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martedì 5 luglio 2022

La registrazione a 78 giri e l'importanza del grammofono secondo alcuni cantanti lirici dell'età d'oro del belcanto


In questo articolo vedremo assieme come avvenivano le registrazioni di dischi a 78 giri e qual è l'importanza del grammofono, secondo alcuni cantanti lirici dell'età dell'oro dell'opera. Lasceremo dunque direttamente 'parlare', con le loro testimonianze scritte e il loro canto, i grandissimi Gigli, Lauri-Volpi, De Luca, la Jeritza e la Tetrazzini, ma anche Sarobe (allievo di Battistini) ed il maestro di canto Cocchi. 

 

GIGLI - Milano, 1918 - La prima esperienza di Beniamino Gigli con la registrazione della propria voce in grammofono:

« (...) avevo incominciato a incidere dischi.
F. W. Gaisberg della Voce del Padrone e della Victor Gramophone Company era venuto a Milano l'anno prima per prendere contatto con gli artisti ed anche per erigere uno stabilimento in luogo per la riproduzione delle matrici. Con le restrizioni del tempo di guerra applicate per i combustibili e il macchinario nuovo, era una faccenda piuttosto complicata. Tuttavia, Gaisberg riescì in un modo o nell'altro a mettere insieme uno stabilimento, andando persino a frugare, come egli stesso ha narrato, nei depositi di rifiuti a Porta Magenta.
Alla testa di questa sezione italiana della Voce del Padrone era stato posto il maestro Carlo Sabaino. Mascagni mi presentò a lui una sera, dopo una rappresentazione della "Lodoletta" al Lirico, ed egli mi chiese di andare a vederlo nel suo ufficio il giorno dopo. Fu là che, per la prima volta in vita mia, udii un disco di grammofono. Era l'aria "Com'è gentil" del "Don Pasquale"; il cantante era Enrico Caruso, di cui non avevo mai sentito la voce. Ascoltai - me ne ricordo perfettamente - con umiltà e reverenza. 

"Ora vorrei che lei venisse con me nello studio per le registrazioni" mi disse il maestro Sabaino. "Desidererei provare a incidere la sua voce. Che cosa le piacerebbe cantare? Non se ne preoccupi, è soltanto un esperimento."
Sentendomi molto eccitato, scelsi l'aria di Flammen, "Ah, ritrovarla nella sua capanna" della "Lodoletta". Il giorno dopo, il maestro me la fece sentire. Era una strana sensazione, starsene seduti in silenzio in una poltrona ad ascoltare la propria voce; ma ciò che riesciva ancor più sorprendente era l'affinità di tono che potevo agevolmente avvertire fra il disco mio e quello di Caruso che avevo udito il giorno innanzi. Mi lasciò incerto. Che aveva voluto lasciar intendere, il maestro Sabaino, con quella sovrapposizione?
Mi abboccai con Gaisberg e concordammo di fare dieci dischi in una volta sola, prevalentemente le arie più famose delle opere che già avevo cantato. L'elenco comprendeva "Cielo e mar" dalla mia primissima opera, la "Gioconda", con il si bemolle che mi aveva dato tante preoccupazioni; "Dai campi, dai prati" e "Giunto sul passo estremo" dal "Mefistofele"; "Recondite armonie" e poi "E lucean le stelle" dalla "Tosca"; "Addio alla madre" dalla "Cavalleria rusticana", e l'aria appena citata dalla "Lodoletta". Non occorreva molta chiaroveggenza da parte mia per intuire le future possibilità di questo meraviglioso strumento, ma ero certamente lungi dal prevedere che la sede centrale londinese della Voce del Padrone avrebbe dovuto un giorno stipendiare sei persone per occuparsi unicamente dei miei dischi. »

(da: Beniamino Gigli - "MEMORIE" - Arnoldo Mondadori Editore, 1957)


LAURI-VOLPI:

« (...) In quel tempo, nel periodo 1915-1935, soltanto voci non comuni erano invitate dalla grande Casa discografica americana VICTOR a lasciare memoria di sé nei solchi del "record" d'ebanite, invenzioni del sommo Edison. Era cosa ardua, allora, dare misura del proprio valore davanti a un sensibilissimo microfono, dentro una sala sorda, ovattata, sotto il controllo di un tecnico del suono, che, con gesti a distanza o con segnalazioni luminose, obbligava l'artista, anziché a concentrarsi nella esecuzione del pezzo, a distrarsi in continue interruzioni e snervanti ripetizioni.
Curiosa, la registrazione del Terzetto dell'Aida che incisi a Filadelfia accanto a Elisabetta Rethberg, cantatrice esimia per stile e preziosa omogeneità della gamma vocale, e a Giuseppe De Luca, baritono eccellentissimo per sapienza canora, duttilità di voce e ingegnosità interpretativa. Nel primo momento, ci si mise tutti e tre sulla stessa linea davanti ai microfoni. Poi si cambiò: De Luca incollò la bocca sull'apparecchio, la Rethberg fu collocata immediatamente alle spalle del baritono, ed io venni relegato a circa due metri di distanza dai due. Evidentemente, la vibrante e insurrezionale voce di Radames non riscuoteva la "simpatia" del mezzo tecnico. Ciononostante il Terzetto risultò accettabile, tanto che l'eminente critico Rodolfo Celletti lo considera, accanto a quello dell' "A te, o cara" dei Puritani, uno dei dischi esemplari, addirittura un disco che fa testo, della vecchia produzione.
Per la divina melodia belliniana, tremai e non dormii la notte precedente l'incisione. Temevo che quel terribile 'do diesis' sopracuto, a piena voce, avrebbe fatto andare la macchina d'incisione in frantumi. Cercai, con estrema attenzione e diligenza, di legare e alleggerire i suoni affinché non mi si facesse ripetere il pezzo che "fa tremare le vene e i polsi" di qualunque tenore odierno. Perché il primo interprete, Rubini, emetteva quella nota in falsetto, a imitazione dei sopranisti che prima di lui e di Nourit, sopraneggiavano nel registro cosiddetto "di testa", che oggi nessun pubblico consentirebbe. 


