lunedì 28 dicembre 2020

Belcanto Italiano ® - L'autentico Bel canto italiano si basa sulle VOCALI LIRICHE ovvero l'importanza delle "vocali miste": teoria e pratica (parte 5)

L'autentico Bel canto italiano si basa sulle VOCALI LIRICHE come usavano nella loro arte canora Corelli e la Freni ed innumerevoli grandi cantanti storici nell'intero secolo del Novecento

Un capitolo importantissimo nel canto lirico - se si vuole cantare liricamente molto bene - è costituito dall'emissione delle vocali, o per meglio dire dei SUONI VOCALICI che va affrontato non tramite un libro cartaceo, bensì attraverso la corretta pratica canora, per trasmissione orale. Questa - la corretta pratica canora - va mostrata e insegnata con il perfetto esempio da un bravo cantante e valido insegnante a tutti quegli studenti che si apprestano a intraprendere lo studio del canto lirico e poi la conseguente attività lavorativa teatrale.
Ogni singolo suono - dai centri verso le note basse, e dai centri verso le note alte - dev'essere lentamente e gradualmente trovato e "memorizzato" fino a poter cantare qualsiasi tono a gola perfettamente libera. Partendo per esempio dal do centrale e vocalizzando fino a salire al do acuto non si può mantenere la medesima apertura della bocca, la posizione vocale varierà e quindi le vocali liriche vanno adattate a seconda del punto in cui la nota si trova all'interno dell'intera estensione vocale. Particolare attenzione va posta nelle note centrali e nel passaggio di registro.
- Per soprani e tenori, per esempio, in particolare l'area dal do al fa (fa diesis) della seconda ottava va studiata con grande cura, perchè è lì specialmente che si trova la zona critica - punto cruciale per le voci acute - in cui bisogna far sì che non si disconnettano i registri.
- Anche l'unione del registro medio con quello grave, scendendo, per soprani e mezzosoprani, ha bisogno di un accurato studio.
Pertanto non si può impostare la voce vocalizzando su due ottave mantenendo una posizione di A esattamente identica lungo tutta l'estensione. Dunque le vocali vanno adattate, avvicinandole tra loro ma mantenendo comunque una dizione comprensibile. Quì sta la vera Arte che in pochi raggiungono!
Una vocale come la A è sempre a rischio di uscire troppo "aperta", quindi dovrà essere equilibratamente raccolta nel modo giusto; mentre vocali strette per loro natura come la E e la I andranno trattate dando loro maggior spazio 'verticale'; anche la U se cantata come nel meccanismo del parlato risulterà contratta come se la gola si chiudesse: invece bisogna avere uno spazio ovale internamente alla bocca e usare le labbra esternamente per mantenere la comprensibilità della U. Ecco perchè le vocali nel canto lirico devono essere "miste".

Ora, la corretta fonazione per il canto lirico si può certo chiamare a livello terminologico in vari modi, ma la sostanza pratica non cambia:
vocali adattate, accomodamenti vocalici...
- vocali 'miste' (come vengono nominate per esempio dal celebre soprano Amelita Galli-Curci e dalla Lehmann),
- vocali 'mischiate' (come suggeriva il grande baritono Mattia Battistini al suo allievo Sarobe),
- suono 'coperto' come indicava il sommo baritono Giuseppe Danise all'allievo Valdengo,
- vocali 'arrotondate' o 'rotonde' (come diceva il soprano Licia Albanese ed il tenore Giacomo Lauri-Volpi),
- 'suoni intervocalici' (come usava dire Celletti).
Possiamo poi definire le vocali liriche come preferiamo, ma quando il suono cantato è corretto poco importa come chiamarlo. Si parte sempre dalla pratica non dalla teoria, facendo musica! Come musicisti, si deve partire dal "suono vivo" e se necessario correggerlo fino a portare il risultato complessivo al livello di un'opera d'Arte, come diceva giustamente Lauri-Volpi:
"L'arte è natura con l'aggiunta dell'intenzione, cioè della mente intuitiva che ha visione diretta della realtà. (...) L'arte non fa che correggere, raddrizzare la natura perfezionandola. Non è "anti-natura", ma "con-natura": integrazione della natura." [G. Lauri-Volpi - "Misteri della voce umana", 1957]

Facciamo notare che le "vocali miste" sono quindi una NECESSITA' dovuta al canto lirico, infatti il meccanismo del parlato è diverso da quello del cantato per ovvi e semplici motivi:
1. nel parlato le vocali durano pochissimi millesimi di secondo, nel cantato invece i suoni vocalici, o una linea di canto, durano anche più di 20 secondi;
2. nel parlato l'estensione della voce è ridotta a pochissimi toni centrali (e quindi la laringe non è abituata a muoversi tanto), nel cantato invece con i passaggi di registro la laringe non può mantenersi nella medesima posizione (e in questo caso la laringe deve compiere vari movimenti, su e giù, ai quali il solo dicitore non è abituato da decenni di solo parlato, a meno che non abbia intrapreso lo studio e la professione del canto fin da giovane)
3. nel cantato l'estensione lirica minima è di due ottave, ma per sostenere un ampio repertorio operistico assai impegnativo sono necessarie per moltissimi ruoli anche note più gravi ed i "sopracuti" (perciò l'estensione completa arriva a due ottave e mezzo e oltre): per fare un esempio con il registro del soprano e quello del tenore la prima ottava rientra ancora nel registro del parlato, ma la seconda ottava è nettamente affidata a chi canta (è impossibile dunque 'cantare come si parla', semmai è l'opposto: bisogna parlare come si canta; infatti anche nel parlato si sente subito se l'emissione è pulita o no. Chi canta bene parlerà anche con buona fonazione e non il contrario, come affermava Beniamino Gigli nel 1946 nella sua Lezione introduttiva a Londra: <<Un buon cantante italiano - un prodotto della vera Scuola, l'unica e sola, "parla" come canta>> --> http://belcantogigli.blogspot.com/2015/07/beniamino-gigli-spiega-la-tecnica.html)

Tuttavia questi 'adattamenti vocalici' non hanno nulla a che fare con le vocali delle lingue straniere - nè con suoni gutturali e nasali, estranei all'italiano - bensì sono adattamenti (accomodamenti) più o meno evidenti delle vocali italiane, necessari nel canto lirico, a differenza del parlato comune, a seconda del tipo di emissione - in pianissimo, a mezza voce a piena voce - e dell'altezza della nota specifica in un dato momento del brano vocale che si sta affrontando, unitamente all'uso creativo delle risonanze ricercate ed ottenute più brillanti o più ambrate (chiaro-scuro).
La dizione viene preservata in tal modo anche con l'aiuto delle consonanti che scolpiscono di più la parola, specialmente dove possibile: nella parte centrale della voce, il registro del parlato. Di meno, più si sale alla zona acuta. 

Rossini elogiando i 24 Vocalizzi [L'Art du chant, 24 vocalises pour contralto ou mezzosoprano op. 29] della signora Marchesi, allieva di Garcia figlio, ebbe ad esprimersi in questi termini :

« Ho percorsi col massimo interesse (quei esercizj), sono composti con somma conoscenza della voce umana, con chiarezza ed eleganza, essi contengono quanto fa d’uopo allo sviluppo d’un’arte che da troppo tempo io assimilo alle "Barricate vocali"! Possa il di lei interessante lavoro profittare alla gioventù odierna, che trovasi un tantino fuori della buona via. Insista pure ad insegnare il "bel canto italiano", esso non esclude l’espressione e la parte drammatica, che va riducendosi ad una semplice questione di polmoni, e senza studio (c’est bien commode ! ) » [G. Rossini, alla signora Matilde de Marchesi, Passy de Paris, 3 luglio 1863.]

Notare, in particolare, quanto alla fonazione, ciò che ella scriveva nella Prefazione alla Seconda edizione del suo "L'Arte del Canto" Op. 21, nel gennaio 1890:

"The pupil should open the mouth quite naturally, lowering the chin, as though to pronounce the vowel A (ah) slightly darkened (...)
Now, the type of vowel preferable for the formation and development of the voice is the Italian A (ah), slightly darkened (...)"

[Lo studente dovrebbe aprire la bocca piuttosto naturalmente, abbassando il mento, come se stesse pronunciando la vocale A (ah) leggermente inscurita (...) Ora, il tipo di vocale preferibile per la formazione e lo sviluppo della voce è la A italiana (ah), leggermente inscurita (...)]

--> "Accomodamento della A nel Canto Lirico secondo Giacomo Lauri-Volpi"
http://lauri-volpi-tecnicavocale.blogspot.com/2015/01/accomodamento-della-nel-canto-lirico.html

Fernando De Lucia, tenore:
"...Da artista intelligente quale egli è, De Lucia ha proceduto a coprire i suoni, in essi ha messo una gran quantità di vocale 'o'..."
[THE PERFORMANCE OF DON GIOVANNI AT THE METROPOLITAN OPERA HOUSE - "The Sun", 28 December 1893]

[cfr. --> Come ripete continuamente Georges Thill (allievo di De Lucia) : « Non esistono vocali aperte ; il suono aperto è la morte del canto e il suono più grave è già appoggiato in testa » (in: "Portrait de l'artiste en 30 ans de chant", Roland Mancini - 1984)]

 
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Ecco quanto testimoniano 30 grandi cantanti del passato che abbiamo qui selezionato a sostegno del fatto che non si può cantare liricamente utilizzando il meccanismo d'emissione del parlato comune ("vocali pure"): non credete a chi tra gli insegnanti odierni vi dice che "facendo le vocali pure la gola si libera", è esattamente il contrario: per poter cantare a gola libera si deve emettere i suoni adattati, necessari per la voce cantata, vale a dire "impostati" liricamente!

VOCALI LIRICHE secondo alcuni dei più grandi cantanti lirici del Novecento:

1. Pasquale Amato, baritono :
«Sono stato interrogato inizialmente in merito alla vocale "ah". Sento dire qui che le autorità vocali americane si riferiscono ad "ah" come nella parola "father" (padre). A me sembra un suono troppo piatto, privo di vera risonanza. La vocale usata nel mio caso in Italia e in centinaia di altri casi che ho notato è una vocale leggermente più ampia, che può essere trovata a metà strada tra la vocale "ah" di "father" e la "aw" della parola "law" (legge). Non è un suono sordo, ma non è il suono di "ah" in "father". Forse la parola "doff" o la prima sillaba di Boston, se correttamente pronunciata, dà la giusta impressione.»
("Vocal Study in Sunny Italy" - The Etude, Jan 1918)

2. Lilli Lehmann, soprano :
«La corretta posizione della lingua, preparatoria al canto, è quella della vocale mista AOU, come per accingersi a sbadigliare.»
(Lilli Lehmann - "Meine Gesangskunst" - Bote & G. Bock, 1902/1922)

3. Amelita Galli-Curci, soprano :
«Quando si constata che i propri suoni tendono ad essere 'incolore', si cerchi, nel produrli, di mischiare giudiziosamente alle proprie note una certa qualità vocalica particolare – "u" od "o" – per rendere il suono più scuro, più espressivo. Ciò può essere fatto impiegando le scale come mezzo per allenarsi. In generale, è possibile ottenere i risultati migliori cantando le diverse vocali – "a, e, i, o, u" – ognuna singolarmente, salendo e discendendo nella scala.»
(Amelita Galli-Curci, in: Frederick Martens - "The Art of the Prima Donna and Concert Singer" - D. Appleton and Co., 1923)

<< I giovani cantanti mi domandano quali vocali usare nell'esercitare la voce. Nel mio studio personale io le uso tutte. Naturalmente alcune sono più pregevoli di altre. La "O" è buona, la "E" necessita di grande cura; la "A" è la più difficile di tutte. Sono consapevole del fatto che questo sia contrario all'idea generale. Ma io sostengo che la "A" è più difficile; perché se la esageri e le labbra sono troppo divaricate, il risultato è un suono incolore. E d'altro lato, se le labbra sono ravvicinate—o troppo ravvicinate, o non sono gestite correttamente, tende a risultarne rigidità o una qualità gutturale; in tal caso il suono vocale non può 'galleggiare'. Io ho constatato che la miglior via è quella di usare le vocali miste, una vocale che si fonde nell'altra. Il suono può essere iniziato con ciascuna vocale alternativamente, e poi mescolata con il resto delle vocali. >>
("VOCAL MASTERY" - Talks with Master Singers and Teachers by Harriette Brower - New York, Frederick A. Stokes Company Publishers, 1920)

[cfr. --> <<The hard part is to find a teacher who really knows the meaning and origin of the Italian adage "La lingua Toscana in bocca Romana" (the Tuscan language in the mouth of the Roman).
The Italian "ah", for example, is not the same "ah" you hear in the German or French languages. It is a deeper, more open-throated vowel pronounced as in the English word "awe", and such an open-throated vowel is only achieved by lowering the larynx and amply opening the jaw.>>

(from: Jerome Hines* - THE FOUR VOICES OF MAN - Limelight Edition, 1997)

* American operatic bass who studied with Gennaro Mario Curci, the brother-in-law of the great coloratura soprano, Amelita Galli-Curci.
["A member of an Italian noble family, Mr. Curci had studied music at the St. Cecilia Conservatoryin Rome. He began an operatic career in Naples in 1910. He sang in opera throughout Europe before coming to the United States in 1917 as Mme. Galli-Curci’s voice coach...." ("New York Times", April 15, 1955)]]

4. Nellie Melba, soprano :
«Si cantino le cinque vocali semplici (le vocali italiane "u, o, a, e, i") su una medesima nota e con un unico fiato. Si cominci sul SOL sopra al DO centrale e si ripeta l'esercizio su ogni nota, salendo fino al DO sul terzo spazio. Si lasci muovere comodamente la bocca per formare le diverse vocali, ma senza creare cambiamenti improvvisi che spezzino i diversi suoni vocalici. Si mantengano le vocali tutte della stessa qualità, con la stessa quantità di risonanza. In un primo momento, con buona probabilità, risulterà difficile mantenere la "a" della stessa qualità della "o", e la "e" e la "i" verranno probabilmente ancor più dissimili.
Non si irrigidisca la gola e si cerchi di renderle tutte uguali. Dev'esserci facilità e una formazione pura e naturale di ciascuna vocale.
Si imparerà a cantare correttamente questo esercizio solo se si utilizzerà l'orecchio e si manterrà il palato molle nella stessa posizione alta per tutte e cinque le vocali, posizione che esso assume molto naturalmente con la "u".»
("Melba Method" by Dame Nellie Melba - Chappell & Co., 1926)

5. Aureliano Pertile, tenore :
«Il Maestro Bavagnoli mi fece capire in brevissimo tempo la ragione della mia difficoltà alle note acute: tenevo i suoni bassi e centrali troppo abbandonati e aperti. Allora raccolsi la voce tenendola sempre leggera seguendo il sistema seguente. Iniziavo un esercizio a scala con una A rotondata quasi ad O e man mano che salivo, raccoglievo sempre di più il suono e colore arrivando al passaggio e alle note acute con un O scuro." (...)
Compreso bene il sistema continuai ad usarlo scrupolosamente ed acquistai, tenendo leggero il centro, la facilità di tenere raccolta e alla maschera la voce che sempre più facilmente saliva agli acuti.»
«Nel vocalizzo le vocali più da usarsi sono l'a e l'o, perché mantengono aperta la gola e permettono così una maggior colonna di fiato. (...) Il canto è colore. Il colore decide la giusta impostazione. (...) Le vocali a, e, i, o, u, non si devono usare nel canto col medesimo colore della lingua parlata. Il linguaggio dà: à, è, ì, ò, ù. Il colore, che dà la giusta impostazione, viene dato da tutto quanto ho prima descritto, più il colorito seguente alle vocali. L'à deve essere pronunciato ao; l'ò come ò, l'i come un i francese, l'e come eu, l'u come uo. E tutto ciò con disinvoltura e abbandono completo dei muscoli del collo e della faccia. Ne viene di conseguenza che le tre vocali i, e, u, di già per se stesse strette e chiuse, vengano in tal modo allargate, mentre a, o, per se stesse larghe e aperte, vengono ristrette e raccolte. In tal modo il colore delle cinque vocali, che nella lingua parlata è così diseguale, viene nel canto assai avvicinato
(Domenico Silvestrini - "Aureliano Pertile e il suo metodo di canto" - Bologna, Aldina Editrice, 1932)

--> http://aureliano-pertile-tecnica-vocale.blogspot.com/2015/08/non-si-canta-come-si-parla-aureliano.html

6. Francisco Viñas, tenore :

EL SISTEMA DE VOCALES
Sin embargo, la experiencia, madre excelsa del saber humano, ha demostrado que vocalizando en los comienzos con una O muy clara, casi U, se puede obtener en la mayoría de los casos el sentido fundamental que luego deberemos encausar y purificar. (...)
En las escuelas de todos los tiempos, la vocal predilecta para disciplinar la voz fué siempre la A; (...) en nuestros tiempos, abandonadas todas las normas, la vocal A es la causante de los mayores trastornos. No se sabe regular el mecanismo de conjunto, y en vez de agrandar el istmo, se restringe: resultando el paso más estrecho que en otra vocal cualquiera, y la voz se ahoga en el fondo de la garganta. Por esto, si el profesor no es verdaderamente conocedor de todo los secretos del arte de enseñar, en la duda, mejor es que en los primeros tiempos no utilice esta vocal A, pue se pueden obtener también grandes resultados, sin exponerse a fracasos, empleando la O clara y redonda; en los comienzos tirando a U, pero después de algún tiempo abandónese esta vocal, y en cambio acérquese a la A con la misma postura de la boca que en O, procurando tener el fondo de la garganta muy libre y la lengua un tanto acanalada, sin violentarla, a fin de facilitar el paso del sonido (...)

LOS ESTUDIOS PRELIMINARES con relación al SISTEMA DE VOCALES
Cuando se practicaba el antiguo solfeo con vistas al arte lírico, los maestros cuidaban desde el inicio de que la emisión fuera correcta, encaminada a dirigir el órgano juvenil hacia su desarrollo normal; y así, al entrar en el vasto campo de la vocalización uniformada, no encontraban dificultad. La práctica de aquel solfeo, además de que daba gran facilidad para la lectura musical, era también un medio destinado a ejercitar la memoria retentiva de los sonidos, resultando de suma utilidad para educar el oído a los fines de la más perfecta entonación.
Hábilmente preparado el órgano y con oportunidad entrados de lleno en la vocalización, ejecutaban el ejercicio, como ya se ha dicho anteriormente, con un sonido denomidado natural, propio de cada voz; e iba purificándose, unas veces adoptando la A, otras la O, que con la E eran las tres vocales generalmente empleadas, sobre todo la primera; (...) Pero las vocales A, O, E, cada una de por sí, según el movimiento de los labios más o menos acercados, pueden tener diferentes matices. De modo que si, por ejemplo, pronunciamos A, y vamos graduando la redondez modificando un algo la postura de la boca, podemos confundir la A en O; y acentuando todavía más esta maniobra, tal vez se reciba la sensación auditiva de casi U.
Estas gradaciones se aplicaban sabiamente; y quando sin la menor duda se creía asegurado el apoyo del sonido de origen, se procedía a unificar las vocales, procurando conservar siempre la misma posición de la laringe, o sea de la parte interna del órgano, que es donde se forma como en un molde el sonido tipo único; sonido que luego, esparciéndose por la caja armónica, toma el carácter de las vocales que nos plazca pronunciar, lo que se consigue modificando en cada caso la posición de la boca. Llegar a este resultado práctico de crear el molde para un sonido estable no es fácil y requiere algún tiempo de ejercicios con la vocal adoptada. Hemos dicho que la vocal predilecta de la mayoría de las escuelas de antaño y hogaño ha sido siempre la A, creída ser la mejor para obtener en el máximo grado la apertura de las fauces y obligar a la laringe a posiciones más propicias a la buena emisión, a fin de conseguir el aumento de sonoridad. Pero si la A es la que mayormente saritisfacía y satisface esta necesidad de arte, ya dijimos en páginas anteriores que es también la vocal más peligrosa, la que puede causar mayores trastornos laríngeos, según y como se emita..., porque no basta con decir al discípulo "pronuncie A", sino que se le ha de enseñar hasta qué punto debe acentuar el color, o abrir la boca en su justa medida, y cómo debe apoyarse para que no degenere en sonido de voz blanca menos vibrante. (...)
Yo mismo durante muchos años en los ejercicios diarios usé preferentemente la E, alternándola con A ― casi O ― muy redonda, y tenía el convincimiento de que estas vocales me equilibraban la voz para dar toda la trágica expresión requerida en los grandes declamados de los dramas líricos "Tristán e Isolda" y "Tannhäuser".

