lunedì 13 novembre 2017

La verità della "maschera" spiegata dal tenore Aureliano Pertile

 Non è una voce lirica quella che è povera d'armonici,
che non ha squillo, che non corre,
non è proiettata e quando l'emissione non è pulita
 limpida, ma sfocata, opaca,
velata, con l'aria in mezzo alle corde,
ingolata ed afonoide.

Al contrario, è voce lirica quella che viene mantenuta dal cantante
sempre ben "a fuoco"
in tutte le dinamiche dal Pianissimo al Fortissimo.



Il sistema dell'emissione della voce lirica "in maschera" è uno dei più importanti argomenti nello studio del canto lirico. Ritenuto dalla migliore Scuola Italiana di Canto un metodo eccezionale di emissione, (tale è infatti nella sua perfezione tecnica), viene oggi talvolta schernito e deriso da teorici incapaci di cantare correttamente e in modo autenticamente artistico.


Il leggendario tenore Aureliano Pertile ha lungamente parlato dell'argomento e ne svela il segreto, un passo dopo l'altro. Analizzeremo qui il suo importantissimo contributo, assieme a quello di altri cantanti che hanno fatto la storia del teatro dell'Opera nel mondo.


AURELIANO PERTILE SULLA VOCE IN MASCHERA: 

«Non credo vi sia una IMPOSTAZIONE diversa per ogni singola gola. Vi sarà per ogni individuo qualche lievissima differenza, che costituisce la particolarità, l'individualità; come ognuno ha il proprio timbro, la propria voce, la propria estensione. Ma come l'emissione della voce parlata è un fatto fisiologico comune a tutti, ed è data dalle corde vocali che vibrano sotto l'azione dell'aria emessa dai polmoni, nel movimento così detto di espirazione, così la voce cantata ha delle regole fisiologiche tanto precise e naturali, che devono essere uguali a tutti. E siccome tutti adoperano la voce parlata (che pure negli oratori è fonte di studio e di regola per la durata e l'effetto), pochi hanno le qualità e la voce per riuscire buoni cantanti.
Ad ogni modo è mia ferma convinzione che tutti (purché forniti di doti musicali) in proporzione dei loro mezzi potrebbero cantare, e che il miglior cantante è quello che di più si avvicina a mettere concordemente in moto, il più naturalmente possibile, i vari organi che per la voce cantata la natura ci offre.
»

Sulla questione dell'impostazione vocale, Pertile continua così:
«
I maestri all'altezza della loro difficile missione non abbondano; e credo che molte voci vengano sciupate per colpa loro; ma non si deve addossare tutte le responsabilità ad essi, perché se l'allievo ha in buona dose il senso musicale, trova egli stesso la strada della BUONA IMPOSTAZIONE. Dico impostazione, perché ritengo che la voce, di qualunque genere sia, debba essere emessa in quella data maniera che madre natura esige; e per esprimere "che il cantare naturale è proprio la cosa più difficile, essendo il linguaggio comune il parlare, mentre il canto è un linguaggio speciale riservato a certi privilegiati, ai quali occorre uno studio ed una esperienza fuori del normale".
A prova di ciò voi troverete che nessuna voce è impostata naturalmente, e che tutti coloro che sono riusciti veramente squisiti cantanti hanno studiato anni e anni. Vorrei aggiungere che non si è mai studiato abbastanza, e che sempre vi è qualcosa da imparare. Di coloro, che prima di studiare avevano voce, e cantavano romanze su romanze, e poi dopo due o tre anni di studio sono rimasti senza voce (...)
» 

LA VOCE PARLATA E' DIFFERENTE DA QUELLA CANTATA

Non si pensi un canto lasciato al caso o identico al parlato (quando Pertile parla di "naturale", nel contesto,  sta  dicendo che non si può cantare senza prima aver intrapreso uno studio approfondito e basato su un metodo pratico adatto alla voce cantata che differisce da quella parlata, ecco perché insiste sul termine "impostazione", anzi la "buona impostazione"); infatti chiarisce che tutti possono parlare (senza bisogno di aver studiato per parlare) ma non tutti possono riuscire a cantare bene e in modo duraturo un repertorio operistico, senza prima aver studiato per il tempo giusto una tecnica che imposti la voce in modo lirico.

A questo punto indica (con il sostegno di un disegno chiarificatore) 5 tipi di possibili emissioni vocali, l'ultimo caso è quello corretto:

«Ho potuto constatare che vari sono i modi in cui si può emettere un suono cantato, e che alcuni (non molti) possono resistere anni ed anni a cantar male.
Il disegno riassume i vari tipi di emissione da me osservati:
a tutti sarà capitato di sentire cantanti usare anche nella medesima romanza tutti questi tipi di voce: ciò per mancanza di un metodo esatto e costante.
"La voce ingolata" avviene per la compressione dei muscoli del collo sull'aria che esce dai polmoni. Quest'aria così compressa viene a far camera nel collo e attorno al retro faringe, e quivi risuona.
"La voce stretta nel collo" è una voce indurita dalla contrazione di tutti i muscoli del collo, e che rimane nella parte posteriore del faringe, salendo in testa per contrazioni forzate. Si dice anche "voce indietro".
"La voce urlata" viene più avanti delle due precedenti; ma ha il difetto di non poggiare bene sul fiato e di rimanere sospesa a metà strada.
"La voce nasale" è sbagliata perché si unisce sempre alla gola, mentre va a vibrare nelle cavità nasali, non libere, ma contratte.
"La voce di GIUSTA EMISSIONE" è quella che nella figura appare risuonare in bocca e ai denti


 
Parlando del sistema d'emissione, in particolare quello tenorile, Pertile parla delle due tipologie fondamentali, una emissione più baritonaleggiante ed una più tenorile. In tal senso afferma che nel suo sistema (il secondo più propriamente tenorile):

«La gola è ampia, ma la laringe è tenuta più elevata; l'emissione è pure sul fiato, completamente come l'altra, ma il suono delle note centrali venendo a colpire più avanti ai denti e ALLA MASCHERA facciale rimane più tenorile e quindi più raccolto ed è pronunciato tanto avanti, che permette di ridurre la piena voce a mezza voce e questa a tenuissimo filo, fino a quasi confonderla col falsettone, pur rimanendo timbrata e ricca di vibrazioni; per cui, simile alla voce del soprano leggerissimo, si espande lontanissima, carezzevole e dolce; il passaggio rimane a vibrare più in alto, conservando nei "Fa" e "Fa diesis" l'appoggio necessario alle più complete sfumature, mentre l'acuto squilla verso la fronte, tenorile e vibrante con più facilità di espansione.

La voce si mantiene sempre alta e facile e permette il massimo rendimento col minimo consumo di fiato e energia.
Secondo il mio parere questo sistema, come base di studio, dovrebbe essere migliore. Tuttavia credo che una certa importanza abbia la conformazione e la struttura particolare del singolo individuo.
Naturalmente, seguendo questo sistema, qualche volta succede che la nota di passaggio bene vibrante ALLA MASCHERA ha un suono alquanto caprino o cartilagineo, perché in essa vibrano le cartilagini e le ossa nasali e frontali
.

