Ho avuto modo di conoscere Enzo Dara alcuni anni fa a Parma, quando ero Allieva della Fondazione Toscanini, verso la parte finale dei miei studi di canto. Nella sua masterclass, che durò tre giorni, (nella quale venne a salutarci anche Virginia Zeani di cui oltre che le interpretazioni magnifiche sicuramente non dimenticherò mai lo sguardo), credo di aver imparato - sui movimenti in scena in relazione al ritmo musicale - più che nel resto di tutta la mia vita.
Vedere quest'uomo sillabare Rossini, con un bastone in mano, e muoversi in modo perfetto, seguendo l'andamento della Musica e catturare in modo magnetico l'attenzione di tutti i presenti, fu un'esperienza illuminante.
Amor rende sagace di Cimarosa, Regia di Enzo Dara - Scene di Emanuele Luzzati - Bologna, 1993 |
E' per questo che credo fermamente che l'esempio diretto, nel discorso della didattica vocale e scenica del Canto, sia fondamentale, ed è per questo che inquinamenti acustici e scenici che fanno dell'attuale panorama operistico spesso una gara a chi grida di più e una escalation di vandaliche scene molto vicine al cinema a luci rosse, vadano combattute e condannate in modo serio.
Perché il TEATRO DELL'OPERA prima di tutto è arte, cesello, morbidezza, tecnica vocale perfetta, anima e cuore, parola e scena teatrale, e non è cinema.
E' dunque preferibile vedere e ascoltare meno divi e più artisti, i grandi che hanno fatto la storia del teatro dell'opera erano divi di diritto, astri luminosi perché, prima di tutto, erano sommi artisti, anche non bellissimi (non ditemi che Caruso, la Cerquetti, o la Tetrazzini fossero così tanto "piacioni"), ma l'olimpo dell'Opera l'hanno fatto loro e quelli come loro, e a simili standard qualitativi dobbiamo mirare.
Ma torniamo a Dara: persona serissima a livello comunicativo, si trasformava sulla scena, e anche con pochi movimenti era impossibile non ridere, per cui una voce non troppo stentorea, che per alcuni era una lacuna, si dimenticava, letteralmente, per la finezza delle sue movenze sceniche, frutto di studio intelligente e capace.
Mi sembra utilissimo spunto di riflessione condividere un importante pensiero su come affrontare, tecnicamente lo studio del canto, tratto dal libro scritto dallo stesso Enzo Dara, "Anche il buffo nel suo piccolo - Personaggi tra il rigo".
Segue una traduzione in lingua inglese per cui ringraziamo sentitamente il Basso Ville Lignell.
Buona lettura a tutti!
M° Astrea Amaduzzi
Il metodo della "vecchia scuola italiana" come salvezza delle voci - nella testimonianza del 'basso buffo' mantovano Enzo Dara
Il mio Maestro (Bruno Sutti) procedeva all'impostazione della voce con molta cautela, dedicando mesi e mesi ai vocalizzi prima di affrontare la frase di un'aria, una romanza (...) Ricordo che mi diceva: "Respira bene..., così" (...) "Non tenere troppo alta la lingua" (...) E ancora: "Il passaggio della tua voce è sul do diesis-re naturale al massimo, ma lo devi preparare prima, altrimenti lo si avverte troppo". E a volte sbuffando: "Se canti ancora il mi naturale così, finirai con il romperti la voce".