Allora non era dato all'artista ascoltarsi nel "provino". Dopo una settimana di attesa nervosa, tornai a Filadelfia per incidere in francese la Carmen, il Faust e la Leggenda di Kleintzack dai "Racconti di Hoffmann". Per la Carmen, da eseguirsi in francese e "alla francese", volli emettere quel "Je m'enivrais" a mezza voce, quasi un "misto", per adattarmi allo stile d'oltr'Alpe, in uso all'Opèra Comique parigina. Il Faust, anche in francese, presentava lo scoglio del "Je devine la présence" con quel 'do' di "présence" e quella "en" nasale e pericolosa che all'Opéra si esige venga emessa in falsetto. Riuscii però a spiegare la voce senza eccessiva ampiezza, in guisa che l'alta nota non alterasse l'equilibrio e le proporzioni dell'esecuzione complessiva. Dopo di che la direzione della VICTOR COMPANY richiese improvvisamente un altro brano in francese: la "Leggenda di Kleintzack", che io non conoscevo. Seduta stante, ne improvvisai l'incisione, leggendo il testo musicale. Chissà che cosa sarebbe venuto fuori. Per contro, la direzione ne rimase soddisfattissima, con grande mia sorpresa e incredulità. Quando ascoltai il disco, non potei però non rilevare a me stesso che la dizione francese era tutt'altro che ortodossa. 

Tuttavia il disco ebbe fortuna, al pari dello Schiavo di Gomez, la cui romanza "Quando nascesti tu" era famosa in quel tempo per essere stata eseguita da Caruso che, morto quattro anni prima, aveva lasciato dietro di sé una scia luminosa. La mia voce era in piena formazione e non poteva riprodurre le oscure risonanze di cui la voce partenopea aveva fatto tanto sfoggio nell'incisione del brano. Tentai dunque di introdurre sfumature e mezze voci nei punti propizi, secondo l'espressione verbale. (...) La novità consistente nell'alternare lo stile "eroico" al "romantico", in contrasto con l'enfasi cordiale della fonetica carusiana, non dispiacque ai dilettanti e agli studenti di canto che nella nuova versione, rilevarono nuove opportunità di adattamento secondo i vari criteri interpretativi. Altra melodia scabrosa per l'incisione mi si affidava negli Studi della Victor: "Eran rapiti i sensi" dalla Norma. Quella vocale "i" sul 'do' acuto, costituiva un problema serio sotto l'aspetto tecnico dell'incisione sonora. Un salto di "quarta" a piena voce (sen-si) poteva danneggiare l'intera registrazione. La quale, per altro, risultò nitida e carica di "élan vital": slancio degno di un Proconsole romano. (...) »

[da:  Ricordo, scritto da GIACOMO LAURI-VOLPI, dei Dischi a 78 giri registrati negli Stati Uniti (Filadelfia) nel periodo 1928-1929, e di come incise  il 16 gennaio 1928 "A te o cara" (dei "Puritani" di Bellini) in tono con  il do diesis sopracuto]



DE LUCA, sulle incisioni a 78 giri ascoltate da grammofoni:

Il signor De Luca rilascia alcuni pertinenti commenti sulla discussione che ha avuto luogo sull' "Open Forum" del "Musical America" su chi è il più grande baritono. Non è d'accordo, ad esempio, con quelli che, mentre vorrebbero indicare Battistini come il più grande baritono, lo considerano in realtà un tenore. "No, Battistini è un baritono", egli commentò, "un baritono che canta con arte meravigliosa, il suo registro è più bianco di quello di un baritono ordinario. Ma la sua voce è quella di un vero baritono". (...)
Il baritono non crede nel fonografo come infallibile test per la voce, come, del resto, è stato usato da alcuni corrispondenti dell' "Open Forum" nella discussione sul baritono più grande. "Ci sono alcune voci che rendono molto bene una volta registrate dalla macchina" disse, "come fossero certe facce che risultano più belle nello schermo". "Ci sono molti buoni cantanti le cui note non rendono bene se riprodotte, e per questa ragione io non credo che usare un registratore possa essere una prova affidabile. Inoltre essa non può mostrare l'arte drammatica del cantante, la sua espressione facciale, la presenza scenica, etc.".
"Comunque, non penso che, come alcuni dei lettori suggeriscono, questi dischi dei cantanti saranno di valore per la posterità tramandando un'idea di ciò che sono i cantanti del presente. Per esempio, noi abbiamo qualche registrazione di Battistini, ma non sono veramente buone e non daranno ai posteri un'adeguata impressione sul cantante."
(da un'intervista rilasciata da De Luca e pubblicata prima del debutto al Metropolitan di New York, del 25 novembre 1915 nel ruolo di Figaro - "Musical America", 6 novembre 1915)


Qualche anno più tardi affermava:
"Posso dire come riproduco un suono o una frase tramite le mie sensazioni. Naturalmente non posso udire l'effetto totale: nessun cantante può realmente udire l'effetto del suo lavoro, eccetto che sulla registrazione che gli può offrire, per la prima volta, il suono della sua voce". [Giudizio di De Luca sul disco nel 1920]
Molti anni dopo, il giudizio di De Luca sulle registrazioni a 78 giri cambiava radicalmente. Egli diceva che:
"Le registrazioni acustiche ci permettono di ricreare dal vivo interpretazioni famose e quindi costituire un legame diretto con l'eredità musicale ricevuta dal passato, come queste del presente che si legheranno a quelle del futuro. Quindi tali preziosi dischi devono essere conservati". [Affermazione di De Luca del 1949]

[come riportato in: William Shaman - "Giuseppe De Luca: A Discography" - Symposium Records, 1991]


JERITZA - 'Cantare per il fonografo':

(...) Quando mi recai nei laboratori della casa di produzione per la quale avevo accettato di fare dei dischi operistici, sapevo già una cosa per via della mia precedente esperienza: che dovevo cercare di cantare con la stessa naturalezza che usavo in palcoscenico. Ma una volta giunta lì, sapevo che l'unico modo per farlo sarebbe stato quello di dimenticare completamente quel che mi circondava, poiché l'ambiente a disposizione era tutt'altro che una scenografia.
Prima di tutto, le incisioni venivano fatte in una piccola stanza, talmente piccola che il gruppo dell'orchestra era ridotto a dieci o quattordici elementi che mi accompagnavano, i quali dovevano sedere vicini, faccia a faccia. Poi giungeva il momento del canto vero e proprio. Con l'orchestra posta così a ridosso del cantante il suono degli strumenti è così soverchiante da coprire la voce e cantando non riuscivo a sentirmi. Tale inconveniente, naturalmente, non si verifica mai una volta che il disco viene ultimato e perfezionato, e quando l'orchestra è stata "attenuata" in modo che la voce del cantante risalti sopra di essa.
Ma in quel momento risulta molto deconcentrante. Quando la cantante non riesce più a sentire la propria voce, si sente smarrita; tuttavia ho trovato il modo di superare tale difficoltà tenendomi le mani sulle orecchie, escludendo così l'orchestra. Una volta fatto ciò, sapevo di cosa si trattava e non ho avuto ulteriori problemi.
Dopodiché c'è la questione della regolazione della propria posizione, mentre si sta in piedi e si canta, in modo da essere esattamente alla distanza giusta dal ricevitore. Per i suoni del registro grave ci si deve avvicinare, per quelli del registro acuto ci si deve allontanare. Il meccanismo di ricezione è delicato: se il cantante produce un potente suono acuto troppo vicino alla macchina di registrazione, la sua pressione potrebbe facilmente danneggiare il ricevitore rompendolo. La pressione improvvisa dev'essere evitata. Se cantassi un passo 'piano' o a 'mezza-voce' ed improvvisamente dovessi produrre un suono acuto di potenza e volume considerevoli, il ricevitore, con ogni probabilità, non sopporterebbe lo sforzo.