EJERCICIOS prácticos para la educación de la voz - OBSERVACIONES GENERALES
Suponiendo que el preceptor posea estas cualidades, no permitirá nunca pasar de un sonido a otro mientras el anterior no tenga su exacta colocación en la gama; de otro modo, desde el primer momento se producirán desviaciones de sonoridad; se emitirán sonidos falsos, y si el maestro no los corrige immediatamente, porque no los nota o no lo entiende, se va al precipicio.
Ponga el discípulo la mayor atención en las observaciones que le haga el profesor, y no precipite nunca el ejercicio en su estructura sencilla (la agilidad vendrá luego); desgránelo lentamente, sin dejar escapar ni una sola nota (...) Para conseguir tan feliz resultado se comprende que cada ejercicio convendrá repetirlo una y cien veces, al ojeto de dar estabilidad a los sonidos, hasta dotarlos de apoyo firme. Nada, pues, para comenzar, de precipitaciones ni de ejercicios complicados; y es ta mi convincimiento de la utilidad de prácticas sumamente sencillas en el primer período, que me atrevo a opinar como el célebre bajo Selva de Padua,―luego famoso maestro de canto,―quien decía a sus discípulos "que para formar la base de un buen cantor le bastaban cinco notas".
DO-RE-MI-FA-SOL___ - SOL FA MI RE DO___
En efecto, con este ejemplo de ejercicio tan inocente en apariencia, bien dirigido, subiendo por medios tonos, variándolo en diferentes formas, en intervalos de 3.°, 4.°, 5.°, arpegiándolos luego sin moverse de las cinco notas, hay para algunos meses de estudio. (...)
No olvide tampoco que la A está sujeta a mil peligros cuando no se emite según las normas indicada; pero en la duda, y para no sufrir equivocaciones, mejor será empezar por una vocal de color mixto entre A y O, cuya redondez sea capaz de recoger las vibraciones del sonido, y agrupadas ordenadamente, vayan dirigidas hacia el seno frontal. Una casi O, que al pronunciarla el discipulo piense en la A, será la mejor, sin perjucio de modificarla si tal es el criterio del maestro.

DE LOS REGISTROS. Su unión y PASO DE LA VOZ
(...) Mas adoptando normas diferentes―las de antaño,―puede prepararse el famoso paso grado a grado desde las cuatro o cinco notas anteriores, sombreando el sonido, pero sin exagerar; auxiliándose con la vocal A, pero poniendo atención en dar a su timbre tanta redondez y color de O recogida (...)

(Francisco Viñas - EL ARTE DEL CANTO - Barcelona, 1932)

N.B. - Francisco Viñas (o Francesco Vignas - Barcellona, 1863-1933) studiò canto con Domingo Lupestri e poi Gonzalo Tintorer Gonçal e debuttò nel 1888 nel "Lohengrin". Principalmente noto per le sue notevoli interpretazioni wagneriane, il celebre tenore spagnolo ebbe un repertorio che contava 35 titoli operisti, tra i quali anche opere italiane e francesi. La sua carriera che durò 26 anni, dal 1888 al 1914, lo portò ad esibirsi nei principali teatri del mondo, tra i quali la Scala di Milano, il Covent Garden e il Metropolitan. Nel 1918 sposò il mezzosoprano Giulia Novelli (1860-1932) dal quale ebbe una figlia, Mercedes. Ester Mazzoleni definì Viñas ‘il più grande Tristano e Lohengrin' che si possa immaginare.

--> "La Novelli possiede forse la voce più bella di mezzo soprano che siasi mai udita dall'Alboni a noi; e alla voce potente, nervosa, piena d'espressione, appassionata, dalla perfetta eguaglianza nei registri, omogenea, estesa, dal timbro limpido e squillante, corrisponde a meraviglia il magistero del canto, l'intuito drammatico, il talento scenico, e queste insigni qualità sono poi coronate da un dono di natura non meno invidiabile: la leggiadria della figura di questa signorina nel più bel fiore della giovinezza.
La Novelli è allieva del chiaro maestro Belli, uno fra i pochi docenti di canto degni di stima e di onore."

("IL TEATRO ILLUSTRATO" - novembre 1886)

--> "Nell'attuale penuria di vere, bene educate voci di tenore, il Vignas è notabile per reali buone attitudini artistiche e per mezzi vocali non comuni. (...)  
Nel Vignas è giustizia riconoscere che il timbro della voce è simpatico, ampio, pastoso, che le intenzioni artistiche sono lodevoli, che l'amore allo studio le farà presto raggiungere un'altezza invidiabile.
La sua voce ricorda il timbro di quella di Gayarre, specialmente nei suoni "misti", che raggiungono talora un grado di dolcezza incantevole. Ed è anzi evidente lo studio che mette il Vignas nel decalcare il tipo del canto che assicurò fama e quattrini al Gayarre. Ma si deve però avvertire che il bel canto, il canto di convenzione, a posto nelle opere del vecchio repertorio, in opere del genere il "Lohengrin" non è più ammissibile; ― ora la frase musicale cerca la proprietà psicologica, cerca di fondersi nel concetto drammatico, ad esso subordinandosi, seguendolo, illuminandosene ― il virtuosismo guasta queste intenzioni. Ed al virtuosismo pare tenga molto il Vignas, specialmente nell'opera wagneriana che più accanitamente lo vorrebbe bandito. (...)"

("IL TEATRO ILLUSTRATO" - aprile 1891)

7. Piero Menescaldi, tenore:
«(...) per cominciare a lavorare con una voce si deve "vocalizzare" e con le vocali "A", "O", ed "Ou" (l' »U » pronunciata all'italiana). Come vocalizzi ci si può fermare agli arpeggi, scale, intervalli di quinta e d'ottava con un po' di "agilità" e soprattutto dei suoni ben legati. Insistere soprattutto sulle vocali sopracitate. Usare anche le vocali "I" (pronunciata come la "U" francese ) e la "E" (pronunciata col colore della "E" muta).»
«Per quanto riguarda il passaggio, Menescaldi comincia ad arrotondare i suoni nei vocalizzi a partire "dal mi bemolle"; in questo modo la vocale "A" diventa, essa stessa, quasi una "O" molto larga. Dunque il "fa" e il "fa diesis" possono e devono avere lo stesso colore della quinta acuta.  Cantando gli spartiti arrotondare su queste note la vocale "A" nella stessa maniera, e dare a tutte le vocali una sonorità più rotonda, "più scura" come si dice in italiano. In questo modo le note di passaggio "passano da sole" (...)»
«E soprattutto cantare sempre con una "voce rotonda e sonora" senza "mai" cercare un'emissione "sul sorriso" che produce una voce chiara, aperta, con dei suoni piatti, sbiancati e tutti indietro. Perché per essere ben in avanti e ben in maschera (per usare questi due termini familiari) la voce dev'essere molto rotonda "e sostenuta col massimo della forza [dei risuonatori]", la qual cosa produrrà "il massimo della proiezione in testa, grazie al fiato".»

("La méthode de chant du ténor Piero MENESCALDI de la Scala de Milan" - articolo di Achille Gambetta apparso sulla rivista LYRICA, il numero di aprile-maggio-giugno-luglio, del 1936)

8. Mattia Battistini, baritono :
«“Inizia a pronunciare meno A; mischiala con O a partire dal Fa diesis.” (...) Al La bemolle odo che egli sta pronunciando in modo molto schietto la vocale O. (...) Arriviamo a Do diesis 3 e Re, e poi ho udito il Battistini pronunciare U. “(...) quando questa U risuonerà bene a partire da Do diesis, l'intera voce sarà posizionata, alta e avanti. Ogni suono uscirà libero, la gola rilassata e tranquilla.” Vedete gli esercizi vocali che faceva Caruso: le note basse su A, le centrali su O, e le alte su U. Bonci chiamava la U la vocale salvatrice delle note acute.»
(Conferenza di Celestino Sarobe all'Università di Parigi dell'11 gennaio 1936 in: C.Sarobe - "Venimécum del artista lírico" - Barcelona, 1947)

9. Dino Borgioli, tenore :
(emissione negli acuti) «Si deve coprire tra il MI e il FA, e man mano che si sale si deve coprire maggiormente, però lasciando la gola rilassata.»
(Conferenza sul canto all'università di Parigi, 1936, in: Celestino Sarobe - "Venimécum del Artista Lírico" - Barcelona, 1947)

10. Tito Schipa, tenore :
«Questo è un grande segreto da utilizzare che ho imparato da Tito Schipa. All'inizio della mia carriera egli mi disse, "Le vocali sono piccole e cadono dall'alto sulle labbra, e il fiato le fa correre in teatro. La vocale non si forma dentro la bocca o nella gola. La vocale piove dall'alto. Le parole piovono dall'alto sulle labbra." Questo è un grande segreto.»
(Intervista al soprano Magda Olivero, in: J. Hines - "Great Singers on Great Singing" - Doubleday, 1982)

11. Hipólito Lázaro, tenore :
LE VOCALI: «(...) emetti una nota a tuo piacimento, che può essere un "la" nel secondo spazio del pentagramma (...) Farai queste note molto lunghe, con una vocale intermedia tra la "O" e la "U", vale a dire una "O" scura.
Ti renderai conto che, la medesima "O", posta al "labbro superiore", acquista il colore da me indicato, se il fiato è ben diretto all' "arco armonico".
Non vocalizzare con altre vocali.
La "A" è aperta per sua natura e non consente di posizionare la voce al "ponte", ossia all' "arco armonico", ed è il motivo per cui la voce, dopo quattro o cinque anni di professione, comincia a ballare e si rovina ―— come comunemente si dice in gergo teatrale ―—. Allorchè capitasse un tal incidente, logicamente, la carriera può dirsi finita per colpa dello studio fatto su tale vocale.
La "E" stringe la laringe e la voce assume una caratteristica di suono simile a quella del belato delle pecore ―— beee ―—; gli italiani la chiamano "voce pecorina". Non è adatta per vocalizzare.
Quanto alla "I" bisogna toccarla meno delle altre, perché il suo suono è stridulo e di conseguenza chiude la laringe più di quanto avvenga con la "E".
La "U", come se non esistesse nell'alfabeto. Suona come una sirena d'una locomotiva.
(...) Racconterò ora quel che m'accadde a Milano, quando lì mi trovai per studiare, che è lo stesso che ti sto proponendo.
Ebbene: il mio agente rappresentante a quel tempo ―— uno dei migliori d'Italia ―— mi mandò a studiare l'opera "Bohème" di Puccini con un famoso maestro di canto, di cui preferisco non ricordare il nome. Costui mi faceva vocalizzare con consonanti e aprire molto i suoni, dicendomi che la voce doveva aprirsi man mano che le note salivano verso l'acuto, come un ombrello. Un giorno non riuscii a cantare il "do" del racconto della "Bohème". Io, che facevo il "fa sopracuto" prima di recarmi da quel...signore! Mi arrabbiai tanto che gli diedi uno spintone, presi il mio spartito e dissi:
―—"Ci rivedrem alla stagion dei fior!", e me ne uscìi di corsa scendendo giù dalle scale come una scheggia. Il maestro in questione uscì e mi rispose
"Sali su, folle!”. Ovviamente non risalìi; ho avuto sempre la fortuna d'intuire ciò che mi avrebbe potuto danneggiare.»

«(...) poni le labbra a forma di pesce, imitando la forma della bocca del merluzzo, siccome questo pesce è il più adatto a questo esempio
«Comincerai a posizionare la voce al "ponte" a partire dal "la" del secondo spazio del pentagramma, "si" e "do". Da quest'ultima nota, fino ad arrivare all'ottava del "la" naturale, dovrai posizionare il fiato al ponte, poco a poco, come ti ho detto, con l'idea di scurire il suono con le vocali "OU" legate, per ottenere lo stesso suono, come ti ho indicato nella seconda lezione. Ripeterai quest'esercizio finché non sarai convinto di aver ottenuto il risultato desiderato. Continuerai poi l'esercizio sulle note "re", "mi bemolle", "mi naturale", "fa", "fa diesis", "sol", e per fare "sol" diesis e "la" ti risulterà facile - se terrai il fiato ben controllato - fino ad arrivare alla nota più acuta che tu riesca ad emettere.»
(Hipólito Lázaro - "Mi método de canto", 1947)

12. Giuseppe Danise, baritono :
"La voce chiara nella strozza [gola] e l'appoggio scuro nella bocca, cioè nessun attacco di gola". (al minuto 7.28)
"Lei deve guidare la voce col suo orecchio, Lei non deve guidare la voce con la sua gola, col suo orecchio, e deve capire quando un suono deve venir chiuso e quando deve venir aperto, questo lo deve guidare col suo orecchio." (a 11.37)
"Lei fa [canta No, come fosse Na-a] e si trova già in posizione!" "Dica NA, senza dire No-o". E dopo l'esempio ripetuto correttamente, dice "Lo vede?" (a 15.08)
"Fai 'd'unO stella', dì O" (a 26.37)
"lo devi dire 'lO' invece di 'la', dev'essere una vocale scura, non la posizione scura, la vocale scura!" (a 38.10)
"senta una cosa Signor Danise (a 38.48) sulle note acute, che Lei vuole così nel petto aperte, io le chiamo aperte perché sono ignorante, ma le vuole sempre con O?"
La risposta di Danise è spontanea: "Sì, certo, quello è il coperto, non l'ingolato, tu confondi tra coperto e ingolato!"

Elenco dei brani musicali studiati da Valdengo con Danise, che si possono ascoltare nella registrazione audio :
00:00 - Rigoletto: "Deh! non parlare misero"
06:06 - Rigoletto: "Veglia, o donna"
11:54 - La favorita: "Giardini dell'Alcazar", recitativo
14:36 - Falstaff: ultime note di "L'onore! Ladri!"
15:50 - Il trovatore: Atto I trio, recitativo d'apertura
22:00 - Il trovatore: "Tutto è deserto... Il balen del suo sorriso"

[cfr. --> "Se gli dicevo che non mi veniva bene una nota si faceva dire le parole che c’erano e lui ti diceva di chiudere di più quella A o quella O e la nota ti veniva: comprende? Un insieme meraviglioso".

Intervista al Baritono Giuseppe Valdengo su Toscanini realizzata a Parma il 9/4/1977]


13. Giuseppe De Luca, baritono :
«...cantare su una O piccola-un suono che sia una via di mezzo tra A ed O. Ciò copre il suono. La A da sola può tendere a mandare il suono indietro o sbiancarlo
("Good Singing takes time" by G. De Luca - The Etude, Nov 1950)

14. Riccardo Stracciari, baritono :

«La vocale A si trasforma in O nelle note acute specialmente, per tenore dal FA naturale, per baritono dal MI bemolle e per basso dal RE naturale, perché pronunciandole aperte diventerebbero schiacciate e di timbro sgradevole.»
(Pagine manoscritte riportate in : LP "Riccardo Stracciari" - Mizar Records, 1980)                              

15. Licia Albanese, soprano :
«...ci si assicuri che tutte le vocali siano rotonde e risuonino bene in avanti. Non dev'esserci nulla che suoni schiacciato; le "E" e le "I" devono essere rotonde. A volte è necessario arrotondare le vocali oltre la loro tipologia sonora presente nel linguaggio ordinario. Nella mia lingua madre, l'italiano, faccio attenzione ad arrotondare la "e" in "bene": non dovrebbe suonare troppo aperta; non dovrebbe mai diventare "bE-ne". (...) Mantenere le vocali ben rotondate e la risonanza avanti è di grande aiuto sia nella produzione della voce che nella dizione; ciò evita di fare suoni striduli
("Preparation for Opera" - The Etude, Sep 1953)


16. Fedora Barbieri, mezzosoprano :
«Un buon esercizio è quello di cantare i cinque suoni vocalici–A, E, I, O, U–su un solo fiato, tenendo la gola esattamente nella medesima posizione, e modificando solamente la posizione della bocca, tanto quanto è necessario, con le labbra, per distinguere con chiarezza le vocali.
Questo tipo di canto proietta il suono in maschera, e questa è l'unica collocazione corretta per una buona risonanza.»
("Is there an 'Italian' Method?" - The Etude, Oct 1954) 


17. Beniamino Gigli, tenore :
«Un buon cantante italiano - un prodotto della vera Scuola, l'unica e sola, "parla" come canta (…) Anch'io condivido l'opinione che il buon canto deve essere basato sulle 5 vocali a, e, i, o, u, nella loro forma più pura, e nelle modificazioni di queste (...)
Quando si deve passare da una vocale ad un'altra sulla stessa nota, o su un intervallo, è necessario, perfino imperativo, evitare ogni cambiamento brusco e improvviso della forma interna e dell'impostazione di un tono. Per quanto riguarda le note acute posso dire che il passaggio da una vocale all'altra (o, diciamo, a tutte le vocali consecutivamente una dopo l'altra) sulla medesima altezza di tono, per esempio, viene sentito appena; in altre parole, la differenza di posizione del tono 'messo a fuoco' nella cavità di risonanza tra una vocale e la successiva è così lieve da essere appena percepibile.» 

