lunedì 12 ottobre 2020

Belcanto Italiano ® - L'autentico Bel canto italiano è basato sulla "voce in maschera" e la 'messa di voce' (parte 4)

Giacomo Lauri-Volpi e Gina Cigna in "Turandot", nel 1942 alla Scala


L'autentico Bel canto italiano si basa su proiezione, maschera, squillo, non sulla gola.

Dopo la respirazione, che - come abbiamo visto nel precedente articolo - deve essere diaframmatico-intercostale ed ha bisogno del sostegno dei muscoli addominali nel lento e costante dosaggio del fiato in fase espiratoria, per poter cantare liricamente è necessario che il cantante d'opera possieda una qualità essenziale per il canto lirico: la "voce in maschera". 


Se il cantante vuole cantare in teatro senza bisogno di microfoni per essere udito deve poter condurre la voce, per tutta la durata della propria esecuzione pubblica, in modo da emettere qualsiasi suono che si possiede (per natura e per studio) - dal più basso al più alto e in qualunque dinamica, dal pianissimo al fortissimo - sempre costantemente A FUOCO! Non devono esistere suoni "indietro", vale a dire sfocati. I "piani" e "pianissimi" devono essere perfettamente 'amplificati', con l'uso sapiente delle naturali risonanze presenti ed a disposizione liberamente nel corpo umano, tanto quanto i "mezzoforti" o i "forti" e "fortissimi". 

Un TEST per valutare se la voce è sempre mantenuta 'a fuoco', e che è un po' la "prova del nove" per un cantante lirico, è la MESSA DI VOCE: essa - di fatto - è lo "spartiacque" tra un dilettante e un professionista nel campo del canto lirico.
Infatti se si attacca un suono a "piena voce" e lo si diminuisce gradatamente, sia quando dal FORTE si passa alla "mezza voce" che quando si arriva al "filato" (pianissimo), si deve sempre mantenere la voce perfettamente proiettata, amplificata bene 'a fuoco': in nessun momento la voce deve essere, come si usa dire nell'ambiente teatrale, "spoggiata" ed anche nel massimo della dinamica la voce usata dal cantante sapiente sarà ricca di 'squillo' ma non spinta innaturalmente, forzata, allargata, portata all'urlo.

Quindi si deve per studio ed esperienza arrivare ad avere sia in un'aria singola come nell'intera interpretazione di un ruolo operistico tutti i propri suoni assolutamente "avanti": qualsiasi suono deve essere risonante, sia che sia "a fior di labbro" che nel massimo della forza della propria voce lirica.

Purtroppo, mentre la "messa di voce" (< > cresc. dim.) su nota lunga, una volta era il primo esercizio che si faceva - come si può notare dai trattati e metodi dei secoli scorsi - oggigiorno invece non viene insegnata sostanzialmente mai, nè nella fase avanzata di studio nè tanto meno in quella dell'impostazione iniziale, con conseguente declino della qualità artistica della maggioranza dei cantanti lirici odierni. Rari ormai sono i maestri di canto che la nominano, rarissimi quelli che la insegnano, come pochissimi sono i cantanti che cantano in teatri, sale da concerto, basiliche, arene all'aperto il repertorio operistico, da camera, sacro etc. sapendo eseguire una "messa di voce".


Il problema pratico di mantenere sempre 'a fuoco' la voce è stato trattato molto bene dal celebre tenore spagnolo Francisco Viñas (che era sposato con il mezzosoprano italiano Giulia Novelli) il quale offre anche una via per risolvere concretamente la questione, che ripetiamo è essenziale per qualificare positivamente un cantante lirico professionista.

Per un approfondimento su come studiare la messa di voce, si legga questo articolo "LA MESSA DI VOCE DALLA TEORIA ALLA PRATICA" che va molto a fondo su questa caratteristica davvero fondamentale per un cantante lirico e soprattutto per un cantante "belcantista".

Per trovare la voce in maschera, rimandiamo a questa breve spiegazione pratica
- il cui punto cruciale è il seguente:

"Pronunciando la vocale U su una nota media della vostra prima ottava (ad esempio per soprani e tenori il SOL), non farete altro che questo, sollevando il palato molle farete in modo che le vibrazioni prodotte in gola mettano in vibrazione quella che appunto viene identificata "MASCHERA" ovvero cartilagini del naso e zigomi.

Non aspettatevi enormi vibrazioni; sentirete vibrazioni lievi e un suono che schizza in alto da solo, ricco e penetrante, più potente certamente di un normale suono che resti bloccato in gola. Il canto lirico parte da questo punto e con l'aiuto di un vero bravo Maestro, attraverso adattamenti vocalici e cambi di posizione soprattutto mandibolari, sviluppa una totale facilità di emissione sempre più alta e potente sia nelle note più acute che in quelle più basse." (Astrea Amaduzzi)  (L'intero articolo è disponibile qui)


Qui di seguito riportiamo le citazioni brevi o più lunghe di 24 grandi cantanti del passato che menzionano l'importanza della voce in MASCHERA:

1 - LUISA TETRAZZINI, soprano:
«In un eccesso di entusiasmo il giovane cantante tenta di sviluppare le note acute e farle risuonare—alle proprie orecchie, in ogni caso—grandi come la voce media. Il puro suono di testa suona piccolo e debole alla cantante stessa, ed ella piuttosto vorrebbe usare la qualità di petto, ma il suono di testa ha la qualità che perfora, penetrante, che lo rende distinguibile in una grande sala, mentre il registro medio, a meno che non sia usato nel posto giusto, rende la voce attutita, pesante e mancante di vibrazione. Sebbene al cantante il suono possa sembrare immenso, in realtà manca di risonanza. (...)
Finché dura il suono, la gentile ma ininterrotta effusione del fiato deve continuare per sostenerlo. Questa pressione del fiato garantisce l'intensità e, mantenendo la nota nel punto di focalizzazione sul palato, assicura la sua intonazione. In via generale si può dire che i suoni medi della voce hanno il loro punto di focalizzazione nella parte media del palato, i suoni più bassi che si avvicinano di più ai denti per essere centralizzati e le note acute che danno la sensazione di trovare il loro punto di focalizzazione nell'arco superiore nel retro della bocca e che escono, per così dire, attraverso la corona della testa.
La risonanza nelle cavità di testa viene presto percepita da coloro che iniziano a cantare. Talvolta nel produrre le loro prime note acute i giovani s'innervosiscono ed irritano per lo strano ronzio nella testa e negli orecchi nel cantare gli acuti. Dopo breve tempo, comunque, questa sensazione non è più un'irritazione, e il cantante può calibrare in un certo senso dove i suoi suoni vengono collocati possedendo un'idea mentale del punto in cui debba trovarsi la risonanza per ogni singolo suono.»

