domenica 7 ottobre 2018

Belcanto Italiano ® - L'autentico Bel canto italiano, sua definizione e legittimazione (parte 1)


Qualcuno da tempo afferma, senza portare nessuna prova concreta a sostegno di ciò, che Tosi e Mancini, seguiti da Lamperti, sarebbero la Bibbia del bel canto, una specie di trinità salvifica, mentre si punta ingiustamente ed illegittimamente il dito, senza per altro avere alcuna autorità in merito, contro Garcia figlio.

C'è chi sostiene inoltre che Garcia figlio abbia stravolto il bel canto nel corso dell'Ottocento e si dice che, in ambiente didattico, si andrebbe citando solo Garcia e che si darebbe poca o nessuna importanza a Tosi e Mancini.

Infine che sarebbe inutile chiamarlo "italiano", il bel canto, ed illegittimo l'uso del nome laddove non combaciasse con i venerati Tosi e Mancini.

In realtà la verità è ben diversa.

Garcia figlio non ha stravolto il bel canto con il suo trattato, ma ha dato il suo contributo che va inscritto all'interno della storia secolare del canto lirico.
Tosi e Mancini hanno portato il loro contributo, tanto quanto l'hanno portato molti altri prima e dopo di loro.

Quanto al discorso delle citazioni storiche, nel corso degli anni Garcia figlio è quello che meno abbiamo citato. Abbiamo invece citato pubblicamente e pubblicato anche e soprattutto una cernita nutrita di citazioni, brevi come molto lunghe, di :

Ieronimus de Moravia, Francesco Patrizi, G.C. Brancaccio, Ercole Bottrigari, Pietro della Valle, Nicola Vicentino, Giovanni Luca Conforti, Claudio Monteverdi, Girolamo Frescobaldi, Biagio Rossetti, Lodovico Zacconi, Giovanni Camillo Maffei, G.B. Bovicelli, Vincenzo Giustiniani, Severo Bonini, Emilio Del Cavaliere, Francesco Rognoni, Marco Da Gagliano, Ottavio Durante, Domenico Mazzocchi, Giulio Caccini, Girolamo Diruta, Michael Praetorius, Christoph Bernhard, Silverio Picerli, Bartolomeo Bismantova, Jean-Antoine Bérard, J. J. Quantz, Jean Philippe Rameau, Giovanni Battista Doni, Vincenzo Manfredini, Salvatore Bertezen, Giuseppe Aprile (Sciroletto), W. A. Mozart, J. P. E. Martini, Mengozzi, G. G. Ferrari, A. M. Pellegrini Celoni, Marcello Perrino, Manuel García padre, Domenico Crivelli, Domenico Corri, F. Bennati, Nicola Vaccaj, Isaac Nathan, F. J. Fétis, H. F. Mannstein, Antonio Calegari/Gaspare Pacchiarotti, Maria Anfossi, Francesco Florimo, Antonio Benelli, Louis Lablache, G. L. Duprez, H. Panofka, Robert Schumann, A. de Garaudé, Luigi Celentano, Giuseppe Verdi, Alessandro Busti, Gaetano Nava, Charles Delprat, Enrico Delle Sedie, Sir Morell Mackenzie, Beniamino Carelli, Vincenzo Cirillo, Francesco Lamperti, G. B. Lamperti, J. M. Mayan, Jules Audubert, Leone Giraldoni, Alessandro Guagni-Benvenuti, Leo Kofler, Mathilde Marchesi, Eugène Wolff, Luigi Parisotti, H. Klein, Giulio Silva, Vittorio Ricci, Luisa Siotto Pintor, E. Herbert-Caesari, etc. 