 
«Le vocali "I" ed "E", "O" e "U", sono suoni stretti, nel grado, su note medie basse e più basse. Ma una volta che noi siamo su altezze di tono acute dev'essere dato loro ampio spazio per svilupparsi, proprio come se fossero della stessa "apertura" della vocale A. (...) La vocale "I", in particolare, è un suono molto più stretto della "A" quando prodotta su note medie basse e più basse; di conseguenza questa non possiede né può essere dotata della medesima amplificazione che ha la lettera, su questi toni bassi. Al contrario, quando cantata su una nota alta o di testa, alla vocale "I" può, e dovrebbe, essere dato lo stesso spazio per l'amplificazione tonale della "A"
(Lezione introduttiva di Beniamino Gigli, Londra dicembre 1946, in: E. Herbert-Caesari [Diplomé, La Regia Accademia di Santa Cecilia, Rome] - THE VOICE OF THE MIND – 1951)


«Loro hanno sette vocali...voi, tedeschi, o inglesi o americani non avete le 5 vocali per il canto come ce l'ha l'Italia: "A", "E", "I", "O", "U". Noi facciamo...sulla stessa posizione, noi dobbiamo fare le 5 vocali; e vi do un esempio pratico: (canta, vocalizzando "a-e-i-o-u"). Come avete visto e sentito io non ho mosso né gola...non ho mosso nulla. E' nella posizione che io ho fatto le 5 vocali. (...) Se voi dovete studiare il canto, e potrei dire anche, lasciatemelo dire...il bel canto italiano, bisogna che vi portate necessariamente a imparare le 5 vocali e metterle, le 5 vocali, sulla stessa posizione.»
(Masterclass di Beniamino Gigli a Vienna nel 1955)"

18. Giacomo Lauri-Volpi, tenore :
«La vocale cantata assume naturalmente, per ragioni acustiche e tecniche, forma sferica, e dà l'immagine della bolla liquida di sapone spinta dal soffio proveniente dalla cannula. (...) Comunemente la vocale parlata, mancando di risonanze, risulta piatta e secca.»
«Si prenda, poniamo, la vocale A pronunciata naturalmente, immune da intenzioni tecniche. Questa vocale risuona aperta, talvolta sfacciata, con un colore di bocca. Non importa. Questo suono, a patto che non sia gutturale o nasale, potrà sempre raddrizzarsi dal piano orizzontale di natura. Per ottenere l'A estetica, tecnica, artistica, sarà sufficiente illuminare la mente con l'idea della "verticalità" del suono. L'A naturale diventerà un'A sonora, musicale, rotonda con il solo dirigere la colonna d'aria vibrante contro le cavità cervicali, anziché abbassare, flettere i raggi sonori sul "piano radente" della cavità orale
(Giacomo Lauri-Volpi - "Misteri della voce umana" - Dall'Oglio, 1957)

«Bisogna pronunciare la "I" tenendo aperta la gola, se no istintivamente si chiude la gola, se invece Lei la "I" l'appoggia come si deve al punto di risonanza giusto cervicale allora il flusso d'aria, e il flusso sonoro, è indipendente dalla vocale, ma se la vocale s'impiglia nella emissione allora la vocale stringe la gola, bisogna che la gola sia indipendente dall'articolazione e allora viene la "I" sonora e rotonda, sempre mantenendo la fisionomia della "I". Tutte bisogna dirle le vocali, tutte le parole; se uno domina la gola, vale a dire che la colonna sonora è sempre quella intatta, i raggi sonori si proiettano sulla cassa cranica e allora sono indipendenti dalla articolazione. La vocale "A", diceva Rossini, è la regina delle vocali. I francesi non hanno un' "A" sonora come la nostra, nessuna lingua; la vocale A italiana ben messa è di per sé stessa una musica, diceva Rossini. Infatti se Lei dice la "I" pensando alla "A" Lei vedrà che la "I" viene ampia e sonora, bisogna pensare alla "A" nel dire la "I", perché la "A" tiene tutto il condotto aperto
(Intervista di Sergio Saraceni al tenore Giacomo Lauri-Volpi avvenuta a Roma nel 1962)

19. Toti Dal Monte, soprano :
«In linea generale la vocale da adottare è il dittongo EO che consente al mento e alla mascella di restare "abbandonati" (...) e consente inoltre un'emissione "rotonda" in quanto evita di aprire troppo e nel contempo troppo raccogliere il suono. Qualora però l'allievo possieda una voce molto aperta o molto "indietro" – come si suol dire nel nostro gergo professionale – è consigliabile per i primi esercizi usare la vocale francese U.»
(Toti Dal Monte - Presentazione dei "Vocalizzi" - Ricordi, 1970)

20. Maria Callas, soprano :
«Attenzione alle vocali: una "a" rotonda alla fine di "pietà"» [sul si bemolle della prima ottava sopranile, nella linea vocale dell'Adagio "Per pietà, non dirmi addio", nella Scena ed Aria per soprano e orchestra "Ah! perfido" op.65 di Beethoven]

«Cantate bene sulle note e con dei bei suoni di vocali: una "a" piena e rotonda su "Madre", per esempio.» [nell'attacco, sul re naturale della seconda ottava sopranile, della linea vocale dell'Allegro assai moderato, nell'aria "Madre, pietosa Vergine", dall'Atto II de "La forza del destino" di Verdi]

«Ricordate, l'introduzione di "Qui la voce" si canta da dietro le quinte, quindi il suono deve essere pieno per poter arrivare in platea. Inoltre: è "ren-DE-te-mi", e non "ren-de-TE-mi", e fate un bel portamento in "speme". (...) Potreste avere delle difficoltà a cantare delle vocali pulite in "speme": io penserei alle "e" come se fossero miste a delle "a", per ottenere il suono scuro che desiderate» [sul sol naturale della seconda ottava sopranile, nella frase "O rendetemi la speme" della scena di follia "Qui la voce sua soave" dall'Atto II de "I puritani"]

(da: MARIA CALLAS - LEZIONI DI CANTO alla Juilliard School of Music - John Ardoin - Longanesi, Milano, 1988)

21. Mirella Freni, soprano :
«(...) io la A, io per natura la porto ad aprire, anche parlando, e mi va indietro e so che se io canto (accenna cantando) "A" mi va via... devo cercare di metterla più avanti, mischiata magari con un po' di O, che viene fuori la A giusta lo stesso e questo si deve anche studiare; si deve cercare di mischiare anche le vocali (...)»
("Scuola di canto", presentata da Mirella Freni e Luciano Pavarotti - Modena, 1976)

22. Nicolai Gedda, tenore :
«Come tenore, per la posizione nella gola attorno a FA diesis e SOL, si deve pensare di sbadigliare ancor più. La AH dovrebbe essere coperta. Mi è stato insegnato di pensare più a una OH. Non può essere una AH aperta, come nel registro inferiore.»
(Intervista a Nicolai Gedda, in: J.Hines - "Great Singers on Great Singing" - Doubleday 1982)

23. Franco Corelli, tenore :
«Tutte le note devono andare verso lo stesso punto... [Cantò "I, E, A, O, U", poi ripeté questa sequenza in modo errato con ciascuna delle cinque vocali eseguita con differenti aperture e chiusure, e con diversi tipi di posizionamento, alcuni chiari ed altri scuri.] Tutte le vocali devono essere dirette verso lo stesso punto
«Ci sono molte belle voci che non hanno trovato la via alle note acute... come "girare" gli acuti. Una cosa è molta chiara: se si produce un suono nella voce media e poi si sale alla zona del "passaggio", cantando con lo stesso tipo di suono, non funzionerà. Si deve fare un cambiamento nel salire, altrimenti... [Egli cantò "A" su una scala salendo attraverso il "passaggio" sino alla voce acuta senza cambiare il colore della vocale. Ne risultò un urlo a squarciagola.]»
- "Dunque si deve andare da "A" nella voce media ad "U" nella voce acuta, con "O" situato circa in mezzo."
«L'hai spiegato chiaramente. Ora questo famoso "passaggio", tra una nota collocata normalmente nella voce su "A" e la nota acuta su "U", va più in maschera, va più in alto [nel posizionamento]. Parlando praticamente, questo è il percorso. Quasi tutti sanno che il "passaggio" va arrotondato. Se si canta una "A" aperta si può arrivare sino a un Fa diesis. Ma se si cerca di mantenerla come "A", non girerà per lo meno fino al Sol diesis, perché allora si starà aprendo, disperdendone il suono
(Intervista a Franco Corelli, in: J. Hines - "Great Singers on Great Singing" - Doubleday, 1982)

24. Anna Moffo, soprano :
«Si canta I, E, A, O, U, per me sono tutte nella stessa posizione. (...) La posizione che intendo è il suono più AVANTI, 'a fuoco', completo di armoniche superiori.
(...) Si capisce...quando una nota non è perfettamente proiettata è indietro. (...) Non possiede 'risonanza metallica', o 'squillo'...focalizzazione...punta.»
(Intervista ad Anna Moffo, in: J.Hines - "Great Singers on Great Singing" - Doubleday, 1982) 

25. Fiorenza Cossotto, mezzosoprano :
"Ho constatato che le vocali troppo aperte [dilatate] non funzionano. La A dovrebbe tendere verso AO, la O verso U. Mai cantare AA [diede un esempio, cantando una A bianca con la bocca aperta orizzontalmente]. Perlomeno, io parlo per me stessa, la O verso U, la I verso E, perché la I è di già chiusa [stretta]."
"(...) Per anni il mio maestro mi fece cantare A, E, I, O, U sulla stessa nota senza cambiare posizione (...)"
"Cerco di usare le labbra in un modo naturale," ella disse. "Non si dovrebbe rendere diversa la U dalla O. Oppure, nel passare dalla O alla I, non puoi fare..." [Ella passò da una posizione rotonda delle labbra sulla O ad una posizione allargata della bocca sulla I.] Piuttosto, si dovrebbe fare O...I." Ella mantenne le labbra relativamente rotonde ed invariate. (...)
"...è qui che si ha bisogno di un maestro," ella disse, "per controllare il colore della vocale. Quando passo dalla A alla U, non posso produrre una AA bianca. Devo fare un'AO che assomigli a una U, e una U che assomigli ad un'AO. Cerco di cambiare le vocali il meno possibile." (...)
(Intervista a Fiorenza Cossotto, in: J. Hines - "Great Singers on Great Singing" - Doubleday, 1982)

26. Alfredo Kraus, tenore :
Perciò quando arrivano a certe note acute, perché (accenna cantando) "Tosca sei tu", è difficile per tutti, perché steccano quasi tutti lì? Perché fanno (accenna cantando una O, chiudendo) "TOOO"... e gli va indietro la voce, gli va indietro la voce... e lì bisogna più che mai dimenticare che c'è una O e pensare a una A scura, eh... (canta a piena voce) "Tosca". Io ho detto Tosca... ma non ho detto Tosca, io ho detto TA-AAsca, TAsca, solo che l'ho scurita; se pensi alla O ti va dietro (emette la O, chiudendo) TO, TO... (poi ripete la O alta, aprendo tutto) TO, TO... ecco, sembrano trucchetti, e forse lo sono, ma è così, di qua non si scappa... e attaccare il suono dall'alto in basso, Lei pensi che il suono se lo fabbrica qua, Lei... (emette, a piena voce, una A molto alta) "A", se no viene (fa l'esempio con l'emissione bassa, di gola) "A"... e tocca in gola; e deve pensarlo fuori dalla testa e poi dentro (emette una A molto alta, aprendo tutto) "A"... e Lei avrà sempre gli attacchi puliti.
(Masterclass di Alfredo Kraus al Teatro Brancaccio, il 22 marzo 1990, a Roma)

27. Raina Kabaivanska, soprano :
...«la vecchia legge del Bel Canto: mai una A, ma mettere la A sulla posizione della U-O-A (vocalizza sul si naturale sopra al do centrale cantando U-O-A), solo con il movimento, con l'apertura della bocca, cambiare la vocale, ma rimanere sempre sulla posizione della U; mai una A (che sia) A, mai una E, sempre "eu", mai una I; cioè, passare sempre, è la vecchia regola dei castrati, loro passavano sempre dalla U; una cosa personalissima, naturalmente, però per piazzare bene la voce è un buonissimo esercizio; e per esempio fare prima a bocca chiusa, quello che ho imparato da Celletti, che è un gran conoscitore, e vi faccio vedere una cosa che vi sarà utile (vocalizza intonando a bocca chiusa mi bemolle-sol-si bemolle sopra al do centrale sulla U e poi, aprendo la bocca sul si bemolle, continua a cantare U-O-A, poi ripete due volte U-O-A sul si bemolle) solo con l'apertura della bocca, non cambiare la risonanza e la posizione, questa è una vecchia regola»...
(Estratto, da riprese di RAI 3, della Masterclass del soprano Raina Kabaivanska, svoltasi nel settembre 1991 a Torino)

28. Sesto Bruscantini, baritono :
«Quel Fa [acuto, sulla vocale A della parola "basti", tenuto per oltre due battute, nell'aria "Sempre in contrasti" da "La serva padrona" di Pergolesi] in effetti non è per niente simpatico. Si deve riuscire a "coprirlo", cioè a non darlo con un'emissione chiara, per non correre il rischio di steccare e conseguentemente per una migliore proiezione del suono all'esterno. Ancora oggi è difficilissimo fra i giovani trovare qualcuno che sappia ricorrere a tale accorgimento; cantare sempre "aperti" significa tra l'altro porre le condizioni per perdere la voce (...)»
(Andrea Foresi - UNA VITA PER L'OPERA - Conversazioni con Sesto Bruscantini - Akademos, 1997)


29. Ugo Benelli, tenore :
«È difficile trovare un acuto sulla "a", e quando capita, di solito il suono della voce si avvicina più ad una "o"
(Giorgio De Martino - "Cantanti, vil razza dannata" - La vita e gli incontri di Ugo Benelli - Zecchini, 2002)

30. Luciano Pavarotti, tenore:

«Da una registrazione, o cantando per qualcuno», disse Luciano, «si può dimostrare il suono critico...la parte cruciale della voce...che è il 'passaggio'. Con l'ascolto ti rendi conto del cambio di suono—chiamiamolo 'coprire'. Se non si fa così, la voce diventa bianca, bianca e più bianca...e più stanca...e non riesci ad arrivare in fondo ad una esecuzione. Se si copre il suono, la posizione e la voce sono solidi.»
«(...) i muscoli devono essere molto rilassati, come se si sbadigliasse. Ma si deve davvero fa sì che la voce sia più 'ridotta'. All'inizio degli studi il suono sembra quasi sacrificato. Ciò cambia il colore.»
«(...) E quando queste note cominciano ad uscire correttamente, sono molto sicure, anche se non ancora molto belle. Sempre più prendono corpo e diventano davvero...» S'interruppe per dare una dimostrazione con un'altra scala ascendente, andando distintamente da una vocale A verso U mentre andava oltre il 'passaggio'. (...)
- "Poco fa hai menzionato una sensazione di rilassamento, come sbadigliare, quando canti. Ora, alcuni cantanti parlano dell'inizio dello sbadiglio..."
«Sì!» (...)
- "E questo è ciò che consideri una gola aperta?"
«Oh sì, senza dubbio... AO...AO...» Egli fece l'esempio su questa vocale. (...)                       «AO...AO...», disse, (...) «Non 'aaah' [egli fece un suono flaccido e aperto]...»
(Intervista a Luciano Pavarotti, in: J. Hines - "Great Singers on Great Singing" - Doubleday, 1982)

Vocali di timbro omogeneo ("vocali miste"), secondo il metodo Campogalliani !!!

Campogalliani difficilmente faceva eseguire più di dieci minuti di vocalizzi. Si serviva generalmente dello stesso corpus di esercizi usato da Bertazzoni e Pola, a lui pervenuto da Rosina Storchio; ma li variava spesso, fedele alla sua filosofia di mantenere sempre ben desta l'attenzione dell'allievo, e facendoli eseguire su tutte le vocali meno che sulla U. Teorizzatore dell'avvicinamento delle vocali stesse, pretendeva che non fossero mai troppo chiare e schiacciate, particolarmente la I e la E, ma che avessero tutte un timbro omogeneo. (...)
Normalmente si usa dividere le vocali in chiare e scure. Sono considerate chiare la I e la E.
La A fa parte della zona di confine tra questi due gruppi; la O e la U vengono considerate scure.
I E (Vocali chiare) --------------> A <-------------- O U (Vocali scure)
Per ottenere uguaglianza di emissione, si dovranno avvicinare i due opposti gruppi di vocali, seguendo idealmente le frecce sopra riportate.
In altre parole si canteranno le vocali chiare più scure e le vocali scure più chiare. Questa è la regola data da molti autorevoli trattati di canto, che però non tentano neppure di spiegare quale dovrebbe essere la precisa gradazione, l'esatto colore del suono misto ideale consigliato. (...)
Ci si accorgerà che cantando le vocali molto chiare, particolarmente nella zona di passaggio, il suono perde la posizione, diventando ingolato e sguaiato (in gergo tecnico "schiacciato").
Con l'opportuno e discreto processo di oscuramento consigliato sopra, che può essere agevolato dal pensare, cantando la I, la E e la A, al suono della parola francese fleur oppure ad una u lombarda, la maschera dovrebbe essere prontamente riconquistata. C'è chi trae giovamento, anziché dal pensare alla eu francese, addirittura dal pensare a una o scura, se non a una u pronunciando una vocale chiara. Con questi accorgimenti si superano anche molti problemi di disuguaglianza della voce nei passaggi di registro.

(L.Magiera - "Luciano Pavarotti, Metodo e Mito" - Ricordi, 1990)


Il passaggio di registro secondo il metodo Pola-Pavarotti:

Prendiamo per esempio la voce di tenore e diciamo che dal do basso al mi bemolle in quarto spazio la pronuncia delle vocali può essere più chiara e aperta. Dal mi bemolle in su, si inzierà a oscurare (chiudere o raccogliere in gergo tecnico) il timbro delle vocali chiare. Non per questo la voce risuonerà meno sonora: al contrario, la proiezione del suono sulla maschera ne eviterà la caduta in gola e faciliterà l'emissione, a tutto vantaggio della qualità del suono e con un minore sforzo delle corde vocali.
Su questa tecnica del suono raccolto nella zona di passaggio, non tutti sono d'accordo. Non mancano alcuni puristi, che (...) non tollerano quello che considerano uno snaturamento, una violenza all'esatta pronuncia della lingua italiana. E' un parere rispettabilissimo sul piano teorico.
Su quello pratico, però, si è sempre visto che la quasi totalità delle voci che non usano la tecnica del suono raccolto nella zona di passaggio, finisce col rovinarsi dopo pochi anni di attività. (...)
L'abuso dei suoni aperti è stato presto fatale a Di Stefano: primo a risentirne è stato il registro acuto, raggiunto sempre più a fatica; poi tutta la voce ha accusato lo sforzo di questi suoni; belli, sì, ma prodotti cantando "sulle corde" e non sulla maschera. (...)
Pavarotti, che ha sempre molto ammirato e ascoltato la lezione interpretativa di Di Stefano, non ha però mai ceduto alla sirena incantatrice dei suoni di passaggio aperti: pur possedendoli anch'egli bellissimi e non disdegnando di usarli eccezionalmente, in particolari momenti interpretativi.
Al contrario, la sua tecnica del suono raccolto è veramente da manuale. Appresa da Arrigo Pola e non dimentichiamolo, derivante da Enrico Caruso attraverso Luigi Bertazzoni - con orecchio attento ai cantanti contemporanei Carlo Bergonzi e ancor più, Gianni Raimondi, un vero fanatico del suono chiuso - Pavarotti riesce a raccogliere mirabilmente tutta la zona di passaggio senza dar l'impressione di sacrificare troppo l'esatta pronuncia delle vocali chiare
.

(L.Magiera - "Luciano Pavarotti, Metodo e Mito" - Ricordi, 1990)


I DUE PRINCIPI-LEGGI DI PAVAROTTI NEL CANTO LIRICO: "COPERTURA" DEL SUONO E GIUSTA RESPIRAZIONE DIAFRAMMATICA:

Vale la pena, a questo punto, di soffermarsi sui princìpi di Luciano Pavarotti in fatto di tecnica vocale; che sono poi quelli classici della scuola vocale italiana. Pavarotti considera fondamentali due leggi: la "copertura" del suono e la respirazione diaframmatica. La copertura del suono, detto in parole povere, consiste nello scurire o arrotondare sempre più il suono (la "a" che diventa quasi "o", la "e" che diventa come l' "eu" francese, la "i" che diventa "ü", etc.) a misura che una voce sale dai centri alle prime note acute. Non è un semplice espediente escogitato dagli insegnanti di canto d'un tempo, ma una legge di natura. Se a una certa altezza la voce non è sufficientemente arrotondata o scurita, la laringe non può compiere quello spostamento che mette in quiescenza certi muscoli e ne attiva altri e la voce del cantante perderà facilità, lucentezza, timbro e diventerà sempre più dura, gutturale, stridula e sguaiata, senza contare che lo sforzo la fiaccherà in pochi anni. A volte si canta "aperto", anzichè coperto per un equivoco in cui incorrono, per mancanza d'orecchio esercitato, sia l'allievo che l'insegnante. Talune voci molto dotate - in particolare i tenori contraltini - dispongono, in alto, dei cosiddetti suoni anfoteri e cioè di acuti apparentemente gradevoli, sebbene aperti. Ma è un gioco che dura poco e finisce invariabilmente male, perchè sottopone la gola a uno sforzo innaturale. Luciano Pavarotti, tenore contraltino nato, disponeva e dispone certamente di suoni anfoteri, ma s'è sempre guardato dal servirsene.
Quanto alla giusta respirazione, la questione è talmente complessa che, anche a leggere i più accreditati trattati di canto, si capisce ben poco. Il diaframma è un muscolo, sito al margine inferiore della gabbia toracica, che quando prendiamo fiato (inspirazione) si abbassa e preme sui visceri, i quali a loro volta si dilatano e fanno sporgere in fuori l'addome. Nell'espirazione (che è poi la fase di canto) l'addome viene ritratto (di colpo o gradualmente: qui i pareri sono diversi) e i visceri, tornando alla posizione di prima, sospingono in alto il diaframma, il quale, a sua volta, esercita una pressione sulla base inferiore dei polmoni. Ho descritto in modo schematico e rozzo quanto è stato accertato dalla foniatrìa. Tenendo presente che è l'aria immagazzinata nei polmoni a provocare, quando parliamo e quando cantiamo, le vibrazioni delle corde vocali che poi i risuonatori e amplificatori - cavità toraciche e parte superiore del volto - tramutano in suono, la funzione del diaframma è quella di dosare il fiato emesso dai polmoni in modo da assicurare regolarità e continuità al moto vibrante delle corde vocali. Se il dosaggio è imperfetto il cantante è costretto a intervenire con contrazioni della gola per tentare di correggere il suono e, inoltre, l'irregolarità della pressione dell'aria emessa dai polmoni affatica le corde vocali. Mentre la fatica, dice giustamente Pavarotti, devono sostenerla i muscoli coinvolti dal lavoro svolto dal diaframma e cioè i dorsali, gli addominali e i toracici. Tutto questo - è ancora Pavarotti che parla - va considerato come il risvolto atletico dell'atto del cantare.