(tratto da: "Caruso and Tetrazzini on the Art of Singing" - Metropolitan Company, Publishers, New York, 1909)

(...) si è soliti istruire l'allievo a cantare "avanti", "dans le masque" (in maschera), e così via, ma andrebbe capito con chiarezza che sebbene tali termini siano utili dal punto di vista pratico, ciò nonostante sono solo un "façon de parler" (modo di dire), e un mezzo per istruire l'allievo ad aggiustare ed adattare l'intero apparato vocale, per così dire, nel modo più efficace possibile. (...)
Alcuni fortunati, come me, possiedono voci che sono già perfettamente posizionate per Natura. (...) Tuttavia, nella stragrande maggioranza dei casi la voce dello studente non è naturalmente posizionata in modo da dare i migliori risultati. Vale a dire, con un'istruzione e una formazione adeguate si può ottenere di produrre risultati migliori—suoni più armoniosi, maggior suono, più risonante, e così via—ed è qui che l'assistenza d'un insegnante esperto e capace non ha prezzo.

(dal capitolo "Placing the voice" del libro "How to sing" di Luisa Tetrazzini pubblicato nel 1923) 


2 - MARGUERITE D'ALVAREZ, contralto:
«Quando inizio a studiare di mattina, do alla voce quel che chiamo un massaggio. La propria voce non può essere comandata, dev'essere persuasa, allettata. Questo massaggio consiste in esercizi a bocca chiusa, con le labbra chiuse. I vocalizzi "muti" sono la luce del sole della voce.” La cantante illustrò l'idea con una breve figura musicale, consistente in tre suoni consecutivi della scala diatonica, salendo e discendendo più volte; ad ogni ripetizione la frase iniziava sulla successiva nota superiore della scala. “Vede,” continuò, “questo breve esercizio porta il suono pienamente IN AVANTI. Come si sente la vibrazione, questa dovrebbe essere direttamente tra gli occhi.” “Ora, dopo aver persuaso la voce IN AVANTI in questo modo, e poi aver aperto le labbra per cantare un suono a piena voce, questo dovrebbe, anzi deve, essere proprio nello stesso punto in cui erano i suoni a bocca chiusa, — non può essere da nessun'altra parte.” La Signora illustrò nuovamente, prima cantando a bocca chiusa un suono, poi facendolo uscire con piena risonanza, usando la vocale "A", che si fondeva nella "O", e dopo cambiava in "U", come la nota si spegneva. “Questa vibrazione nella voce non dovrebbe essere confusa con un tremolo, che è, ovviamente, assai indesiderabile. Una voce senza vibrato, sarebbe fredda e morta, inespressiva. Ci deve essere nel suono questa qualità pulsante, che porta con sé onde di sentimento.” “In questo modo il cantante convince la voce ad uscire IN AVANTI e in fuori, non trattandola mai rudemente o aspramente, mai forzandola o sforzandola. Si prenda piacere in ciascun suono che si fa; con pazienza e piacere molto viene raggiunto. Non potrei darvi un suggerimento più utile di questo.”»

"VOCAL MASTERY" - Talks with Master Singers and Teachers by Harriette Brower New York, Frederick A. Stokes Company Publishers, 1920 


3 - AMELITA GALLI-CURCI, soprano:
«La Sig.ra Galli-Curci molto appropriatamente lo chiama "il puntino" - il piccolo punto - ed afferma che esso costituisce la verifica del piazzamento della propria voce. Quando ella sente le vibrazioni della sua voce in quel "puntino", sa che la produzione del suono è corretta.»

(dal cap. XXII del libro di P.M.Marafioti, "Caruso's Method of Voice Production", 1922)


4 - EMMA CALVÉ, soprano:
<<Sceglietevi una maestra che illustri i suoi intendimenti con la propria voce, quando vi sta insegnando. (...) Per me c'è sempre qualcosa d'illogico nel selezionare qualcuno vocalmente muto per insegnare le bellezze della produzione del suono. Se non potessi mostrare ai miei allievi ciò che intendo, attraverso l'esempio della mia voce, non penso che mi dovrei sentire giustificata ad insegnare loro.
Non credo in nessun 'sistema' unico per l'insegnamento del canto. Ciascuno studente è diverso, e dunque ogni 'sistema' dev'essere altresì diverso. Pur tuttavia ho un ben determinato "méthode", nel senso francese della parola, d'istruzione, che vario e adatto ai bisogni individuali degli studenti individuali. Va da sé che io impieghi i miei personali esercizi, scale e "vocalizzi" particolari, ed insisto che i miei allievi lavorino sodo mentre vi si esercitano. Cerco di dar loro lo stile—quella qualità di canto che è così difficile da acquisire—e il "legato" perfetto; e soprattutto non troverete nessun mio allievo cantare con una voce "chevrotante", una voce tremolante, poiché questo è qualcosa che non permetto. Io insisto sul fatto che la voce dell'allievo sia ben posizionata, IN MASCHERA. L'errore che molti (...) fanno, è quello di cantare troppo di gola. (...) Lo studente di canto dovrebbe ricordarsi che la voce dev'essere posizionata con le labbra, e non troppo dalla gola.>>

(Emma Calvé, da: Frederick Martens - "The Art of the Prima Donna and Concert Singer", 1923)


5 - AURELIANO PERTILE, tenore:
"Il Maestro Bavagnoli mi fece capire in brevissimo tempo la ragione della mia difficoltà alle note acute: tenevo i suoni bassi e centrali troppo abbandonati e aperti. Allora raccolsi la voce tenendola sempre leggera seguendo il sistema seguente. Iniziavo un esercizio a scala con una A rotondata quasi ad O e man mano che salivo, raccoglievo sempre di più il suono e colore arrivando al passaggio e alle note acute con un O scuro." (...)
Compreso bene il sistema continuai ad usarlo scrupolosamente ed acquistai, tenendo leggero il centro, la facilità di tenere raccolta e ALLA MASCHERA la voce che sempre più facilmente saliva agli acuti. La mia voce allora arrivava con difficoltà nelle romanze al SI naturale: a poco a poco con lo sviluppo del torace e dopo parecchi anni di carriera, incominciai ad averlo con sicurezza. (...) io prendevo fiducia in me stesso e studiavo continuamente, senza mai forzare la voce, col metodo sopra citato." (...) La tecnica fa parte della vera Arte."

 

«La gola è ampia, ma la laringe è tenuta più elevata; l'emissione è pure sul fiato, completamente come l'altra, ma il suono delle note centrali venendo a colpire più avanti ai denti e ALLA MASCHERA facciale rimane più tenorile e quindi più raccolto ed è pronunciato tanto avanti, che permette di ridurre la piena voce a mezza voce e questa a tenuissimo filo, fino a quasi confonderla col falsettone, pur rimanendo timbrata e ricca di vibrazioni; per cui, simile alla voce del soprano leggerissimo, si espande lontanissima, carezzevole e dolce; il passaggio rimane a vibrare più in alto, conservando nei "Fa" e "Fa diesis" l'appoggio necessario alle più complete sfumature, mentre l'acuto squilla verso la fronte, tenorile e vibrante con più facilità di espansione.

La voce si mantiene sempre alta e facile e permette il massimo rendimento col minimo consumo di fiato e energia.
Secondo il mio parere questo sistema, come base di studio, dovrebbe essere migliore. Tuttavia credo che una certa importanza abbia la conformazione e la struttura particolare del singolo individuo.
Naturalmente, seguendo questo sistema, qualche volta succede che la nota di passaggio bene vibrante ALLA MASCHERA ha un suono alquanto caprino o cartilagineo, perché in essa vibrano le cartilagini e le ossa nasali e frontali.