"Non è però mai nasale"! Chi mi legge può constatare la differenza fra la nota eccessivamente DI MASCHERA e quella nasale emettendo un suono, dopo essersi stretto il naso con due dita.
Convengo che qualche volta i detti suoni per necessità di appoggio risentono alquanto il tipo suddetto, ma chi è pratico di voci deve ammettere che in tal modo la gamma della voce rimane inalterata; che specialmente nei FA e nei FA DIESIS
(soprano o tenore, poiché nelle altre voci il passaggio di registro è differente, n.d.r.) ogni cantante, che non usi il mio sistema, fa una nota grossa, tirata, poco simpatica e poco piacevole all'udito; che nella prima gioventù sfruttando al massimo il capitale della propria voce e rimanendo rigidamente nel proprio repertorio, si può evitare questo umano, naturale ed obbligato passaggio della voce; ma che cantando tutto il repertorio moderno e antico non è possibile evitarlo, pena la perdita della voce in pochi anni o l'alterazione baritonale della medesima e quindi la facilità alla perdita degli acuti. (...)
Gran numero di belle voci devono la loro fine immatura proprio al fatto suaccennato, di non aver nulla sacrificato al colore della voce nel cambiamento di registro nel punto del cosiddetto passaggio

 «Termino questo capitolo spiegando il perché io ho usato certi suoni, che talvolta sono stati criticati.
Il cantante che si controlla è sempre in lotta con la voce che tende ad allargarsi troppo e a ritornare verso il retro bocca, mentre egli cerca di farla risuonare, come ho detto, ALLA MASCHERA: inoltre vi è in noi una speciale tendenza nei punto forti, e negli acuti a spingere troppo, a contrarre i muscoli del collo e a diminuire l'apertura della gola, e quindi all'irrigidimento.
Col repertorio moderno, e con la necessità che ha il cantante di non rimanere esclusivamente limitato al proprio repertorio - che nei giovani è di solito il leggero lirico - bisogna essere maggiormente guardinghi e quasi lievemente esagerare nel tenere alti i suoni.
A me è sempre stato detto che la mia mezza voce è dolce, vellutata e bellissima, mentre certi suoni del famoso passaggio, nella piena voce, vengono un po' nasali o caprini.
Credo di poter spiegare il fatto in questa maniera: la mezza voce ha una estensione limitata e si usa nelle frasi dolci; è naturale che questa voce, ben usata, sia quindi carezzevole e commovente, perché non richiede sforzo né raggiunge le note acute. Ma per chi, al pari di me, ha dovuto fino dai primi teatri, affrontare opere come "Pagliacci", "Cavalleria", "Isabeau", "Gioconda" ecc., la cosa si faceva assai difficile.
Io ho costantemente avuto la cura di tenere leggero il centro e di appoggiarlo ALLA MASCHERA per avere limpidi, facili e squillanti gli acuti; con gli anni, e con l'esercizio, la voce, a poco a poco, ha fatto centro, volume e colore sempre più maschi.
Ora si deve considerare che le famose note di passaggio "mi bemolle, fa, fa diesis", sono il centro, il perno della voce, e le note sulle quali maggiormente si canta, e che costituiscono la base per gli acuti. Se queste non sono bene appoggiate alla maschera da un lato e dall'altro sul fiato, avviene che non si può cantare bene, perché occorre sempre pressarle, né mai si può addolcirle e finirle, né dare quindi loro i diversi colori necessari; né si può salire facilmente agli acuti, che divengono strozzati e fanno vibrare il collo e il corpo del cantante, il quale crede di avere fatto una grande nota, mentre questa non passa l'orchestra.
Per questo insieme di considerazioni e pensando sempre all'avvenire, e a cantare un po' col capitale, e un po' coi frutti, io ho constatato il pieno sviluppo del mio organo verso i quindici anni di carriera.
»

L'importanza del suono proiettato in maschera determina anche la buona riuscita del "famoso passaggio" di registro agli acuti, come poi spiega chiaramente Pertile :

 Ho spiegato il sistema da me usato per raggiungere felicemente lo scopo. E poiché le idee dei maestri e dei cantanti non sono precise, anzi spesso controverse, così credo opportuno esprimere su questo punto capitale il mio pensiero.
Un vecchio motto delle scuole di canto diceva: "Chi ben chiude, ben apre", mentre i maestri più valenti mettevano sempre in guardia gli allievi dai suoni troppo aperti.
Che cosa dunque significa questo "aprire" e "chiudere" i "suoni"?
Secondo me la nomenclatura di "aperto" e "chiuso" non è appropriata, e ingenera nella mente dello studente una grave confusione.
Si dovrebbe invece dire "appoggiato IN MASCHERA", in luogo di "chiuso", e "abbandonato", in luogo di "aperto". (...)
La nomenclatura "chiuso" e "aperto" fa si che l'allievo sovente è tratto in inganno; perché quando al MI egli sento quel famoso quid di differente dalle note precedenti, può accadere che, invece di appoggiare più ALLA MASCHERA in maniera che automaticamente il suono si raccolga e arrotondi di per se stesso, lo chiuda, irrigidendo i muscoli del collo e quindi strozzando la gola: in tal modo il FA e il FA DIESIS diventano scuri come il SOL, baritoneggianti, mentre nella colonna vocale (che ha l'appoggio sul diaframma a mezzo del fiato, e l'altro polo di corrispondenza vibrante nella MASCHERA facciale) avviene una strozzatura in corrispondenza della parte posteriore del faringe. È facile comprendere come detta strozzatura dia una forte fatica alle corde vocali; impedisca la libera e facile emissione del suono, e permetta di cantare malamente solo con la gioventù e la forza.
Il cantante diventa rosso, quasi cianotico e salta senza nessuna gradazione dalle note di passaggio alle note così dette chiuse (raccolte al massimo) del registro acuto.


Cito degli esempi a meglio chiarire il mio dire. Prendete il disco "La furtiva lagrima" di Caruso: i FA sono a gola ampia, ma bene appoggiati ALLA MASCHERA, sì da permettere il passaggio all'acuto largo e bello, là dove dice "m'ama sì m'ama".
Gigli e Schipa hanno pure dischi con un magnifico passaggio nel FA DIESIS, mentre il FA è ampio, arrotondato e appoggiato.
Il FA, può in qualche caso essere emesso raccolto quasi a dare la vera del chiuso, in qualche caso cioè di nota terminale.
Esempio chiaro il mio disco "Ah! si ben mio" del Trovatore, là dove dice "dal ferro ostil trafitto, fra quegli ecc." l'ultima sillaba del "trafitto" è un FA DIESIS ch'io rendo completamente raccolto e chiuso perché finiscano la frase con mezza voce
.

E così in molte frasi speciali di mezza voce il FA è molto raccolto e scuro. Mentre il FA di piena voce sia nei brani di continuate note di passaggio, come in quello precedente l'acuto, ha il colore e l'appoggio della nota DI MASCHERA sopra illustrata: poiché chiudendo e raccogliendo eccessivamente i suoni di passaggio a guisa degli acuti, la gola subisce una strozzatura, impedendo l'emissione facile e spontanea dell'acuto susseguente.
Il nome stesso di "note di passaggio" indica la loro posizione e la loro funzione
»

«Abbandoniamo il concetto del "chiuso" e dell' "aperto" adoperato dagli antichi, e fissiamoci con l'idea di inviare la voce senza sforzo e a gola larga alla arcata superiore dei denti. (...)
Calcolando a due ottave la voce del tenore, noi notiamo che le prime tre note, DO, RE, MI, hanno una maggiore risonanza nel petto; FA, SOL, LA, SI, DO, RE, alla apertura della bocca, ossia all'arcata dentale superiore; e seguendo sempre l'emissione nel sistema descritto, ossia nell'appoggio del fiato sul diaframma, MI BEMOLLE, FA, FA DIESIS si sentono risuonare un po' più in alto, nelle cavità dei seni del mascellare superiore e della fronte, mentre SOL, LA, SI, DO ancora più in alto, verso la parte superiore della fronte.
E' necessario tener presente che la voce tende sempre a ricadere verso il retro della bocca, e che l'unico mezzo per tenerla nella giusta posizione, a cui sopra ho accennato, è il fiato, senza nessuna contrazione muscolare del collo e della faccia.