[Rodolfo Celletti - "Pavarotti, 25 anni per la musica" (dal cap. 'Da Modena al Mondo') - Ruggeri Edizioni, Modena 1986] 

cfr. --> 

Carlo Bergonzi:
"Nella tecnica vocale ci sono molti errori, errori voluti o dallo studente o dall'insegnante: non esiste nella tecnica vocale il "chiuso" e l' "aperto", cioè non esiste AAA [aperto, sbiancato, di gola], non esiste OOO [chiuso, intubato, gutturale], esiste solo il suono COPERTO...
lui che ha un bel colore di voce non deve mai forzare il suono con il fisico, mai, sempre aiutarsi con il diaframma e passare la voce sopra e portarla nella 'maschera', sempre libero il suono...cantare 'avanti' e guidare la colonna vocale sempre col respiro, e qui [indicando la mandibola] sempre morbido".
(da una Masterclass di Carlo Bergonzi a Yale, 1988)

   
Carlo Bergonzi:
"[La voce] va lì, "avanti", altrimenti se tu fai "perché dEEE- [con vocale aperta, di gola]" il suono è 'indietro', non è un suono reale, è un suono 'falso', che tu devi fare con il fisico, e la tecnica non lavora perché è un suono vuoto. [Fa l'esempio] "per-" [con emissione raccolta ed a fuoco] "è sul fiato" "pEr" [con emissione aperta e sguaiata] "è un suono morto". "I-i-i", "U-u-u", "O-o-o" [indicando il 'giro' che deve fare la voce] "è questa la posizione"!...
Vedi che ti si rompe la voce, perché è "aperto". Se tu non "copri" il suono, se il suono non si 'copre', tecnicamente si 'rompe'...e anche il finale non è "ahi-mè" [con vocali chiuse e intubate], bisogna lasciarla libera [la voce] altrimenti va 'indietro'...non è un "per" strozzato, "per-ché de-" la voce sempre che faccia questo 'giro' qua".
(da una Masterclass di Carlo Bergonzi a Yale, 1988)


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- Alcuni esempi emblematici nei principali registri maschili e femminili - 

Il basso Ezio Pinza canta "Amarilli" di Caccini

 Il baritono Pasquale Amato canta "La ra la ra...Cortigiani, vil razza dannata" (dal "Rigoletto") di Verdi

Il tenore Beniamino Gigli canta "Apri la tua finestra" (dall' "Iris") di Mascagni

Il contralto Gabriella Besanzoni canta "Voce di donna" (dalla "La Gioconda") di Ponchielli

Il mezzosoprano Ebe Stignani canta "Ah quel giorno ognor rammento" (dalla "Semiramide") di Rossini

Il soprano Claudia Muzio canta "Pace, mio Dio" (da "La forza del destino") di Verdi

...altri ascolti e video, che vi suggeriamo di guardare con attenzione...


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COROLLARIO SULLE VOCALI LIRICHE NEI SECOLI:


1500

VICENTINO:
"(...) et la lettera I, perchè è acuta d'accento et di pronunzia, pare che nelle parti basse il Cantante à voce piena non possi accomodarsi à proferirla correndo, et per fare maggiore intonazione alcuni pigliano un'altra vocale, et in cambio della vocale I pigliano la lettera O ovvero la U (...)"

[da: N. VICENTINO, "L'antica musica ridotta alla moderna prattica", Roma, 1555, Libro quarto, cap.
XXIX, f. 86.]

MAFFEI:
Il "passaggiare" per l' O che rende la voce TONDA :
«La quarta [regola] è, che più volontieri si faccia il passaggio, nella parola, e sillaba dove si porta la lettera, o, in bocca co'l passaggio, che nell’altre; et accioche questa regola sia meglio intesa, hora la dichiaro, le vocali (com’ogniun sà) sono cinque, delle quali alcuna si come è lo, "u", porta uno spaventevole tuono all’orrecchia … Et alcuna, si come è lo, "i", portandosi co’l passaggio, rappresenta un’animaletto che si vada lagnando per haver ismarrita la sua madre; pure si può concedere ch’al soprano istia manco brutto il passaggiare per lo, "i", ch’all’altre voci. L’altre vocali che rimangono, si ponno senza sempolo portare, pure fando fra loro comparatione, dico che l’ "o" è la migliore, percioche con essa si rende la voce più tonda, e con l’altre, oltre che non così bene s’unisce il fiato, perchè si formino i passaggi, sembianti al ridere, pure non istringendo, tanto questa regola; mi rimetto al buon giudicio del cantante»

(da: Giovanni Camillo Maffei - "Delle lettere del Signor G. C. M. da Solofra libri due: dove tra gli altri bellissimi pensieri di Filosofia e di Medicina v’è un discorso della voce e del modo d’apparar di garganta senza maestro" - Napoli, 1562 - Libro Primo)

PATRIZI:
Francesco Patrizi, in "L'Amorosa Filosofia" del 1577, (nel descrivere il canto di Tarquinia Molza, una delle celebri cantatrici di Ferrara) dice :
"La voce dunque sua è un soprano non fosco, non soppresso, non sforzato, ma chiarissimo, aperto, delicatissimo, piano, eguale, SOAVISSIMO; insomma se ei si potesse dire senza peccato, più che angelico; et quello che i musici sogliono appellare ROTONDO, che tanto vale di sotto, quanto in mezzo, e di sopra."

BRANCACCIO:
G.C. Brancaccio, uno dei più celebri bassi del XVI secolo, in una lettera da Venezia al duca di Ferrara, Alfonso d'Este, nel dicembre 1581, raccomanda :
"voce TONDA et SONORA, così nel basso, come nell'alto e nella parte di mezzo."

1600

CACCINI:
"...non facendo di mestieri nel resto intorno alle vocali altra osservanza, per detti lunghi giri [di voce], se non che la vocale "u" fa migliore effetto nella voce del Soprano, che del Tenore, e la vocale "i" meglio nel Tenore, che la vocale "u", essendo le rimanenti tutto in uso comune, se bene molto più sonore le aperte, che le chiuse, come anco più proprie, e più facili per esercitare la disposizione..."
G. Caccini - "Le nuove musiche", 1601-02 (Prefazione - AI LETTORI)

DURANTE:
Negli "Avvertimenti ai Cantori" presenti alle "Arie Devote, le quali contengono in se la maniera di cantar con gratia l'imitation delle parole, et il modo di scriver passaggi, et altri affetti" - Roma 1608, il romano Ottavio Durante, con carattere più specificatamente tecnico, dichiara :
"I Cantori (...) devono avvertire d'intonar bene, e di cantar adagio, cioè con la battuta larga, e porgendo la voce con gratia (...) procurino di passeggiare nelle sillabe lunghe, dove a loro bene placito si potranno trattenere, e nelle tre vocali che restano, che sono A. E. O. che sono buonissime per far passaggi, nell'altre due [i. u.] quando vi si affronterà la sillaba lunga, si potrà dare qualche accento, o grazia di poche note, che non disdirà, e soprattutto i passaggi si faranno ad imitazione delle parole, e loro senso."

PICERLI:
Adattamento delle vocali I ed U nel vocalizzare i "passaggi" barocchi :
"Avertendo sol'il Cantore à far detti passaggi sotto le vocali, grate all'udito, come sopra l'à, è, et ò: e dovendosi per necessità fare sopra l'i, et u, che fanno brutto sentire, si convertiranno quasi in uno de'sudetti; come l'i, in e, e l'u in o; e così non faranno ingrat'udire."

(da: Silverio Picerli - "Specchio primo di Musica" - Napoli, Ottavio Beltrano, 1630)

1700

PORPORA (secondo SIGISMONDO):
L'importanza di modulare la voce cantata e di vocalizzare evitando la I ed U, secondo il Porpora :

"Il tempo e l'intonazione sono i cardini e le basi del canto, come nella pittura il disegno, il contorno; ma senza la modulazione, il canto è come il quadro senza il chiaroscuro. La modulazione dunque è quella che v'insegna come dovete aprire la bocca con decenza, come e quando dobbiate rinforzare o diminuire la voce; come, quando e dove vi convenga prender fiato cantando, giacché è vietato di farlo prima che termini il sentimento e 'l periodo; e 'l modo che non disgusti anche ne' lunghi gorgheggi; dove, quando e come usare i mordenti, l'appoggiar della voce, or da sopra, or da sotto; il trillare come il gorgheggiare solo sull'a e sull'e, e sfuggendo le rimanenti vocali per non promuovere il riso; e tante e tante altre cose atte ad ingentilire il canto, e ciò tutto a forza di saper modulare la propria voce e mettere a profitto quelle corde e quella estensione di fiato datagli dalla natura." (Nicola Porpora)

[N.B. Nel suo "Elogio di Nicola Porpora", Sigismondo, un allievo del Porpora, afferma tra l'altro:
Oh quanto va più al cuore nella musica la chiarezza e la semplicità, che tutt'i ricercari scolastici e vocalizzamenti, alle volte sull'i, o sull'u, e tradire così il gusto, la espressione, il buon senso! Il nostro Porpora non fece così in queste cantate da camera; per cui esse anche al dì d'oggi dopo 70 e più anni, dopo che il gusto si è tanto perfezionato (come ognun crede), si cantano, si ammirano, ed i buoni e dotti maestri le danno a studiare a' loro alunni.]

(da: Giuseppe Sigismondo - "Apoteosi della musica del Regno di Napoli", 1820)

MANCINI:
Qualunque possa essere la vocale, non si deve tradirla, piantandola fuori del suo dovuto punto; il che succede qualor si pronunzia oppur si adotta questa vocale o troppo aperta o troppo chiusa.

[G. B. Mancini, "Pensieri e riflessioni pratiche sopra il canto figurato", Vienna, 1774, art. VI, p. 71.]

1800

PELLEGRINI-CELONI:
Cinque sono le vocali, ma tre sole di queste sono scelte dai buoni maestri e cantanti per spianare, fermare, far passaggi cadenza ecc., e sono A, E, O, rendendosi queste grate all'orecchio. Le altre due poi che sono l'I e l'U, si devono evitare e lasciare a coloro che avessero la smania d'imitare i cavalli e i lupi.

[A. M. Pellegrini-Celoni, "Grammatica per ben cantare", Roma, c. 1800, p. 37.]

MENGOZZI:
Abbiamo detto che si deve cantare la scala sulle vocali A ed E alternativamente. Aggiungiamo qui che non si deve vocalizzare che sopra queste due vocali. Disapproviamo assolutamente l'uso di valersi di ogni altra vocale e particolarmente dell'I e dell'U, perchè l'articolazione di esse è contraria affatto alla posizione che deve avere la bocca. Questa proibizione non è fondata soltanto sulla qualità difettosa che queste vocali dànno alla voce, ma altresì sopra l'effetto disaggradevole e monotono che producono queste vocali protratte al di là di quattro note. Un cantante o compositore che mettesse dei passaggi prolungati di canto sopra queste vocali, darebbe una giusta idea del suo cattivo gusto e sarebbe biasimevole.

["Metodo del Conservatorio di Parigi", parte II, cap. III, p. 9 (nota), 1804]

PERRINO:
Posizione della bocca e "chiar'oscuri" della voce:
(...) lo aprir la bocca per articolar i tuoni combinati con le parole, è lo stesso di aprirla per articolar le vocali combinate con le consonanti, senz'altra differenza, che quella del recarsi da i tuoni un particolar diletto all'orecchio.
Or se ad esprimere le cinque vocali dell'italiano alfabeto, o semplicemente e da per se sole, o in unione delle consonanti, in due modi dispone la natura che ciò dalla bocca si esegua , con aprirsi questa cioè "verticalmente" per l'articolazione delle due prime e della quarta, ed in maniera "orizontale" mista alla "verticale" per l'articolazione della terza e dell'ultima, le stesse direzioni "verticali", ed "orizontali" saranno proprie della bocca nell'articolare i tuoni combinati con le parole, o sia, che val lo stesso, nell'intuonazione delle vocali unite alle consonanti.
Con tale dunque inalterabile metodo suggerito dalla stessa natura si baderà che lungi da ogni altra viziosa pratica si componga costantemente dal cominciare sino al finire delle cantilene dall'Apprendista la bocca, la quale potrà solo più, o meno aprire a seconda del maggiore, o minore adito, che deve apprestare alla propagazione de' tuoni "gravi", "medj", ed "acuti", ed all'esplosione del corrispondente fiato di cui abbisognano per esprimersi con maggiore, o minore forza (...)
Il tenersi da taluni nell'atto del canto mal composta la bocca, con tenerla o troppo sgangherata ed aperta, o troppo chiusa, ciò produrrà sempre, nel primo caso, che la voce divagata all'intutto non possa modulare con dolcezza ed espressione, e nel secondo caso, venendo ristretta ed obbligata a passare per gl'interstizj de' denti, non possa uscir libera e sonora. (...)
Tutto ciò intanto che si è avvertito di sopra in ordine alla "posizione della bocca", sebbene debba valere di norma generale, non è perciò che vada esente da particolari eccezioni relative alla varietà degli accidenti che possono darsi; Siccome tutte le bocche non hanno una medesima forma e dimensione, così non tutte debbono aprirsi ad un modo con l'istessa misura, e perciò sarà dell'avvertenza del Maestro comporla e darle sesto nella forma, che più si conviene a far che la voce ne sorta grata e piacevole. (...)

Ciò posto, perchè si consegua il fine di destare nei gli Ascoltanti l'effetto propostosi nella composizione da eseguirsi col canto, bisogna far bene intendere la forza delle parole col pronunziarle con distinzione, e con dar loro quel grado di "vibrazione", e di "chiar'oscuro", che conviene alla giusta espressione del sentimento, che contengono. (...)
Gli strumenti debbono seguire le orme della voce in quanto alla forza della medesima in modo da non covrirla, ed in quello, che riguarda l'espressione nascente da "chiari-oscuri", ma non già in tutt'altro, ch'è riferibile alla stravaganza, ed al capriccio di Colui che canta. (...)
Le "arie" sono principalmente del genere delle cantilene suscettibili di "ornamenti"; siccome però ve n'ha di quelle, che in tempo celere, per essere organizzate con semplici note e parole, non danno luogo al Cantante di potervi praticare alcuno abbellimento, potrà Egli in tal caso sostenerne l'espressione soltanto co' "chiar'oscuri" della voce, e col "distacco", o "legamento" de' tuoni, ove glielo additi il sentimento delle parole.

(da: Marcello Perrino - "Osservazioni sul canto" - Napoli, 1810)

BENNATI:
"Os rotundum", "Roundness of tone", "Ton pur" e "Voix orotunde" :
L'expression de "ton pur" est venue des progrès faits dans l'art de chanter; on l'emploie alors pour exprimer une certaine supériorité dans les qualités de la voix. Dans un sens plus général elle désigne une abondance, une vélocité et un timbre éclatant qui peuvent être ou naturels à la voix ou simplement acquis. Les recherches faites sur la nature du ton pur ont attiré l'attention des philosophes qui se sont occupés du chant; mais, bien que l'agrément qu'il communique au ton uniforme et concret de la parole ne soit pas moins sensible que lorsqu'il s'adapte aux autres modes d'intonation, je ne sache pas qu'on ait jamais examiné d'une manière très approfondie l'avantage qui résulterait de l'application de cette espèce de voix à la lecture et au récit.
Les analyses imparfaites et les traités vagues que les anciens nous ont laissés sur la voix, et plus encore la confusion qui existe dans les travaux de leurs commentateurs, ne nous permettent pas de décider si les termes "os rotundum" dont se servaient les Romains pour désigner la supériorité de la prononciation des Grecs, se rapportaient à la construction de leurs périodes, à l'abondance ou à la position des voyelles ou à la qualité de la voix. Quelle que soit la signification primitive de ces mots, l'expression anglaise : "roundness of tone", rondeur du ton, qu'on emploie pour qualifier une certaine espèce de voix, semble en être la traduction littérale.
Quiconque a observé attentivement la voix humaine, et s'est rendu familières les beautés, les facultés qu'elle recèle, en écoutant les beaux modèles qui brillent sur la scène, doit pouvoir se rappeler que le sens et le goût de ces perfections ne lui sont venus que très lentement. Il doit s'avouer également eût apprécié bien plus tôt ces qualités, si elles avaient été exprimées par un mot analogue au sujet. En conservant les élémens de la phrase latine, j'ai construit le terme d' "orotunde" que j'emploie tantôt comme adjectif et tantôt comme substantif, pour désigner une voix claire, pleine, puissante et sonore, au lieu de l'expression que j'avais été obligé d'emprunter dans mon vocabulaire des termes de musique.
J'entends par "ton pur", ou voix "orotunde", cette manière naturelle, o acquise, de prononcer les élémens, qui fait ressortir une voix pleine, unie et vibrante, ou musicale, qu'on remarque rarement dans le langage ordinaire, et qu'une étude assidue peut seule marquer au coin de la perfection. J'appelle une voix pleine celle dont le son grave et creux approche de l'enrouement; j'entends par voix vibrante ou musicale, celle qui rappelle la résonnance des instrumens de musique; je sais combien il est difficile de faire comprendre des difficultés de cette espèce sans les appuyer d'exemples donnés de vive voix. Peut-être le meilleur moyen d'instruire sur un pareil sujet serait-il d'éveiller l'attention par les mots, d'expliquer avec détail, et avec autant de clarté que possible, l'idée qu'on veut transmettre, d'employer le secours d'une comparaison, et de s'en rapporter à la sagacité du lecteur pour en faire ensuite l'application. Les mêmes rapports qui ont suggéré une comparaison à celui qui s'en sert, décideront avec le temps ceux qui la méditent à en reconnaître la justesse. (...)
J'ai avancé aussi que les seuls exemples connus d'une voix pure et orotunde étaient les produits de l'étude et de l'exercice (...)