"Non è però mai nasale"! Chi mi legge può constatare la differenza fra la nota eccessivamente DI MASCHERA e quella nasale emettendo un suono, dopo essersi stretto il naso con due dita.
Convengo che qualche volta i detti suoni per necessità di appoggio risentono alquanto il tipo suddetto, ma chi è pratico di voci deve ammettere che in tal modo la gamma della voce rimane inalterata; che specialmente nei FA e nei FA DIESIS (soprano o tenore, poiché nelle altre voci il passaggio di registro è differente, n.d.r.) ogni cantante, che non usi il mio sistema, fa una nota grossa, tirata, poco simpatica e poco piacevole all'udito; che nella prima gioventù sfruttando al massimo il capitale della propria voce e rimanendo rigidamente nel proprio repertorio, si può evitare questo umano, naturale ed obbligato passaggio della voce; ma che cantando tutto il repertorio moderno e antico non è possibile evitarlo, pena la perdita della voce in pochi anni o l'alterazione baritonale della medesima e quindi la facilità alla perdita degli acuti. (...)
Gran numero di belle voci devono la loro fine immatura proprio al fatto suaccennato, di non aver nulla sacrificato al colore della voce nel cambiamento di registro nel punto del cosiddetto passaggio.»

«Termino questo capitolo spiegando il perché io ho usato certi suoni, che talvolta sono stati criticati.
Il cantante che si controlla è sempre in lotta con la voce che tende ad allargarsi troppo e a ritornare verso il retro bocca, mentre egli cerca di farla risuonare, come ho detto, ALLA MASCHERA: inoltre vi è in noi una speciale tendenza nei punto forti, e negli acuti a spingere troppo, a contrarre i muscoli del collo e a diminuire l'apertura della gola, e quindi all'irrigidimento.
Col repertorio moderno, e con la necessità che ha il cantante di non rimanere esclusivamente limitato al proprio repertorio - che nei giovani è di solito il leggero lirico - bisogna essere maggiormente guardinghi e quasi lievemente esagerare nel tenere alti i suoni.
A me è sempre stato detto che la mia mezza voce è dolce, vellutata e bellissima, mentre certi suoni del famoso passaggio, nella piena voce, vengono un po' nasali o caprini.
Credo di poter spiegare il fatto in questa maniera: la mezza voce ha una estensione limitata e si usa nelle frasi dolci; è naturale che questa voce, ben usata, sia quindi carezzevole e commovente, perché non richiede sforzo né raggiunge le note acute. Ma per chi, al pari di me, ha dovuto fino dai primi teatri, affrontare opere come "Pagliacci", "Cavalleria", "Isabeau", "Gioconda" ecc., la cosa si faceva assai difficile.
Io ho costantemente avuto la cura di tenere leggero il centro e di appoggiarlo ALLA MASCHERA per avere limpidi, facili e squillanti gli acuti; con gli anni, e con l'esercizio, la voce, a poco a poco, ha fatto centro, volume e colore sempre più maschi.
Ora si deve considerare che le famose note di passaggio "mi bemolle, fa, fa diesis", sono il centro, il perno della voce, e le note sulle quali maggiormente si canta, e che costituiscono la base per gli acuti. Se queste non sono bene appoggiate alla maschera da un lato e dall'altro sul fiato, avviene che non si può cantare bene, perché occorre sempre pressarle, né mai si può addolcirle e finirle, né dare quindi loro i diversi colori necessari; né si può salire facilmente agli acuti, che divengono strozzati e fanno vibrare il collo e il corpo del cantante, il quale crede di avere fatto una grande nota, mentre questa non passa l'orchestra.
Per questo insieme di considerazioni e pensando sempre all'avvenire, e a cantare un po' col capitale, e un po' coi frutti, io ho constatato il pieno sviluppo del mio organo verso i quindici anni di carriera.»

Ho spiegato il sistema da me usato per raggiungere felicemente lo scopo. E poiché le idee dei maestri e dei cantanti non sono precise, anzi spesso controverse, così credo opportuno esprimere su questo punto capitale il mio pensiero.
Un vecchio motto delle scuole di canto diceva: "Chi ben chiude, ben apre", mentre i maestri più valenti mettevano sempre in guardia gli allievi dai suoni troppo aperti.
Che cosa dunque significa questo "aprire" e "chiudere" i "suoni"?
Secondo me la nomenclatura di "aperto" e "chiuso" non è appropriata, e ingenera nella mente dello studente una grave confusione.
Si dovrebbe invece dire "appoggiato IN MASCHERA", in luogo di "chiuso", e "abbandonato", in luogo di "aperto". (...)
La nomenclatura "chiuso" e "aperto" fa si che l'allievo sovente è tratto in inganno; perché quando al MI egli sento quel famoso quid di differente dalle note precedenti, può accadere che, invece di appoggiare più ALLA MASCHERA in maniera che automaticamente il suono si raccolga e arrotondi di per se stesso, lo chiuda, irrigidendo i muscoli del collo e quindi strozzando la gola: in tal modo il FA e il FA DIESIS diventano scuri come il SOL, baritoneggianti, mentre nella colonna vocale (che ha l'appoggio sul diaframma a mezzo del fiato, e l'altro polo di corrispondenza vibrante nella MASCHERA facciale) avviene una strozzatura in corrispondenza della parte posteriore del faringe. È facile comprendere come detta strozzatura dia una forte fatica alle corde vocali; impedisca la libera e facile emissione del suono, e permetta di cantare malamente solo con la gioventù e la forza.
Il cantante diventa rosso, quasi cianotico e salta senza nessuna gradazione dalle note di passaggio alle note così dette chiuse (raccolte al massimo) del registro acuto.

Cito degli esempi a meglio chiarire il mio dire. Prendete il disco "La furtiva lagrima" di Caruso: i FA sono a gola ampia, ma bene appoggiati ALLA MASCHERA, sì da permettere il passaggio all'acuto largo e bello, là dove dice "m'ama sì m'ama".
Gigli e Schipa hanno pure dischi con un magnifico passaggio nel FA DIESIS, mentre il FA è ampio, arrotondato e appoggiato.
Il FA, può in qualche caso essere emesso raccolto quasi a dare la vera del chiuso, in qualche caso cioè di nota terminale.
Esempio chiaro il mio disco "Ah! si ben mio" del Trovatore, là dove dice "dal ferro ostil trafitto, fra quegli ecc." l'ultima sillaba del "trafitto" è un FA DIESIS ch'io rendo completamente raccolto e chiuso perché finiscano la frase con mezza voce.