L'estensione della voce del tenore, che comprende due ottave partendo dal do basso, ha una progressione di raccoglimento del suono verso l'acuto, che corrisponde al raccoglimento delle varie forze concorrenti mano a mano che la nota cresce in estensione e vibrazione. Non si può salire col medesimo colore del do centrale alle note acute.
Ho già detto, ma credo opportuno ripeterlo, che anche le note della prima ottava vanno appoggiate alla maschera, dando alle vocali i colori già illustrati, ma quando si arriva al MI BEMOLLE si avverte un che di diverso, per cui si sente il bisogno di appoggiare un po' più alla maschera arrotondando il suono.
Così progredendo si arriva al SOL che è un tipo non vorrei dire diverso, ma molto più raccolto in testa delle tre note precedenti, che sono il "Mi, Fa, Fa diesis". Questo SOL si sente che appartiene più alla natura e al colore delle note acute che sono "La bemolle, La, Si bemolle, ecc.", che a quello delle tre precedenti, che costituiscono un gruppo a sè; mentre si nota che il FA DIESIS, che risente un po' dell'uno e dell'altro tipo, ossia un po' più arrotondato e raccolto dal FA e un po' meno dal SOL, è il "punto d'unione".
La fusione del colore di queste tre note, "Fa, Fa diesis, Sol", emesse con progressivo appoggio alla maschera, costituisce la perfezione canora.
»

Pertile inoltre ci lascia un'importante testimonianza quando ricorda come inizialmente tendesse a emettere i suoni medio-bassi non appoggiati e troppo aperti, per risolvere tale problema fondamentale fu per Pertile il consiglio del maestro Bavagnoli :

«Il Maestro Bavagnoli mi fece capire in brevissimo tempo la ragione della mia difficoltà alle note acute: tenevo i suoni bassi e centrali troppo abbandonati e aperti. Allora raccolsi la voce tenendola sempre leggera seguendo il sistema seguente. Iniziavo un esercizio a scala con una A rotondata quasi ad O e man mano che salivo, raccoglievo sempre di più il suono e colore arrivando al passaggio e alle note acute con un O scuro. (...)
Compreso bene il sistema continuai ad usarlo scrupolosamente ed acquistai, tenendo leggero il centro, la facilità di tenere raccolta e ALLA MASCHERA la voce che sempre più facilmente saliva agli acuti. La mia voce allora arrivava con difficoltà nelle romanze al SI naturale: a poco a poco con lo sviluppo del torace e dopo parecchi anni di carriera, incominciai ad averlo con sicurezza. (...) io prendevo fiducia in me stesso e studiavo continuamente, senza mai forzare la voce, col metodo sopra citato. (...) La tecnica fa parte della vera Arte.»

«il cantante deve pensare sempre a cantare per il pubblico, quindi a espandere, con disinvoltura, la voce lontano. La bocca è per il suono come un riflettore: il diaframma è piccolo, ma poi la voce si espande a raggio per leggi fisiche, come la luce di un riflettore. Ed è così che la voce, specialmente nelle note dolci, viene percepita dal pubblico bianca e tenorile, mentre invece viene dal buon cantante emessa scuretta, rotonda e flautata.»

Sia ben chiaro che quando Pertile dice di tenere "leggero" il centro della voce non sta certo proponendo di rendere innaturale la propria voce; ogni voce si tenga leggera nei centri secondo la propria natura chara o scura che sia.

La proiezione "in maschera", naturalmente, è di fondamentale aiuto, in primis, per il vocalizzo e l'uso delle vocali nel canto lirico che differiscono da quelle del puro parlato, come mostra Pertile :

«Sento spontanea la domanda: in quale maniera si deve fare, secondo voi, il vocalizzo?
Per dare un'idea dell'appoggio della voce sul fiato, e quindi dei polmoni e forze naturali sul diaframma, e del relativo giusto ostacolo e della risonanza che la voce incontra alle cavità e ossa della faccia e della parte superiore del cranio, valga il disegno.

Spero di chiarire con la seguente immagine: dando un pugno in alto nell'aria non si ha alcun ostacolo e non si fa nessuna forza; mentre il punto d'appoggio o di potenza, che è il corpo, si squilibria senza nulla concludere; così avviene nella espirazione e nella voce.
Se l'espirazione è appoggiata coi polmoni al diaframma nel modo già accennato, e trova l'ostacolo che vibra e risuona, costituito dai denti e dalle cavità e ossa craniche, si sviluppa una voce ben timbrata e spontanea, che dura fino a completo esaurimento del fiato; diversamente i polmoni si sgonfiano istantaneamente senza produrre che un flebile e inconcludente suono.

Il vocalizzo, secondo me, è l'inizio necessario ed è l'esercizio costante giornaliero, che non deve essere trascurato mai (eccetto che nei giorni di riposo) dall'artista, che voglia mantenere agile e bene impostata la voce. (...)
Nel vocalizzo le vocali più da usarsi sono l'a e l'o, perché mantengono aperta la gola e permettono così una maggior colonna di fiato. Ma devono essere usate esclusivamente nel modo che dirò.
Il canto è colore. Il colore decide la giusta impostazione. Procurerò di spiegarmi meglio.
Le vocali a, e, i, o, u, non si devono usare nel canto col medesimo colore della lingua parlata. Il linguaggio dà: à, è, ì, ò, ù. Il colore, che dà la giusta impostazione, viene dato da tutto quanto ho prima descritto, più il colorito seguente alle vocali.
L'à deve essere pronunciato ao; l'ò come ò, l'i come un i francese, l'e come eu, l'u come uo. E tutto ciò con disinvoltura e abbandono completo dei muscoli del collo e della faccia.
Ne viene di conseguenza che le tre vocali i, e, u, di già per se stesse strette e chiuse, vengano in tal modo allargate, mentre a, o, per se stesse larghe e aperte, vengono ristrette e raccolte.
In tal modo il colore delle cinque vocali, che nella lingua parlata è così diseguale, viene nel canto assai avvicinato.

Vocalizzando adunque col metodo suaccennato le tre vocali i, e, u, non danno quasi nessuna difficoltà alle cosiddette note di passaggio che sono il mi bemolle, mi, fa, fa diesis, mentre l'a, e l'o, col colore indicato permettono di arrivare alle note acute senza nessun cambiamento del chiuso e dell'aperto.
Per tenere la gola ampia e spalancata io preferirei il vocalizzo con a, o, sempre al colore già illustrato. Tuttavia, a quando a quando, il vocalizzo con le altre vocali serve a controllare e ad evitare che la voce rimanga stretta nel collo spingendola sempre più avanti ALLA MASCHERA.
Allorché l'allievo avrà imparato bene i diversi tipi di vocalizzo, proverà a cantare qualche frase e quindi passerà allo studio degli spartiti. È meglio che la voce nel vocalizzo risulti più raccolta che nel canto con le parole, poiché la tendenza della voce è quella sempre di allargarsi e di andare all'indietro.»