La voix orotunde est plus pleine que la voix ordinaire; et, de même que sa douceur et son poli donnent de la grâce au son mourant, son volume fortifie aussi, avec une effet non moins agréable, le son prononcé du mouvement radical.
La pureté de ce genre de voix donne de la netteté à la prononciation; car, lorsqu'elle est parfaitement formée, elle n'offre rien de sourd et d'obscur comme le son nasal et le son aspité, dont la rudesse ressort particulièrement lorsque leur combinaison produit le ronflement.
Elle a plus d'énergie que la voix ordinaire; en cela, elle porte le cachet de tout ce qui est parfait. L'oreille nourrie de son abondance est pleinement satisfaite.
La voix orotunde est plus soumise à l'empire de la volonté que la voix ordinaire; elle produit conséquemment avec plus d'effet et de précision les longues quantités du mode concret. Elle est aussi la plus susceptible de variation dans sa force ou dans son volume; elle convient le mieux pour exécuter les cadences, et pour remplir toutes les autres conditions de l'intonation employée à exprimer nos sensations.

[in: F. Bennati - "Recherches sur le mécanisme de la voix humaine" - Paris, 1832 - Observations sur le chapitre extrait de l'ouvrage du docteur J. Rusch intitulé : Du Mécanisme de la voix et de ses diverses qualités. (Philosoèhie de la voix humaine)]

LABLACHE:
<<Si è conosciuto per esperienza che, per formare ed eguagliar la voce, deesi cantar molto su la vocale A, ed anche qualche poco, ma più tardi, sulla vocale E: ciò che appellasi VOCALIZZARE. Siccome la vocalizzazione mette a nudo, per così dire, tutti i difetti della voce che sarebbero in parte coperti dalle parole, è dessa perciò il mezzo il più efficacie onde combatterli.>>
<<Su tutto però deesi procurare di dar ad ogni vocale il suono che le è proprio, senza però spingerlo all'esagerazione nella pronunzia dell'I e dell'U le quali per meglio contribuire all'emission della voce, debbonsi proferire il men possibilmente chiuse.>>
[da: Louis Lablache - Méthode complète de chant, ou, Analyse raisonnée des principes d'après lesquels on doit diriger les études pour développer la voix : la rendre legère et pour former le goût, avec exemples démonstratifs, exercices et vocalises graduées - Paris : Canaux, 1840; in seguito pubblicata in traduzione italiana da Ricordi nel 1842]

DUPREZ:
<<On commence l'art du chant par la vocalisation. (...)
L'émission du son et sa bonne qualité sont les premières études à faire.
Il faut qu'un son soit pur, plein et doux. Il faut savoir également l'attaquer fort ou doucement à volonté. (...) On vocalise sur la voyelle A. Ne pronuncez pas cet A comme dans le mot "Ami", mais bien comme vous le prononceriez dans le mot "Âme", en ouvrant tout la gorge. C'est ce qu'on appelle assez improprement en France "sombrer les sons". Les Italiens n'ont guère que cette manière de les émettre, et ils ne connaissent pas cette expressione.>> (Gilbert Duprez - "L'art du chant", 1845)

<<L'arte del canto deve incominciarsi col vocalizzo. (...) L'emissione del suono e la sua buona qualità sono i primi studi da farsi.
E' necessario che il suono sia puro, pieno e dolce. Bisogna ancora saperlo imprendere forte o pianamente secondo che si vuole. (...) Si vocalizza per esempio sulla vocale A. Non pronunciate questo A come nella parola "amico", ma come lo pronunciereste nella parola "anima", cioè aprendo tutta la gola.>> (G. L. Duprez - "L'arte del canto" [A Rossini] - traduzione italiana, Ricordi, Milano, 1846)

GARCIA (figlio):
DELLE VOCALI. (forme, coloriti, chiaro, scuro, timbro aperto, timbro chiuso)

La voce cantata proviene dal medesimo insieme di organi che producono la voce parlata, ed attraversa, uscendo, le due medesime cavitá, la bocca e le fosse nasali.
Di queste due cavità la prima è la più importante, giacchè le sue pareti e gli organi che contiene sono gli agenti principali della parola articolata. In fatto la lingua, il velo palatino, i muscoli che entrano nella composizione del tubo vocale, i denti e le labbra, concorrono, o insieme od a vicenda, all'articolazione dei diversi elementi della parola: lo scostamento, tanto variabile, delle mascelle sostiene egualmente una parte considerevole in questa funzione. Perciò la bocca, in virtù della mobilità di una porzione delle sue pareti, può modificare, secondo abbisogni, il suo diametro, la sua lunghezza e la sua disposizione interna; ciascheduna delle forme che assume diviene uno stampo differente nel quale, passando, la voce acquista una determinata sonorità. 'Le vocali sono dunque il risultato delle modificazioni che il suono riceve dal tubo vocale, attraversandolo'.
«Il semplice suono che n'esce», dice Carlo De Brosses ("Traité de la formation mécanique des langues", t. I, p. 77, an. IX), «raffigura all'orecchio lo stato in cui fu tenuto il tubo durante lo spingimento del fiato. Le differenze del suono semplice sono come le differenze di questo stato; dal che risulta che sono infinite, imperocché un tubo flessibile può essere condotto per gradazioni insensibili dal suo maggior diametro e dalla maggiore sua lunghezza sino al suo stato più ristretto e più accorciato». Per conseguenza, il numero delle vocali deve necessariamente dipendere dalla struttura e dalla mobilità degli organi; ed è per tal motivo che questo numero viene dai diversi autori determinato in una maniera variabilissima. Gli Italiani d'ordinario distinguono sette vocali soltanto, che sono: A, E stretta, E larga, I, O stretta, O larga, U. Potrebbesi ciò non ostante ammetterne dieci e più, poiché ciascheduna delle cinque vocali presenta due timbri per lo meno. Per la lingua francese il numero delle vocali fu, dai diversi grammatici, successivamente elevato da sette sino a diecinove. La pratica delle lingue giustifica pienamente 1'asserzione di De Brosses, e dimostra che il numero delle vocali, o se meglio vuolsi, delle gradazioni delle vocali, è illimitato. In fatti, benchè le lettere alfabetiche rappresentino le vocali con de' segni invariabili, ognuna d'esse ci offre delle differenze facili ad avvertirsi se la udiamo emettere da diversi individui. V'ha anzi di più: una medesima persona, che pronunci una medesima parola, non dà alle vocali di questa parola una sonorità ed un valore costantemente identici. Tosto che una passione qualunque sopraggiunge ad animare uno che sta parlando, le vocali subiscono l'influenza involontaria di questa emozione e colpiscono il nostro orecchio colla loro modificazione più chiara o più oscura, col loro timbro più brillante o più cupo. Nella parola "amore", per esempio, l'A varierà di colorito, secondo che sarà pronunciata in un movimento di tenerezza, o di collera, o d'ironia, ovvero di preghiera, di minaccia. Eppure ogni vocale, ben che subisca un gran numero di modificazioni, sembra ciò non di meno non subirne alcuna e riportarsi costantemente ad un tipo invariabile. E' facile però di spiegare una tale illusione; nell'esporre con parole un pensiero, tutte le vocali trovansi alterate in una medesima proporzione; i loro rapporti rimangono gli stessi; soltanto il loro assieme ha preso una tinta in armonia colla passione speciale espressa da colui che parla o che canta.

(...) si riconoscerà esistere una stretta analogia fra la produzione delle vocali e quella dei timbri. Da siffatto rapporto di meccanismo risulta necessariamente un rapporto di reciproca dipendenza fra la vocale ed il timbro: sarebbe impossibile modificar l'uno senza modificare l'altra. Tale osservazione porge al cantante molti risultamenti. Gli varrà 'a determinare nell'impiego di ciascheduna vocale il timbro più appropriato all'effetto ch' e' si propone, e gli permetterà di mantenere al tempo stesso una perfetta eguaglianza in tutta l'estensione della sua voce'. Diffatti, la scelta del timbro per ogni vocale è subordinata a due cose differenti: l'accento logico o declamatorio, ed il bisogno di serbare allo strumento una perfetta eguaglianza e purezza in tutta la sua estensione. A chiarir la nostra idea ne sembrano necessarj alcuni esempj.
1.° Il timbro della voce deve modificarsi quanto le nostre passioni lo esigono.
Qualora la melodia e le parole esprimessero un dolore profondo, il timbro che imprimesse allo strumento un carattere brillante snaturerebbe il concetto. Per esempio, la sonorità ampollosa che conviene all'entrata di Figaro "Largo al factotum della città", ovvero all'aria di Don Giovanni "Fin ch' han dal vino", apparirebbe gridante e fuor di posto nel canto di Edgardo "Fra poco a me ricovero", o nell'Andante di Guglielmo Tell "Sois immobile, et vers la terre".
Che se, all'opposto, la melodia esprime sentimenti brillanti, il timbro aperto potrà rendere ed il colorito della passione e l'emissione potente del suono. (...)
2.° Però, qualunque sia la modificazione dei timbri della voce in ragione delle esigenze della passione, sarà sempre d'uopo conservare una perfetta eguaglianza in tutte le note; e, su tale proposito, stabiliremo una regola importante. Affinchè una voce possa colpire l'orecchio con ugual qualità di suono in tutta la sua estensione, converrà che il cantante, mediante una ben diretta azione degli organi vocali, modifichi la vocale insensibilmente. Dovrà moderatamente rotondarla, e con gradazioni progressive pe' suoni acuti. (...)
Avvertasi inoltre che le vocali troppo aguzze, quali l'U e l'I, e l'U francese, ristrignerebbero l'organo e lo angustierebbero in tutte le sue parti. Ond'evitare tale inconveniente, il cantante non trascurerà di aprire queste vocali un poco più che nol dimandi la pronuncia parlata. Le diverse alterazioni delle vocali che ci vanno occupando vogliono esser sempre regolate da un gusto delicato; è mestieri che il loro impiego venga giustificato da una necessità incontestabile; ed in questo non v'ha altra guida che l'esperienza. Il bisogno di padroneggiare tutte le tinte della voce ci condusse ad immaginare il seguente esercizio, che ne sembra uno de' più vantaggiosi fra quelli che la pratica nostra ne seppe suggerire. 'Sur una stessa nota e con un solo respiro passare per tutti i timbri graduatamente condotti, partendo dal più aperto e portandosi fino al più chiuso; e quindi, con un altro fiato, passare dal timbro chiuso al timbro aperto'. Il suono deve, durante l'intera operazione, mantenere un uniforme grado di forza. Tale studio non riesce realmente efficace se non nel registro di petto e fra i suoni la2 e fa diesis3 corroborato dall'esercizio che riunisce i registri, insegna a signoreggiare tutti i movimenti della gola, ed a produrre, a piacimento, i suoni di natura diversa.

(da: Scuola di Garcia - Seconda parte - Dell'arte di fraseggiare - Cap. primo. Dell'articolazione nel canto - Ricordi, 1847)


Affinchè una voce possa colpire l'orecchio con uguale qualità di suono in tutta la sua estensione, converrà che il cantante, mediante una ben diretta azione degli organi vocali, modifichi insensibilmente la voce. Egli dovrà infatti moderatamente e progressivamente arrotondarla per i suoni acuti; per i suoni gravi invece dovrà renderla chiara, in modo che l'uguaglianza apparente di essa, sia il prodotto di una reale diseguaglianza della voce.

[M. Garcia, "Traité complet de l'art du chant", Paris, s. d., parte II, cap. I, § I.]

Allo scopo di perfezionare l'eguaglianza necessaria fra tutti i suoni della voce, consigliamo di mantenere costantemente un uguale scostamento delle mascelle per tutte le vocali. Questo scostamento non deve essere nè esagerato, nè affaticante, nè sgraziato. Per ottenerlo in una misura esatta, l'allievo lascierà ricadere la mascella inferiore da per se stessa e, direi quasi, per il suo proprio peso.

[M. Garcia, "Traité complet de l'art du chant", Paris, s. d., parte II, cap. I, § I (nota).]


DE LA MADELAINE:
"Copertura" della vocale A :
Dans le timbre clair, l'A doit être pur et blanc, et il doit communiquer son caractère aux diphthongues dont il fait partie; dans le timbre sombre, il faut le mélanger légèrement avec l'O, afin de lui donner de l'ampleur, de la profondeur et de la sonorité; mais il faut bien se garder de tomber dans l'abus de ce mélange qui doit être fait, si nous osions appliquer à la vocale toute la précision des mathématiques, dans la proportion de 1/5 d'O sur 4/5 d'A.
Il n'y a rien à dire de la lettre O qui, comme on le voit, en fait de consonnance, est intimement liée avec la lettre A.

L'usage du timbre sombre était connu du temps de Porpora, dont les enseignements remontent, je pense, au milieu du XVIIIe siècle.
Et comment pourrait-il en être différemment, puisque les nuances du chant, dont je me suis efforcé d'expliquer le mécanisme dans le chapitre précédent, ne sont des nuances qu'autant qu'elles varient du clair au sombre. Lays et Garat avaient des effets de voix, qu'on appelait alors mixtes, et qui produisaient des résultats admirables. Ponchard lui-même, dont la blancheur d'organe est si connue, ne se prive nullement de ces ressources précieuses, et moi-même, tout basse profonde
que je suis, je n'aurais pu créer, comme je l'ai fait dans les concerts, les romances les plus tendres de madame Duchambge, de Panseron et d'autres compositeurs en vogue à cette époque, si je n'avais eu à ma disposition, dans les notes élevées de mon registre de poitrine, les richesses du timbre assourdi ou sombré. Lorsque j'ai chanté à la chapelle de Charles X le fameux "Judicabit" de Paesiello, qui n'avait pu être exécuté depuis la retraite de Chéron, jamais je n'aurais pu rendre les intentions terribles du compositeur (qui dans certains passages faisait accompagner la voix d'un orchestre cuivré), si je n'avais pu donner à mon organe
les qualités du sombré-dur, qui étaient absolument indispensables à l'accentuation des paroles menaçantes que j'étais chargé d'exprimer.

(in: Stéphen de La Madelaine (1801-1868) - "Théories complètes du chant" - Paris, 1852)

CINTI-DAMOREAU:
La première condition pour arriver à bien chanter, c'est une voix juste et d'une bonne qualité de son. (...) En s'appliquant à émettre des sons naturels, ronds, timbrés (...) L'émission de la voix ne se raisonne pas et ne peut s'analyser qu'après coup.

(Cinti-Damoreau [prima interprete di Pamyra nella prima rappresentazione assoluta dell'opera rossiniana "Le siège de Corinthe" a Parigi nel 1826] - "Nouvelle méthode de chant" - Paris, 1853 ca.)

PANOFKA:
"La seule position de la langue qui permette une libre émission de son, est celle-ci : 'tenir la langue aplatie, la pointe touchant les dents légèrement'."
(da: H. Panofka - "L'Art de chanter, théorie et pratique suivies du Vademecum du chanteur" op. 81, 1853)

DE LA BEAUTE DU SON.
Une belle qualité de son est le plus souvent un don de la nature; mais il y a moyen d'améliorer le son d'une voix qui, à l'origine, présente de la dureté. C'est le son qui agit sur l'auditeur; et pour qu'il agisse agréablement, il faut qu'il soit rond, limpide, sonore, jamais brusque ou dur.
(...) la voix des chanteurs italiens n'est jamais étouffée, gutturale ou sourde, comme celle des chanteurs allemands ou anglais surtout.

DE LA LANGUE.
La langue nous parait mériter une plus grande attention qu'on ne lui en accorde généralement.
En communication directe avec toutes les parties importantes du larynx, la langue acquiert elle-même une très grande importance par la variété de sa longueur et de son volume ainsi que par ses mouvements; et ceux-ci exercent une influence véritable sur les parties intérieures de la bouche, qui concourent à l'effet acoustique. La seule position de la langue qui permette une libre émission de son, est celle-ci: "tenir la langue aplatie, la pointe touchant les dents légèrement". Si, au contraire, et cela arrive fréquemment, elle fait des mouvements ondulants, elle empéchera la libre émission et occasionnera des sons nasillards et gutturaux.
Le chanteur chez qui les ondulations de la langue sont devenues une habitude, n'aura jamais une voix également claire et bien timbrée, et il ne faut point chercher d'autres causes pour certaines personnes à la production pénible des notes élevées qui sont dans la nature de leurs organes, non plus que chez d'autres, au timbre peu agréable, mais plutôt forcé, de ces mêmes notes. Souvent on attribue ces défauts à une conformation vicieuse de l'organe ou à toute autre cause, tandis que le vice véritable est dans la position de la langue. L'application d'une cuillerà café pour aplatir la langue corrigera promptement ce défaut, dont les conséquences sont souvent la fatigue de l'organe vocal, une fausse intonation et l'absence d'homogénéité sonore dans les différentes régions de la voix.

DE L'EMISSION DU SON.
L'émission du son étant la base de l'enseignement du chant et le seul moyen de poser la voix, on doit porter le plus grand soin à cet exercice. (...)
L'exercice de l'émission du son doit se faire par degrés chromatiques successivement sur les voyelles "a", "e", "o".
Nous n'hésitons pas à soutenir que c'està l'erreur de commencer l'étude vocale par la mise de voix et à celle de procéder souvent "diatoniquement" et non "chromatiquement", qu'est due la médiocrité de tant de chanteurs doués parla nature d'une voix belle et sonore, qualités si précieuses, dont il ne reste plus souvent de trace après un an d'étude pareille.
Nous croyons de notre devoir d'avertir les élèves qui tiennent à la pureté età la conservation de leur voix, de neiamais abandonner l'étude par degrés
chromatiques, ce que certains auteurs ne recommandent pas assez. C'est là cependant le vrai principe pour le développement et l'égalisation de l'organe vocal.

(da: H. Panofka - "L'art de chanter", Paris 1854)

Pour qu'un son soit beau, il faut qu'il sorte 'pur', 'clair' et 'sonore'. (...) Que le professeur veille donc dès la première leçon à la beauté du son.
Per produire un joli son, il faut ouvrir la bouche naturellement et sans effort, afin que la voix puisse sortir sans obstacle; il faut ensuite bien se pénétrer de la juste intonation de la note, et l'attaquer franchement sur la voyelle A (...)
En apprenant à émettre la voix et à vocaliser sur la voyelle A, au lieu de chanter sur DO Ré. MI, etc., ce sera l'oreille qui conduira constamment les enfants, et non la vue des notes. Le larynx et la langue prendront dès le commencement la position la plus convenable pour chanter, sans que l'élève ait besoin de s'en préoccuper. (...)
et rappelez-vous qu'il faut ouvrir la bouche 'avant' d'émettre le son; car en n'ouvrant la bouche qu'au moment même où vous attaquez une note, vous produirez un son nasal ou guttural.
Le professeur continuera de faire émettre ainsi à l'élève par degrés chromatiques toutes les notes dont l'émission est facile; il aura soin de s'arrêter dès que l'élève éprouvera de la difficulté à émettre le son.

En chantant ainsi les trois gammes, vous ferez un grand pas vers ce qui s'appelle "la pose de la voix". Poser une chose, c'est lui assigner une place fix; or, les exercises que nous avons faits jusqu'à présent ont pour ainsi dire fixé les notes que vous chantez. Votre larynx est devenu une espèce de clavier où chaque note a sa place déterminée. Vous ne chanterez donc jamais faux, pourvu que, 'avant' de chanter, vous pensiez à la note que vous devez émettre.

(da: H. Panofka - "Abécédaire vocal, méthode préparatoire de chant pour apprendre à émettre et à poser la voix et à vocaliser", 1858)

FETIS:
La bouche bien ouverte afin de laisser le son se propager au dehors sans obstacles, doit pourtant éviter une exagération d'ouverture qui la ferait grimacer.
[da: F.-J. Fétis - "Méthode des méthodes de chant" (Basèe sur les principes des écoles le plus célèbres de l'Italie et de la France) - 1869]

DELPRAT:
Fusione di A ed O in una gradazione di colore mista nel passaggio dal medium all'acuto :

[Chapitre VI. - Travail de la voix]
Le célèbre chanteur et professeur Crescentini dit formellement "que les exercises de vocalisation doivent se faire sur la voyelle A seulement." – C'était la règle exclusivement admise dans l'ancienne et excellente école italienne, ainsi que par tous les grands maîtres dont l'autorité repose sur l'expérience et le talent. (...)
Pour amortir et modifier l'âpreté d'une voix aigre ou criarde, et aussi pour arrondir les timbres dans le passage du "médium" à l' aigu", on peut dans quelques cas admettre l'usage de la voyelle O, mais encore faut-il le faire avec adresse et intelligence, et fondre, en quelque sorte, l'A et l'O dans une nuance mixte qui tienne le milieu entre les deux. (...)