Finalmente un giorno, quando avevo già perso le speranze, mi dice di portare le arie antiche. "Per vedere come te la cavi" mi gettò lì sornione. Così eccomi arrivare alla scuola di canto con gli spartiti di Caldara e Mozart, Beethoven e Pergolesi, Carissimi e Bach. A dire il vero avrei preferito cantare tutte quelle belle arie per basso che udivo agli spettacoli della stagione lirica al Sociale, quelle di "Ernani" e "Don Carlo", "Salvator Rosa" e "Nabucco", "Norma" e "Simon Boccanegra". Niente di tutto questo, mesi e mesi di arie antiche, molto belle, per carità, ma che non mi realizzavano pienamente. Più tardi capii in pieno la bellezza di questo repertorio e l'importanza di farlo studiare ai giovani cantanti. Quando gli confidai le mie aspirazioni mi disse chiaro e tondo che il repertorio drammatico dovevo scordarmelo per sempre, in quanto la mia voce non se lo poteva permettere. (...) più avanti con lo studio avrei potuto aspirare al repertorio di basso - baritono brillante, buffo, "con cla faccia da ridar ca ta't trövi"; molto elegante. Se penso a quanti cantanti ancora giovani sono in crisi per aver affrontato prematuramente un repertorio troppo spinto, devo proprio benedire il mio Maestro.
Venne così il giorno in cui potei cantare di nuovo "La calunnia", ma enorme fu la mia delusione nel sentire che non avevo più la potenza vocale di un tempo (...) "Vedi", mi disse calmo il Maestro di fronte alla mia delusione "prima tu gridavi, ora canti. Se ti va bene così, meglio, altrimenti 'aria', cioè: te ne puoi anche andare". E' ovvio che mi andò bene così. Il miracolo dell'impostazione della voce era avvenuto.
Il mio Maestro (Bruno Sutti) procedeva all'impostazione della voce con molta cautela, dedicando mesi e mesi ai vocalizzi prima di affrontare la frase di un'aria, una romanza (...) Ricordo che mi diceva: "Respira bene..., così" (...) "Non tenere troppo alta la lingua" (...) E ancora: "Il passaggio della tua voce è sul do diesis-re naturale al massimo, ma lo devi preparare prima, altrimenti lo si avverte troppo". E a volte sbuffando: "Se canti ancora il mi naturale così, finirai con il romperti la voce".
Finalmente un giorno, quando avevo già perso le speranze, mi dice di portare le arie antiche. "Per vedere come te la cavi" mi gettò lì sornione. Così eccomi arrivare alla scuola di canto con gli spartiti di Caldara e Mozart, Beethoven e Pergolesi, Carissimi e Bach. A dire il vero avrei preferito cantare tutte quelle belle arie per basso che udivo agli spettacoli della stagione lirica al Sociale, quelle di "Ernani" e "Don Carlo", "Salvator Rosa" e "Nabucco", "Norma" e "Simon Boccanegra". Niente di tutto questo, mesi e mesi di arie antiche, molto belle, per carità, ma che non mi realizzavano pienamente. Più tardi capii in pieno la bellezza di questo repertorio e l'importanza di farlo studiare ai giovani cantanti. Quando gli confidai le mie aspirazioni mi disse chiaro e tondo che il repertorio drammatico dovevo scordarmelo per sempre, in quanto la mia voce non se lo poteva permettere. (...) più avanti con lo studio avrei potuto aspirare al repertorio di basso - baritono brillante, buffo, "con cla faccia da ridar ca ta't trövi"; molto elegante. Se penso a quanti cantanti ancora giovani sono in crisi per aver affrontato prematuramente un repertorio troppo spinto, devo proprio benedire il mio Maestro.
Venne così il giorno in cui potei cantare di nuovo "La calunnia", ma enorme fu la mia delusione nel sentire che non avevo più la potenza vocale di un tempo (...) "Vedi", mi disse calmo il Maestro di fronte alla mia delusione "prima tu gridavi, ora canti. Se ti va bene così, meglio, altrimenti 'aria', cioè: te ne puoi anche andare". E' ovvio che mi andò bene così. Il miracolo dell'impostazione della voce era avvenuto.