Intervistato da Arnaldo Fraccaroli (giornalista del "Corriere della Sera", amico di Giacomo Puccini e autore di quattro volumi dedicati al compositore lucchese), il celebre tenore Aureliano Pertile, a quell'epoca ormai passato all'insegnamento, ammoniva i giovani studenti di canto così:

«Si dice che il canto è natura. Non basta. Adesso i giovani sono impazienti: si studia poco, e non sempre bene. Si vuol arrivare troppo presto, e così non si arriva affatto. A molti manca l'arte di accentuare la parola, la frase: manca cioè il colore. Molti gridano credendo di cantare forte. Bisogna convincere i giovani che occorre studiare con pazienza, con costanza.»

(da: Domenico Silvestrini - "Aureliano Pertile e il suo metodo di canto" - Bologna, Aldina Editrice, 1932)


ALCUNE CITAZIONI SCELTE DI ALTRI GRANDI CANTANTI LIRICI E FAMOSI MAESTRI DI CANTO SULLA "VOCE IN MASCHERA


Oscar Saenger (maestro di canto) :
«Pensare il suono avanti è importante tanto quanto cantare con il suono avanti. Senza l'impressione mentale di un posizionamento corretto, la realtà non può esistere. E' molto meglio pensare il suono avanti per cinque minuti e cantare un minuto, piuttosto che fare l'opposto. Ci si dovrebbe esercitare per periodi di quindici minuti e riposarsi almeno dieci minuti tra una sezione e l'altra. Lo studente non dovrebbe mai cantare più di due ore al giorno - una alla mattina ed una al pomeriggio. Siccome la maggior parte dei cantanti ama il proprio lavoro, tanti sono portati ad esagerare.»

[da: VOCAL MASTERY - talks with Master Singers and Teachers by Harriette Brower - New York, Frederick A. Stokes Company Publishers, 1920]




Giulio Silva (maestro di canto) :
"GIRO" VOCALE
«Bisogna procurare di ottenere costantemente durante il canto una buona sonorità, in rapporto con l'altezza dei suoni, dei "risuonatori fissi" della voce. Intendiamo per risuonatori fissi quelle cavità e quelle parti dell'organo vocale e degli organi annessi che non variano di forma, o variano insensibilmente, durante il canto: sono i cosiddetti "risuonatori del petto" (risuonatori sottoglottici: trachea, torace, polmoni, ecc.), e i "risuonatori della maschera del viso" (gran parte cioè dei risuonatori sopraglottici: faringe superiore, naso, palato osseo, mascelle, denti, seni frontali e mascellari, ecc.). (...)
I suoni vocali, secondo il posto che occupano nella gamma generale della voce cantata, hanno ciascuno una propria zona di massima risonanza possibile nella cosiddetta "tavola armonica" dell'organo vocale. Percorrendo una serie ordinata di suoni dal basso verso l'acuto o viceversa, per esempio una scala, questo centro di maggior risonanza deve, per necessità, spostarsi gradatamente dal petto verso la testa o viceversa, affinchè la voce possa costantemente mantenere una buona sonorità. Questo fatto dà luogo ad una sensazione speciale nel cantante, per cui a questi sembra che la voce "giri" dal basso in alto e in avanti o viceversa, percorrendo quasi una linea curva regolare ascendente o discendente durante il canto. Questi spostamenti delle zone di massima risonanza hanno anche importanza nel cosiddetto "portamento" di cui già parlammo.
Basandoci su questi fatti e sulle sensazioni che ne derivano possiamo enunciare il seguente precetto: Man mano che la voce si porta verso l'acuto si deve determinare in noi una siffatta sensazione come se la voce "girasse" portandosi dal petto sempre più in alto e in avanti verso i risuonatori superiori dell'organo vocale, pur lasciando che, durante questo "portamento" e dopo, essa continui a riflettersi liberamente e leggermente anche al petto.
Durante l'emissione delle note gravi la zona di massima risonanza è il petto, ma la voce per avere una buona sonorità deve, per questi suoni, sufficientemente risonare anche in avanti e NELLA MASCHERA. Durante l'emissione delle note medie, che hanno la zona di massima risonanza nella faringe media, nelle fauci e nella bocca, le vibrazioni sonore si devono distribuire in misura equilibratamente proporzionata tanto al petto quanto ALLA MASCHERA. Nella regione acuta la MASCHERA e la testa (naso, faringe superiore, seni, ecc.) diventano le zone di massima risonanza e perciò sentiamo per questi suoni la voce vibrare molto in avanti e in testa (...)
Non sentite mai la voce "fermarsi sulla gola". Questa sensazione è determinata dall'esagerazione della risonanza della faringe inferiore con la quasi esclusione della normale risonanza del petto, della MASCHERA e della testa. Molti chiamano con espressione erronea questo modo di emettere la voce "cantare di petto" (franc. "poitriner"). Perciò potete spiegarvi quel consiglio, che sembrerebbe strano e assurdo, dato da molti maestri, che non si debba mai "cantare di petto": essi confondono lo "sforzare" la voce, specialmente nei suoni bassi, nel modo già detto ("cantare di gola"), che è un gravissimo difetto, col cantare veramente e naturalmente "con voce risuonante al petto" nei momenti opportuni, il che costituisce un atto necessario del buon canto.
Quando la voce "non si ferma in gola" si ha la sensazione della "gola aperta". Questa sensazione corrisponde a quella che si prova quando si respira normalmente e tranquillamente pel naso a bocca chiusa. Non confondete perciò la sensazione della "gola aperta" con quella della "gola spalancata", perchè questa è prodotta da contrazioni anormali ed eccessive dei muscoli della gola, mentre la prima è conseguenza della massima tranquillità e naturalezza di funzionamento di quegli stessi muscoli. (...)
Abituatevi a "sentire", e non soltanto a "vedere" per mezzo dello specchio (come consigliano molti maestri), se i muscoli della vostra faccia si contraggono durante il canto, e in tal caso evitate tali contrazioni (...)
I termini "voce pesante", "voce leggera" specificano essi pure delle determinate sensazioni in relazione con un modo falso (voce pesante) o con un modo pregevole (voce leggera) di emettere la voce. Molti confondono erroneamente la voce "pesante" con la voce robusta, la voce "leggera" con la voce debole, insufficiente.
Così pure l'espressione "sostenere la voce senza sforzo durante il canto" definisce una speciale sensazione del cantante che è il risultato di un modo equilibrato e giusto di funzionare dell'organo vocale.
L'espressione "cantare con voce appoggiata" esprime pure una sensazione. L' "appoggio" è uno stato d'equilibrio. (...) L'emissione corretta della voce deve produrre in noi la sensazione della comodità e del benessere, come quella del corpo quando è comodamente seduto (sensazione di "appoggiarsi" su una seggiola, su una poltrona, ecc.); non dobbiamo sentire la voce attaccata immobilmente a qualche sostegno, a qualche puntello; dobbiamo invece provare un senso di leggerezza durante l'emissione della voce, cioè sentire di sostenerla senza fatica, come si farebbe di una cosa leggera che si può muovere con facilità; nel tempo stesso dobbiamo sentire la voce comodamente posata. I Francesi dicono infatti molto propriamente "pose de la voix", ciò che gli Italiani chiamano con un'espressione meno propria "impostazione della voce". Tutte queste espressioni traggono origine dalla sensazione di comodità e di stabilità che l'emissione corretta della voce deve destare normalmente nel cantante.
Quando avrete controllato l'emissione vocale per mezzo delle vostre sensazioni, immediatamente dopo, o, meglio, anche contemporaneamente, controllate il risultato musicale dell'emissione, cioè la voce, con l'orecchio e giudicatene i caratteri con la guida del vostro senso artistico. Questi modi di controllo, integrandosi l'uno con l'altro in maniera giusta, costituiscono nel loro assieme i mezzi con i quali il cantante, con la guida di un abile insegnante durante lo studio, trova la via per educare e sviluppare le funzioni dell'organo vocale per il canto artistico. (...)
Nei secoli aurei del "bel canto" il senso artistico musicale aveva un predominio assoluto nei mezzi didattici: è questo uno degli argomenti che serve a spiegarci le ragioni dei magnifici risultati allora ottenuti.»