La prima registrazione di un disco è sempre di tipo sperimentale. Consente alla cantante di sentirsi come ella 'non' vorrebbe risultare, le indica dove è in errore per quanto riguarda la distanza dalla macchina di registrazione, e le consente di apportare le dovute correzioni. Già la seconda registrazione, di regola, segna un progresso. E poi, avvicinandosi alla perfezione ad ogni ripetizione, arrivano una terza e una quarta registrazione e tante altre ancora quante ne possono essere necessarie per ottenere i risultati ottimali.
È facile dunque capire perché un'artista preferirebbe due ardue prove di palcoscenico ad una "sessione" di registrazione. È il genere peggiore di duro lavoro, ed assai arduo. In una piccola stanza, in circostanze ed ambienti del tutto diversi da quelli in cui di solito ella canta le proprie arie, l'artista è chiamata a cantarle ugualmente bene, se non meglio di quanto faccia in teatro. Eppure è una cosa fattibile se l'intelligenza e la concentrazione vengono esercitate a tal compito.
Una cosa che si tende a dimenticare è che mentre il ricevitore sta registrando, il minimo suono, una parola, un sussurro, il rumore di un movimento, la caduta di uno spillo, viene registrato assieme alla musica. È per questa ragione che solo all'artista stessa, ed a coloro che in altro modo sono direttamente coinvolti nel realizzare la registrazione, è permesso di stare in sala d'incisione. La prudenza è cosa saggia.
Ricordo che una volta ottenni il permesso di farmi accompagnare da un'amica affinché potesse assistere alla mia incisione di un disco. Era la ballata di Senta, da "L'olandese volante", e la mia amica aveva osservato con interesse il graduale sviluppo dell'incisione nel diventare un disco veramente ottimo. Quando, però, cantai il brano per l'ultima volta, per realizzare il disco finale, ella si dimenticò completamente della regola del silenzio, e non appena l'ultima nota uscì dalla mia bocca gridò, entusiasta: "Oh, l'hai cantata magnificamente!" L'accompagnamento non era ancora giunto al termine e com'era prevedibile, quando venne letto il disco quest'ingenua esclamazione "Oh, l'hai cantata magnificamente!" risuonò nel modo più comico possibile. Ovviamente, andò rifatto tutto daccapo.
E nonostante le pareti insonorizzate della sala di registrazione, certi rumori, se sono abbastanza acuti e striduli, entrano comunque. So che tutte le incisioni terminavano nell'avvicinarsi alle dodici di mattina, dato che altrimenti qualunque aria d'opera stessi cantando sarebbe stata interrotta dal suono dei fischietti della fabbrica che dappertutto annunciavano l'ora del mezzogiorno.
C'è un modo piuttosto sicuro per dire se la registrazione di un brano è venuta bene, anche se non la si è ascoltata. Non appena la registrazione è stata effettuata, si osservi il solco del disco al microscopio. La linea del solco rivela la verità: se questa è irregolare, con numerose interruzioni, il disco è privo di valore; se invece è regolare e non mostra interruzioni, allora quello sarà un buon disco

(...) When I journeyed out to the laboratories of the company for which I had agreed to make some opera records, I already knew one thing out of my previous experience: that I must try to sing just as naturally as I would on the stage. But when I arrived, I knew that the only way I could do so would be to forget my surroundings completely, for my setting was anything but a stage setting.
First of all the records were made in a small room, a room so small that the numbers of the little orchestra of ten or fourteen men which accompanied me had to sit close together, knee to knee. Then came the actual singing itself. With the orchestra so close to the singer the sound of the instruments is so overpowering that it drowns the voice and I could not hear myself sing. This effect, of course, is never made when the record has been finished and perfected, and the orchestra has been "toned down" so that the singer's voice stands out above it.
But at the time it is very distracting. When the singer no longer can hear her own voice she is at a loss; but I found myself able to overcome this difficulty by holding my hands over my ears, thus shutting out the orchestra. Once I did this I knew what I was about and had no further trouble.
Then there is the matter of adjusting your position, as you stand and sing, so that you are at exactly the right distance from the receiver. For deep register tones one comes closer, for high register tones one moves farther away. The receiving mechanism is a delicate one: if the singer produces a powerful high tone too near the machine, its pressure may easily break the receiver. Sudden pressure has to be avoided. If I were singing a passage 'piano' or 'mezza-voce' and suddenly were to produce a high tone of considerable power and volume, the receiver, in all probability would not stand the strain.
The first record made is always an experimental one. It enables the singer to hear herself as she would 'not' be, points out to her where she is at fault as regards her distance from the machine, and allows her to make the necessary corrections. The second recording already, as a rule, marks an advance. And then, growing nearer perfection with each repetition, come a third and a fourth and as many more recordings as may be necessary to secure the perfected results.
It is easy to see now why any artist should prefer two arduous stage rehearsals to one recording 'séance'. It is the hardest kind of hard work, and very exacting. In a small room, under circumstances and amid surroundings altogether different from those under which she usually sings her arias, the artist must sing them as well, if not better, than she does in the opera house. Yet it is something that can be done if intelligence and concentration are brought to bear on the task.
One thing apt to be forgotten is that while the receiver is recording, the least sound, a word, a whisper, the noise of a movement, the dropping of a pin, is recorded together with the music. It is for this reason that only the artist herself and those otherwise directly concerned in making the record are allowed to be in the recording room. The precaution is a wise one. I remember that on one occasion I secured permission for a friend to accompany me, and watch me make a record. It was "Senta's" ballad, from "The flying Dutchman", and my friend had watched with interest the gradual building up of the song into a really fine record. When I sang it for the last time, to make the final record, however, she forgot all about the rule of silence, and no sooner had the last note left my mouth than she cried out, enthusiastically: "Oh, you sang that beautifully!" The accompaniment had not yet come to an end and sure enough, when the record was played this artless cry of "Oh, you sang that beautifully!" rang out in the most comical way. Of course, the whole thing had to be done over again.
And in spite of the sound-proof walls of the recording room, certain noises, if they are high and shrill enough, manage to get in. I know that all recording came to an end when we neared twelve o'clock, since otherwise whatever opera air I was singing would have been punctuated by the sound of the factory whistles which everywhere announced the noon hour.
There is a fairly certain way of telling whether your record of a song has turned out well, even though you have not heard it. As soon as the record has been made one takes a look at the impression through a microscope. The line of the impression reveals the truth: if the line is irregular, with numerous breaks, the record is worthless; but if the line is smooth and shows no breaks, then the record will be a good one. (...)