Enzo Dara è Dulcamara (1991) |
Bruno Sutti era un grande impostare di voci e lo posso dire con cognizione di causa in quanto frequentavo quasi tutti i giorni la sua casa non solamente per prendere lezioni ma anche per assistere a quelle degli altri allievi. Ho notato che ai giovani anche meno dotati Sutti riusciva a impostare la voce in modo dignitoso, facendola gradevolmente timbrare, riuscendo a ottenere una piacevole vocalità. Sutti era sempre alla ricerca del bel suono, amava molto le belle voci (...) Mai una voce è stata rovinata dalla sua scuola, mai una voce è andata perduta. Un'impostazione, quella del Sutti, legata soprattutto alla respirazione, alla copertura dei suoni acuti, al passaggio obbligato. (...) il suo metodo proveniva direttamente dalla "vecchia scuola italiana". Inoltre aveva un grande orecchio e ancora prima che un cantante emettesse una stonatura ne avvertiva l'arrivo, come in una premonizione di suono. Ovviamente avvertiva che il cantante stava cambiando posizione, e quindi la stonatura era inevitabile. Non gli si poteva chiedere "il perché e il per come" di tutto questo: andava fatto così e basta! Non amava perdersi in spiegazioni tecnico-scientifiche, faceva però chiari esempi con la sua intonatissima voce (...) Bisognava aver fiducia in lui e farglielo capire. Molti allievi, però, appena raggiunta con la scuola una buona tecnica, scappavano per entrare in altre scuole più famose e maggiormente ammanicate con l'ambiente musicale. Ecco perché Bruno Sutti ebbe pochissimi allievi che terminarono gli studi con lui e calcarono le scene, e penso che l'unico allievo che abbia fatto carriera e sia rimasto con lui fino alla sua fine, sono stato io.
(da: Enzo Dara - "Anche il buffo nel suo piccolo - Personaggi tra il rigo" - Gioiosa Editrice, 1994)
(da: Enzo Dara - "Anche il buffo nel suo piccolo - Personaggi tra il rigo" - Gioiosa Editrice, 1994)
The old method of the "Old Italian School" to save the voices. The testimonial of the Mantuan buffo bass Enzo Dara.
"My teacher Bruno Sutti took very cautious steps with the vocal education by dedicating months after months to vocalises before letting me try one single phrase of an aria or of an art song. I remember how he told "Breathe well, just that way..." or "Don't keep your tongue that high..." or "The passaggio of your voice is around C sharp or at maximum D; however, you will have to prepare it way before, otherwise it will be too audible". And sometimes snortingly "if you sing an E like that you'll end up breaking your voice!".
Finally one day, when I had lost all hope, he told me to bring some classical arias "just in order to see if you'll make it". And I went to the lessons with scores of Caldara and Mozat, Beethoven and Pergolesi, Carissimi and Bach. Honestly, I would have preferred to sing all those beautiful bass arias I heard during the season at the Teatro Sociale, from Ernani, Don Carlo, Salvator Rosa, Nabucco, Norma and Simon Boccanegra. I got nothing of this, only early music and classical arias month after month. For heaven's sake, they were beautiful but I did not feel fulfilled with them. Only later I understood the beauty of this repertory and how important it is for the beginners.
"My teacher Bruno Sutti took very cautious steps with the vocal education by dedicating months after months to vocalises before letting me try one single phrase of an aria or of an art song. I remember how he told "Breathe well, just that way..." or "Don't keep your tongue that high..." or "The passaggio of your voice is around C sharp or at maximum D; however, you will have to prepare it way before, otherwise it will be too audible". And sometimes snortingly "if you sing an E like that you'll end up breaking your voice!".
Finally one day, when I had lost all hope, he told me to bring some classical arias "just in order to see if you'll make it". And I went to the lessons with scores of Caldara and Mozat, Beethoven and Pergolesi, Carissimi and Bach. Honestly, I would have preferred to sing all those beautiful bass arias I heard during the season at the Teatro Sociale, from Ernani, Don Carlo, Salvator Rosa, Nabucco, Norma and Simon Boccanegra. I got nothing of this, only early music and classical arias month after month. For heaven's sake, they were beautiful but I did not feel fulfilled with them. Only later I understood the beauty of this repertory and how important it is for the beginners.