[Questa la pagina FB principale dove abbiamo da tempo riunito questo complesso materiale utile alla riflessione di chi già studia canto, canta o insegna : 
che trova la sua estensione web qui: https://tecnicavocaleneisecoli.blogspot.com/]

Tosi e Mancini non sono automaticamente equivalenti al Bel Canto, né storicamente né nei contenuti dei loro trattati (non sapremo comunque mai se cantavano bene! tra l'altro non furono nemmeno dei cantanti famosi come Farinelli, Caffarelli etc. ma più che altro solo dei maestri di canto). Abbiamo citato anche loro, ma solo nei punti dei loro trattati che condividiamo, stessa cosa vale per Garcia figlio.

D'altronde, il grande tenore di Lanuvio Lauri-Volpi scrisse correttamente sotto la voce “Belcanto” inserita nella “Enciclopedia della musica”, ed. Ricordi, Milano 1963, che il creatore fu semmai il compositore e tenore Caccini : 
"Creatore della scuola del Belcanto fu il romano Giulio Caccini, che da Roma si trasferì a Firenze, ove fondò la scuola di canto in cui fiorirono le voci delle figlie Francesca e Settimia. Nel suo insegnamento, il Caccini fu un rinnovatore della ortofonia vocale e uno dei primissimi compositori di melodrammi; egli lasciò scritte interessanti norme del Belcanto." --> https://lauri-volpi-tecnicavocale.blogspot.com/2016/10/che-cose-il-belcanto-di-giacomo-lauri.html

Infine per quanto riguarda il termine belcanto italiano è storico e assolutamente legittimo, ma c'è da dire che è stato chiamato nei secoli buon canto o bel canto. Ma questo non significa niente, non vuol dire che un termine corrisponda sempre automaticamente al contenuto: se ad esempio in un dato periodo non era termine usato non significa che a livello concreto non componessero e cantassero facendo bel canto, e non è che quando entrò il termine nell'uso comune sia diventato automaticamente più bel canto di prima!
Perché è il contenuto che conta, non solo e soltanto la terminologia, questo vale anche per tutto il resto: la "maschera", le "vocali miste", ecc.


La "maschera" (chi sostiene ultimamente che non esisterebbe, affermando che la scienza recentemente avrebbe scoperto che il suono non risuonerebbe nelle cavità di risonanza cervicali, non cita mai a quale "scienza" si riferirebbe! quali scienziati? in quale occasione l'avrebbero detto? secondo quale pubblicazione sarebbe stato detto ciò? e quali prove avrebbero mostrato?) non ha mai significato l'atto volontario di spingere (con presunta rigidità) un suono in testa, ma semmai, come sempre è stato il suo significato, costituisce il risultato sonoro derivato indirettamente da una serie di altre caratteristiche tecnico-vocali combinate nel medesimo momento: modo di impiegare il fiato, palato molle alzato nel modo giusto, posizione vocale d'emissione scelta, etc. Anzi quando il suono è in maschera è proprio l'opposto, la gola è libera e il suono e totalmente libero, rigidità con la "maschera" non ce ne sono.


Suono vocalico A raccolto e coperto da Beniamino Gigli, adattando la vocale pura, nell'incisione gigliana del 1921 dell'aria "Apri la tua finestra", dall'Iris di Mascagni

E la medesima cosa vale per le "vocali miste" che non hanno nulla a che fare con le vocali delle lingue straniere, bensì sono adattamenti (accomodamenti) più o meno evidenti delle vocali italiane, necessari nel canto lirico, a differenza del parlato comune, a seconda del tipo di emissione in pianissimo, a mezza voce a piena voce e dell'altezza della nota specifica in un dato momento del brano vocale che si sta affrontando, unitamente all'uso creativo delle risonanze ricercate ed ottenute più brillanti o più ambrate (chiaro-scuro); la dizione viene preservata in tal modo anche con l'aiuto delle consonanti che scolpiscono di più la parola, specialmente dove possibile: nella parte centrale della voce, il registro del parlato. Di meno, più si sale alla zona acuta. 