(da: Giulio Silva - Consigli agli allievi di canto principianti - New York, Schirmer, 1922)



1) Contralto MARGUERITE D'ALVAREZ :
«Quando inizio a studiare di mattina, do alla voce quel che chiamo un massaggio. La propria voce non può essere comandata, dev'essere persuasa, allettata. Questo massaggio consiste in esercizi a bocca chiusa, con le labbra chiuse. I vocalizzi "muti" sono la luce del sole della voce.” La cantante illustrò l'idea con una breve figura musicale, consistente in tre suoni consecutivi della scala diatonica, salendo e discendendo più volte; ad ogni ripetizione la frase iniziava sulla successiva nota superiore della scala. “Vede,” continuò, “questo breve esercizio porta il suono pienamente IN AVANTI. Come si sente la vibrazione, questa dovrebbe essere direttamente tra gli occhi.” “Ora, dopo aver persuaso la voce IN AVANTI in questo modo, e poi aver aperto le labbra per cantare un suono a piena voce, questo dovrebbe, anzi deve, essere proprio nello stesso punto in cui erano i suoni a bocca chiusa, — non può essere da nessun'altra parte.” La Signora illustrò nuovamente, prima cantando a bocca chiusa un suono, poi facendolo uscire con piena risonanza, usando la vocale "A", che si fondeva nella "O", e dopo cambiava in "U", come la nota si spegneva. “Questa vibrazione nella voce non dovrebbe essere confusa con un tremolo, che è, ovviamente, assai indesiderabile. Una voce senza vibrato, sarebbe fredda e morta, inespressiva. Ci deve essere nel suono questa qualità pulsante, che porta con sé onde di sentimento.” “In questo modo il cantante convince la voce ad uscire IN AVANTI e in fuori, non trattandola mai rudemente o aspramente, mai forzandola o sforzandola. Si prenda piacere in ciascun suono che si fa; con pazienza e piacere molto viene raggiunto. Non potrei darvi un suggerimento più utile di questo.”»

"VOCAL MASTERY" - Talks with Master Singers and Teachers by Harriette Brower New York, Frederick A. Stokes Company Publishers, 1920



2) Soprano AMELITA GALLI-CURCI :
«La Sig.ra Galli-Curci molto appropriatamente lo chiama "il puntino" - il piccolo punto - ed afferma che esso costituisce la verifica del piazzamento della propria voce. Quando ella sente le vibrazioni della sua voce in quel "puntino", sa che la produzione del suono è corretta.»

(dal cap. XXII del libro di P.M.Marafioti, "Caruso's Method of Voice Production", 1922)


3) Soprano EMMA CALVE' :
«Io insisto sul fatto che la voce dell'allievo sia ben posizionata, IN MASCHERA. L'errore che molti (...) fanno, è quello di cantare troppo di gola. (...) Lo studente di canto dovrebbe ricordarsi che la voce dev'essere posizionata con le labbra, e non troppo dalla gola.»

(Emma Calvé, da: Frederick Martens - "The Art of the Prima Donna and Concert Singer", 1923)

 

4) Soprano LUISA TETRAZZINI :
«In un eccesso di entusiasmo il giovane cantante tenta di sviluppare le note acute e farle risuonare—alle proprie orecchie, in ogni caso—grandi come la voce media. Il puro suono di testa suona piccolo e debole alla cantante stessa, ed ella piuttosto vorrebbe usare la qualità di petto, ma il suono di testa ha la qualità che perfora, penetrante, che lo rende distinguibile in una grande sala, mentre il registro medio, a meno che non sia usato nel posto giusto, rende la voce attutita, pesante e mancante di vibrazione. Sebbene al cantante il suono possa sembrare immenso, in realtà manca di risonanza. (...)
Finché dura il suono, la gentile ma ininterrotta effusione del fiato deve continuare per sostenerlo. Questa pressione del fiato garantisce l'intensità e, mantenendo la nota nel punto di focalizzazione sul palato, assicura la sua intonazione. In via generale si può dire che i suoni medi della voce hanno il loro punto di focalizzazione nella parte media del palato, i suoni più bassi che si avvicinano di più ai denti per essere centralizzati e le note acute che danno la sensazione di trovare il loro punto di focalizzazione nell'arco superiore nel retro della bocca e che escono, per così dire, attraverso la corona della testa.
La risonanza nelle cavità di testa viene presto percepita da coloro che iniziano a cantare. Talvolta nel produrre le loro prime note acute i giovani s'innervosiscono ed irritano per lo strano ronzio nella testa e negli orecchi nel cantare gli acuti. Dopo breve tempo, comunque, questa sensazione non è più un'irritazione, e il cantante può calibrare in un certo senso dove i suoi suoni vengono collocati possedendo un'idea mentale del punto in cui debba trovarsi la risonanza per ogni singolo suono

(tratto da: "Caruso and Tetrazzini on the Art of Singing" - Metropolitan Company, Publishers, New York, 1909)

«(...) si è soliti istruire l'allievo a cantare "avanti", "dans le masque" (IN MASCHERA), e così via, ma andrebbe capito con chiarezza che sebbene tali termini siano utili dal punto di vista pratico, ciò nonostante sono solo un "façon de parler" (modo di dire), e un mezzo per istruire l'allievo ad aggiustare ed adattare l'intero apparato vocale, per così dire, nel modo più efficace possibile. (...)
Alcuni fortunati, come me, possiedono voci che sono già perfettamente posizionate per Natura. (...) Tuttavia, nella stragrande maggioranza dei casi la voce dello studente non è naturalmente posizionata in modo da dare i migliori risultati. Vale a dire che con un'istruzione e una formazione adeguate si può ottenere di produrre risultati migliori—suoni più armoniosi, maggior suono, più risonante, e così via—ed è qui che l'assistenza d'un insegnante esperto e capace non ha prezzo

(dal capitolo "Placing the voice" del libro "How to sing" di Luisa Tetrazzini pubblicato nel 1923)


Titta Ruffo, "Il Caruso dei baritoni"

5) Baritono TITTA RUFFO :
«(...) credo che uno studente di canto, dopo aver ben piantata la voce nelle fondamenta – cioè dai suoni più gravi fino alle estreme note alte, sempre composta, libera, appoggiata, riunita tutta AL DI SOPRA DEL PALATO, senza contrazioni muscolari (...) possa con l'esercizio riuscir a formare tutti i colori di una tavolozza sonora, ed esprimere così tutti quanti i moti dell'anima in tutte le loro tinte e i chiaroscuri. Certo non è cosa né facile né breve. A perfezionare la voce umana, diceva giustamente uno de' più geniali e dotti artisti, Antonio Cotogni, occorrerebbero due vite: una per studiare, l'altra per cantare.»