[Chapitre IX. - Des différents timbres dans les voix d'hommes et de leur emploi]
"..... Le chanteur qui oltrepasse ses moyens arrive promptement à la fatigue; cette fatigue est toujours partagée par ceux qui l'écoutent...."
Mengozzi.
En la travaillant largement et avec intelligence dans ce régime sur la voyelle "â", en évitant surtout que le son ne devienne guttural, on arrivera insensiblement par des modifications graduelles à adoucir l'âpreté naturelle de la voix, à lui donner du corps, de la rondeur, à la fondre enfin dans une nuance mixte pleine d'expression et de charme, et qui, par l'ampleur de l'émission, fournira au besoin le véritable et le plus beau des "timbres sombres".

(da: Charles Delprat - "L'art du chant et l'école actuelle" - Paris, 1870)

SEILER:
<<above e f all the tones take the coloring of "a" in "father" (...) As unfortunately our Song composers do not always keep this fact in view, as the old Italians did, and since words with the most unfavorable vowels often underlie the notes, it as often becomes necessary to mingle with the unfavorable vowel something of the sound (Klang) of the vowel properly belonging to the note; as, for example, in the word "ring" upon f, to sing the "i" with a mixture of the sound (Klang) of "a". Artists do this in a way of which they are for the most part unconscious, and which is always unobserved by the hearer. That in every voice there are several tones upon which every vowel sounds well, finds an explanation in an observation of Professor Helmholtz. The ear is attuned to a certain tone, designated as e f. (...) But all the tones which are accompanied by that tone as an over-tone to which the ear is attuned, sound harmonious even with unfavorable vowels.>>
(from: "The Voice in Singing", translated from the German of Emma Seiler - Philadelphia, J. B. Lippincott & Co., 1871)

OSGOOD:
The Italian vowel "a" (...) is best adapted to first studies, because it gives the waves of sound freest scope in the interior of the mouth, and offers them the least impeded exit from the mouth. (...) Yet "the voice must not be practised exclusively upon a". The other vowels also must be carefully studied. Of these, "o" and its modifications are the most favorable, many voices developing best by studying this vowel simultaneously with "a".
The opening of the mouth is somewhat smaller for "o" than for "a", since to form "o" the corners approach each other; but the mouth should be kept as near the normal position as is consistent with the pure sound of "o". The development of voice proceeds more surely and more rapidly on "a" and "o" (...)
(George L.Osgood - Guide in the Art of Singing, based on the reliable traditions of the Italian School of Vocalization - 1874)

DELLE SEDIE:
"La lingua si terrà appianata (...) se (...) si solleva nel mezzo, il suono è esposto a rompersi ed a produrre una stecca, oppure a sortire strozzato o gagnolante."
(da: E. Delle Sedie - "Arte e Fisiologia del Canto", 1876)

Le vocali più favorevoli al canto di agilità sono in generale A, E ed O, colle relative intermedie, come le più adatte alla maggiore ampiezza ed intensità del suono.
Un'agilità eseguita sull'U non è favorevole alla sicura emissione del suono, ma più di tutte vi è contraria l'I, vocale che imprime alla voce un timbro aspro e gagnolante.
(da: E. Delle Sedie - "Arte e fisiologia del canto", Ricordi 1876)

In generale, quando ascoltiamo gli odierni cantanti osserviamo che questi aprono talmente le vocali da rendere il suono eccessivamente chiaro, quasi fosse squarciato in mezzo alla strozza. Non sarebbe questa una perniciosa esagerazione dell'amore che ci ispirano le nostre vocali aperte? (...)
(Enrico Delle Sedie - "Riflessioni sulle cause della decadenza della scuola di canto in Italia", 1881)

COLETTI:
"Qualunque siasi la posizione della bocca, la lingua deve restare sempre bassa."
(da: La Scuola di Canto in Italia. Pensieri dell'artista Cav. Filippo Coletti, vice-presidente nel Consiglio direttivo della R. Accademia e Liceo di Santa Cecilia - Roma, 1880)

BARNETTE:
Stand squarely on both feet, erect in body, with the arms hanging loosely and easily at your sides, fix the eyes steadily upon a point on a level with them at the other end of the room, then take a (...) deep breath (...) from the lower part of your lungs, under your belt, open your mouth by letting the under jaw drop freely—do not spread your lips at the corners,—and sing exercise No. 1 to the syllable "aw", as in awful. (...) feel as if you were a hollow tube, from your lips down to your stomach; remember, non of the work is to be done with the muscles of the throat any more than it is with the pipes of an organ; you must make all your exertion with the handle (abdominal and diaphragm muscles) to your bellows, (the lungs) just below your waist, then the tone will be formed by a current of air passing through your windpipe and striking the vocal cords, which will vibrate, as does a violin string when the bow is drawn across it. Do not try to make a glottis stroke, for it is apt to cause a hard, twanging tone, such as is produced when one snaps the strings of a banjo or guitar. The quality of your tone should be pure and liquid, (...) the sound should float forth on the breath, as a leaf does upon the surface of a stream.
There is often great difficulty at first, in keeping the tongue in its proper position: it should lie flat, but loosely and at ease in the lower jaw (...) After repeated trials, I have fixed upon the syllable "aw" as the one which is most successful in opening the throat (...) If you wish to see how great a difference a slight change of vowel will cause, begin a tone on a widely spread "Ah", afterwards round it by bringing the corners of the mouth slowly forward, into "aw", as in awful, or even "oh", then you will feel the throat opening, the root of your tongue going down, and your jaw not only will descend, but will be held in place by certain muscles of your now elongated cheeks. Reverse the process by slowly changing to "Ah" again, and you will feel your tonsils approach each other and your throat close together; try this several times in rapid succession, and I think the result will convince you of the value of vowel combination I have chosen. (...)
Almost the first question asked by would-be pupils, or their parents, is: "What method do you teach?" The reply, The old Italian, generally induces another query: "What is it? What does it pretend to do?"
This method is the one taught by Scarlatti, Porpora, Hasse, Durante and others of the XVII century masters; the one by means of which they made the incomparable singers of their day; it is founded on the natural operations of an untrained, uninjured voice, has for its aim the development in every voice of a pure, true, beautiful, rich, round, ringing tone, in an easy manner, and as quicly as the sure attainment of these desired results will permit—a voice which will last good all one's life.

[Annie M. R. Barnette - "Talks About Singing; Or How To Practice" (1886). Student of Luigi Vannuccini]

- N.B. Luigi Vannuccini (Foiano della Chiana, 1828 – Bagni di Lucca, 1911) fu un direttore d'orchestra, compositore e insegnante di bel canto italiano.
Iniziò gli studi musicali con suo padre Ernesto, che a Firenze era stato insegnante di canto di Adelina Patti e li proseguì al conservatorio di quella città toscana. Fu violinista al Teatro Leopoldo (precedentemente Teatro Nazionale) e tra il 1848 e il 1873 diresse opere al Teatro della Pergola.
A Firenze, inoltre, fondò una scuola di canto che presto acquisì grande fama, non solo in Italia, ma anche all'estero. Era un caro amico di Rossini. Fece parte dello storico "Quartetto Fiorentino" con Giuseppe Buonamici, Bruni e Jefte Sbolci. Era molto amato come insegnante e oratore, anche in Inghilterra e a Londra fu pubblicata una raccolta di "Solfeggi" tratti dalla migliore tradizione vocale italiana. Compose musica sacra, musiche per pianoforte e da camera.

GIRALDONI:
«La vocale A è quella che devesi adottare per lo studio; però devesi evitare di emetterla troppo chiusa o troppo aperta. L'uno o l'altro sarebbe difettoso; il chiuso e l'aperto essendo soltanto effetti drammatici di cui è buono servirsi a tempo e luogo, ma che diventerebbe difetto se l'uno o l'altro servisse di base all'emissione vocale; avremo occasione di riparlarne nel capitolo che riguarda i timbri.
Si potrà però nello studio, quando si crederà necessario far cambiare all'allievo la vocale che deve servire di base all'emissione semplice onde modificare artificialmente il suono nell'intento di estirpare qualche difetto naturale. Per cui se l'allievo avesso per vizio di cantare con voce troppo aperta, consiglio al maestro di cercare (coll'artifizio delle vocali più chiuse, come la O ed anche la U) di modificare il suono dell'emissione finchè l'allievo possa rendersene padrone in modo sicuro. La U è agevolissima per ottenere la ripercussione del suono verso la testa.
Con una emissione difettosa si va incontro a difficoltà insormontabili, o anche a disastri che in poco tempo mettono il cantante in istato di non poter più adoperare i suoi naturali mezzi. Quasi tutti i cantanti di gola appoggiando la loro voce nell'estremità della laringe, ossia epiglotta mediante l'avvicinamento de' pilastri del velo palatino fanno soffrire a queste parti molto sensibili di loro natura, una continua irritazione, che loro cagiona frequenti infiammazioni di gola, oltra ad una continua apprensione sulla loro voce, perdendo così quell'indispensabile franchezza necessaria ad un artista per palesare le doti del suo naturale ingegno. Oltre a questi deplorevoli risultati, la voce, appoggiata in gola, procura facilmente una stanchezza soverchia, giacchè quella continua tensione delle pareti interne, leva alla voce la necessaria energia ed elasticità. Eppure la maggior parte dei cantanti ha questo difetto, che diventa poi talmente costituzionale, che un incessante studio non basta ad estirparlo; quando invece poco avrebbe costato se fosse stato curato fino dal principio.»

(dal Capitolo III. di "Guida teorico-pratica ad uso dell'artista cantante" di Leone Cav. Giraldoni - Artista e Socio onorario di diverse Accademie Filarmoniche, Vice-Presidente della Società Nazionale di Mutuo Soccorso fra gli Artisti Lirici e Maestri affini - "Arte lunga vita breve" - Seconda edizione riveduta, corretta ed ampliata - Milano, 1884)

«Avendo indicato già dettagliatamente il meccanismo dell'attacco del suono e quello antecedente della respirazione, appena si sarà sicuri di questa base sulla quale deve stabilirsi la voce, bisognerà cercare di unire tra loro questi suoni presi isolatamente a studiare, legandoli mediante la pressione del fiato, come si farebbe per un istrumento a corde con l'archetto.
(...) si attacca il primo suono leggerissimamente col puro fiato portato alle labbra; si rinforza il fiato trattenendolo senza contrazione per trovare la indispensabile resistenza e approssimando leggermente pure i pilastri del velo palatino per dare alla A una maggiore rotondità; si faranno seguire in questa medesima posizione i suoni naturali della scala diatonica, dalla tonica fino alla quinta (...) Si dovrà in pari tempo osservare che la risonanza riempia la cavità della bocca senza cercare di trattenerne la espansione, quindi si ricomincierà lo stesso esercizio spingendo la serie dei toni della scala fino alla 6.a del tono, poscia alla 7.a minore, poi alla 7.a maggiore e finalmente all'8.a
Si osservi bene che la progressione della sonorità, dal pianissimo col quale s'inizia questo esercizio, vada sempre aumentando fino al forte in uno alla successione delle note della scala, in modo da terminare sul forte la serie delle note cominciate sul pianissimo; progressione di sonorità che sarà relativa alla progressione della pressione che s'imprimerà al fiato a misura che si salirà, perchè (per regola generale in questi esercizi) più sarà alta la nota da emettere e più dovrà essere maggiore la pressione del fiato.
Si proseguirà questo esercizio salendo la scala di mezzo tono per volta.»

(da: Leone Giraldoni - EDUCAZIONE DELLA VOCE - Degli esercizi progressivi atti a sviluppare l'organo vocale - in "Gazzetta Musicale di Milano" del 12 gennaio 1890)

MARCHESI:
Rossini elogiando i 24 Vocalizzi [L'Art du chant, 24 vocalises pour contralto ou mezzosoprano op. 29] della signora Marchesi ebbe ad esprimersi:
« Ho percorsi col massimo interesse (quei esercizj), sono composti con somma conoscenza della voce umana, con chiarezza ed eleganza, essi contengono quanto fa d’uopo allo sviluppo d’un’arte che da troppo tempo io assimilo alle "Barricate vocali"! Possa il di lei interessante lavoro profittare alla gioventù odierna, che trovasi un tantino fuori della buona via. Insista pure ad insegnare il "bel canto italiano", esso non esclude l’espressione e la parte drammatica, che va riducendosi ad una semplice questione di polmoni, e senza studio (c’est bien commode ! ) » [G. Rossini, alla signora Matilde de Marchesi, Passy de Paris, 3 luglio 1863.]
(riportato in: "Storia Universale del Canto" di Gabriele Fantoni, vol. II, Milano 1873)

Notare, in particolare, quanto alla fonazione, ciò che ella scriveva nella Prefazione alla Seconda edizione del suo "L'Arte del Canto" Op. 21, nel gennaio 1890:

"The pupil should open the mouth quite naturally, lowering the chin, as though to pronounce the vowel A (ah) slightly darkened (...) Now, the type of vowel preferable for the formation and development of the voice is the Italian A (ah), slightly darkened (...)"

BOCCABADATI:
Per prima prova si faranno emettere dei suoni isolati, senza darsi pensiero del colorito, facendo aprire ragionevolmente la bocca colla vocale "A" leggermente arrotondata, e facendo respirare con naturalezza, un poco più abbondantemente che per parlare (...)
Si può fare in tal modo un esercizio vocalizzato sulla vocale "A arrotondata", legando fra loro due, tre e più note di Scala. (...)
In ogni voce si riscontrano dei difetti di suono o gutturali o nasali. E' difficile di vincerli coi primi studi di impostazione; conviene però tentare di correggerli, e cercare la giusta e migliore sonorità della nota difettosa, esercitandola col suono di tutte le vocali, molto aiutandosi coll'orecchio, e provando di emetterla con vocale più aperta se è gutturale, e più arrotondata quando è nasale.
Coll'abbassare la lingua ed alzare il palato si ottiene una piacevole sonorità. (...)

(da: VIRGINIA BOCCABADATI - Maestra di Bel Canto nel Liceo Musicale Rossini di Pesaro - "OSSERVAZIONI PRATICHE PER LO STUDIO DEL CANTO" - Pesaro, 1893)

CARPI:
Per riescire ad impostare correttamente i suoni senza affaticare l'organo vocale, il maestro (...) dovrebbe abolire la vocale A e far usare invece la vocale O in tutti quanti gli esercizi e vocalizzi, prima e per qualche tempo, chiusa come nella parola "ore", poi aperta come nella parola "oro", quando lo studente si sarà formata una voce eguale e ben unita nei così detti "registri". (...)
La celebre Stoltz che è contraria all'uso della vocale A nell'educazione vocale, dissemi che se le avessero impostata la voce colla vocale O, non sarebbe stata obbligata man mano a cantare di petto sino al LA secondo spazio. Questa è la ragione che privò il pubblico del piacere di ammirarla sulle scene ben più lungamente. (...)
Quando la voce sarà discretamente formata colla vocale O ed avrà acquistata la dovuta estensione, sarà utile far studiare i vocalizzi su tutte le vocali, insegnando coll'esempio a modificarle sulla base del suono che si ricava dalla vocale O, mantenendo perciò il più possibile la bocca in forma ovale. [N.B.]
Per riescire ad ottenere una perfetta eguaglianza di suoni su qualunque vocale, il maestro dovrebbe far fare un accurato uso della mente e dell'udito, e far cantare le cinque vocali ben legate fra loro sopra una nota sola, salendo per semitono, per un'estensione di un'ottava e mezza, prima lentamente e poi presto. Quando quest'esercizio è stato fatto bene ed ha dato i dovuti risultati, lo si faccia fare sulle cinque note per scala diatonica o per semitono, non salendo eccessivamente sugli acuti.
Dopo fatto questo utile esercizio, e dopo lo studio dei vocalizzi i più difficili, se ne faccia eseguire alcuni su sillabe diverse a piacimento (...)
Allorchè poi il maestro sarà persuaso che la voce dell'allievo è divenuta tutta eguale, scorrevole, e ben formata in tutta la sua estensione, potrà incominciare a farla applicare alle parole di una romanza o di un pezzo qualunque, avendo cura per un dato tempo di non fare studiare musica moderna.

[N.B.] L'eminente artista e professore Leone Giraldoni (...) in una sua seconda lettera [successiva al 26 ottobre 1896] aggiungeva:
<<Anch'io procuro che l'allievo protragga sempre innanzi le labbra in modo da emettere il suono sull'O anzichè sull'A onde dare alla voce un timbro rotondo.>>

[da: Vittorio Carpi* (1847-1917) - "Ancora qualche apprezzamento SULL'ARTE DEL CANTO" - Premiato Stabilimento Musicale A.PIGNA, Milano 1898]

1900

GRIFFITHS:
PLACING THE VOICE.
In every rightly produced voice there are several recognised qualities of tone, light and dark, bright and sombre; each effect being arrived at by the process known as "Placing the voice."
Forward tone, carried near the lips as in "oo", is dark and hollow; back tone, as in the open "ah", is hard, brittle, metallic, and somewhat wiry and harsh in quality; while mid tone, sounded towards the centre of the palate, partakes of the best qualities of each, being bright without harshness, and of telling sonority without dismal hollowness. The advantage of practising with the forward production is that the natural tendency of all untrained voices to back into the throat is checked, and both the nasal and throaty defects moderated; hence, forward tone is a student's quality, and the more rigidly it is adhered to, the finer will the voice eventually become.
(from: W.H.Griffiths - "How to sing, a complete treatise on singing with practical illustrations and diagrams" - London, 1900)

CAPOCCI:
Quando il maestro sarà certo che l'allievo è in possesso di una buona emissione, passerà ad esercitarne la voce sulle vocali, con vocalizzi appropriati (...)
Le vocali appoggiate in tutti i gradi della scala alla testa riusciranno uguali di timbro e di forza; per l'eguaglianza del suono e della pronuncia, si dovranno pronunciare tutte e cinque le vocali sopra ciascuna nota in modo che serbino sempre uguale suono e colore, quale risultano prodotti da un istrumento, e cioè la voce deve avere sempre uguale il suono ed il colore tanto nel pronunciare "a" come nel pronunciare "e", "i", "o" e "u". Tuttavia si faccia particolare attenzione alle vocali "e", "i", "u" che facilmente si appoggiano alla gola.
(Giovanni Battista Capocci - DELL'ARTE DEL CANTO - Ricordi, estratto dalla "Gazzetta Musicale" di Milano, anno 1902)

ISNARDON:
« [Si] vous avez placé l’appareil vocal dans la forme du "bâillement", votre palais soulevé, votre langue retombant inerte, vous présentez à la voix un "pavillon", comme pour les instruments à vent, où le son va prendre toute sa sonorité, toute son ampleur, toute son élasticité. »

[Jacques Isnardon - "La bouche et le chant" - Musica, novembre 1902, p. 28]