(Maria Jeritza - "SUNLIGHT AND SONG, A Singer's Life", trans. by Frederick H. Martens - D. Appleton and Company, New York - London 1924 - trad. it. di Mattia Peli)



TETRAZZINI - 'L'artista e il grammofono':

PRIMA di congedarci dal tema dell'esercizio pratico, mi sia consentito aggiungere una parola sul valore del grammofono per lo studente intelligente. Si tratta, infatti, di un supporto davvero inestimabile. Se ascoltare i più grandi cantanti è per lo studente la più bella di tutte le esperienze, come potrebbe essere altrimenti? Poiché ecco, nella maniera più conveniente possibile, il mezzo indicato per farlo. Nelle prime pagine di questo volume ho documentato quali inestimabili benefici io abbia avuto nel mio caso dal costante ascolto del bel canto fin dalla mia prima infanzia. Ora, per mezzo del grammofono, lo stesso beneficio è a disposizione di chiunque, e questo ovunque egli, o ella, possa trovarsi a vivere.
Ai tempi della mia giovinezza solo coloro che abitavano nelle grandi capitali potevano sperare d'udire artisti come la Patti, Tamagno, Caruso, Battistini e così via, ed anche costoro solamente se i mezzi glielo permettevano, cosa che non accadeva spesso per quegli studenti che erano poveri.
Al giorno d'oggi chiunque può godere di questo privilegio inestimabile, ovunque risieda, con una spesa relativamente esigua grazie all'azione del grammofono.
E può sentirli cantare non solo di tanto in tanto, ma tutte le volte che vuole e direttamente a casa propria. Se gli capita di studiare qualche ruolo particolare può essere "istruito" - in questo che è il modo più pratico e insuperabile possibile - da tutti i più grandi artisti lirici del momento. Può prendere un'aria particolare e sentirla cantata da Caruso più e più volte finché non avrà familiarità con ogni dettaglio della sua interpretazione—può notare il suo respiro, il suo fraseggio e ogni altro dettaglio inciso sul disco, in una maniera che sarebbe del tutto impossibile con qualsiasi altro mezzo.
E dopo aver ascoltato Caruso, può pure sentire, se vuole, lo stesso brano cantato da diversi altri grandi artisti, e beneficiare ancora di più degli ascolti confrontando le loro rispettive letture—notando come si assomigliano o come differiscono, a seconda dei casi, apprendendo tra l'altro in questa fase quanto un'interpretazione possa divergere notevolamente da un'altra ed essere comunque di prim'ordine
.
Non solo, ma può allo stesso modo familiarizzare con intere opere, poiché alcune case discografiche pubblicano le raccolte complete delle opere più note che vengono riprodotte nella loro interezza: le parti vocali, l'orchestra e tutto in questo modo meraviglioso. Si potrebbe pensare, veramente, che la generazione futura, con il sostegno di un aiuto di così gran valore, debba fornirci ottimi cantanti in tale abbondanza che il mondo non ha mai visto precedentemente. Resta da vedere se sarà così o no. Ma certamente si può dire che mai prima d'ora gli studenti siano stati così straordinariamente aiutati. Io stessa ho il piacere di testimoniare che ho tratto il massimo beneficio oltre che gioia dalle registrazioni della Patti, mentre il signor John McCormack ha similmente riconosciuto il suo debito alle meravigliose interpretazioni di Caruso.
E spero, in tutta modestia, che gli studenti della generazione attuale possano trarre a loro volta un aiuto simile dalle registrazioni che io stessa ho realizzato. Senza dubbio il grammofono dovrebbe essere la guida, il filosofo e l'amico—l'aiuto e l'assistente più fidato e competente—non solo per ogni studente, ma anche per ogni insegnante dei giorni nostri.
Certamente, l'allievo è soltanto umano e spesso è riluttante a credere che ci siano gravi difetti nella propria voce. Mentre gli altri possono rilevare i suoi errori, l'allievo non può ascoltare in modo intelligente la propria emissione difettosa mentre canta.
Ma portatelo in una sala di registrazione e fatelo cantare nella tromba per registrare la propria voce, e assicuratevi che si riascolti mentre l'operatore prova il disco che ha fatto. Sarà sicuramente sorpreso di scoprire quanti difetti vi sono.
La sua emissione può essere ingolata, nasale o quel che volete. Il tutto è chiaramente evidenziato dal grammofono
.
Non esiste strumento che è così studiato per togliere la presunzione a un giovane artista come lo è il grammofono. L'osservare la sua faccia mentre ascolta per la prima volta la propria voce è di solito il godersi una pantomima in miniatura.
Tuttavia, il grammofono è uno stimolo per guidare l'artista verso la perfezione e, naturalmente, un grande aiuto per il professore di musica.