(da: Titta Ruffo - "La mia parabola" - Fratelli Treves Editori, 1937)



6) Tenore BENIAMINO GIGLI :
"(Gigli accenna cantando): «Senza cambiare nulla io canto sempre lì» !!! (...) ora la dizione nostra è chiara, è semplice, è così, AVANTI e come la voce nostra noi portiamo sempre, è vero, questa voce, sempre la voce AVANTI"

(Masterclass di Beniamino Gigli a Vienna nel 1955)


"Bisogna saper usare bene la giusta tecnica di emissione assieme alla respirazone diaframmatica cantando sul fiato e sulla parola, appoggiando IN MASCHERA senza usare suoni gutturali o nasali" BENIAMINO GIGLI (dalle testimonianze di Michelangelo Verso)




7) Tenore GIACOMO LAURI-VOLPI :
«(...) il corpo sonoro è l' "aria respirata". Suono è "vibrazione"; risonanza è "timbro". Vibrazione e timbro si fanno sensibili e visibili grazie alla propagazione delle onde in virtù del soffio. Un suono laringeo abbandonato a se stesso non ha fisionomia propria. Diventa voce e figura e individualità per opera delle risonanze, soprattutto cervicali. Infatti la MASCHERA facciale corrisponde al timbro e il timbro alla maschera. Un timbro chiaro, schietto, armonioso è proprio di chi sa ben respirare e modulare gli armonici (...)
Il rapporto immediato di pressione della colonna aerea, stabilito tra diaframma e cavità cervicali, è condizione assoluta della virtuosità della precisione e del nitore dei suoni attaccati. Le note rimbalzano sulla maschera a simiglianza dei chicchi di grandine sopra una vetrata. Se le pareti della faringe si contraessero con rigidezza o in modo disordinato, le note perderebbero coerenza, intonazione e grazia. Per MASCHERA non è da intendersi la cavità nasale soltanto. E la risonanza nasale non va identificata col suono nasale. Il quale è suono difettoso, come il suono ingolato e boccale. (...) Tutti rispondono a flessioni errate della colonna sonora e difettano di purezza, di regolarità periodica, di libertà, di varietà, di nobiltà. Queste emissioni rifuggono da una logica armonia dei suoni e dalle giuste e pure risonanze degli armonici.
Chi canta è al centro delle onde sonore. Precipuo suo scopo è di conquistare e superare lo spazio che lo separa dall'uditorio. Egli lotta per vincere con la minor fatica possibile questa distanza, sviluppando i suoni secondo un punto d'appoggio conveniente. (...) Più il suono è giusto e nitido, più la parola risplende in esso come in una custodia di cristallo

[da: Giacomo Lauri-Volpi - "Misteri della voce umana", 1957]


«Si prenda, poniamo, la vocale A pronunciata naturalmente, immune da intenzioni tecniche. Questa vocale risuona aperta, talvolta sfacciata, con un colore di bocca. Non importa. Questo suono, a patto che non sia gutturale o nasale, potrà sempre raddrizzarsi dal piano orizzontale di natura. Per ottenere l'A estetica, tecnica, artistica, sarà sufficiente illuminare la mente con l'idea della "verticalità" del suono. L'A naturale diventerà un'A sonora, musicale, rotonda con il solo dirigere la colonna d'aria vibrante contro le cavità cervicali, anziché abbassare, flettere i raggi sonori sul "piano radente" della cavità orale. L'arte è natura con l'aggiunta dell'intenzione, cioè della mente intuitiva che ha visione diretta della realtà. Arte e natura si integrano nella Grazia.
L'arte non fa che correggere, raddrizzare la natura perfezionandola. Non è "anti-natura", ma "con-natura": integrazione della natura

[da: Giacomo Lauri-Volpi - "Misteri della voce umana", 1957]

«S'è detto che il "suono", cantando, si genera nella laringe; ma la "voce", ch'è il risultato delle varie parti dello strumento musicale vivente, acquista netta fisionomia timbrica in virtù delle cavità superiori del tubo risonatore. (...)
Corpo "vibratore" e "risonatore" si estendono dal collo alla base cranica. Producendosi la parola cantata o parlata, risuonano "per simpatia" le cavità inferiori. (...) Ed è ormai acquisito che il cantore, ove si crei l'impressione che l'organo della voce sia situato tra la fronte e le labbra e che, articolando la bocca, sperimenti la facoltà di plasmare la forma sonora col solo flusso aereo che mette in movimento il complesso delle vibrazioni entro le cavità cervicali di risonanza, sviluppa facilità e naturalezza di sonorità nel suo canto

[da: Giacomo Lauri-Volpi - "Misteri della voce umana", 1957]

«(...) IL SEGRETO DEL CANTO E' TUTTO NELLA SCOPERTA DEL PUNTO GIUSTO DI RISONANZA.
(...) Il "punto d'appoggio", in genere, è la stessa cosa che il "punto d'attacco". (...) approssimativamente, si può asserire ch'esso corrisponda a un punto situato tra la radice della fronte, ove s'inserisce il setto nasale, e il margine delle fosse nasali. In tale regione vanno proiettati i raggi sonori provenienti dalla glottide, a patto che non se ne generi un suono "nasale", sempre sgradevole quanto il suono gutturale e ventriloquo. Un esperimento semplice può rassicurare l'allievo. Basta stringere con due dita le pinne nasali durante la produzione del suono. Se questo si interrompe, il suono è nasale; se, invece, non v'è soluzione di continuità nell'emissione fonetica, il suono resta tipicamente cervicale, ampio e timbrato, dovuto all'aiuto e alla pastosità delle risonanze superiori e all'appoggio diaframmatico della colonna d'aria. Nell'attacco si deve provare la sensazione di un "colpo facciale interno", in corrispondenza della radice della fronte, all'inizio dell'atto volitivo espiratorio. Il <<picchiettato>> del soprano leggero dà un'idea di questo picchiare della prima nota emessa sulla campana della cavità palatina, che fonde la voce laringea e la voce melodica, associando in modo simultaneo le vibrazioni cordali ed aeree. Se non si conquista la massima libertà di propagazione delle onde, il suono si spezza. Il suono "a campana" provoca, appunto, l'armoniosa risonanza che richiama alla mente quella prodotta da un martello sulle pareti di una campana. Quelle pareti non presenteranno incrinature né contatti, e l'aria interposta, fra martello e parete, occuperà uno spazio libero. Il colpo, di sotto in su, è dato dall'aria, nell'atto espiratorio, dalla contrazione del diaframma. Tra diaframma e volta palatina si determina così una elastica pressione aerea che dà il senso del mutuo appoggio fra gli estremi. L'elasticità di pressione, stabilito "l'appoggio" o "contatto", determina l'adeguata uniformità e periodicità delle vibrazioni laringee e la graduale intensità dell'espirazione. Se quell'appoggio, quel colpo, quel contatto non avviene, il diaframma scatta a vuoto - come un pugile che, invece di colpire il bersaglio, assesti pugni all'aria, rischiando di slogarsi il braccio - e la voce laringea non trova la diritta via delle risonanze. La voce, a lungo andare, si smarrisce, falseggia e si perde. (...) Ma il punto giusto di risonanza è oggetto individualissimo  (...)
La causa materiale è l'aria; il fine è il suono, che si moltiplica in risonanza per tonali influenze. Trovato il centro delle risonanze, ch'è il "foco" di risonanza, si solleva un mondo d'armonia, il quale entra in accordo col centro melodico universale. (...) Assicurato il punto d'attacco e di contatto, la voce sonora è in grado di superare il "passaggio" fra le note medie e superiori: passaggio ch'è il terrore di tutte le voci e che, scovato, costituisce la "saldatura" della compagine vocale. Ed è chiara l'idea del superamento dell'estrema zona intermedia, poiché, in vista di quel passaggio, la voce è preparata al salto fin dall'attacco delle note inferiori che vengono collocate, "intenzionalmente", oltre la volta palatina dentro le cavità facciali. Talché la saldatura avviene automaticamente ed il flusso dell'aria, per qualunque nota, è fatto passare per quella cavità. A misura che si sale nella tessitura, salgono le risonanze superiori fino a far vibrare il complesso dei cavi cervicali nella estrema regione acuta della voce cantata. In sostanza - e ciò è fondamentale - qualunque nota, a qualunque regione appartenga, va collocata in corrispondenza dei seni frontali in modo che, per "simpatia", partecipino alle risonanze anche le cavità etmoidali sfenoidali mascellari nasali. Collocata la prima nota le altre seguiranno sul filo del soffio che produce le meraviglie del "cantar legato" e del "legar cantando". Una sola nota che devii da quel "curriculum" sbanda le ulteriori. E la frase musicale apparirà come un tessuto scucito.»