E così in molte frasi speciali di mezza voce il FA è molto raccolto e scuro. Mentre il FA di piena voce sia nei brani di continuate note di passaggio, come in quello precedente l'acuto, ha il colore e l'appoggio della nota DI MASCHERA sopra illustrata: poiché chiudendo e raccogliendo eccessivamente i suoni di passaggio a guisa degli acuti, la gola subisce una strozzatura, impedendo l'emissione facile e spontanea dell'acuto susseguente.
Il nome stesso di "note di passaggio" indica la loro posizione e la loro funzione»

<<Non forzare mai eccessivamente né nei recitativi né nel canto.
O la voce viene libera alla MASCHERA, e allora, anche se piccola, si espande, ed è sempre sensibile; o la voce non arriva libera dalle pressioni dei muscoli del collo alla maschera, ed allora è inutile forzare. Anzi più si forza, più i muscoli del collo, della faccia e del torace si irrigidiscono e impediscono al suono di espandersi, mentre esso si intuba, si gonfia e non passa l'orchestra.>>

(da: Domenico Silvestrini - "Aureliano Pertile e il suo metodo di canto" - Bologna, Aldina Editrice 1932, pagine 199)

[Per approfondire maggiormente il metodo di Pertile rimandiamo ad articolo appositamente "Aureliano Pertile e la verità della maschera" ]

6 - TITTA RUFFO, baritono:
«(...) credo che uno studente di canto, dopo aver ben piantata la voce nelle fondamenta – cioè dai suoni più gravi fino alle estreme note alte, sempre composta, libera, appoggiata, riunita tutta AL DI SOPRA DEL PALATO, senza contrazioni muscolari (...) possa con l'esercizio riuscir a formare tutti i colori di una tavolozza sonora, ed esprimere così tutti quanti i moti dell'anima in tutte le loro tinte e i chiaroscuri. Certo non è cosa né facile né breve. A perfezionare la voce umana, diceva giustamente uno de' più geniali e dotti artisti, Antonio Cotogni, occorrerebbero due vite: una per studiare, l'altra per cantare.»

(da: Titta Ruffo - "La mia parabola" - Fratelli Treves Editori, 1937)

7 - GIUSEPPE DE LUCA, baritono:
L'emissione vera e propria della voce richiede sicurezza nel posizionamento, nella risonanza e nel suo controllo. (...)
Il posizionamento della voce, basato sempre su un colore naturale e non solamente sull'estensione, significa l'impostazione sicura del suono, focalizzando il fiato in modo tale che l'aria vada direttamente nel centro di ogni suono, senza che si sbianchi o si disperda. Include inoltre l'importante questione di cantare sempre davanti alla bocca, contro il palato–mai in gola.
In questo il cantante dovrebbe essere sotto la costante guida di un insegnante che possa aiutarlo ad accertarsi che egli canti con un corretto posizionamento della voce. (...)
La risonanza deve essere avanti, "in MASCHERA". Un buon modo per esercitarsi nella ricerca della corretta risonanza è di iniziare ciascun suono cantando a bocca chiusa, con le labbra serrate. Una buona risonanza produce un'intensa vibrazione delle labbra, che stimola. Quando si sperimenta questa sensazione, disserrate le labbra e, senza interruzione o cambiamento nel fiato, continuate a cantare su una O piccola–un suono che sia una via di mezzo tra A ed O. Ciò copre il suono. La A da sola può tendere a mandare il suono indietro o sbiancarlo. (...)
Cantate–non urlate. Urlare, o spingere, rovina la voce. Mai, "mai" forzare la voce–neanche per un solo momento.

(da: "Good Singing takes time" by Giuseppe De Luca, as told to Rose Heylbut, in "Etude - the music magazine", November 1950)

8 - CESARE SIEPI, basso:
«(...) è mia opinione che il suono vocale attraversi tre stadi. Nasce nelle corde vocali, aiutato dal diaframma, e prodotto (quanto a colore e qualità) nelle cavità di risonanza della faccia – nella "MASCHERA". (...)
Ecco un esercizio che trovo utile. Su un fiato profondo, si cantino tutte e cinque le vocali lunghe (A, E, I, O, U), in modo tale che risultino tutte di egual durata e intensità, ma tenendo un po' più prolungata l'ultima (U) e facendola terminare su un marcato "diminuendo". Si ripeta quest'esercizio nell'arco di un'ottava–non per tutta l'estensione della voce. (...)
Nel lavorare a una buona risonanza, si mantenga il suono in "maschera" (le cavità nasali frontali). Provate a sentirlo vibrare in quel punto. Cantate verso gli occhi! La risonanza viene anche aiutata nell'esercitarsi molto con il legato. Provate a cantare come un violoncello. (...)»

(da : "Forget about your throat" from a conference with Cesare Siepi secured by Myles Fellowes, in "Etude - The Music Magazine", June 1952)

9 - EZIO PINZA, basso:
«Una volta appurato che la voce c'è, questa dev'essere formata e mantenuta in forma. Quando la voce viene correttamente posizionata (bene "avanti", in MASCHERA), spetta poi al cantante stesso usarla in modo intelligente, secondo principi vocali corretti. Queste leggi noi le chiamiamo: 'il sistema del Bel Canto'. Comprendono una corretta respirazione, un adeguato sostegno del fiato e un'appropriata risonanza. E queste cose devono essere apprese. Anche quando venissero naturali, devono comunque essere rafforzate dal tipo di studio cosciente che fa sì che siano usate, in qualsiasi circostanza, come una seconda natura.
Solo la voce ben posizionata e "ben istruita" può cantare liberamente in tutte le lingue.»

(da : "Ability and Training" - from an interview with Ezio Pinza secured by Stephen West, in "Etude - The Music Magazine", February 1953)

10 - FEDORA BARBIERI, mezzosoprano:
Dopo una buona respirazione, l'elemento successivo più importante nella tecnica italiana di canto è l'emissione di questo fiato come suono vocalizzato. (...)
Vocalizzando, mettete delicatamente la mano sulla gola; se sentite la minima tensione, qualcosa non va con il vostro metodo d'emissione del suono. Sia che si cantino suoni acuti o gravi, sonori o delicati, la gola ed il collo devono sempre essere percepiti rilassati come se non si avessero per niente i muscoli! Questo tipo d'emissione dona al suono dolcezza di colore ed evita la durezza. (...)
Un buon esercizio è quello di cantare i cinque suoni vocalici–A, E, I, O, U–su un solo fiato, tenendo la gola esattamente nella medesima posizione, e modificando solamente la posizione della bocca, tanto quanto è necessario, con le labbra, per distinguere con chiarezza le vocali.
Questo tipo di canto proietta il suono in MASCHERA, e questa è l'unica collocazione corretta per una buona risonanza.
La cavità di risonanza ha la stessa relazione con la voce che ha la cassa armonica del violino con il suono del violino. Tutti i suoni devono essere inviati fuori, dalla parte anteriore della MASCHERA. Questo tipo di suono risulta puro, naturale, libero e vi consente di non forzare mai.