BEFORE leaving the subject of practising I should like to add a word as to the value of the gramophone to the intelligent student. This is, indeed, a truly invaluable adjunct. If to hear the greatest singers is the finest of all experiences for the student, how can it indeed be otherwise? For here in the most convenient manner possible is the means provided for doing this. In the earlier pages of this volume I have recorded what inestimable advantages I derived in my own case from the constant hearing of fine singing from my earliest childhood. Now, by means of the gramophone, the same advantage is at the command of every one wheresoever he, or she, may happen to reside.
In my younger days only those dwelling in the great capitals could hope to hear such artists as Patti, Tamagno, Caruso, Battistini, and so forth, and even those only if means permitted, which was not often in the case of poor students.
To-day any one can enjoy this priceless privilege, wherever he may happen to reside, for a comparatively small outlay through the agency of the gramophone.
And he can hear them not only now and again, but as often as ever he likes and by his own fireside. If he happens to be studying some particular rôle he can be "coached" in this most practical and unrivalled manner by all the greatest artists of the day. He can take a particular aria and hear it sung by Caruso again and again until he is familiar with every detail of his rendering—can note his breathing, his phrasing, and every other detail in a manner which would be quite impossible by any other means.
And having heard Caruso he can then hear the same number sung by various other great artists if he chooses, and benefit still more by comparing their respective readings—by noting how they resemble one another or how they differ, as the case may be, incidentally learning in the process how widely one interpretation may differ from another and still be of the highest order.
Not only this, but he can familiarise himself with entire operas in the same way, for certain of the companies issue complete albums of the best known works which are reproduced in their entirety—vocal parts, orchestra, and all in this marvellous manner. One would think, indeed, that the coming generation should provide us with fine singers in such plenty as the world has never known before with the aid of such priceless help.
Whether it will be so or not remains to be seen. But certainly it may be said that never before have students been so wonderfully helped. I myself have pleasure in testifying that I have derived the greatest benefit as well as delight from the records of Patti, while Mr. John McCormack has similarly acknowledged his indebtedness to the wonderful renderings of Caruso.
And I hope in all modesty that students of the present generation may derive similar help in turn from the records which I myself have made. Beyond a doubt the gramophone should be the guide, philosopher, and friend—the most trusted and most competent aid and coadjutor—not only to every student, but also to every teacher of the present day.
Of course, the pupil is only human and often reluctant to believe that there are grave faults in his voice. Whilst others can detect his mistakes, the pupil cannot listen intelligently to his own faulty emission while singing.
But take him to a recording-room and get him to sing into the recording-horn, and let him listen as the operator tries over the record he has made. He is sure to be surprised to find how many faults there are.
His production may be throaty, nasal, or what you will. It is all brought out clearly by the gramophone.
There is no instrument that is so calculated to remove the conceit from a young artist as the gramophone. To watch his face as he first listens to his own voice is usually to enjoy a miniature pantomime.
Nevertheless, the gramophone is a spur to drive the artist forward to perfection, and, of course, a great aid to the music professor.

(from: Luisa Tetrazzini - "How to Sing" - New York, George H. Doran Company, 1923 - trad. it. di Mattia Peli)

 


CONTRIBUTI MODERNI ALLA PEDAGOGIA VOCALE (GRAMMOFONO, RADIO, ECC.) — L'epoca moderna ha creato uno speciale complesso di elementi sussidiari, che possono recare un notevole contributo alla didattica vocale.
Il disco grammofonico, per esempio, può intanto costituire già un importante mezzo di cultura: esso consente la ripetuta esecuzione — e quindi la conoscenza, anche profonda — di molte musiche poco note, eppure interessantissime; ma sopra tutto consente un diretto esame delle diverse interpretazioni dei grandi artisti (magari già scomparsi o lontani) e il cui confronto può essere sempre oggetto di studi e di rilievi importantissimi: non allo scopo di procedere ad una pedestre imitazione, ma bensì per seguirne il particolare processo ricreativo dell'opera vocale. Ma un altro importante pregio didattico offre ancora il disco grammofonico: e consiste nel dare all'allievo l'eventuale possibilità di ascoltare la propria voce fedelmente riprodotta nell'incisione grammofonica. Attraverso questa riproduzione, che gli consente di considerare il proprio canto con singolare oggettività, il cantante rimane quasi sempre assai sorpreso delle manchevolezze, che si rivelano e di cui non aveva affatto coscienza. (Si tratta di una situazione, per molti aspetti, analoga a quella degli attori cinematografici, che solo nella visione diretta di un proprio film possono avvertire le manchevolezze e le insufficienze del proprio gesto; e quindi correggerle).
Come il disco grammofonico, anche la radio è, oggi, un mezzo diffusissimo — anzi indubbiamente il più diffuso — di cultura musicale, per la frequenza delle trasmissioni delle grandi esecuzioni, che avvengono in tutto il mondo; ma la radio offre anche l'adito a interessanti considerazioni tecnico-vocali; essa predilige le emissioni morbide e le voci ricche di timbro; inoltre il microfono, mediante aspre vibrazioni metalliche, rivela con una sincerità inesorabile e implacabile le emissioni vocali forzate.

[da: Luigi Cocchi - "Il canto artistico", 1939]


SAROBE:

"Lo studio della voce con il grammofono è molto utile. Tuttavia, l'allievo deve essere guidato dal docente, che gli dirà che cosa è giusto e cos'è sbagliato. Ogni anno sarebbe opportuno che il cantante registrasse alcuni dischi per osservare la differenza e correggere i difetti.
Per essere un grande artista devi essere molto esigente."

[da: Celestino Sarobe (allievo di Mattia Battistini, baritono e "Profesor de Canto y Alta Opera del Conservatorio del Liceo") - "Venimécum del Artista Lírico" - Barcelona, 1947 - trad. it. a cura di Mattia Peli]


mercoledì 26 novembre 2014

La respirazione nel Canto Lirico

Il meccanismo respiratorio è una questione facile e assolutamente naturale, ma quando tale meccanismo viene applicato al Canto Lirico, tutto deve essere fatto a regola d'arte.


La respirazione, assieme alla totale flessibilità laringea e al giusto punto di risonanza, è la base della migliore tecnica vocale. 

Teorici più o meno famosi complicano moltissimo la faccenda, in realtà la maggior parte degli Allievi ha grandissimi problemi nell'emissione per grande pigrizia respiratoria e sovraccarico di tensione a livello di muscoli del collo e spalle.



La respirazione nel Canto Lirico è impegnativa, ma non così tanto complicata! 
I suoi principali punti di appoggio sono il diaframma, i muscoli intercostali e i muscoli addominali. Usati bene e con la corretta coordinazione di assoluta libertà laringea, questi tre punti speciali diventano un prezioso capitale per l'arte del Canto. 

Analizzo ora semplicemente il meccanismo respiratorio sulla base di mia diretta esperienza, sia come artista che come docente. 

1) I polmoni hanno una forma non omogenea e sono assai più capienti alla base (in basso)


2) Il diaframma è posto alla base dei polmoni (in basso)



3) I muscoli intercostali che aiutano direttamente la respirazione sono soprattutto quelli delle costole mobili (basse)



4) I muscoli di meraviglioso sostegno e controllo del fiato sono quelli addominali (ancora una volta posti dalla pancia in giù, cioè in basso)



Deduzione logica: LA RESPIRAZIONE NEL CANTO LIRICO NON PUÒ E NON DEVE ESSERE SOLO ALTA o APICALE, perchè la sede di miglior efficienza respiratoria tra muscoli e capienza è tutta verso il basso. 

