Il palato molle, indispensabile creatore di forza a duttilità nel canto lirico |
Ho avuto 3 Maestri, meravigliosi, di uguale scuola. Una grande fortuna. Il primo era rinomato per essere bravissimo nel saper impostare le voci.
Lo conobbi quando avevo 12 anni, si chiamava Ennio Vetuschi. Era gentile e garbato, muoveva le mani con gesti eleganti e raffinati, sorridava anche con gli occhi dietro le lenti più spesse che io avessi mai visto e parlava a voce bassa. Ero stata invitata a farmi ascoltare da lui, che cercava nuove voci per il suo coro, attraverso il mio docente di musica delle scuole Medie, il Prof. Messina, che aveva notato la mia spiccata intonazione.
Vidi dunque Vetuschi nella sede della Corale Verdi sita nell'omonima piazza, a Teramo.
Sento ancora l'odore della carta di spartiti di ogni genere impilati in ogni angolo e divisi in decine di cartelle, e vedo ancora in quella sede storica il pianoforte a coda, il clavicembalo, l'organo e la scalinata che accoglieva le prove del coro sulla quale non vedevo l'ora di salire per cantare assieme agli altri.
Ennio Vetuschi, questo il nome del grande Maestro e geniale musicista, seduto al pianoforte, mi invitò a mettermi in piedi vicino a lui e a cantare qualche nota, riproducendo i toni suonati da lui. La prova di intonazione andò benissimo e mi invitò a tornare qualche giorno dopo.
Fu lui che mi impartì la prima lezione di canto della mia vita. Con gioia e semplicità mi invitò a cantare le 5 vocali su una nota sola, e poi mi disse a voce bassa:" Brava. Lo senti che la vocale "U" ti spedisce la voce più in alto? Qui!" e si posò l'indice disteso sul naso, indicando il punto esatto in mezzo agli occhi. Ma il suo gesto fu molto chiaro. Non voleva indicare SOLO quel punto in mezzo agli occhi, voleva indicare TUTTO il naso fino alla parte che sta in mezzo agli occhi.
Poi Vetuschi iniziò a parlarmi con un linguaggio che non conoscevo, che aveva qualcosa di magico.
"Devi mettere la voce in maschera, dobbiamo impostare la tua voce, devi portare il suono QUI" (di nuovo ripetè il gesto indicando tutta la lunghezza del naso) "E poi devi imparare a respirare, perché nel canto lirico non puoi respirare normalmente, devi usare una respirazione molto più bassa, adesso te la insegno" ... E in un attimo mi fece mettere una mia mano sulla sua pancia e l'altra sul suo fianco. Sentii esattamente quello che faceva e capii esattamente come lo faceva. Lui mi disse "Imparerai piano piano, basta fare così". Poi aggiunse una cosa che rese immediatamente tutto ancora più facile e mi disse: "Respira con la pancia e gonfiala tanto".
La mia prima lezione di canto andò avanti con un suo interrogativo posto con un certo tono vagamente canzonatorio: "E il suono?... Come fai a portarlo in alto?" Io non potevo che rispondere "Non lo so". Mi invitò nuovamente a cantare le vocali AEIOU di fila su un solo suono e mi disse stavolta con una certa dose di maggiore passione "Ecco, senti la U come squilla! Devi alzare il palato molle!" ... Poi accadde la cosa che mi ha portato a passare quasi tutta la mia vita a studiare la voce nel canto lirico: fece un respiro profondo e con una facilità incredibile mi fece sentire la 5 vocali cantate da lui forti, chiare, vibranti e squillanti come non avevo mai sentito prima, con una voce che mi lasciò totalmente basita, perché finora da Vetuschi non avevo che sentito una voce calma e quasi sussurrata. In quei suoni vocalici c'era la forza impressionante di un tenore spinto usata con una facilità che forse mi impressionò più della forza stessa del suono.
Di nuovo mi disse:"Respira bene con la pancia e metti il suono nel naso. Per mettere il suono in maschera devi sollevare il palato molle".
Il resto fu un susseguirsi di suoi esempi e mie ripetizioni; penso che lui rimase davvero molto contento perché mi disse "Sei un usignolo!" e mi invitò a tornare a lezione ancora. Purtroppo le sue lezioni durarono poco perché non appena fui pronta per essere inserita nel coro pronta per partire in tournée anche all'estero mio padre si oppose e volle che io smettessi di frequentare le lezioni con il Maestro Vetuschi.
Ma quello che Vetuschi mi aveva trasmesso era già una base eccezionale e indispensabile, un solido fondamento per iniziare a costruire una voce sicura e per imparare a distinguere un sistema giusto da uno sbagliato.
Credo di aver pensato a questa storia della respirazione bassa e del suono alto per mesi, ma la cosa più bella era che io, SENTENDO quello che aveva fatto il Maestro avevo esattamente capito COSA CERCARE e COME, anche se non potevo vederlo più.
