Cercando notizie sul celebre Alessandro Moreschi (1858 - 1922), unico castrato di cui esiste registrazione, ho scoperto che era collega e amico di altri due celebri nomi del Diciannovesimo Secolo, tra gli ultimi castrati ancora attivi al Vaticano: Domenico Mustafà e Domenico Salvatori.
Ero già a conoscenza delle registrazioni di Alessandro Moreschi, che avevo ascoltato con un velo di sorriso e reverenziale rispetto anni or sono, subito pensando all'epoca d'oro della grande musica barocca.
Interrogandomi su quanto sia rimasto nel nostro modo di cantare di quel mondo musicale perduto, ho cercato ulteriori notizie storiche e qualche documento audio. Mi sono messa così alla ricerca di tutte le tracce audio che il Moreschi aveva registrato nei primissi anni del '900 (si parla di 17 tracce ma in genere se ne conscono soltanto 2 o 3), ed ho trovato materiale interessantissimo che presto pubblicherò.
E tra le cose scoperte questo è quanto ora evidenzio: l'umbro Domenico Mustafà, famoso Soprano, (1829 - 1912), amico e collega di Moreschi, fu celebrato per la sua estensione (2 ottave piene), la bellezza della voce, l'abilità nelle colorature e nella tecnica dell'emissione, fu compositore, corista e poi nel 1860 direttore di coro di Papa Leone XII.
Fu anche rinomato come didatta, e qui arriva il bello: fu maestro anche di un celebre Soprano: Emma Calvé (1858-1942) di cui esistono numerosissime registrazioni.
Emma Calvé prese lezioni da Domenico Mustafà nel 1892, qualche tempo prima era stata allieva di Manuel García e Mathilde Marchesi, su cui mi riprometto di scrivere mentre porterò avanti le mie ricerche.
Domenico Mustafà, elogiato per la sua intelligenza, pur essendo Direttore perpetuo della Cappella Sistina decise di ritirarsi nel 1902 nominando Lorenzo Perosi suo discendente.
Le conclusioni di questo mio post arrivano a un punto logico: ascoltando non solo Moreschi ma anche le registrazioni dei cantanti dei primissimi anni del '900 si puo' affermare senz'ombra di dubbio che quando compositori come Bellini, Rossini, Donizetti e perfino Mascagni, (da che mi par di sentire sempre eseguito con OBBLIGO DI TRUCULENZA E SFORZO perché "verista"), non erano eseguiti come siamo abituati ad ascoltarli oggi, con necessità di urlo e spinta, ed essi stessi quando scrivevano le loro partiture, avevano in mente una tecnica e un'emissione completamente diverse da come siamo abituati oggi a intenderle in certi ambienti.
Rimane l'interrogativo che porgo a chi vorrà leggere il mio testo: cosa è rimasto nel nostro modo di cantare il repertorio ottocentesco di quel mondo musicale perduto?
1920: Emma Calvé, a 62 anni, ha registrato la Barcarolle di Offenbach
Astrea Amaduzzi