(da: "Is there an 'Italian' Method?", from an interview with Fedora Barbieri secured by Myles Fellowes, in "Etude - The music magazine", October 1954)

11 - BENIAMINO GIGLI, tenore:

"(Gigli accenna cantando): «Senza cambiare nulla io canto sempre lì» !!! (...) ora la dizione nostra è chiara, è semplice, è così, AVANTI e come la voce nostra noi portiamo sempre, è vero, questa voce, sempre la voce AVANTI"

(Masterclass di Beniamino Gigli a Vienna nel 1955)


<<(...) bisogna saper usare bene la giusta tecnica di emissione assieme alla respirazione diaframmatica, cantando sul fiato e sulla parola, appoggiando in MASCHERA senza usare suoni gutturali e nasali.>>

Dalle testimonianze di Michelangelo Verso
( www.michelangeloverso.com - http://mottitecnicavocale.blogspot.com/2014/10/il-capitale-vocale-di-beniamino-gigli.html )


12 - GIACOMO LAURI-VOLPI, tenore: 

<<Osservo me stesso e contemplo il mistero di questa voce divenuta così spontanea e sicura, laddove, giovine, trovava difficoltà e commetteva errori di colore d’intonazione e di emissione. (…) la voce ha trovato riposo, risparmio e sicurezza nella volta “palatina”. La nota, spinta dal soffio, si adagia, per così dire, nella cavità orale superiore, dietro gli incisivi e, con l’aiuto delle labbra, si estroflette nello spazio, modulando, con l’articolazione libera, le vocali. In tal modo ingolamento e intasamento del suono vengono evitati, e lo sforzo, bandito. Similmente, la respirazione non soffre fatica e l’intonazione alcuna offesa, per dar modo al canto di spiegarsi in ampiezza solenne e sonorità genuina. Grazie all’acquisita certezza, la voce è divenuta più lucente e robusta, nonostante il trascorrere del tempo (…) Il mio pensiero ha lavorato, e finalmente, ha trovato il punto di percussione giusto, indefettibile, che non altera il timbro né ingrossa il suono. Or, dico, comprendo praticamente l’assioma rossiniano: “Diffondere il suono con l’aiuto del palato, trasmettitore per antonomasia delle belle sonorità”. (…) Col tempo, la voce tende alla gravità (…) Ma il volume, come l’obesità corporea, è la morte prematura dei suoni. Detestando, per principio, il volume, ho salvato il timbro e il fiato. Il volume guasta il mantice.>>

(da: G. Lauri Volpi - “A viso aperto”, Corbaccio, dall’Oglio editore, 1953, pagina 333 : Diario, 11 aprile 1950) 

 

 

«La "mascherazione", con la conquista degli armonici nei seni frontali, non fa gravare la colonna d'aria sul petto e sull'addome, ma la proietta contro le cavità cervicali, facendo risparmiare preziosa energia vocale, difficilmente recuperabile se non con il metodo razionale, integrato dal metodo intuitivo.»

(in: Giacomo Lauri Volpi - "VOCI PARALLELE", 1955)

 

«(...) il corpo sonoro è l' "aria respirata". Suono è "vibrazione"; risonanza è "timbro". Vibrazione e timbro si fanno sensibili e visibili grazie alla propagazione delle onde in virtù del soffio. Un suono laringeo abbandonato a se stesso non ha fisionomia propria. Diventa voce e figura e individualità per opera delle risonanze, soprattutto cervicali. Infatti la MASCHERA facciale corrisponde al timbro e il timbro alla maschera. Un timbro chiaro, schietto, armonioso è proprio di chi sa ben respirare e modulare gli armonici (...)
Il rapporto immediato di pressione della colonna aerea, stabilito tra diaframma e cavità cervicali, è condizione assoluta della virtuosità della precisione e del nitore dei suoni attaccati. Le note rimbalzano sulla MASCHERA a simiglianza dei chicchi di grandine sopra una vetrata. Se le pareti della faringe si contraessero con rigidezza o in modo disordinato, le note perderebbero coerenza, intonazione e grazia. Per MASCHERA non è da intendersi la cavità nasale soltanto. E la risonanza nasale non va identificata col suono nasale. Il quale è suono difettoso, come il suono ingolato e boccale. (...) Tutti rispondono a flessioni errate della colonna sonora e difettano di purezza, di regolarità periodica, di libertà, di varietà, di nobiltà. Queste emissioni rifuggono da una logica armonia dei suoni e dalle giuste e pure risonanze degli armonici.
Chi canta è al centro delle onde sonore. Precipuo suo scopo è di conquistare e superare lo spazio che lo separa dall'uditorio. Egli lotta per vincere con la minor fatica possibile questa distanza, sviluppando i suoni secondo un punto d'appoggio conveniente. (...) Più il suono è giusto e nitido, più la parola risplende in esso come in una custodia di cristallo.»

[da: Giacomo Lauri-Volpi - "Misteri della voce umana", 1957]

«Si prenda, poniamo, la vocale A pronunciata naturalmente, immune da intenzioni tecniche. Questa vocale risuona aperta, talvolta sfacciata, con un colore di bocca. Non importa. Questo suono, a patto che non sia gutturale o nasale, potrà sempre raddrizzarsi dal piano orizzontale di natura. Per ottenere l'A estetica, tecnica, artistica, sarà sufficiente illuminare la mente con l'idea della "verticalità" del suono. L'A naturale diventerà un'A sonora, musicale, rotonda con il solo dirigere la colonna d'aria vibrante contro le cavità cervicali, anziché abbassare, flettere i raggi sonori sul "piano radente" della cavità orale. L'arte è natura con l'aggiunta dell'intenzione, cioè della mente intuitiva che ha visione diretta della realtà. Arte e natura si integrano nella Grazia.
L'arte non fa che correggere, raddrizzare la natura perfezionandola. Non è "anti-natura", ma "con-natura": integrazione della natura.»

[da: Giacomo Lauri-Volpi - "Misteri della voce umana", 1957]

«S'è detto che il "suono", cantando, si genera nella laringe; ma la "voce", ch'è il risultato delle varie parti dello strumento musicale vivente, acquista netta fisionomia timbrica in virtù delle cavità superiori del tubo risonatore. (...)
Corpo "vibratore" e "risonatore" si estendono dal collo alla base cranica. Producendosi la parola cantata o parlata, risuonano "per simpatia" le cavità inferiori. (...) Ed è ormai acquisito che il cantore, ove si crei l'impressione che l'organo della voce sia situato tra la fronte e le labbra e che, articolando la bocca, sperimenti la facoltà di plasmare la forma sonora col solo flusso aereo che mette in movimento il complesso delle vibrazioni entro le cavità cervicali di risonanza, sviluppa facilità e naturalezza di sonorità nel suo canto.»