When I told him about my dreams he said outright that I would have to forget the dramatic repertory forever: my voice was just not suitable for it! After further studies I might have aimed for the elegant comic bass and baritone repertory "with that funny face you have". When I think about the young singers in crisis due to heavy repertory undertaken way too early, I can only bless my teacher.
The day arrived when I was able to retry "La calunnia" from the Barber of Seville. To my great delusion I did not feel the vocal strength of the past. Perceiving my disappointment Sutti said calmly: "You see, before you screamed, now you sing. If this is good for you, perfect. Otherwise, 'aria' (you can go)". Obviously the reached result was perfect for me. The miracle of putting my voice on the track was a reality.
Bruno Sutti was a great voice teacher and I can state this by having visited his home almost daily; not only for my lessons but also to listen to his other students. I heard how he was able to guide even less talented voices by creating a pleasant timbre and vocal quality. Sutti was always looking for the beautiful sound, he loved the beautiful voices. Not one single voice was ruined by his school, not one voice was lost. Sutti's technique was connected to breath support, he taught to cover the high notes and having correct 'passaggio' was mandatory. His method was direct offspring of the old Italian school. Furthermore, he had the rear ability to perceive whenever a singer was about to sing off the pitch; he felt a premonition that such a note was on the way. Obviously he perceived that the singer had changed the position which inevitably lead to cracking the voice. There was no way to inquire "why or "how", this was the way to do it and 'basta'! He did not like to get abandoned in technical-scientific clarifications. He loved to produce examples with his perfectly tuned voice. You just had to trust him and make him feel you trusted him.
Unfortunately many pupils left his school right after having achieved a good technique, in order to follow more popular teachers with better connections with the musical environment. This is the reason why Bruno Sutti had only a handful of pupils who completed the studies under his guidance up to the moment of their operatic debut. And I assume to have been his only pupil who had a career but stayed with him until his end."
(Enzo Dara - "Anche il buffo nel suo piccolo - Personaggi tra il rigo" - Gioiosa Editrice, 1994)
The day arrived when I was able to retry "La calunnia" from the Barber of Seville. To my great delusion I did not feel the vocal strength of the past. Perceiving my disappointment Sutti said calmly: "You see, before you screamed, now you sing. If this is good for you, perfect. Otherwise, 'aria' (you can go)". Obviously the reached result was perfect for me. The miracle of putting my voice on the track was a reality.
Bruno Sutti was a great voice teacher and I can state this by having visited his home almost daily; not only for my lessons but also to listen to his other students. I heard how he was able to guide even less talented voices by creating a pleasant timbre and vocal quality. Sutti was always looking for the beautiful sound, he loved the beautiful voices. Not one single voice was ruined by his school, not one voice was lost. Sutti's technique was connected to breath support, he taught to cover the high notes and having correct 'passaggio' was mandatory. His method was direct offspring of the old Italian school. Furthermore, he had the rear ability to perceive whenever a singer was about to sing off the pitch; he felt a premonition that such a note was on the way. Obviously he perceived that the singer had changed the position which inevitably lead to cracking the voice. There was no way to inquire "why or "how", this was the way to do it and 'basta'! He did not like to get abandoned in technical-scientific clarifications. He loved to produce examples with his perfectly tuned voice. You just had to trust him and make him feel you trusted him.
Unfortunately many pupils left his school right after having achieved a good technique, in order to follow more popular teachers with better connections with the musical environment. This is the reason why Bruno Sutti had only a handful of pupils who completed the studies under his guidance up to the moment of their operatic debut. And I assume to have been his only pupil who had a career but stayed with him until his end."
(Enzo Dara - "Anche il buffo nel suo piccolo - Personaggi tra il rigo" - Gioiosa Editrice, 1994)
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