentano l'azione. Essa esprime il destino che li persegue, la speranza che li anima, l'allegrezza che li circonda, la felicità che li attende, l'abisso in cui sono per cadere; e tutto ciò in un modo indefinito, ma così attraente e penetrante, che non possono rendere nè gli atti nè le  parole. Vi sono pur tante cose intorno a noi, le quali non per forza d'imitazione, non per un significato di convenzione, ma per virtù propria esprimono ed eccitano i nostri affetti. Un cielo sereno non imita il riso, e pure, perchè rallegra, lo chiamiamo ridente; chiamiamo trista la notte che ci risveglia melanconici pensieri. La musica drammatica spesso tiene luogo di quelle cose (notate bene tien luogo, non le imita) che senza essere la causa vera movente un affetto, pure lo eccitano in noi per loro stesse, perchè o sogliono precedere quella causa, o accompagnarla, o sono ad essa correlative. All'entrare in una foresta selvaggia ricettacolo di malandrini, l'oscurità del sito, il soffiare dei venti, il muoversi delle frondi, un incerto mormorio, un calpestìo, un fischio vi fa sgomentare, come se i masnadieri vi fossero sopra. Così, ad esempio, nell'ultim'atto dell' "Otello", prima del comparire di costui e prima ch'egli sfoghi la sua gelosa rabbia sull'infelice donna, la musica, se ottiene il fine a cui mirai, per sè medesima, indipendentemente dalle parole disporrà gli animi a quella orribile scena. Questa forza d'espressione si dee sentire da chi compone, non s'impara alle scuole, non vi son regole per insegnarla e tutta consiste nel ritmo. (...)
L'espressione musicale, vi dissi, sta nel ritmo, nel ritmo tutta la potenza della musica. I suoni non servono all'espressione, se non se come elementi di cui il ritmo si compone. Il magistero del compositore di musica consiste nel disporre dinanzi alla mente le scene o, come si suol dire, le situazioni principali del suo melodramma, nel considerare le passioni, i caratteri più rilevanti, la natura di esso, lo scopo morale, la catastrofe. Dee  quindi adattare con arte il carattere della musica al soggetto drammatico, e trovare un ritmo affatto nuovo, se il può, di nuovo effetto, se il può, ma tale che valga ad esprimere l'indole del dramma, e di mano in mano le situazioni, i caratteri, le passioni più rilevanti. Non si fermerà alle parole se non che per accordare con esse il canto, senza però scostarsi dal carattere generale della musica, che avrà trascelto, di guisa che le parole piuttosto servano alla musica, di quello che la musica alle parole. Le parole, in una scena patetica o terribile, saranno or liete or triste, ora di speranza ora di timore, di preghiera o di minaccia, secondo il movimento che a grado a grado il poeta volle dare alla scena. Se il maestro si farà a seguire di pari passo il senso delle parole, comporrà una musica non espressiva per sè  medesima, povera, volgare, fatta, dirò così, a mosaico, ed incongruente o ridicola.»

(riportato in: Antonio Zanolini - "Biografia rossiniana" - Bologna, 1875)

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