[da: Giacomo Lauri-Volpi - "Misteri della voce umana", 1957]

«(...) IL SEGRETO DEL CANTO E' TUTTO NELLA SCOPERTA DEL PUNTO GIUSTO DI RISONANZA.
(...) Il "punto d'appoggio", in genere, è la stessa cosa che il "punto d'attacco". (...) approssimativamente, si può asserire ch'esso corrisponda a un punto situato tra la radice della fronte, ove s'inserisce il setto nasale, e il margine delle fosse nasali. In tale regione vanno proiettati i raggi sonori provenienti dalla glottide, a patto che non se ne generi un suono "nasale", sempre sgradevole quanto il suono gutturale e ventriloquo. Un esperimento semplice può rassicurare l'allievo. Basta stringere con due dita le pinne nasali durante la produzione del suono. Se questo si interrompe, il suono è nasale; se, invece, non v'è soluzione di continuità nell'emissione fonetica, il suono resta tipicamente cervicale, ampio e timbrato, dovuto all'aiuto e alla pastosità delle risonanze superiori e all'appoggio diaframmatico della colonna d'aria. Nell'attacco si deve provare la sensazione di un "colpo facciale interno", in corrispondenza della radice della fronte, all'inizio dell'atto volitivo espiratorio. Il <<picchiettato>> del soprano leggero dà un'idea di questo picchiare della prima nota emessa sulla campana della cavità palatina, che fonde la voce laringea e la voce melodica, associando in modo simultaneo le vibrazioni cordali ed aeree. Se non si conquista la massima libertà di propagazione delle onde, il suono si spezza. Il suono "a campana" provoca, appunto, l'armoniosa risonanza che richiama alla mente quella prodotta da un martello sulle pareti di una campana. Quelle pareti non presenteranno incrinature né contatti, e l'aria interposta, fra martello e parete, occuperà uno spazio libero. Il colpo, di sotto in su, è dato dall'aria, nell'atto espiratorio, dalla contrazione del diaframma. Tra diaframma e volta palatina si determina così una elastica pressione aerea che dà il senso del mutuo appoggio fra gli estremi. L'elasticità di pressione, stabilito "l'appoggio" o "contatto", determina l'adeguata uniformità e periodicità delle vibrazioni laringee e la graduale intensità dell'espirazione. Se quell'appoggio, quel colpo, quel contatto non avviene, il diaframma scatta a vuoto - come un pugile che, invece di colpire il bersaglio, assesti pugni all'aria, rischiando di slogarsi il braccio - e la voce laringea non trova la diritta via delle risonanze. La voce, a lungo andare, si smarrisce, falseggia e si perde. (...) Ma il punto giusto di risonanza è oggetto individualissimo  (...)
La causa materiale è l'aria; il fine è il suono, che si moltiplica in risonanza per tonali influenze. Trovato il centro delle risonanze, ch'è il "foco" di risonanza, si solleva un mondo d'armonia, il quale entra in accordo col centro melodico universale. (...) Assicurato il punto d'attacco e di contatto, la voce sonora è in grado di superare il "passaggio" fra le note medie e superiori: passaggio ch'è il terrore di tutte le voci e che, scovato, costituisce la "saldatura" della compagine vocale. Ed è chiara l'idea del superamento dell'estrema zona intermedia, poiché, in vista di quel passaggio, la voce è preparata al salto fin dall'attacco delle note inferiori che vengono collocate, "intenzionalmente", oltre la volta palatina dentro le cavità facciali. Talché la saldatura avviene automaticamente ed il flusso dell'aria, per qualunque nota, è fatto passare per quella cavità. A misura che si sale nella tessitura, salgono le risonanze superiori fino a far vibrare il complesso dei cavi cervicali nella estrema regione acuta della voce cantata. In sostanza - e ciò è fondamentale - qualunque nota, a qualunque regione appartenga, va collocata in corrispondenza dei seni frontali in modo che, per "simpatia", partecipino alle risonanze anche le cavità etmoidali sfenoidali mascellari nasali. Collocata la prima nota le altre seguiranno sul filo del soffio che produce le meraviglie del "cantar legato" e del "legar cantando". Una sola nota che devii da quel "curriculum" sbanda le ulteriori. E la frase musicale apparirà come un tessuto scucito.»

[da: Giacomo Lauri-Volpi - "Misteri della voce umana", 1957] 

La vocalità cantata risiede esclusivamente nelle vocali, essendo le consonanti null'altro che "con-suoni" e "con-sonanze", ovvero entità fonetiche che acquistano espressione musicale per associazione. (...) La nota vibrante intorno la vocale, aspirando allo spazio libero per desiderio d'armonia nell'orgia molecolare atmosferica, crea la sua "sfericità", situandosi sul vertice del soffio, a sommo della sostanza biologica ed espressiva del cantore. (...)
La 'A sferica' contiene in sé tutte le vocali, a immagine della luce bianca, contenente tutti i colori.

Il diaframma è (...) alla base del fenomeno canoro, premendo esso gradatamente sul soffio e stabilendo con i seni frontali quel rapporto di elastica e continua pressione – esente da contrazioni faringee – agli estremi delle colonna d'aria. (...)
Nell'espirazione, attaccando il suono sulle cavità facciali, il deflusso dell'aria sonora batte sulla cavità nasali. Il ritmo dei due atti completerà il ciclo, in modo che l'aria inspirata sarà proporzionale all'aria espirata. La quale solo in piccola parte si trasforma in suono, mentre gran parte di essa propagherà le onde sonore nelle cavità risonanti e, rafforzata dall'aria in queste contenuta, si diffonderà nello spazio vibrante per raggiungere con la massima efficacia il senso uditivo degli ascoltatori. Dal respiro ritmico e regolare e dalle risonanze provocate con arte si genera la voce sana, ferma sicura e schietta, e di lunga gittata: la voce sferica alla sommità del soffio (...)
La voce laringea, dunque, non avrebbe forza di proiettarsi ed espandersi all'esterno, senza il concorso delle cavità di risonanza. Il che è come dire che la voce resterebbe in gran parte schiacciata e repressa nello spazio sottostante alla cavità faringea e perderebbe la forza della parola parlata e cantata. La risonanza libera il suono dalla glottide e lo trasporta nella vastità del mondo circostante per affermare la sua individualità e comunicare con gli esseri e le cose.

Esiste una "logica" dei suoni. Emesso il primo suono di una frase musicale, si è costituita la base per cui i consecutivi si associano, si succedono, si collegano sul tessuto dell'aria che li alimenta. La prima nota, in virtù di un'emissione leggera e di lunga portata, dà l'andamento alle altre e la respirazione non perde energia. Ogni suono produce il successivo, lo implica, lo suppone, come il seme la futura pianta, nella forma e nel contenuto iniziale. (...)
Il rapporto immediato di pressione della colonna aerea, stabilito tra diaframma e cavità cervicali, è condizione assoluta della virtuosità della precisione del nitore dei suoni attaccati. Le note rimbalzano sulla MASCHERA a simiglianza dei chicchi di grandine sopra una vetrata. Se le pareti della faringe si contraessero con rigidezza o in modo disordinato, le note perderebbero coerenza, intonazione e grazia. Per maschera non è da intendersi la cavità nasale soltanto. E la risonanza nasale non va identificata col suono nasale. Il quale è suono difettoso, come il suono ingolato o boccale. Il "suono nasale" è salmodiante, monotono, caprino; il "suono ingolato" è legnoso, opaco, stretto; il "suono di bocca" è sguaiato, schiacciato, volgare. Tutti rispondono a flessioni errate della colonna sonora e difettano di purezza, di regolarità periodica, di libertà, di varietà, di nobiltà. Queste emissioni rifuggono da una logica armonia dei suoni e dalle giuste e pure risonanze degli armonici.

Il suono della "voce ordinaria" appartiene al corpo fisico dell'uomo, al suo subcosciente, ed è semplice vibrazione automatica. La "voce tecnica", che nasce dall'analisi per processo basato sulla natura razionale, forma lo strumento vocale. (...)
E' il cantore maestro che, per la irradiazione del suo essere nel suono, scopre l'incanto dell'ora furtiva, privilegiata.