Come si respira al meglio nel Canto Lirico?
Inspirazione: il diaframma si abbassa, i muscoli intercostali, le costole e l'addome si dilatano, aiutate dal meraviglioso mantice dei muscoli addominali. In questa fase ogni bravo Cantante rilassa completamente gola e spalle, prepara nella propria mente l'intonazione del suono vocale lasciando totalmente libera la laringe, e predispone lievemente il palato molle a sollevarsi un po' come quando si sbadiglia.

Espirazione: il diaframma risale, i muscoli intercostali e l'addome si restringono e i muscoli addominali regolano la velocità di emissione del fiato, sostenendo la pressione attraverso l'uso del sapiente appoggio su questi punti muscolari. In questa fase il Cantante tiene completamente rilassate spalle e gola, lascia la laringe totalmente libera di muoversi e scivolare e aiuta con l'uso sapiente di labbra lingua e palato molle sia la proiezione dei suoni (affettuosamente chiamata in gergo "maschera") che una buona pronuncia del testo. 


In un mondo pieno di teorici di tecniche del canto nuove o arcaiche sarebbe forse il caso di fermarsi a riflettere e iniziare a dare ascolto sia a grandi artisti del passato che ad artisti capaci di dimostrare di saper oggi veramente cantare.

Andreste mai a lezione di violino o pianoforte da gente che non è capace di suonare veramente bene il proprio strumento? Certamente no. E allora perchè chi non è capace di cantare, o piccoli o grandi teorici dovrebbero chiamarsi "maestro"? Se la risposta è NO, leggete dunque nell’appendice all’articolo alcune interessantissime testimonianze di grandi cantanti, il cui valore è testimoniato, tra l’altro da registrazioni immortali.

“E qui sorge un altro contrasto: quello delle opinioni, tra loro avverse, degli scienziati della voce. Ma il cantore deve prescindere da elucubrazioni analitiche e applicare l’opinione che nasce dall’esperienza viva del canto e dalle urgenze di problemi che talvolta si presentano improvvisi alla ribalta, nel pieno svolgimento dell’azione scenica e del canto.” - (Giacomo Lauri - Volpi, “Misteri della voce umana” Ed. Dall’Oglio - pag 77- 78)


Appendice:  TESTIMONIANZE DI GRANDI CANTANTI SULLA RESPIRAZIONE

Lauri-Volpi sulla respirazione e il trovare gli "armonici":
"...io ho pensato sempre che la respirazione è diaframmatico-costale, perché noi abbiamo due casse armoniche, questa e questa, ma se noi ci limitiamo solamente alla cassa toracica e dimentichiamo la cassa cranica non troviamo gli armonici, è come un pianoforte, se non si mette il pedale quel cassone lì a che serve..." 

Beniamino Gigli : Il respiro "sul fiato" e il respiro profondo:
"La prima condizione, per cantare bisogna ricordarsi il punto massimo, e cioè dove si deve appoggiare la voce, dove si deve prendere il "respiro profondo", perché il canto è basato unicamente sul respiro, e il respiro bisogna farlo sul diaframma; il diaframma ha una grande importanza."

Carlo Bergonzi sull’importanza della padronanza del fiato, fondamento della tecnica vocale:
“..ho potuto cantare a fianco di grandi tenori come Gigli, Schipa e Pertile. Ai quali chiedevo consigli tecnici negli intervalli: “Commendatore, come respira Lei per fare quegli attacchi sul passaggio?”. E Gigli rispondeva: “Caro, mettiti la mano qua sopra il diaframma mentre respiro”. E per darmi un esempio attaccava la prima frase di “Mi par d’udir ancor”. Ci sono tanti che dicono oggi: “Sì, ma è una tecnica vecchia!”. Sbagliano: la tecnica è una ed è basata sulla padronanza del fiato; è l’interpretazione semmai a mutare con gli anni”.

Conversazione tra Arturo Toscanini e Giuseppe Valdengo:
"Soltanto il fiato deve essere sempre in colonna col suono, naturalmente perché, se manca il fiato, addio linea di bel canto!" 
(Tratto da "Scusi, conosce Toscanini?" Musumeci Editore 1984, p. 77)

Intervista a Lauri - Volpi a Busseto, il 12 giugno 1976:
Dissi a Toscanini “Maestro sono dieci volte che esco e il pubblico la chiama, venga” allora siamo usciti altre cinque volte. Quando si è chiuso il sipario mi disse “Senta Lauri Volpi, io il tempo lo sento come lei, ma non credevo che un essere umano avesse la forza di ricuperare i fiati, di prender fiato e arrivare con questo impeto fino alla fine: io credevo che lei crepasse”

Intervista a Giuseppe Valdengo, a Parma il 9/4/1977 in casa di amici:
Lei insegna canto. Qual è la cosa che insegna per prima?
«Il fiato: si canta col fiato. Poi i vocalizzi. Ci vuole del tempo e tanta pazienza prima di arrivare
alla romanza. Insegno quello che so».

Intervista a Mariella Devia, 28 settembre 2010:
"La base tecnica del canto è sicuramente il fiato; io ho fatto molto lavoro su di me, ascoltandomi, facendomi ascoltare."

Intervista al Tenore Ugo Benelli:
"Ha qualche consiglio per i giovani che stanno studiando su cosa è auspicabile fare durante lo studio e cosa, invece, è assolutamente da non fare dal punto di vista tecnico?
- La cosa principale è “cantare sul fiato”, ma spiegarlo è assai difficile. Montarsolo diceva che il corpo dovrebbe essere come nel sonno, eccetto il diaframma e la colonna del fiato. Bruscantini consigliava di far mettere agli allievi una larga cintura sotto il diaframma (e lui l’ha fatto tutta la vita) per abituarli e ricordar loro dove si deve appoggiare il fiato che si è inspirato. Io parlo di morbidezza, di onde del mare che si infrangono dolcemente sulla scogliera. Trovo che quando si parla di legare o di appoggiare si debba pensare come ad una scavatrice o ad una vanga che deve raccogliere qualcosa…. e trovo che una posizione con il corpo che tende leggermente in avanti può facilmente aiutare per trovare il giusto supporto. Quello che non si deve assolutamente fare è cantare con le spalle che si alzano ad ogni presa di fiato, con la rigidità del corpo e tenendo la testa troppo alzata, perché si va facilmente a finire in gola. La Simionato durante la registrazione di Cenerentola mi diceva: “Piccinella, giù la testa”. Un consiglio che fu assai prezioso.-"

