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| Gioachino Rossini 'virtuoso del bel canto italiano' contro la musica dell'Avvenire |
ROSSINI - "virtuoso del bel canto italiano" e "compositore di musica" nell'arte vocale "ideale ed espressiva" creatrice di un 'canto nobile, semplice, fiorito, appassionato' - contro la musica dell'Avvenire (Passy de Paris, 26 agosto 1868):
Pregiatissimo dottor Filippi [Filippo Filippi (1830-1887), noto critico musicale, difensore del verbo wagneriano, nonché compositore], non posso lasciar partire per la volta di Milano il mio amico conte P. Belgioioso senza munirlo di queste poche linee che a voi mi ricordino e vi esprimano, in uno, i sentimenti della mia gratitudine per il regolare invio che vi piace farmi del giornale il "Mondo Artistico", di cui voi siete il dotto direttore e il critico più provvido per le produzioni drammatico-teatrali e per le belle arti; sento inoltre il bisogno di tributarvi mille grazie per la costante affezione che ognora emerge nei vostri interessanti articoli a pro del Pesarese.
Mi fu noto non ha guari d'essersi eseguite a Milano, in varie accademie, con brillante successo alcune vostre composizioni musicali; come potete credere, mio caro dottor Filippi, me ne godette l'anima.
Mi è pur caro il dirvi che l'arietta in 'la' che voi mi faceste udire in mia casa a Parigi, cantata con voce un pochino velata dal suo autore distinto pianista compositore, "me trotte toujours dans la tête". Detta arietta in dialetto veneziano è un vero gioiello: non si dirà per Dio! essere quella musica del così detto Avvenire!!! A proposito di questo tema tanto in voga e tanto ingiustamente discusso, mi è forza dirvi, che, allorquando leggo certe parolacce come "Progresso", "Decadenza", "Avvenire", "Passato", "Presente", "Convenzione" ecc., mi si prova nello stomaco un certo moto antimperialistico che provo tutte le pene del mondo a reprimere. Se mi fosse dato di potermi valere della vostra "savante plume", quante e quali lezioni vorrei dare a questi sputasentenze (creduti Demosteni musicali) che di tutto parlano e nulla sanno definire. Vorrebbero persino costoro imporre oggi per nuovo e peregrino ciò che è, per così dire, antidiluviano.
Parlano questi dottori, di musica declamata! di musica drammatica! È d'uopo supporre che questi signori ignorano che i celebri Dufay e Goudimel per circa un mezzo secolo produssero "esclusivamente" musica declamata, senza ritmo ossia drammatica. Arrivarono poscia gli altri celeberrimi Caccini e Peri, continuando in questo genere, e chiamando le loro composizioni musicali "Opere in istile recitativo". A questi finalmente succedette il titano musicale Gluck e compagni che parmi fossero sufficientemente iniziati nel genere declamato e drammatico! Non credete gia, mio buon dottor Filippi, ch'io sia per sistema antidrammatico, no davvero; e sebbene io fossi virtuoso del bel canto italiano prima di farmi compositore di musica, divido la massima filosofica del gran poeta che dice:
"Tous les genres sont bons,
Hors le genre ennuyeux."
Quanto poi al procedere attuale dei nostri cari colleghi, è forza convenire che gli sconvolgimenti sociali prodotti da speranze, da tema, da rivoluzioni ed altro, portano seco l'inevitabile conseguenza di forzare i poveri compositori di musica (che per lo più lavorano per "fame e fama") a svolgersi il cervello onde rinvenire nuove forme, eterogenei mezzi, a fine di poter dilettare le nuove generazioni coetanee insorte in gran parte dalla rapina, dalle barricate e altre coserelle simili!! Sta ora a voi, egregio critico, il predicare a tutta possa ai giovani compositori di musica che non havvi progresso né decadenza in queste ulteriori novita, e far loro sentire, a pari tempo, essere questi sterili ritrovati figli solo della pazienza e non gia della ispirazione; che abbiano infine il coraggio di emanciparli dalle convenzionali abitudini e che abbraccino, con animo allegro e piena fiducia, quanto havvi di divino e di seducente nell'arte musicale italiana che sono: "Melodia semplice e varietà nel ritmo".
Se a tali precetti saranno ubbedienti, questi giovani colleghi si sfameranno facilmente, rinverranno la fama desiata, ed avranno le loro produzioni lunga vita come l'ebbero quelle degli antichi nostri santi padri, Marcello, Palestrina, Pergolese, e come l'avranno indubitatamente i celebri odierni Mercadante, Bellini, Donizetti, Verdi. Avrete, arguto e carissimo dottor Filippi, rilevato che con intenzione ho passato sotto silenzio la parola "imitativa" nella raccomandazione fattavi pei giovani compositori sull'arte musicale italiana, per la quale "solo" ho fatto cenno di melodia e di ritmo. Io resterò ognora "inébranlable" nel ritenere l’arte musicale italiana (specialmente per la parte vocale) tutta "ideale ed espressiva", mai "imitativa" come il vorrebbero certi filosofoni materialisti. Mi sia permesso dire che i sentimenti del cuore si esprimono e non s'imitano.
A corroborare poi il mio assunto sull'arte musicale e sua estensione, dirò che la parola "espressiva" non esclude per certo la "declamazione", meno ancora la musica detta "drammatica", anzi asserisco che talvolta la comanda. L' "ideale" poi associato ch'ei sia all' "espressivo" apre la strada (ciò ch'io preferisco) al canto nobile, semplice, fiorito, appassionato. Sia dunque detto una volta per sempre essere l'imitazione l'appannaggio, la compagna inseparabile e sovente l'aiuto principale dei cultori delle due belle arti, pittura e scultura. Se poi all'imitazione si accoppiano un nobile sentimento artistico, un po' di genio (di cui natura è poco prodiga), quest'ultimo, il genio, sebbene talvolta ribelle ai precetti, fu e sarà ognora, ad un sol tocco, creatore del bello!
Dirò infine, per non lasciar senza applicazione le due paroline "Progresso e Decadenza", che solo alla fabbricazione di nuovi ed innumerevoli strumenti accordo un "progresso". (Progresso che tanto sorride ai sedicenti amatori della musica imitativa, e non hanno forse ragione). Non posso però negare una certa decadenza nell'arte vocale, tendenti i nuovi suoi cultori allo stile idrofobico piuttosto che all' "Italo dolce cantare che nell'anima si sente". Che Iddio accordi il suo perdono a coloro che ne furono l'originaria causa.
M'avvedo "hélas!" che le poche linee annunciate nel principio di questo mio scritto si sono convertite in un prolisso epistolare "abominable".
Non sorridete, vi prego, per la dicitura di questo mio zibaldone o pezzo "sconcertato" scritto troppo in fretta, e vi piaccia credermi con dolce affetto il vostro collega ed il vostro candido estimatore
'G. Rossini'
nomato dai francesi "Le singe de Pesaro"; dai Lughesi (Romagna) cittadini di mio padre, "Il Cigno di Lugo"; da me stesso, quale autore di una nuova scala chinese, "Pianista (senza rivali) di 4a classe".
È ora di finirla: depongo la penna. "Laus Deo!"

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