(da: G. Lauri-Volpi - "Misteri della voce umana", 1957)

«...io ho pensato sempre che la respirazione è diaframmatico-costale, perché noi abbiamo due casse armoniche, questa e questa, ma se noi ci limitiamo solamente alla cassa toracica e dimentichiamo la cassa cranica non troviamo gli armonici, è come un pianoforte, se non si mette il pedale quel cassone lì a che serve...» (da un'intervista di Celletti e Gualerzi a Lauri-Volpi effettuata nel 1976 presso il Teatro di Busseto)

«È grave errore non "cantare sul soffio" e non dirigere la corrente sonora ai seni frontali.»

[ da: Giacomo Lauri-Volpi - "Voci parallele" - Bongiovanni Editore, Bologna, terza edizione, 1977 (pagina 197) ]

13 - GALLIANO MASINI, tenore:
«Il do di petto non è mai esistito. È un suono che va portato IN MASCHERA e appoggiato sul fiato. Ѐ di testa (...)»

(da un'intervista effettuata a Livorno al celebre tenore Galliano Masini ottantenne il 6 dicembre 1976) 


14 - Soprano MARIA CALLAS:
«(...) la de Hidalgo mi aveva insegnato che per quanto pesante sia una parte, bisogna mantenere la voce leggera, mai forzata, agile come il corpo di un atleta...Questa leggerezza che cercavo non era solo una parte della scuola di bel canto che la Hidalgo mi insegnava: era una parte della sua filosofia, secondo la quale la voce deve essere messa in una zona dove non è troppo grande nel volume, ma tuttavia PENETRANTE. Questo metodo rende anche più facile affrontare tutti gli abbellimenti del bel canto, un linguaggio assai vasto di per sé.»

(da: MARIA CALLAS - LEZIONI DI CANTO alla Juilliard School of Music - John Ardoin - Longanesi, Milano, 1988)

15 - NICOLAI GEDDA, tenore:
"Noi tenori abbiamo quelle difficili note nel passaggio−Fa diesis, SOL−che va superato."
"Come tenore, per la posizione nella gola attorno a FA diesis e SOL, si deve pensare di sbadigliare ancor più. La AH dovrebbe essere coperta. Mi è stato insegnato di pensare più a una OH. Non può essere una AH aperta, come nel registro inferiore."
"Il suono dev'essere il più avanti possibile...non nasale...ma proprio IN MASCHERA."

(tratto da una intervista al tenore Nicolai Gedda condotta dal basso Jerome Hines, riportata in: J.Hines - "Great Singers on Great Singing", Doubleday, 1982)

16 - LICIA ALBANESE, soprano:
 - "Cosa mi può dire della tecnica che impiega?"
- "(...) Alzo il palato e apro la gola... specialmente per gli acuti. Quando si cantano gli acuti, si deve aprire la bocca e la gola e anche aprire di più la mandibola." (...)
- "Ed ora, mi dica, che ne pensa del posizionamento vocale?"
- "(...) Viene dal fiato... il suono è sul fiato. Il fiato esce con le parole ed è il sostegno delle frasi. Se si abbassa il fiato, crolla la frase. Tutto viene controllato dal fiato. Il suono dev'essere alto. Non si lasci calare il fiato a dispetto dell'altezza del suono. Se il tono scende si deve mantenere la medesima qualità di suono rotondo ed alto. Intendo qui", disse, indicando l'area immascherata degli zigomi, "ma il suono dovrebbe uscire...attraverso la MASCHERA...brillante e vivo. (...)                                                    Tutto in MASCHERA...rotondo...bello...facendo attenzione alla bellezza." (...)
- "Quale ritiene sia la funzione della lingua nel canto?"
- "Il grande baritono De Luca mi disse una volta, 'La lingua dell'artista è l'antenna.' Io penso, se la qualità è bella, si lasci in pace la lingua. Se si preme un cucchiaio sulla lingua, o si preme la lingua contro i denti, come si può cantare? È possibile regolare la propria qualità. Si canta con espressione, amore, calore, e la voce diventa più bella. Se il suono è giusto, non si tocchi la lingua." (...)
- "Cosa mi può dire in merito ad un qualsiasi 'passaggio' superiore nel quale ci si possa imbattere, diciamo, intorno al secondo MI e FA sopra al DO centrale?" domandai. "Come lo si può affrontare risolvendolo?"
- "La 'MASCHERA' aiuta moltissimo nel superare il 'passaggio'. Non si dovrebbe muovere troppo [nella gola] sorpassando il 'passaggio'. Si usi molto legato tra le note...non si consenta alla gola di cambiare troppo. Si mantenga la posizione [in gola]."

(tratto da una intervista al soprano Licia Albanese condotta dal basso Jerome Hines, riportata in: J.Hines - "Great Singers on Great Singing", Doubleday, 1982)


17 - ANNA MOFFO, soprano:
- "Che ne pensa del posizionamento del suono vocale?" domandai.
- "Si canta I, E, A, O, U, per me sono tutte nella stessa posizione."
- "Qual è questa posizione della quale parla?"
- "La posizione che intendo è il suono più AVANTI, 'a fuoco', completo di armoniche superiori." (...)
- "Lei parla della sensazione di un ronzio vibrante nella MASCHERA?" proferii.
- "Sì. Su certi acuti mi viene persino un inizio di passeggero mal di testa. Si capisce...quando una nota non è perfettamente proiettata è indietro. Sono cresciuta con il termine inglese 'throaty'...'ingolato'. 'Ingolato', per me, è una sorta di suono indietro, produce quel che ci si aspetta possa essere un'immensa voce scura, ma che invece non possiede un suono particolarmente vitale. Non ha armonici."
- "Sta descrivendo un suono piuttosto 'soffiato', 'arioso'," dissi.
- "Ritengo che nessun cantante possa privarsi d'aria inutilizzata," rispose. "Se si sente solo la più piccola quantità d'aria fuoriuscire senza venire utilizzata, questa non è certo la cosa migliore che si possa fare. Non possiede 'risonanza metallica', o 'squillo'...focalizzazione...punta."

(tratto da una intervista al soprano Anna Moffo condotta dal basso Jerome Hines, riportata in: J.Hines - "Great Singers on Great Singing", Doubleday, 1982)


18 - Tenore FRANCO CORELLI:
- Che ne pensi del posizionamento e della proiezione della voce? Alcuni sono contrari all'idea di posizionare la voce in avanti, o di proiettarla infuori davanti a sé.

«Questo è sbagliato. Siamo costruiti in modo che vi sia una curva... e questa è la traiettoria del fiato. (...) se si forma un suono prodotto solo nella bocca, ne esce una strana voce. È un suono aperto, che si disperde, senza controllo. Ma se si pensa di inviare la voce in alto nella testa [la MASCHERA], la voce esce fuori rotonda e concentrata "a fuoco", il colore è più dolce, più simpatico. Perciò significa che questa parte qui [la MASCHERA] aiuta a proteggere la voce.
Le vibrazioni che si propagano nelle guance, nelle fauci, nelle orbite oculari, nelle parti frontali della testa, servono magari a dare bellezza alla voce, a dare una traiettoria più facile al fiato.»