Intervista a Luciana Serra
“...La voce sempre proiettata fuori con bocca ovale dando molta importanza alla parola.
La respirazione è uguale per tutti (soprani, baritoni, tenori, ecc.), le agilità devono averle tutti…” (tratto dal sito "operaclick")

Intervista a Jose Carreras
"La mia impostazione tecnica è quella di sostenere sempre il suono sul fiato e non chiudere mai la gola"

A proposito di Luciano Pavarotti:
“Nel modo di cantare di Pavarotti non tutto era allo stesso livello (per esempio le mezzevoci), ma le fondamenta erano solidissime: respirazione da manuale, appoggiata sul diaframma,  voce ‘in maschera’, passaggio di registro corretto e, di conseguenza, acuti facili e squillanti."
(Alberto Mattioli su Luciano Pavarotti nel libro "Big Luciano"Mondadori, 2007)

Intervista a Gabriella Tucci:
"Attualmente un'altra attività importante nella sua vita professionale è l'insegnamento. Su cosa basa essenzialmente la sua didattica?
In genere il mio insegnamento è subito a 360°, nel senso che si affronta il canto nei suoi aspetti tecnici, in particolare insisto sulla respirazione (poco e malamente insegnata oggigiorno)"

Intervista a Bruno De Simone:
Sesto Bruscantini (...) mi aveva ben presto “ammonito” : “sappi che con le tue caratteristiche interpretative sicuramente ti affideranno quanto prima i ruoli del Buffo ma – aggiungeva – dovrai essere ben preparato per eseguirli, mantenendo la tua vocalità salda e ben tornita, non solo agile e spedita nel sillabato, e per questo devi prima imparare bene il Canto legato sul fiato, che è la base per una corretta emissione vocale; altrimenti puoi rischiare di divenire solo un… buffo parlante!" 

Parole di Sonia Ganassi mezzosoprano belcantista d'agilità (anche soprattutto rossiniano) : <<ho sempre fatto e faccio agilità sempre usando un grande controllo del fiato...con tanta tecnica...nulla si fa, neanche un suono si fa senza tecnica, il canto è tecnica, il canto è lavoro sul proprio strumento continuo e serio>>!!!
(Click qui per il video)

Luisa Tetrazzini:
"Bisogna capire il funzionamento di polmoni e diaframma e dell'intero apparato respiratorio, poiché il fondamento del canto è la respirazione e il controllo del fiato.
Io respiro basso giù nel diaframma, non, come fanno alcuni, in alto nella parte superiore del petto. Tengo sempre un po' di fiato di riserva per i crescendo, impiegando solo ciò che è assolutamente necessario, e riprendo fiato ovunque sia il punto più comodo per farlo.
Un cantante deve essere in grado di fare affidamento sul proprio fiato, proprio come egli fa affidamento sulla solidità del terreno sotto i suoi piedi. Un respiro traballante, senza controllo è come un fondamento malsicuro sul quale non si può costruire nulla, e finché quel fondamento non è stato sviluppato e rafforzato l'aspirante cantante non deve aspettarsi alcun risultato soddisfacente.
  
Non ci deve essere mai alcuna pressione della gola. Il suono vocale deve essere prodotto dal continuo flusso dell'aria. Dovete imparare a controllare questo flusso d'aria, cosicché nessuna azione muscolare della gola possa interromperlo. La quantità di suono viene controllata per mezzo del respiro."

Ed ora un video che vale più di mille parole, in cui la divina Montserrat Caballé fa compiere un esercizio pratico a qualcuno dei suoi Allievi. Lo stesso che propongo sempre anch'io ai miei (ma quanti di essi lo praticheranno regolarmente? ;) )

Buona respirazione a tutti!
M° Astrea Amaduzzi








ACCADEMIA NAZIONALE DI BELCANTO ITALIANO

Offerte formative dei corsi:

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(corso primario, medio e avanzato)
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Tutte le informazioni su: www.accademiabelcanto.com




mercoledì 18 giugno 2014

Analisi di Caruso e Tetrazzini sui problemi della Tecnica Vocale

Enrico Caruso e Luisa Tetrazzini: Cantanti la cui fama ha ormai attraversato un cambio di secolo... per capirne il perché è sufficiente ascoltare le loro registrazioni.

Voci usate come strumenti al massimo grado della loro possibilità espressiva.



Nel libro Caruso and Tetrazzini on the Art of Singing, scritto direttamente da questi due meravigliosi Cantanti Italiani  vengono trattati anche i seguenti illuminanti temi-capitoli trattati dal Soprano Luisa Tetrazzini:

Breath Control-The Foundation of Singing / Il controllo del fiato-La base del canto; The Mastery of the Tongue / La padronanza dell'organo della lingua; Tone Emission and Attack / Emissione del suono vocale ed Attacco; Facial Expression and Mirror Practice / Espressione facciale ed Esercizio allo specchio; Appreciative Attitude and Critical Attitude / Giudizio di apprezzamento e Giudizio critico.

Ecco a voi alcuni estratti molto sintetici, in lingua inglese, tradotti in italiano. Vi si trattano con argomentazione lucida e precisa alcuni dei principali difetti di cui oggi soffrono tanti studenti di Canto e gran parte della tecnica del Canto Lirico.