[da: Giacomo Lauri-Volpi - "Misteri della voce umana", 1957]

«...io ho pensato sempre che la respirazione è diaframmatico-costale, perché noi abbiamo due casse armoniche, questa e questa, ma se noi ci limitiamo solamente alla cassa toracica e dimentichiamo la cassa cranica non troviamo gli armonici, è come un pianoforte, se non si mette il pedale quel cassone lì a che serve...» (da un'intervista di Celletti e Gualerzi a Lauri-Volpi effettuata nel 1976 presso il Teatro di Busseto)



«È grave errore non "cantare sul soffio" e non dirigere la corrente sonora ai seni frontali.»

[ da: Giacomo Lauri-Volpi - "Voci parallele" - Bongiovanni Editore, Bologna, terza edizione, 1977 (pagina 197) ]

 

8) Tenore GALLIANO MASINI :
«Il do di petto non è mai esistito. È un suono che va portato IN MASCHERA e appoggiato sul fiato. Ѐ di testa (...)»

(da un'intervista effettuata a Livorno al celebre tenore Galliano Masini ottantenne il 6 dicembre 1976)


9) Soprano LICIA ALBANESE :
- "Ed ora, mi dica, che ne pensa del posizionamento vocale?"
- "(...) Viene dal fiato... il suono è sul fiato. Il fiato esce con le parole ed è il sostegno delle frasi. Se si abbassa il fiato, crolla la frase. Tutto viene controllato dal fiato. Il suono dev'essere alto. Non si lasci calare il fiato a dispetto dell'altezza del suono. Se il tono scende si deve mantenere la medesima qualità di suono rotondo ed alto. Intendo qui", disse, indicando l'area immascherata degli zigomi, "ma il suono dovrebbe uscire...attraverso la MASCHERA...brillante e vivo. (...) Tutto IN MASCHERA...rotondo...bello...facendo attenzione alla bellezza." (...)
- "Quale ritiene sia la funzione della lingua nel canto?"
- "Il grande baritono De Luca mi disse una volta, 'La lingua dell'artista è l'antenna.' Io penso, se la qualità è bella, si lasci in pace la lingua. Se si preme un cucchiaio sulla lingua, o si preme la lingua contro i denti, come si può cantare? È possibile regolare la propria qualità. Si canta con espressione, amore, calore, e la voce diventa più bella. Se il suono è giusto, non si tocchi la lingua." (...)
- "Cosa mi può dire in merito ad un qualsiasi 'passaggio' superiore nel quale ci si possa imbattere, diciamo, intorno al secondo MI e FA sopra al DO centrale?" domandai. "Come lo si può affrontare risolvendolo?"
- "La 'MASCHERA' aiuta moltissimo nel superare il 'passaggio'. (...)."

(tratto da una intervista al soprano Licia Albanese condotta dal basso Jerome Hines, riportata in: J.Hines - "Great Singers on Great Singing", Doubleday, 1982)


 
10) Soprano ANNA MOFFO :
- "Che ne pensa del posizionamento del suono vocale?" domandai.
- "Si canta I, E, A, O, U, per me sono tutte nella stessa posizione."
- "Qual è questa posizione della quale parla?"
- "La posizione che intendo è il suono più AVANTI, 'a fuoco', completo di armoniche superiori." (...)
- "Lei parla della sensazione di un ronzio vibrante nella MASCHERA?" proferii.
- "Sì. Su certi acuti mi viene persino un inizio di passeggero mal di testa. Si capisce...quando una nota non è perfettamente proiettata è indietro. Sono cresciuta con il termine inglese 'throaty'...'ingolato'. 'Ingolato', per me, è una sorta di suono indietro, produce quel che ci si aspetta possa essere un'immensa voce scura, ma che invece non possiede un suono particolarmente vitale. Non ha armonici."
- "Sta descrivendo un suono piuttosto 'soffiato', 'arioso'," dissi.
- "Ritengo che nessun cantante possa privarsi d'aria inutilizzata," rispose. "Se si sente solo la più piccola quantità d'aria fuoriuscire senza venire utilizzata, questa non è certo la cosa migliore che si possa fare. Non possiede 'risonanza metallica', o 'squillo'...focalizzazione...punta."

(tratto da una intervista al soprano Anna Moffo condotta dal basso Jerome Hines, riportata in: J.Hines - "Great Singers on Great Singing", Doubleday, 1982)



11) Tenore FRANCO CORELLI :
- Che ne pensi del posizionamento e della proiezione della voce? Alcuni sono contrari all'idea di posizionare la voce in avanti, o di proiettarla infuori davanti a sé.

«Questo è sbagliato. Siamo costruiti in modo che vi sia una curva... e questa è la traiettoria del fiato. (...) se si forma un suono prodotto solo nella bocca, ne esce una strana voce. È un suono aperto, che si disperde, senza controllo. Ma se si pensa di inviare la voce in alto nella testa [la MASCHERA], la voce esce fuori rotonda e concentrata "a fuoco", il colore è più dolce, più simpatico. Perciò significa che questa parte qui [la MASCHERA] aiuta a proteggere la voce.
Le vibrazioni che si propagano nelle guance, nelle fauci, nelle orbite oculari, nelle parti frontali della testa, servono magari a dare bellezza alla voce, a dare una traiettoria più facile al fiato.»

 - "Dov'è, più precisamente, questa zona nella MASCHERA, verso la quale si va a dirigere la voce?"


«Dipende dalla propria anatomia, poiché c'è chi ha gli zigomi alti... Una persona la mette qui, un'altra la mette là, e nessuno dei due ha la stessa zona. Alcuni dicono, "Più si apre la bocca e più si sentirà la voce." Che non è necessariamente così! C'è chi cantando con una piccola apertura della bocca può proiettare altrettanto facilmente un grande suono. Comunque, la cosa importante è che, se si "percepisce" la voce che batte nella MASCHERA, significa che la voce e la gola sono libere. Perché quando la gola è libera, e si permette al fiato di passare con tranquillità, e le corde sono in salute, solo allora la voce batte nella MASCHERA.»