Dei miei tre eccelsi e unici insegnanti, gli ultimi due insistettero non poco sull'uso del fiato che non bastava mai, ma tutto sarebbe stato assolutamente vano se io non avessi saputo COME portare il suono in alto, e cioé molto semplicemente, alzando il palato molle.
La questione del palato molle per portare il suono in alto, nello squillo "di testa", è fondamentale.
A distanza di anni ho compreso che nel lavoro di prima impostazione di una voce vergine, comprendere la connessione tra l'uso del palato molle e della qualità eccelsa del suono, è perfino più importante della conduzione del fiato. Perché per cercare i primi suoni non serve una gran massa di fiato, anzi, è tutto il contrario. Serve poco fiato che, ben messo, ben indirizzato appunto dal palato molle, formi un suono alto e squillante, e sia condotto a regola d'arte dall'orecchio. E allora la richiesta di un grande fiato, pe la conduzione di lunghi suoni e belle frasi, sarà una conseguenza diretta nell'avanzare dello studio. E allora, formato un bel suono vibrante e squillante nel piano o nella mezzavoce, un bravo insegnante deve insistere molto anche nello studio della respirazione.
La ricerca del suono attraverso l'uso del palato molle e dello sgancio mandibolare che si aggiunge per il passaggio di registro e per le note più alte, disdegnato da tantissima parte degli studenti, è forse la cosa più alta e bella che io mi sia mai proposta di imparare; e il desiderio di un uso sapiente del fiato, lo ripeto ancora, è la diretta conseguenza di un suono che, messo bene, alto di posizione e squillante, vuole diventare frase musicale bella, timbrata, legata ed importante. E se il fiato ne è il sostegno e la base, le labbra formano le vocali; ma la freccia acuminata che scaglia il suono in forma lirica, con potente chiarezza, per oltre i 3/4 dell'estensione di una voce umana è il palato molle. Chi non ne parla non ha mai imparato a cantare come nel periodo d'oro di Caruso, e non potrà mai trasmettere con esattezza tecnica quanto importante, indispensabile, e bello sia l'uso del palato molle nella formazione del suono nel canto lirico
Astrea Amaduzzi, Ravenna, 15 luglio 2022
--> Precedenti articoli sull'argomento:
http://belcantoitaliano.blogspot.com/2015/08/come-si-usa-il-palato-molle-nella.html
http://astrea-amaduzzi-singing-teacher.blogspot.com/2015/12/la-voce-in-maschera-nel-belcanto.html
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Per chi volesse approfondire il tema, qui di seguito troverete 20 citazioni sul "palato molle" di grandi cantanti lirici e maestri di canto del Novecento di cui si possiedono numerose registrazioni, ed un breve corollario con altre citazioni sul palato molle, di trattatisti, compositori, cantanti lirici e maestri di canto, sia dell'Ottocento che del Novecento, tra cui anche il grande Gioachino Rossini!
1. - Luisa Tetrazzini -
«Potete vedere facilmente lavorare la parte posteriore del vostro palato spalancando la bocca e dando a voi stessi la sensazione di chi sta per starnutire. Noterete molto di dietro nella gola, molto indietro al naso, una zona molle che si alzerà da sola nel momento in cui lo starnuto diventerà più imminente. Quel piccolo punto è il palato molle. Esso va alzato per le note acute per ottenere la risonanza di testa.
Nel momento in cui una cantante progredisce nella propria arte può far questo a suo piacimento.
La regolazione di gola, lingua e palato, tutti funzionanti assieme, risponderà giornalmente più facilmente alle sue esigenze. Comunque, ella dovrebbe essere in grado di controllare consapevolmente ogni parte in automatico.
La cosciente direzione della voce e padronanza della gola sono necessari. Di frequente nell'Opera la cantante, seduta o sdraiata in qualche posizione scomoda che non è naturalmente adatta per la produzione della voce, dirigerà coscientemente le proprie note nelle cavità della testa aprendo la gola e sollevando il palato molle. Per esempio, nel ruolo di Violetta la musica dell'ultimo atto viene cantata stando distesi. Per ottenere la giusta risonanza per alcune delle note acute io devo iniziare queste nella cavità di testa per mezzo, naturalmente, dell' "appoggio", o sostegno del fiato, senza il quale la nota sarebbe scarna e non avrebbe corpo.
La sensazione che io ho è di una lieve pressione di fiato che batte pressoché in una linea diretta nella cavità dietro la fronte al di sopra degli occhi senza assolutamente alcun ostacolo o sensazione in gola.
Questo è il corretto attacco per il suono di testa, o un suono preso nel registro superiore.»