REGISTRI E LORO PERFETTA UNIONE

  <<Sebbene esistano i registri ed i suoni centrali, inferiori e superiori non siano prodotti nello stesso modo, la voce deve essere uniformata tanto che il cambiamento nei registri non si possa udire. Ed un suono cantato con la voce di testa e nella voce profonda deve avere il medesimo grado di qualità, risonanza e forza.
 Quando la voce sale nella scala ogni nota è differente, e quando si procede in alto le posizioni dell'organo della gola non possono rimanere le medesime per parecchi suoni diversi. Ma non ci dovrebbe mai essere un cambio brusco, né udibile all'uditorio né sentito nella gola del cantante. Ogni suono deve essere impercettibilmente preparato, e dall'elasticità degli organi vocali dipende la dolcezza della produzione del suono vocale. Adattare l'apparato vocale al registro acuto dovrebbe essere tanto impercettibile quanto automatico ogni volta che debba essere cantata una nota acuta.
 Nel registro acuto dovrebbe essere usata principalmente la voce di testa, o voce che vibra nelle cavità della testa. Il registro medio richiede risonanza palatale, e le prime note del registro di testa e le ultime di quello medio richiedono una giudiziosa mescolanza di entrambi i registri. Il registro medio può essere tirato verso l'alto alle note acute, ma sempre al costo innanzitutto della bellezza della voce e poi della voce stessa, poiché nessun organo vocale può sopravvivere essendo usato erroneamente per lungo tempo.
 Questa è solo una delle cause per le quali così tante gran belle voci vanno in pezzi molto prima di quando dovrebbero.>>

 <<Though the registers exist and the tones in middle, below and above are not produced in the same manner, the voice should be so equalized that the change in registers cannot be heard. And a tone sung with a head voice and in the low voice should have the same degree of quality, resonance and power.
 As the voice ascends in the scale each note is different, and as one goes on up the positions of the organ of the throat cannot remain the same for several different tones. But there should never be an abrupt change, either audible to the audience or felt in the singer's throat. Every tone must be imperceptibly prepared, and upon the elasticity of the vocal organs depends the smoothness of the tone production. Adjusting the vocal apparatus to the high register should be both imperceptible and mechanical whenever a high note has to be sung.
 In the high register the head voice, or voice which vibrates in the head cavities, should be used chiefly. The middle register requires palatal resonance, and the first notes of the head register and the last ones of the middle require a judicious blending of both. The middle register can be dragged up to the high notes, but always at the cost first of the beauty of the voice and then of the voice itself, for no organ can stand being used wrongly for a long time.
 This is only one of the reasons that so many fine big voices go to pieces long before they should.>>    
(tratto da: "Caruso and Tetrazzini on the Art of Singing" - Metropolitan Company, Publishers, New York, 1909)

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DIFETTO DEL TREMOLO (O VIBRATO ESAGERATO) E SUE CURE

<<Un altro difetto ancora nella produzione del suono vocale è il tremolo. E' il cantante oltremodo ambizioso, il cantante che forza un organo piccolo e delicato facendogli fare un lavoro pesante quello che sviluppa il tremolo.
 Il tremolo è un segno certo del fatto che le corde vocali siano state sfruttate oltre i propri limiti consentiti dalla natura, e c'è solo una cosa che possa porvi rimedio. Questa è l'assoluto riposo per un po' di tempo e in seguito il ricominciare con lo studio vocale, prima di tutto cantando a bocca chiusa e facendo affidamento interamente su una pressione del fiato molto lieve per la produzione del suono.
 Lo studente che soffre del tremolo o addirittura di un vibrato molto forte deve avere il coraggio di fermarsi immediatamente e di rinunciare ad aver una voce grande. Dopo tutto, le più belle voci del mondo non sono necessariamente le voci più grandi, e certamente il tremolo è quasi il peggior difetto che un cantante possa avere. Ma questo, come quasi ogni altro difetto vocale, può essere curato con persistente lavoro del giusto tipo.>>   (tratto da: "Caruso and Tetrazzini on the Art of Singing" - Metropolitan Company, Publishers, New York, 1909) 

<<Still another fault in voice production is the tremolo. It is the over-ambitious singer, the singer who forces a small, light organ to do heavy work, who develops the tremolo.
 The tremolo is a sure sign that the vocal chords have been stretched beyond their natural limits, and there is only one thing can cure this. That is absolute rest for some time and then beginning the study of the voice, first singing with the mouth closed and relying entirely on very gentle breath pressure for the production of the sound.
 The pupil suffering from tremolo or even very strong vibrato must have courage to stop at once and to forego having a big voice. After all, the most beautiful voices in the world are not necessarily the biggest voices, and certainly the tremolo is about the worst fault a singer can have. But that, like almost any other vocal defect, can be cured by persistent effort of the right kind.>>
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PRONUNCIA CORRETTA

<<Un altro difetto fortemente criticato nel giovane cantante è la mancanza di una corretta pronuncia o dizione.
 E' solamente dopo che la voce viene ad essere perfettamente controllata che le labbra e la lingua possono funzionare liberamente per la pronuncia delle sillabe.
 Quando la voce è in ciò che può essere chiamato uno stato di fermento il cantante è soltanto ansioso di produrre suoni, e la dizione scivola via ai margini del tragitto.>>

<<Another fault severely criticised in the youthful singer is a lack of correct pronunciation or diction. It is only after the voice is perfectly controlled that the lips and tongue can function freely for the pronunciation of syllables.
 While the voice is in what might be called a state of ferment the singer is only anxious to produce tones, and diction slips by the wayside.>>
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 LA SCALA, UN GRANDE TEST PER OGNI CANTANTE

<<La scala è il più grande test per la produzione del suono vocale. Nessun cantante d'opera, nessun cantante da concerto, che non riesca a cantare una perfetta scala può essere detto un esperto o aver raggiunto risultati nella propria arte. Sia che la voce sia di soprano, che di mezzosoprano o contralto, ciascuna nota deve essere perfetta nel suo genere, e la nota di ogni registro deve avere sufficiente partecipazione della qualità del registro successivo ad esso superiore o inferiore, di modo che non si noti il passaggio quando la voce ascende o discende nella scala. Questa fusione dei registri viene ottenuta dall'intelligenza del cantante nel mischiare le differenti qualità del suono dei registri, usando come aiuto i vari modellamenti delle labbra, della bocca e della gola e il sempre presente "appoggio" senza il quale nessuna scala può essere cantata in modo perfetto.>>  (tratto da: "Caruso and Tetrazzini on the Art of Singing" - Metropolitan Company, Publishers, New York, 1909) 

<<The scale is the greatest test of voice production. No opera singer, no concert singer, who cannot sing a perfect scale can be said to be a technician or to have achieved results in her art. Whether the voice be soprano, mezzo or contralto, each note should be perfect of its kind, and the note of each register should partake sufficiently of the quality of the next register above or below it in order not to make the transition noticeable when the voice ascends or descends the scale. This blending of the registers is obtained by the intelligence of the singer in mixing the different tone qualities of the registers, using as aids the various formations of the lips, mouth and throat and the ever present "appoggio" without which no perfect scale can be sung.>> 

 Rendiamo disponibile questo libro pubblicato nel 1909 direttamente dal seguente link:


Buona lettura a tutti!  


La grande Luisa Tetrazzini, Soprano



Luisa Tetrazzini sull'Arte del Canto: "On the Art of Singing" (1909) / "How to Sing" (1923)

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