Quando Gigli a Londra nel 1946 teneva la sua lezione introduttiva e diceva che le vocali italiane sono 5, pure o con le loro MODIFICAZIONI, non intendeva assolutamente dire che con queste modificazioni  si facesse riferimento alle vocali straniere come sostiene qualcuno che ha letto l'affermazione fuori dal contesto. Se si prende nel contesto della lezione integrale si capisce benissimo che non si sta affatto riferendo a vocali straniere, bensì ad una necessità del canto lirico, ammesso che si stia parlando di canto prodotto da cantanti di alto livello!
--> https://belcantogigli.blogspot.com/2015/07/beniamino-gigli-spiega-la-tecnica.html

In ogni caso, per i puristi "letterati", facciamo presente che il termine BEL CANTO ITALIANO veniva usato già ad es. nell'Ottocento in relazione al grande tenore Rubini e da Rossini stesso.

L'8 aprile 1839 usciva, come riportato su "Teatri, arti e letteratura", Tomo 31 pubblicato a Bologna in quell'anno, questo AVVISO MUSICALE che si apriva con queste parole:

<<Annunziamo agli amatori del bel canto italiano che si pubblicheranno per associazione il giorno 20 giugno pross. vent. "Dodici lezioni di canto moderno per voce di tenore e soprano" composte dall'insigne artista GIO. BATT. RUBINI.
Questo nome è il più sicuro garante del merito di tale opera e ci esime dal cercar parole per raccomandarla.>> E poi prosegue: <<RUBINI, avendo, a quel che dicono, fiso nell'animo di lasciar il Teatro prima che il Teatro lo abbandoni, pensa di provvedere stabilmente alla propria fama lasciando un monumento della profonda sua scienza.>> 


Rubini fu uno dei più famosi tenori della prima metà dell’800. Bellini scrisse per lui la parte di Gualtiero nel ‘Pirata’ e Donizetti quella del re nell’ ‘Anna Bolena’, conosciuto come ‘il re de tenori’ raggiunse il culmine della fama a Parigi con ‘I Puritani’. Tenore di grande raffinatezza fu particolarmente ammirato per le sue note acute (sino al sol sovracuto). La sua carriera durò ben 30 anni, dal 1815 al 1845 !!!

Perfezionamento del meccanismo della voce - 24 vocalizzi per mezzo-soprano, composti, e dedicati a Rossini, da Mathilde Marchesi - 1863

Rossini elogiando i 24 Vocalizzi [L'Art du chant, 24 vocalises pour contralto ou mezzosoprano op. 29] della signora Marchesi, allieva di Garcia figlio, ebbe ad esprimersi in questi termini :

« Ho percorsi col massimo interesse (quei esercizj), sono composti con somma conoscenza della voce umana, con chiarezza ed eleganza, essi contengono quanto fa d’uopo allo sviluppo d’un’arte che da troppo tempo io assimilo alle "Barricate vocali"! Possa il di lei interessante lavoro profittare alla gioventù odierna, che trovasi un tantino fuori della buona via. Insista pure ad insegnare il "bel canto italiano", esso non esclude l’espressione e la parte drammatica, che va riducendosi ad una semplice questione di polmoni, e senza studio (c’est bien commode ! ) » [G. Rossini, alla signora Matilde de Marchesi, Passy de Paris, 3 luglio 1863.]

(riportato in: "Storia Universale del Canto" di Gabriele Fantoni, vol. II, Milano 1873)


Notare, in particolare, quanto alla fonazione, ciò che ella scriveva nella Prefazione alla Seconda edizione del suo "L'Arte del Canto" Op. 21, nel gennaio 1890:

"The pupil should open the mouth quite naturally, lowering the chin, as though to pronounce the vowel A (ah) slightly darkened (...)
Now, the type of vowel preferable for the formation and development of the voice is the Italian A (ah), slightly darkened (...)"

[Lo studente dovrebbe aprire la bocca piuttosto naturalmente, abbassando il mento, come se stesse pronunciando la vocale A (ah) leggermente inscurita (...) Ora, il tipo di vocale preferibile per la formazione e lo sviluppo della voce è la A italiana (ah), leggermente inscurita (...)]