(tratto da una intervista al tenore Franco Corelli condotta dal basso Jerome Hines, riportata in: J.Hines - "Great Singers on Great Singing", Doubleday, 1982)


 

12) Soprano ROSA PONSELLE :
- "Cosa ne pensa del posizionamento?"
«Si usa la MASCHERA... AVANTI,» ella rispose. «Si ha la sensazione che la faccia stia per staccarsi.»

- "Per le vibrazioni?"
«Sì.»

- "Lei usava la voce di petto?"
«Solo quando necessario, ma sempre IN MASCHERA

(tratto da una intervista al soprano Rosa Ponselle condotta dal basso Jerome Hines, riportata in: J.Hines - "Great Singers on Great Singing", Doubleday, 1982)



13) Soprano EVA TURNER :
- Beh, se non abbiamo voci che siano paragonabili a quelle di un tempo, è ottimista sul futuro dell'opera?

Sig.ra Eva: «Non dico che non siano paragonabili. Non credo che operino il coordinamento della qualità e della brillantezza per la proiezione; non nel medesimo modo. Non penso che i giovani cantanti spendano abbastanza tempo per acquisire una tecnica vocale di base. Devo dirLe, il cantante, egli o ella che sia, è una categoria differente in mezzo alla musica applicata, perché il proprio strumento non è visibile. Lo devono persuadere dalle energie subconscie e dar vita a ciò che chiamiamo "L'IMPOSTAZIONE DAVANTI", cioè un posizionamento della voce avanti.»

(da un'intervista al soprano Eva Turner realizzata telefonicamente da Bruce Duffie il 30 aprile 1986)




14) Tenore CARLO BERGONZI :
«(...) la voce deve essere sempre coperta e tirata SULLA MASCHERA ricorrendo al fiato, altrimenti il suono non gira. (...)
il canto, quando la voce è a posto, è un divertimento. Non è una fatica! E’ una fatica quando si canta indietro

(da un incontro con Carlo Bergonzi - Parma, Casa della Musica, 11 ottobre 2008)


 

15) Tenore UGO BENELLI :

- Che cos'è per te il cosiddetto "suono in maschera"?

«Mah, io ti dico che Bruscantini, che faceva vocalizzi con Kraus, e io che studiavo spesso con Bruscantini, perché cantavo spesso con lui, diceva: "Intanto il primo passo è mettere la voce nella "Gnagnera", diciamo lì, anche se sa un po' di naso, non importa, basta che sia IN AVANTI." Perché le gallerie non si scavano tutte assieme, ora sì, si chiama "talpa", ma una volta... la galleria si scava piano piano, l'importante è andare avanti in questa galleria, capisci... e Sesto mi ricordo mi diceva, dopo il primo passo dei suoni (fa, cantando, "E") in avanti: "E adesso però arrotonda il suono! Adesso che stai scavandoli, adesso falla bella la galleria, dagli una forma rotonda a questa galleria, fai un bel suono".»

(da una Intervista al Tenore Ugo Benelli, realizzata dal Soprano Astrea Amaduzzi il 25 gennaio 2015)




 

16) Tenore ROCWELL BLAKE :
«Ciascuno ha un colore naturale di voce. Se lo cambi chiedi alla tua voce qualcosa di innaturale, e sprechi energia.
Ora, per produrre un suono inscurito devi spingere in giù la laringe. E dal momento che un suono scuro non corre come un suono chiaro, più si cerca d'inscurire il suono e più pressione si deve mettere sulle corde vocali per poter produrre il volume richiesto. E questo limiterà la tua tecnica.
Io ho speso quasi tutto il mio tempo a lavorare su tecnica e volume, ignorando il colore. Per me, la cosa più importante è poter produrre quanto più volume possibile nei punti in forte, senza limitare la mia abilità di eseguire la musica. Voglio poter fare tutte le scale e intervalli e agilità, mantenendo la flessibilità, ma essendo anche in grado di BUCARE l’orchestra.»

(da un'intervista al tenore Rockwell Blake, all'interno dell'articolo "MUSIC; A Headstrong Tenor Discusses Music and Critics", di Allan Kozinn, apparso su "The New York Times" il 6 agosto 1989)


 

17) Soprano MARIA CALLAS :
«(...) la de Hidalgo mi aveva insegnato che per quanto pesante sia una parte, bisogna mantenere la voce leggera, mai forzata, agile come il corpo di un atleta...Questa leggerezza che cercavo non era solo una parte della scuola di bel canto che la Hidalgo mi insegnava: era una parte della sua filosofia, secondo la quale la voce deve essere messa in una zona dove non è troppo grande nel volume, ma tuttavia PENETRANTE. Questo metodo rende anche più facile affrontare tutti gli abbellimenti del bel canto, un linguaggio assai vasto di per sé.»

(da: MARIA CALLAS - LEZIONI DI CANTO alla Juilliard School of Music - John Ardoin - Longanesi, Milano, 1988)





18) Soprano VIRGINIA ZEANI :
«Da un punto di vista tecnico, ecco quel che io chiamo il mio sistema di canto: in italiano diciamo "raccogliere i suoni". Ciò significa che si devono raccogliere le vibrazioni, i "suoni", IN un punto, la MASCHERA, che consente alla voce d'essere brillante quanto più possibile con il minor sforzo possibile, e di sostenere tali vibrazioni con il diaframma. Se si raccolgono queste vibrazioni in quel punto, non ci si stancherà mai, rispetto a quanto accade cantando con un suono largo, aperto o voluminoso, come, sfortunatamente, sentiamo fare moltissimo oggi.»
«(...) molte persone pensano che per cantare Mimì si debba possedere una voce grande, lirica e quasi pesante. In realtà, Mimì è una ragazza giovane e fragile che non ha sperimentato molto nella vita se non la sofferenza, la solitudine e sta ora scoprendo l'amore. La vocalità di un cantante deve armonizzarsi con i colori che il personaggio ha incontrato nella sua vita, di lui o di lei; non c'è ragione di dare l'impressione che Mimì abbia avuto le esperienze di una donna matura poiché non le ha avute. Questo passa attraverso l'emissione vocale, motivo per il quale io dico sempre ai miei allievi che con un buon sistema di PROIEZIONE non c'è alcun bisogno di cantare con un suono "grosso" e "pesante". Si può porgere al pubblico anche il più piccolo sentimento e questo viaggerà nel teatro dell'opera attraverso il proprio volto, specialmente gli occhi, e la propria voce.»

(da una intervista di Olivier Bergeron al soprano Virginia Zeani del 7 settembre 2015)


Virginia Zeani ricorda le lezioni con il grande tenore Aureliano Pertile



Virginia Zeani sulla respirazione bassa e la proiezione della voce in maschera



"PIU' LEGGERO, PIU' AVANTI, PIU' NELLA "MASCHERA", TROPPA GOLA"

Birgit Nilsson insegna come produrre la voce in maschera




Con i fondatori di Belcanto Italiano a Ravenna ®:
- Lezioni individuali di altissimo livello di Tecnica vocale
di base e avanzata
- Correzione di errata impostazione vocale
- Potenziamento vocale

- Studio dei passaggi di registro,
acuti e note di petto

- Agilità vocali

- Supporto di preparazione per esami in conservatorio di Canto, Arte Scenica, Pianoforte e Pianoforte complementare, Armonia, Storia della Musica.
Informazioni e prenotazioni (Tel & WhatsApp: 347.58.53.253)