 - "Dov'è, più precisamente, questa zona nella MASCHERA, verso la quale si va a dirigere la voce?"

«Dipende dalla propria anatomia, poiché c'è chi ha gli zigomi alti... Una persona la mette qui, un'altra la mette là, e nessuno dei due ha la stessa zona. Alcuni dicono, "Più si apre la bocca e più si sentirà la voce." Che non è necessariamente così! C'è chi cantando con una piccola apertura della bocca può proiettare altrettanto facilmente un grande suono. Comunque, la cosa importante è che, se si "percepisce" la voce che batte nella MASCHERA, significa che la voce e la gola sono libere. Perché quando la gola è libera, e si permette al fiato di passare con tranquillità, e le corde sono in salute, solo allora la voce batte nella MASCHERA

(tratto da una intervista al tenore Franco Corelli condotta dal basso Jerome Hines, riportata in: J.Hines - "Great Singers on Great Singing", Doubleday, 1982)


19 - Soprano ROSA PONSELLE :
- "Cosa ne pensa del posizionamento?"
«Si usa la MASCHERA... AVANTI,» ella rispose. «Si ha la sensazione che la faccia stia per staccarsi.»
- "Per le vibrazioni?"
«Sì.»
- "Lei usava la voce di petto?"
«Solo quando necessario, ma sempre IN MASCHERA

(tratto da una intervista al soprano Rosa Ponselle condotta dal basso Jerome Hines, riportata in: J.Hines - "Great Singers on Great Singing", Doubleday, 1982)


20 - Soprano EVA TURNER:
- Beh, se non abbiamo voci che siano paragonabili a quelle di un tempo, è ottimista sul futuro dell'opera?

Sig.ra Eva: «Non dico che non siano paragonabili. Non credo che operino il coordinamento della qualità e della brillantezza per la proiezione; non nel medesimo modo. Non penso che i giovani cantanti spendano abbastanza tempo per acquisire una tecnica vocale di base. Devo dirLe, il cantante, egli o ella che sia, è una categoria differente in mezzo alla musica applicata, perché il proprio strumento non è visibile. Lo devono persuadere dalle energie subconscie e dar vita a ciò che chiamiamo "L'IMPOSTAZIONE DAVANTI", cioè un posizionamento della voce avanti.»

(da un'intervista al soprano Eva Turner realizzata telefonicamente da Bruce Duffie il 30 aprile 1986)

                                                                                                                                                                     21 - BIRGIT NILSSON, soprano:

"PIU' LEGGERO, PIU' AVANTI, PIU' NELLA "MASCHERA", TROPPA GOLA"

22 - Tenore CARLO BERGONZI:
«(...) la voce deve essere sempre coperta e tirata SULLA MASCHERA ricorrendo al fiato, altrimenti il suono non gira. (...)
il canto, quando la voce è a posto, è un divertimento. Non è una fatica! E’ una fatica quando si canta indietro.»

(da un incontro con Carlo Bergonzi - Parma, Casa della Musica, 11 ottobre 2008)

23 - Tenore UGO BENELLI:

- Che cos'è per te il cosiddetto "suono in maschera"?

«Mah, io ti dico che Bruscantini, che faceva vocalizzi con Kraus, e io che studiavo spesso con Bruscantini, perché cantavo spesso con lui, diceva: "Intanto il primo passo è mettere la voce nella "Gnagnera", diciamo lì, anche se sa un po' di naso, non importa, basta che sia IN AVANTI." Perché le gallerie non si scavano tutte assieme, ora sì, si chiama "talpa", ma una volta... la galleria si scava piano piano, l'importante è andare avanti in questa galleria, capisci... e Sesto mi ricordo mi diceva, dopo il primo passo dei suoni (fa, cantando, "E") in avanti: "E adesso però arrotonda il suono! Adesso che stai scavandoli, adesso falla bella la galleria, dagli una forma rotonda a questa galleria, fai un bel suono".»

(da una Intervista al Tenore Ugo Benelli, realizzata dal Soprano Astrea Amaduzzi il 25 gennaio 2015)

                                                                                                                                            24 - VIRGINIA ZEANI, soprano:
<<Da un punto di vista tecnico, ecco quel che io chiamo il mio sistema di canto: in italiano diciamo "raccogliere i suoni". Ciò significa che si devono raccogliere le vibrazioni, i "suoni", in un punto, la MASCHERA, che consente alla voce d'essere brillante quanto più possibile con il minor sforzo possibile, e di sostenere tali vibrazioni con il diaframma. Se si raccolgono queste vibrazioni in quel punto, non ci si stancherà mai, rispetto a quanto accade cantando con un suono largo, aperto o voluminoso, come, sfortunatamente, sentiamo fare moltissimo oggi. Poi si devono trasmettere delle emozioni con quei suoni, dar loro il colore e trovare l'intenzione del compositore. Inoltre, ogni voce dev'essere in grado di fare tutto, dal cantare la coloratura al far vibrare i suoni in milioni di colori e trovare un modo per farlo con facilità, altrimenti ci si affaticherà tremendamente. Lo stratagemma è trovare ciò per cui si è davvero bravi ed usarlo a proprio vantaggio, mentre si lavora su ciò che necessita d'essere migliorato.
Il "bel canto" è veramente, in fondo, un modo per far sentire ogni singola persona nel teatro dell'opera, incluso te stesso, una delle cose più belle che vi siano al mondo.>>

(da una intervista di Olivier Bergeron al soprano Virginia Zeani del 7 settembre 2015 apparsa su Schmopera.com)


 

Conclusione: per i pochi che sono critici in merito all'uso del termine "maschera" ed altri usati nel passato, la terminologia all'epoca veniva impiegata solo se insieme c'era l'esempio diretto di questi mostri sacri della lirica, non dissociata dall'esempio vocale. E Pertile ha anche insegnato a Milano, dopo la carriera, quindi di esempi ne avrà dati parecchi. Nessuno ha mai pensato all'epoca di usare questa terminologia in modo teorico, cioè dalla lettura alla pratica, questo non era concepibile, perciò il rischio non c'è: la "maschera" va trovata e su ogni suono dell'intera estensione, gradualmente. Ci vuole tempo assieme all'insegnante che dev'essere però davvero valido sia come cantante che come docente: solo così ha senso la terminologia gergale impiegata in passato, ma che va benissimo se accoppiata al giusto esempio vocale anche oggi. 

La corretta tecnica di emissione è quella dei bravi cantanti lirici, indipendentemente che siano di ieri o di oggi, se la voce non è proiettata come accade in molti cantanti odierni che infatti usano il microport anche in teatro non è una voce lirica vera; diversamente una voce come quella di Pertile non bellissima, rispetto alla bella voce per esempio di un Gigli, era però perfettamente proiettata; anche la voce di Volpi era magari meno bella (di sicuro, poco fonogenica) rispetto a quella di un Caruso o Gigli però era squillante in acuto e ben proiettata in zona centrale, ed anche ben risonante pure nei pianissimi, ma per tecnica acquisita e non solo per talento naturale.

SITI DI RIFERIMENTO:
https://www.belcantoitaliano.it/
https://www.accademiabelcanto.com/

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