Ma BEL CANTO ITALIANO si ritrova anche, usato dai famosi compositori veristi come Cilea e Giordano, nella prima metà del Novecento, in relazione al canto di Beniamino Gigli.


<<Al sommo Gigli,
che la potenza della voce sa piegare alla soavità del bel canto italiano, tutta la mia ammirazione e tutta la mia gratitudine per aver dato a "Gloria" fulgente vita.>>
Francesco Cilea - Roma, 15 gennaio 1938


<<Al maggiore interprete delle mie opere:
a Beniamino Gigli maestro del bel canto italiano. Con affetto e ammirazione.
Umberto Giordano. Roma, 21 dicembre 1942>>

[dall'Archivo di John Fenech (RIP), Malta, pubblicato in 'Gigli' di Leonardo Ciampa (2015)]


Nella Masterclass di Gigli a Vienna del 1955, ecco altri suoi illuminanti insegnamenti e dimostrazioni pratiche del Bel Canto:

"Loro hanno sette vocali...voi, tedeschi, o inglesi o americani non avete le 5 vocali per il canto come ce l'ha l'Italia: "A", "E", "I", "O", "U". Noi facciamo...sulla STESSA POSIZIONE, noi dobbiamo fare le 5 vocali; e vi do un esempio pratico: (canta, vocalizzando "a-e-i-o-u"). Come avete visto e sentito io non ho mosso né gola...non ho mosso nulla. E' nella POSIZIONE che io ho fatto le 5 vocali. (...) Se voi dovete studiare il canto, e potrei dire anche, lasciatemelo dire...il BEL CANTO ITALIANO, bisogna che vi portate necessariamente a imparare le 5 vocali e metterle, le 5 vocali, sulla stessa posizione." 


Su "La Domenica del Corriere" del 15 dicembre 1957, a sole due settimane dalla scomparsa, Gigli viene definito "L'AMBASCIATORE DEL BEL CANTO ITALIANO NEL MONDO" !!!


Anche Mascagni usò il termine BEL CANTO ITALIANO in relazione al grande collega antagonista di Gigli, Giacomo Lauri-Volpi :

"A Giacomo Lauri-Volpi,
con ammirazione e con gratitudine
per la sua superba interpretazione
di "Turiddu", con la quale ha
riaffermato la supremazia del
bel canto italiano,
P. Mascagni
S. Paulo,
20, X, 1922"

In linea generale, citiamo spesso e più volentieri affermazioni di cantanti del Novecento poiché ci hanno lasciato PROVE sonore della loro arte, dei cantanti dei secoli precedenti non abbiamo alcuna registrazione e quindi non possiamo sapere davvero come cantassero realmente. Affidarsi ad un trattato "muto" e ad una cronaca dell'epoca che descriveva qualità e difetti delle voci dei cantanti famosi (Rubini - solo qualità, difetti quali? / Duprez qualità ma anche difetti) è cosa insufficiente a qualificare la validità di una tecnica da loro impiegata.
Inoltre in particolare nei secoli '600 e '700, ma in parte anche nell' '800, i castrati erano i divi principali delle scene operistiche, tuttavia non si può dire che la tecnica di chi usava la propria voce artisticamente come castrato e di chi cantava vivendo e cantando coi limitanti bustini possa andare automaticamente bene per chi non usa i bustini, non è castrato (i castrati dopo Moreschi non esistono più da un secolo) e deve cantare il repertorio barocco quanto quello classico, romantico, verista e moderno con il diapason più alto e una scrittura orchestrale più massiccia nel periodo compreso tra la seconda metà dell'Ottocento e l'epoca attuale.