MAGRINI:
Emissione e impostazione della voce :
(...) L'organo vocale, nella fonazione, ha la proprietà di produrre tutte le variazioni di suoni, le quali però si riassumono in tre diversi "timbri" principali: "ordinario", "chiaro" e "oscuro". Ciascuno di questi timbri trova il suo limite massimo in una vocale; il primo nella vocale A, il secondo nella vocale I, il terzo nella vocale U. (...)
Il timbro o colore del suono che otterremo da ciascuna di queste tre vocali è caratteristico e naturale, ma tale non deve essere impiegato nel canto; la voce, adattata alle parole, in causa dell'infinito alternarsi di queste tre vocali, cambierebbe continuamente colore e sarebbe sgradevole non solo, ma darebbe un risultato ben lungi dall'arte e dall'estetica. (...)
Dobbiamo dunque cercare di attenuare la caratteristica del timbro di ciascuna di queste tre vocali A I U, arrotondarle e rendere appena sensibile la diversità di timbro di ciascuna di esse: in altri termini, neutralizzarle e fonderle quasi fra loro, per ottenere non più un suono "naturale" su ciascuna vocale, ma un suono diverso, che, pur variando alquanto a seconda della vocale, sarà più modulato, complesso, cantabile e ci porterà ad un timbro unico ed uniforme, base essenziale dell'arte del canto.
Il suono della vocale A non deve più essere aperto come nella favella, ma rotondo, avvicinantesi alquanto al suono della vocale O. (...)
L'apertura della bocca dovrà trovarsi costantemente in forma ovale, quasi come per la pronunzia della vocale O
.
La vocale I deve la sua chiarezza di timbro alla posizione molto rialzata del dorso della lingua. In conseguenza, avendo questo suono tendenza alla voce dentale e troppo assottigliata, qualità questa da far scomparire, si abbasserà il dorso della lingua (...) in modo da allargare la cavità orale, affinché la colonna sonora, nell'uscire, possa passare per uno spazio meno ristretto e perciò avere maggior rotondità. La punta della lingua deve essere appoggiata costantemente alla radice dei denti incisivi inferiori e questi non dovranno avvicinarsi agl'incisivi superiori (come verrebbe portato naturalmente per la pronunzia della vocale I) ma rimanere alla distanza quasi uguale a quella per l'emissione della vocale A.
La vocale U, limite estremo del timbro oscuro
(...) necessiterà di uno studio più paziente per ottenere il suono modulato e cantabile, e una sonorità e un timbro proporzionati a quelli delle vocali A ed I. Si procurerà di portare la sua risonanza dalla cavità faringea alla cavità orale, abbassando alquanto il dorso della lingua ed atteggiando l'organo vocale nella posizione della vocale O. (...)
Infine sulla stessa nota si alterneranno tutte e tre le vocali in questa guisa passando lentamente e gradatamente da una all'altra per ottenere nel complesso uniformità di colore.
Stabilire la posizione che deve avere l'organo vocale nell'emissione di una vocale-nota qualunque, significa trovarle il posto esatto dove essa ha la massima risonanza, e per massima risonanza non s'intende forza, bensì il più grande numero di suoni armonici che essa nota può avere. Anche in un "pianissimo", un suono deve avere nel canto il massimo numero di suoni armonici, ed è precisamente questo che si chiama impostazione della voce, o, in altri termini, la formazione lenta e progressiva del suono nell'organo vocale.
Nel principio dello studio, il grado dinamico di tutti gli esercizi di emissione vocale sarà il "mezzo-forte". (...)
Dopo lo studio delle vocali A I U, si passerà a quello delle vocali E ed O, le quali formano l'anello di congiunzione fra le prime. (...)
La vocale E possiede molta sonorità ed il suo timbro è talvolta fin troppo chiaro perchè la lingua prende una posizione allargata, rialzando il dorso, obbligando la colonna sonora a condensarsi verso il palato. Per l'emissione di questa vocale si procurerà di allargare la cavità orale evitando il troppo rialzarsi del dorso della lingua, affinchè perda l'eccessiva sua sonorità e acquisti invece rotondità e affinità di colore colla vocale A. (...)
La vocale O ha i caratteri della vocale A e della vocale U. Benchè trovi facilmente la sua risonanza e sia di grande aiuto per la neutralizzazione delle vocali A e U, e in generale per l'impostazione della voce, converrà badare di non peccare di trivialità nell'emetterla aperta e nello stesso tempo di non toglierle la sua risonanza, avvicinandola troppo alla U. (...)

Stabilita la posizione di ciascuna vocale, ossia trasformato il suono naturale in suono modulato e cantabile, oltre all'esercitarle separatamente, si passerà gradatamente da una all'altra sulla medesima nota, come già si è fatto per le vocali A I U, procurando di ottenere un timbro unico ed uniforme.

A E I O U
U O I E A
I E A O U
O A E I U
E U O I A
ecc. ecc.

In tutti questi esercizi, le note saranno lunghe e per ciascuna si dovrà adoperare l'intera espirazione, non trascurando mai di regolar bene la pressione d'aria. (...)
Seguendo tutti i movimenti che fa l'organo vocale passando gradatamente da un suono all'altro, noi abbiamo il seguente giro delle vocali dato dalla nostra lingua nelle diverse accentuazioni:
i é è a ò ó u ― u o ò ó a è é i
Queste vocali si alterneranno in tutti i modi, ottenendo un esercizio adatto a conseguire eguaglianza di timbro, omogeneità e pastosità di voce; in altri termini le VOCALI TRASFORMATE IN SUONI MUSICALI.
Per l'emissione di tutte le vocali, la bocca dovrà conservare la sua forma ovale come per la vocale O, e negli esercizi d'impostazione devono venir adoperate tutte le vocali senza preferenza alcuna. In seguito, nei vocalizzi, si potrà limitare alquanto l'impiego della vocale U.

(da: "ARTE E TECNICA DEL CANTO" del Maestro Gustavo Magrini - Manuali Hoepli, Milano 1905)

ROSATI:
«Rimane adunque l'unico "Registro" vero assoluto fattore del Bel Canto Italiano, che è il "Registro a corda lunga", (come lo definisce il Mackenzie), il "Registro" del canto rotondo, del canto coperto»
«[con Antonio Cotogni] Ci troviamo di fronte al detto antico: "Gola aperta e cantate sul fiato".»

(da: Enrico Rosati - "Registri?!", 1908)

CAPPIANI:
Do not forget that the tongue spoils the tone through restlessness. To conquer too much excitement of the tongue, watch your self in a mirror and you will find that after swallowing, the tongue assumes the position that nature intends it should. Now, drop gently the jaw, and the tongue will rest where it belongs. With open mouth inhale and you will realize that your tongue becomes still more flat. Arriving at this point you may emit (with open mouth) a very soft tone on the vowel "a", and, when the tongue remains inactive, you may increase the tone (...) if your tongue remains independent and phlegmatic, not showing the slightest excitement in either "forte" or "piano" singing, you have overcome the unruly tongue.

(da: Luisa Cappiani - "Practical Hints and Helps for Perfection in Singing", 1908)

[N.B. - La Cappiani studiò canto a Vienna con Josephine Fröhlich ed il tenore Passadonna, in Italia con San Giovanni, Vanucini, Gamberini, l'anziano Romani e Francesco Lamperti.]

WOLFF:
L'importanza di "coprire" il suono nel salire verso la zona acuta:
"Il est indispensable au chanteur, qui veut être maître de sa voix, de bien apprendre à COUVRIR. (...) si on néglige de couvrir et qu'on chante une voyelle ouverte sur un ton trop haut, le son devient commun, trivial; c'est la voix blanche."

(da: Eugène Wolff - "La décadence du bel-canto et sa renaissance", 1908)

RICCI:
Se è strettamente necessario che ogni vocale mantenga immutato il suo carattere essenziale, in grazia di cui ognuna di esse si distingue dall'altra (senza di che la comprensione delle parole sarebbe fuori di questione), non è men vero che il colore generale ne debba, quanto più è possibile, rimanere lo stesso: sia per evitare il brusco e sgradevole passaggio da una vocale troppo chiara (ad es. "i") ad una troppo scura ("u"); sia per dare a ciascuna una certa misura di pienezza e di penetrazione; sia, infine, per avere a disposizione un mezzo potente di colorito, quando, per un effetto speciale, secondo il senso delle parole, si voglia imprimere alla frase musicale un carattere tragico o lieto, col dare ad ogni vocale un timbro più cupo o più chiaro del solito. E quest'ultimo effetto si può ottenere facilmente con l'avvicinare la voce istintivamente al colore dell' "e" e dell' "i" chiari, oppure dell' "o" e dell' "u" cupi; ossia esagerando leggiermente nel primo caso l'apertura trasversale della bocca, o facendole assumere nell'altro la forma di un leggiero ovale.

[V. Ricci, "La tecnica del canto" in rapporto con la pratica antica e le teorie moderne, Livorno, 1920, cap. IV, pagine 94-5]

KLEIN:
ATTACCO E FORMAZIONE DELLE VOCALI
La creazione delle forme vocaliche, deve precedere necessariamente l'attacco del suono.
Se noi cantiamo a bocca chiusa mormoriamo, eppure quest'atto non è privo di utilità, potendo indicarci il punto dove hanno inizio le vibrazioni delle onde sonore che devono echeggiare nella cavità facciale. Questo esercizio è assai utile quando si è incapaci di ottenere l'esatto punto di risonanza per la via ordinaria e rappresenta idealmente l'esatta "immagine dell'attacco, percepito prima" di essere realizzato.
Allorché si apre la bocca per emettere un suono, ciò deve avvenire abbassando leggermente la mascella inferiore, senza movimenti incomposti del capo, il quale rimane tranquillo ed eretto. La lingua si appiattisce leggermente quando la mascella inferiore si abbassa, mentre lo spazio faringeo si dilata. Il palato molle si eleva a forma di cupola. La forma così creata dà senz'altro l'avvio per la formazione della vocale madre, l' "a".
La forma di tutte le altre vocali, in qualsiasi lingua, non è che la variazione di questo processo fondamentale (...) Accade solo che alcune vocali si trovino naturalmente più anteriorizzate di altre, come ad esempio la "i", la "e". Quelle che non lo sono allo stesso modo devono, con adeguata cura, venir portare al punto di acquistare lo stesso grado di risonanza delle altre. Il risultato di questa ricerca è che il cantante finisce per trovare entrambi i suoni e le vocali collidenti nell'identica arcata facciale, cioè nella maschera, proprio là dove può avvenire la loro perfetta unione. In nessun altra maniera e con nessun altro meccanismo si possono risolvere in un unico atto, in una funzione sola, parola e canto.
Garcia, a p. 12 dei "Cenni sul canto", dice che "il faringe dovrebbe essere considerato la vera bocca del cantante".
L'idea non è molto facile da tradurre in parole, ma a me sembra di intendere che, come la bocca contiene gli organi della parola, con speciale riferimento alle consonanti, così il punto giusto per la formazione delle vocali, che dà origine al carattere peculiarmente vocale della voce, sia proprio quel certo passaggio esistente fra la gola, la bocca e le cavità nasali detta faringe; io credo che tale idea sia stata uno degli aspetti essenziali dell'antico metodo italiano. (...)
Gli antichi italiani sapevano localizzare con giustezza la vera sorgente dell'attacco quando dicevano: respirare e poi appoggiare, e cioè inspirare e quindi appoggiare col fiato. Così facendo si ha l'impressione che un turgido cuscino d'aria, quando la vita è ben tesa, dia un fermo, preesistente sostegno sul quale par che converga e si concentri l'energia di tutto il corpo. In questo modo la voce può riposare facilmente e confortevolmente sulla solida colonna d'aria, che la mantiene nella sua giusta posizione.
Tutto questo però deve compiersi dal di fuori, con il pensiero. Dal momento che la "posizione vocale" è presa e la "forma vocale" preparata, il diaframma prende il controllo.
Il fiato si avvia verso l'alto e, passando attraverso la gola, diviene suono primario: infine giunge alle cavità di risonanza, dove diviene voce.
L'intero processo è compreso in un unico, complesso movimento fisiologico, in una morbida tranquilla espirazione.
L'attacco del suono, benché in realtà sia prodotto dalla glottide, non deve essere immaginato in gola, né in alcuna altra percettibile azione della glottide; bensì nello spazio cirscostante, nel quale il suono stesso ha da essere proiettato. (...)
Il cantante non deve avere che uno scopo: cioè che il suono, qualunque sia il suo carattere, debba essere talmente preparato, sia fisicamente che mentalmente, da apparire perfetto sin dall'inizio.

(da: Gli "otto punti essenziali del sistema del Bel Canto", indicati dal signor Klein come quelli della scuola di E. Garcia, suo Maestro - tratto da: Herman Klein - "THE BEL CANTO" - Oxford University Press, 1923 - in: SANTA CECILIA, Roma, aprile 1960, traduzione a cura di Rachele Maragliano Mori)

SBRIGLIA:
L'impostazione del suono 'in maschera' sulla U ed il suono "raccolto" [O] per vocalizzare salendo al registro acuto sganciando la mandibola, secondo il metodo del tenore e famoso insegnante di belcanto Giovanni Sbriglia :

He was trained by Italian teachers in Naples and, naturally, followed the principles of the Italian school.
He was eminently a "practical" teacher. (...) He taught in the old-fashioned way by using the Concone exercises on the vowel sound adapted to the need of the pupil (the 'AH' the last of all, usually). (...) He would go over and over the same aria, day after day, and even week after week, using it as a vocal exercise, caring very little for the interpretation, but spending all the time and thought upon the freedom of tone.
For certain voices he insisted very much upon the use of the lips, especially on the closed vowels 'O' and 'OO' [U]. He often remarked, in his broken English. “Like you whis” (whistle). “Singing on the lips” was another favorite phrase that he used over and over. (...) I remember very well a certain solfeggio by Guercia that he made me sing with the syllables 'softly and very rapidly' to keep the voice on the lips. Il "fior di labbri" (the flower of the lips).
He would say, over and over, "Ne pousse pas" (don't push) when the pupil would force the voice.

[in: "What Sbriglia taught and How he taught it" (ETUDE, February 1917) by his student Perley Dunn Aldrich]

Sbriglia's students were told that the only way to bring about the results he desired, was to use the lips as a funnel to bring the tone forward (...) They were told to sing OOnOO as in the word "shoe"; the OON sound to bring the lips forward into a whistling position, and the OO sound to round and point the tone on the lips.

By "LIPS", Sbriglia meant not only the red lines of the lips, but also their whole structure from the lower edge of the nose to the middle of the chin. And he bade his pupils (...) “Do I feel all my lips vibrate with the tone?”
That is (...) it would be full of a "foundation" resonance (...) a form of resonance which carries farther than the "forte" high notes of a cornet; a "professional" tone; the sound we associate with those who have had their voices rightly cultivated; in brief, the tone which only the great singers employ. (...)

The sound of OO, as in the word "shoe", is most favorable for the location of the fulcrum point, and Sbriglia always used that sound first. Gradually he allowed the employment of other vowel sounds, always, however, insisting on the use of the lips to confirm the placements of all vowels in that circumscribed area of the little indentation above the roots of the upper front teeth.
(...) one of the chiefest advantages of the method is to make every note, eventually, a perfectly round sound, quite regardless of vowel or word, but equally a sound in no wise interfering with perfect enunciation and diction.

[in: "Sbriglia's Method: an Analysis of a New Vocal Discovery derived from a Great Master of the Past" (ETUDE, January 1933) by Homer Henley]

The most universally accepted characteristic of this method was the loose, rounded, pushed-out lips, which Nordica always used. Sbriglia used the vowels, "Te-ro" (phonetically [ti] and close [o] according to Mrs Chamlee [one of the last students of Sbriglia]), more than any other vowels in vocalizing. (...) the "O", which is held, must be the round Italian "O", which requires perfect breath support, or it will not be round; loose-out lips are always used to make a perfect "O".
Use the vowels with a loose jaw, remember”, he would say, “only your lower jaw is moveable, so open your mouth by dropping your lower jaw as you go up the scale. Think "oh", and you will have a perfect Italian "AH" in your upper voice, a sound with an overtone, your lips and your jaw always loose.

“More American voices are ruined by being trained on the English vowel 'Ah', than any other way. It gives an open flat-topped voice. Even great singers get this open voice from fatigue. Use loosely protruding lips with proper breath support to cure this common fault.”

(...) He always required his pupils to sing songs on vowels only, “to get a perfect "legato", the foundation of all good singing.” (...) the consonants were then slipped in their proper places without losing the legato.

[in: "Sbriglia's Method of Singing" (ETUDE May 1942) by Margaret Chapman Byers]

N.B. - Giovanni Sbriglia (1832-1916), allievo al Conservatorio di Napoli di Emanuele de Roxas ed Alessandro Busti, fu un tenore napoletano che debuttò al San Carlo nel 1853 ed a New York nel 1860 all'Academy of Music con Adelina Patti ne "La Sonnambula". Girò gli Stati Uniti con altri artisti, cantò in Messico ed a Cuba. Dopo una carriera in Europa, si stabilì a Parigi nel 1875, dove divenne uno storico docente di canto dell'età d'oro del canto lirico: tra i suoi allievi più noti, il tenore lirico-drammatico Jean de Reszke, il soprano drammatico Lillian Nordica ed il basso Pol Plançon.


VIÑAS:

-DE LAS VOCES INFANTILES-
Es raro oír en las capillas de música voces de niños que no den la sensación de que emiten los sonidos fuera de un molde natural. Generalmente, cuando no han sido previamente sometidos a la vocalización al objeto de que sepan en caminar la voz hacia el justo punto donde han de converger las vibraciones para que los sonidos sean agradables al oído, al emitirla sin norma alguna que les guíe, abren la boca en demasía, y en cambio estrechan las fauces, mientras debe ser todo lo contrario. Sucede entonces que el sonido queda aprisionado en el istmo y no sabe como encumbrarse hacia la región frontal, que es adonde debe ser dirigido para que dé toda la sonoridad.
En tal caso, y a expensas del pecho, los niños cantan gritando haciendo esfuerzos desproporcionados a su débil con textura, queriendo llegar a la meta de tan reducida extensión sin que encuentren, salvo en algún caso excepcional, el camino para pasar poco más allá de la primera octava; resultando, si lo ententan, que al tocar el extremo límite de su tenue cuerda, especialmente con las vocales A y E, salen notas sin armonía, muy desagradables, exageradamente abiertas, del color que llamamos "blanco", "impuro". (...)
La gama vocal del niño es corta al comenzar, pues raramente abarca más allá de ocho notas; será, por lo tanto, grave error empeñarse en que dé una más mientras no se esté muy seguro de haber conseguido algún desarrollo en su reducida extensión.
¿Cómo se obtendrá este desarrollo? Cierto maestro de música tenía organizado un coro infantil―especie de capilla―en un colegio muy importante, para las solemnidades religiosas del mismo; coro seleccionado entre los párvulos de más aptitudes. (...) Según él, entre los colegiales no había más que voces imposibles, desgarradoras: y habiéndome pedido opinión, no tuve inconveniente en aconsejarle lo siguiente:

«...Conténtese al principio con que tengan una octava cabal; los tiples de "re" a "re" en clave de sol y los contraltos de "do" a "do".
En los días destinados al estudio de algún motete o pieza musical, oblígueles antes, distribuídos por grupos y durante unos minutos, a vocalizar con la U los ejercicios que a continuación le transcribiré, cuyas notas deberán ser emitidas suavemente ligándolas con suma naturalidad. La U para los niños si está bien pronunciada, obliga a que la boca y fondo de la garganta determinene una posición que recoja las vibraciones y modifique la tendencia, tan característica en las voces infantiles no educadas, de esterchar la entrada de la laringe y abrir en cambio desmedidamente la boca, lo que es fatal para sus pulmones. La U evita que se contraigan en lo más mínimo los débiles epitelios en los senos de las fauces y caja armónica, encaminando de esta suerte el sonido, hacia lo alto y evitando que se ahogue ne la garganta.
Prescinda para este estudio de las demás vocales; la influencia de la U ya penetrará en ellas, y poco a poco se modificarán. Verá usted a los pocos días en cuanto ejecuten algún canto con las palabras, cómo ellos mismos sin darse cuenta cambian la emisión. No se olvide que la A y la E, cuando los niños no tienen el órgano ejercitado, suelen ser detestables en la región aguda; así pues, deberá poner sumo cuidado en que al cantar un motete mantengan la boca en posición un tanto cerrada y adelanten algo los labios, para que las palabras que contienen aquellas vocales A y E tomen paulatinamente, el sesgo de la emisión U. Además no les permitirá que canten fuerte, especialmente en la región aguda; al contrario, cuanto más se suba, más piano y suave debe ser, pues ésta es la manera de conseguir que el niño vaya encaminándose hacia el predominio de la voz de cabeza o de falsete, que es su propio elemento. La condición de las voces infantiles puede considerarse como el extremo opuesto a las de carácter dramático, que tienen su elemento propio en el pecho. (...)
La maleabilidad de los músculos en el órgano infantil es de tal naturaleza que se doblega fácilmente a estas normas si se aplican con rigurosa exactitud. Las notas graves en los ejercicios siguientes pueden apoyarse tenuemente en el pecho y deben hacerse con la U un tanto suavizada, que participe de O; pero a medida que la voz vaya ascendiendo, hay que apartarse de él, buscando en cambio el apoyo de cabeza; y esto lo conseguirá sin grandes esfuerzos, obligando a apianar un poco la voz al subir, sirviéndose de la U absoluta, sin resabio de otra vocal. No importa que el sonido sea débil al principio, luego ya irá tomando cuerpo; interesa ante todo extender la voz apoyada y buscar la cualidad y pureza del timbre, a fin de que sea grato al oído más sensible. No se preocupe, pues, del volumen sonoro, que ya lo conseguirá en breve espacio y sin que el niño lo note.»