Ma quali sono le caratteristiche di base del "bel canto italiano" che attraversano i secoli, gli stili, le mode teatrali? Ecco in sintesi le principali CARATTERISTICHE VOCALI-INTERPRETATIVE ESSENZIALI PER UN ARTISTA DEL "BEL CANTO" :

Secondo Rodolfo Celletti ("Storia del Belcanto" - Discanto, 1983), 5 sono gli elementi essenziali per l'esecuzione della musica del XIX secolo fino al 1840, come indicato nei metodi di Manuel Garcia figlio, Duprez e Lablache.
L'esecutore doveva essere capace (e gli interpreti di oggi devono essere capaci):

1. di eseguire la "messa di voce" e cioè di passare gradualmente da un pianissimo a un fortissimo e viceversa;
2. di "legare" e "portare", dove per legare s'intende passare morbidamente, ma con nettezza, da una nota all'altra della frase musicale, mentre per portare deve intendersi condurre la voce, con grazia e levità, da un intervallo all'altro, senza strascicare il suono e cioè senza far sentire le note intermedie;
3. di "fraseggiare" e cioè di presentare i "disegni" di ogni frase musicale in modo da dare un diverso risalto a ciascuno di essi - nel paragrafo "fraseggio" rientrava anche la capacità di calcolare con esattezza i fiati in relazione alla durata d'ogni disegno e di saper inserire le pause là dove il compositore le aveva omesse;
4. di "sfumare" e cioè di alternare i piani e i forti e le intensità intermedie, a seconda del senso della frase e delle parole;
5. di eseguire impeccabilmente gli ornamenti. 


Anche Hermann Klein (" The 'Bel canto' ", 1924), un allievo di Garcia figlio, afferma che le qualità del bel canto possono essere sintetizzate in 5 categorie:

1. Voce (comprendente orecchio e fisico);
2. Sostenuto (comprendente la respirazione, formazione delle vocali e risonanza);
3. Legato (comprendente la scala, il chiaro-scuro, il colore);
4. Flessibilità (comprendente tutto il canto d'agilità);
5. Fraseggio (comprendente dizione, espressione, e tutta l'interpretazione).

La Boccabadati e la Ronzi de Begnis ne "I Capuleti e Montecchi" di Vincenzo Bellini

Caratteristiche fondamentali del "bel canto" sono il suono sempre "sul fiato" (e la "messa di voce" ne è la prova del nove), il chiaro-scuro, la perfetta gestione dell'emissione della voce "di petto", in "misto" e "di testa, la fusione dei registri (che si ottiene preparando il passaggio raccogliendo il suono, ed alleggerendo e non aprendo il suono nel passaggio), il legato costituito dall'appoggio e dal "portare" i suoni, il sapiente uso della mezza voce specialmente nei centri da alternare all'uopo alla piena voce da una parte ed ai "filati" dall'altra (in tutte le dinamiche i suoni devono rimanere perfettamente proiettati!), la voce sempre libera e flessibile che dai cantabili non può che condurre al canto fiorito, ornato, d'agilità delle "colorature", il dominio assoluto della voce lirica che permette di realizzare qualunque sfumatura, colore, effetto musicale richiesto dai compositori e/o voluto a livello personale dall'interprete.
Suoni non a fuoco, ingolati, affondati, troppo aperti, allargati, ingrossati, spinti, forzati e urlati sono banditi da questa tecnica e da questo stile di canto! 

Il grande tenore "di grazia" Ugo Benelli con il soprano "voce del belcanto" Astrea Amaduzzi a Genova nel maggio 2018




Infine, c'è chi in relazione alla nascente Accademia Nazionale di Belcanto Italiano dice che mancherebbe un "nome" della lirica, come la Callas, la Tebaldi ecc. nel corpo docenti della scuola: omette però, in modo scorretto, di dire che abbiamo con noi nell'Accademia il tenore "di grazia" Ugo Benelli che curerà l'interpretazione, l'arte scenica e la regia, dalle lezioni individuali all'opera-studio ed ai concerti e rappresentazioni pubbliche organizzate dall'Accademia. 

Sarà anche presente, in occasione degli esami accademici di fine anno, il soprano Carmen Lavani, nella commissione d'esame.

Nessun commento:

Posta un commento