(Francisco Viñas - EL ARTE DEL CANTO - Barcelona, 1932)

COCCHI:
ATTACCO ED EMISSIONE DEL SUONO VOCALE (Note e vocali particolarmente adatte alle prime emissioni):
Ottenuta una certa sicurezza della buona funzione respiratoria, si procede all'attacco del suono.
Si abbassa la mascella inferiore (...) si tiene la lingua morbidamente distesa (in stato di perfetta decontrazione) e con la punta appoggiata leggermente contro i denti incisivi inferiori; si arrotondiscono la bocca e le labbra come per pronunziare la vocale "o" e si emette il suono stabilito. (...)
Perchè l'attacco del suono possa avere tutte le qualità richieste e l'emissione risulti buona, occorre facilitare il còmpito del bambino, ponendolo nelle condizioni più favorevoli.
Ciò si otterrà, innanzi tutto, scegliendo un suono della sua tessitura vocale media e facendo eseguire delle emissioni lente, su di un'unica nota e con la vocale "o". I suoni più indicati sono: MI b - MI - FA - FA # [in chiave di violino].
Con queste emissioni su di una sola nota, con la vocale e senza preoccupazioni di ritmo, il bambino può convergere tutta la sua attenzione sulla qualità dell'emissione e sull'intonazione del suono.

OSSERVAZIONI SULLE VARIE VOCALI
La vocale, la cui emissione è più semplice — per il fatto che richiede minori contrazioni delle parti mobili della bocca — è la vocale "a"; ma (...) i bambini tendono spesso ad aprire troppo la bocca nell'emissione della vocale "a", di modo che essa risulta alquanto aperta e sguaiata: in tal caso conviene far arrotondire un poco le labbra, in modo che la vocale si avvicini 'lievemente' al suono dell' "o" chiaro. (...) questa considerazione non toglie che si possa, opportunamente e con profitto, alternare l'uso dell' "a" (rotonda, armoniosa) con quello dell' "o".
(...) Ma i bambini, cantando, manifestano spesso la tendenza ad aprire eccessivamente la bocca (...) Per questo, coi bambini, è consigliabile iniziare gli studi di emissione vocale piuttosto con la vocale "o" (alquanto chiara e tendente verso l' "a"), oppure con la vocale "a", pronunciata arrotondita, con un suono tendente verso l' "o".
Anche la vocale "e" [come la "o"] ha due suoni: "è" (chiaro o aperto) ed "é" (scuro o chiuso). Nei vocalizzi è bene che il primo non assuma caratteri troppo marcati, come tendono spesso a dare i bambini; l' "é" non deve risultare troppo piatto (coi denti troppo chiusi), ma acquistare un suono più rotondo e pastoso, tendente 'alquanto' verso il suono dell' "oe" francese (tenere i denti più aperti e le labbra più in avanti). Questo arrotondamento del suono — detto anche "neutralizzazione" delle vocali — va particolarmente curato nelle emissioni di maggior intensità (quanto più il suono è forte), per togliere al canto il carattere sguaiato, che potrebbe derivare.
La vocale "i" non deve essere troppo stridente; in tal caso si corregge, dando ad essa un suono tendente piuttosto verso l' "u" francese.
La vocale "u" è di facile emissione; basta osservare che non venga emessa troppo tubata (cosa che raramente fanno i bambini): in tal caso non c'è che da far aprire un poco la bocca, verso la posizione dell' "o".

[Luigi Cocchi - "L'insegnamento del canto ai bambini", 1936]

Una particolare osservazione è necessaria per le vocali "e" ed "i". Poichè la loro emissione provoca un inarcamento della lingua, che tende ad ostruire il passaggio della colonna d'aria dalla faringe verso la bocca, occorre — secondo l'insegnamento già praticato dai maestri del "bel canto" — dare alla lingua una forma leggermente incanalata, in modo da favorire una maggior apertura di comunicazione tra il risonatore faringeo e quello boccale.

[Luigi Cocchi - "Il canto artistico", 1939]

SILVESTRINI:
(...) per legge fisica la voce tende a ricadere nella risonanza di retrobocca, sia perchè non è facile premere sempre con la potenza dei muscoli addominali sul diaframma, (e ci si stanca specialmente nei primi tempi a tale lavoro), sia perchè la pressione dei muscoli del collo e la rigidezza della mandibola impediscono alla voce di penetrare a vibrare lungo la linea descritta della maschera facciale.
Per raggiungere quella giusta misura di risonanza di maschera, che il raziocinio e l'esperienza insegnano a trovare, è bene esercitarsi continuamente nel seguente esercizio (...)
Tenendo la bocca ad ovo, e dopo un'ampia inspirazione, si dirige il suono vocale alla maschera cercando di evitare il suono nasale (...)
Detto esercizio (...) ha lo scopo di dare elasticità ai muscoli della faccia e ai movimenti della mandibola, e sopratutto di tenere il pensiero e la voce del cantante sempre al massimo punto di risonanza avanzata, ed evitare il solito inconveniente della disuguaglianza del colore delle note nella voce (...)

(da: Domenico Silvestrini - "L'insegnamento del canto fisiologico" - Zanichelli, 1940)

HUSSON - TARNEAUD:
"GOLA APERTA E VOCALE CHIUSA"
(...) il cantare aperto o chiuso, cioè il suono aperto o chiuso, sono legati alla forma delle vocali e dipendono dall'azione delle cavità di risonanza e dalla diversa pressione del fiato. (...)
La scuola classica, sino intorno al 1830, non dedica loro un marcato rilievo. (Husson, p. 29, informa che Duprez s'inizia al meccanismo della copertura nell'ambiente di Donzelli, probabilmente fra il 1800 e il 1820). E' noto che essa era incline a valersi del cantar chiaro, molto simile all'aperto, che è infatti più leggero, più confacente allo stile della vocalizzazione, delle improvvisazioni dei belcantisti. Ma con il senso della modellatura che essi possedevano al più alto grado, almeno a giudicare dal loro modo di scrivere per la voce, non si può ammettere che lo usassero senza contemperarlo con sapiente mistura del 'chiuso' o 'coperto'. (...)
Il cantare aperto, usato con intelligente parsimonia, può essere utilizzato (...) come effetto di colore nell'interpretazione di determinati stili e personaggi (...)
Eppure è indispensabile di tener presente i pericoli che si possono correre adottandolo senza una cauta dosatura, o almeno senza partire da quel coperto di Giuseppe De Luca, il quale cantava aperto.....ma dopo aver studiato tre anni usando la vocale "U", sotto la guida del maestro Persichetti [sic! Venceslao Persichini], come mi disse egli stesso.
Affermano giustamente molti maestri e foniatri che il cantare aperto, con depressione della lingua nella linea mediana, mentre si gonfia ai bordi e lascia appena intravvedere l'ugola, con faringe ristretto, laringe alto, tubo sonoro accorciato, apertura delle fosse nasali, produce facilmente vocali schiacciate, voci velate o volgari (infatti è adottato in pieno dai canzonettisti, urlatori, voci non educate), acuti aspri e faticosi, per mancanza di graduale modificazione dell'organo e modulazione della vocale. Perché il cantare sempre aperto limita la risonanza totale e, col tempo, può cagionare anche il rilassamento muscolare del velo palatino, se l'emissione non è accompagnata dal perfetto controllo dei muscoli addominali e toracici della respirazione (cfr. Husson, pp. 22. 23, 25). (...)

[--> Husson Robert - L'acoustique des salles, au point de vue du chanteur et de l'orateur - "Cahier d'Acoustique" 1952]

Il suono chiuso, o meglio coperto o 'rotondo', suol dire Garcia, o raccolto (...) prodotto da gola aperta senza tensione e vocale arrotondata, ha validi sostenitori fra foniatri e insegnanti, fra i quali mi annovero. Garcia e contemporanei l'hanno tenuto in gran pregio. (...) 'Poggiare la voce con la gola aperta' raccomandavano un tempo, intendendo per gola la cavità faringea, "le fauci" così spesso citate da Tosi e Mancini. G. De Luca, con l'assioma "gola aperta e vocale chiusa" cercava di chiarirne il concetto. (...)
La pratica della vocale coperta è stata certamente provocata da un lato dalla ricerca di sonorità più ricche, idonee al sorgente stile romantico e drammatico e per reazione a certi eccessi del vocalizzare sull' "A" troppo aperto, caro alla scuola lombarda. Invece la scuola napoletana già dava la preferenza al cantar misto o chiuso, che conferisce al suono colore più scuro e più caldo, facilitando il controllo, la modificazione e la modulazione del timbro. A questo proposito, un efficace quadro del suono coperto offre il Tarneaud:
"Se non si usa un meccanismo diverso per la produzione dei due diversi registri, cominciando dalle note di passaggio, il timbro è stridulo. Allora si dice che il cantante apre i suoni. Per rimediare a questo difetto ed equilibrare il passaggio dalla voce di petto a quella di testa, il cantante ricorre ad una modificazione della laringe e delle cavità di risonanza. (...) copertura del suono o produzione del suono coperto studiato da Pielke. Il quale afferma che la copertura dei suoni o oscuramento del timbro, governa la ripartizione graduale delle azioni muscolari. Per via di questo meccanismo di protezione, i passaggi possono compiersi correttamente" (p. 221).

[--> J. Tarneaud - "Traité pratique de phonologie et de phoniatrie", Maloine, Parigi, 1941]

(...) Da notare che il timbro della voce, mano a mano che va dal piano al forte e che si modifica l'intensità del fiato e quindi gli atteggiamenti della cavità di risonanza, diverrà più rotondo, più scuro: e viceversa più chiaro nel ritornare al piano. La messa di voce si ricollega dunque al suono aperto e coperto.

(da: Rachele Maragliano Mori - "Coscienza della voce nella scuola italiana di canto", Edizioni Curci - Milano, 1998) 

BARROSA:

LAS VOCALES
La voz, tanto para cantar como para hablar, está producida por el mismo conjunto de órganos: pulmones, laringe, faringe...
Los agentes principales de la articulación son las paredes y órganos de la boca: la lengua, el velo del paladar, los dientes, los músculos, los labios... No se olvide la mandíbula, que, en virtud de su movilidad, sostiene una buena parte de esta función.
La boca puede modificar a placer su diámetro y alargarse y hacer cambiar su disposición interna. Por cada una de las formas que toma al pasar la voz, ésta adquiere una determinada sonoridad.
Las vocale son, por consiguiente, el resultado de las modificaciones que el sonido recibe al atravesar la boca. (...)
Véase, pues, el importante papel que las vocales representan en la emisión para el estudio y para el canto.
Las vocales, A, E, I, O, U, en virtud de esto, pueden ser alargadas, oscurecidas, abiertas, cerradas..., por las infinitas posiciones que la boca y sus anexos adquieren dado que son órganos flexibles. Es decir, que cabe hacer infinitas variaciones dentro de esas cinco vocales. (...)
Las vocales O cerrada y U son las que más obligan a cerrar los labios. Estrechan el órgano sacrificando en demasía el sonido. Es consejo general el hacer la U más abierta en el canto que en la conversacion.
Como ya hemos dicho, para la impostación y el estudio la vocal más comunmente empleada es la A. Pero como también, vimos, son infinitas las modificaciones que una vocal puede tener. En saber escoger el color adecuado de una de estas modificaciones radica el mayor o menor éxito de la belleza del timbre de la voz que se imposta.
Ayuda, sin duda alguna, a redondear la vocal A para no "pasarse" gritando los sonidos, el emitir, sí, la vocal A, pero con el pensamiento puesto en la vocal O. De la misma manera que la emision de una O se aclara si al emitir dicha O pensamos en la A.
Todas las vocales han de utilizarse en el estudio, ya que más tarde se emplearán en el canto. Unificarlas en color, ligándolas sin contrastes, es una elegancia del artista de clase, bien claro el fraseo, pero sin "ángulos agudos" en la pronunciación.
Una mayor o menor dificultad en algunas vocales puede aconsejar variaciones caprichosas ordenadas por el el maestro, para lograr una análoga facilidad en todas ellas. Si, por ejemplo, un cantante tiene mayor dificultad en la emisión de la vocal E, hacer ejercicio con diptongos i triptongos colocando la E entre dos vocales que le resulten fáciles al estudiante, favorece el que esta E vaya tomando la facilidad de las otras dos vocales que ha de emitir antes y después. El buen criterio y sentido común pueden aconsejar tipos de estudio de carácter personal, según los variadísimos casos que se presentan en el estudio del canto. (...)

IMPOSTACION
Las cavidades resonantes modifican el sonido y la impostación de la voz. Para el canto la cuestión no es otra que lograr la mejor y más pura resonancia de las notas, que, partiendo de las cuerdas vocales antes de salir por la boca, adquieren brillo y color en esas cavidades por donde la columna de aire vibrante ha de pasar en su marcha hacia el exterior ("cavum", los senos, cavidades bucales...). Ellas hacen el efecto de resonadores, refuerzan el timbre e intensidad de la voz personificándola. (...)
Cuando hemos logrado emitir notas puras fácilmente, con un timbre uniforme en todas ellas, dominando su volumen a placer, sin resonancias nasales ni engolamientos, cantando fácilmente con suavidad natural, entonces habremos impostado bien esa voz que nos ha producido la laringe con sus cuerdas en vibración.
Por eso la impostación de la voz es, sin duda alguna, la labor más delicada del total conjunto de estudios que un cantante ha de realizar para lograr su objetivo final: cantar bien y saber cantar sin causar la menor fatiga al órgano canoro.
Dicen los viejos técnicos del canto que se debe cantar con el "interés" y no con el "capital". Con ello quieren decir que una buena impostación en esas cavidades, o cajas de resonanca (interés), ahorra la fatiga "de hacer" el sonido a base de esforzar la laringe fatigando las cuerdas (capital). (...)
Naturalmente que para lograr buenos fines hay que contar también con buenos principios. La impostación logrará una indudable mejoría de la calidad de la voz, una ampliación de su dominio, un mejor timbre, una mayor extensión, etc., etc. (...)

EJERCICIOS

- VOCALIZACIONES
VOCALIZAR es solfear sin nombrar las notas, usando sólo las vocales.
El estudio de la voz con arreglo a esta definición es todo él un conjunto de vocalizaciones variadas, que van de la simple emisión de nota por nota, a la escala más complicada.
Vocalizar es el único medio de impostación. Las vocalizaciones igualan los sonidos, los amplían, los moldean... Vocalizando, se estudian dificultades y se vencen, pudiendo dominarlas después, cuando éstas se presentan en el transcurso de una partitura. (...)
Antes de emitir un sonido hay que "hacerlo" mentalmente. Esto es importantísimo. La imaginación ayuda de modo extraordinario la emisión. Los sonidos hay que "verlos" antes de oírlos.
Jamás se debe continuar un ejercicio si una sola nota no está ajustada perfectamente en su sitio. Admitir ese grave error es comenzar a crear un terrible defecto, después difícilmente curable. Es mejor hacer sólo tres notas bien en media hora, que diez completos ejercicios mal entonados, defectuosos de posición y de timbre. (...)

"Escalas"
(...) Se debe empezar, como siempre, de menos a más y de lento a rápido. Una vez dominada totalmente la ejecución de la escala, su ejercicio es magnífico, dando elasticidad, agilidad y facilidad a la voz.
Se pueden componer escalas diferentes y, dentro de ellas, múltiples combinaciones, tanto en la escala cromática, como en la diatónica o natural; pero antes de hacerlas rápidamente, es mejor asegurar la perfecta entonación fraccionando para ello dicha escala con un desarrollo anterior, paulatino.
Las voces cortas encuentran con la escala el camino de formación en las notas agudas. (...)
No se olvide que el color redondo oscuro, y la máxima ligereza en las notas bajas al iniciar la escala, son la base para llegar con mayor facilidad a las notas agudas. Piénsese en la vocal U en las notas bajas, y según se va hacia arriba se deberá pensar, sucesivamente, en la O y la A (aunque siempre sea la A la que se emite). Con ello quiere decirse que, oscurecida la parte baja, siempre ligera toda ella, se apoya mejor el punto de partida, base esencial para arrancar bien, y después las notas altas, redondeadas ampliamente, adquieren el hermoso color que con el recogido de las notas bajas se les puede facilitar.
Es aconsejable hacer escalas con cambios de vocales cuando hay dificultad en la emisión de alguna, así como también cambiarlas dentro de una misma escala.
Como en los demás ejercicios, el buen sentido y la práctica del maestro hará cuantas combinaciones considere necesarias para favorecer la ligereza de la voz sin que pierda ni su color, ni su extensión, ni su cuerpo. (...)

(Miguel Barrosa - EL BEL CANTO EN LA TEORIA Y LA PRACTICA - Madrid, 1951)

HERBERT-CAESARI:
La forma e il colore del suono vocale nel Bel Canto italiano - "COPRIRE, SCURIRE, COLORIRE, ARROTONDARE" il suono vocalico:
«Few singers today shape their vowels "mentally" with deliberation. That was the basis of the singer's art as the old Italian School taught it. It was the first thing told to the author in 1907 in Rome by Antonio Cotogni, admittedly the greatest baritone of all time, product of the old School and exponent "in excelsis" of the true Bel Canto. We cannot conceive of a painter not pre-selecting shape and colour before committing them to paper or canvas. Most singers seem nonchalantly to ignore tonal shape and colour, and genuinely expect to express poetical and musical thought through a mis-shapen and often colourless medium; and this is one of the main reasons why the average singer fails to "put over" his song. (...)
The Italians have always used, and still use, the phrases: "scurire la voce" (to darken the voice), or "colorire il suono" (to colour the tone). But by voice and tone they invariably mean vowel. You darken or colour the tone by rounding off (arrotondare) the vowel.
Now the mere 'thought' of modifying or rounding off the vowel reacts on the mouth-pharynx cavity that immediately and automatically assumes a rounder shape.»

(in: E. Herbert-Caesari [Diplomé, La Regia Accademia di Santa Cecilia, Rome] - THE VOICE OF THE MIND - Chapter V, 'That "covering" business' & Chapter XXI, 'Occasional jottings and addenda' - Robert Hale, London, 1951)