(tratto da: "Caruso and Tetrazzini on the Art of Singing" - Metropolitan Company, Publishers, New York, 1909 - trad.it. di Mattia Peli)
2. - Enrico Caruso -
LA VOCE E LA PRODUZIONE DEL SUONO
(...) Sarebbe bene parlare ora di un aspetto molto importante nel canto lirico—quel che viene chiamato l' "attacco" del suono. In generale esso può essere descritto come la posizione della gola e della lingua e la qualità di voce relative nel momento in cui è iniziato il suono. Il vizio più serio commesso da molti cantanti è quello di attaccare il suono o dal petto o dalla gola. Pur avendo una salute di ferro la migliore delle voci non può resistervi. (...)
E' una buona idea esercitarsi ad aprire la gola davanti a uno specchio e cercare di vedere il palato, come quando si mostra la gola a un dottore. (...)
Per evitar ciò [vale a dire questa voce ingolata e sforzata che è così sgradevole] si dovrebbe cercare di mantenere in basso la quantità di fiato incamerato, il più possibile verso l'addome, mantenendo così i passaggi superiori verso la testa piuttosto liberi per l'emissione della voce.
ERRORI DA CORREGGERE
(...) Quanto alla voce nasale, questo è il difetto, come ho detto, più difficile del quale liberarsi. (...) L'unico rimedio è ciò che ho precedentemente indicato—attaccare dall'addome, con la gola aperta, e portare la voce al palato molle (...)
(tratto da: "Caruso and Tetrazzini on the Art of Singing" - Metropolitan Company, Publishers, New York, 1909 - trad.it. di Mattia Peli)
3. - Rosa Ponselle -
- "Rosa," iniziai, "da dove cominciamo con la tecnica vocale?"
"...me lo insegnò Caruso," disse Rosa. "Egli teneva un piccolo spazio ampio nel retro della gola per mantenerla aperta...aperta nel retro e rilassata. È come la sensazione di un quadrato, ma solo negli acuti. (...) Il palato è alto e la parte posteriore della lingua distesa," disse Rosa.
(tratto da una intervista al soprano Rosa Ponselle condotta dal basso Jerome Hines, riportata in: J.Hines - "Great Singers on Great Singing", Doubleday, 1982 - trad.it. di Mattia Peli)
4. - Lilli Lehmann -
"Possiamo sentire il posizionamento della punta della lingua contro o dietro l'arcata anteriore dei denti."
"La corretta posizione della lingua, preparatoria al canto, è quella della vocale mista AOU, come per accingersi a sbadigliare."
"La lingua non deve salire con la punta verso l'alto. Non appena la punta è impiegata per la pronuncia delle consonanti l, n, s, t, z e dopo aver completato quest'attività molto veloce e netta, deve tornare nella sua posizione abituale e mantenerla."
SENSAZIONE DEL PALATO
"Possiamo percepire chiaramente questa sensazione sollevando dietro al naso il palato molle. Quest'ultimo si trova molto indietro, si può anche sentire toccandolo con accortezza. Questa parte così piccola riveste una grandissima importanza per il cantante. Dal fatto che si sollevi, dipende l'intera risonanza delle cavità della testa, quindi della voce di testa."
(Lilli Lehmann - "Meine Gesangskunst" - 1922; trad. it. "Il Canto: Arte & Tecnica", Analogon 2013)
5. - Nellie Melba -
«Si cantino le cinque vocali semplici (le vocali italiane "u, o, a, e, i") su una medesima nota e con un unico fiato. Si cominci sul SOL sopra al DO centrale e si ripeta l'esercizio su ogni nota, salendo fino al DO sul terzo spazio. Si lasci muovere comodamente la bocca per formare le diverse vocali, ma senza creare cambiamenti improvvisi che spezzino i diversi suoni vocalici. Si mantengano le vocali tutte della stessa qualità, con la stessa quantità di risonanza. In un primo momento, con buona probabilità, risulterà difficile mantenere la "a" della stessa qualità della "o", e la "e" e la "i" verranno probabilmente ancor più dissimili.
Non si irrigidisca la gola e si cerchi di renderle tutte uguali. Dev'esserci facilità e una formazione pura e naturale di ciascuna vocale.
Si imparerà a cantare correttamente questo esercizio solo se si utilizzerà l'orecchio e si manterrà il palato molle nella stessa posizione alta per tutte e cinque le vocali, posizione che esso assume molto naturalmente con la "u".
Quando si riuscirà a percepire uditivamente la propria voce in questo esercizio, risulterà molto più facile sentirla mentre si cantano le arie, e si rileveranno più sollecitamente i cambiamenti di qualità che così spesso rovinano una frase.»
(tratto da: "Melba Method" by Dame Nellie Melba - Chappell & Co., 1926 - trad. it. di Mattia Peli)
6. - Jean De Reszke -
IL SEGRETO DEL PALATO MOLLE ALZATO NELL'INSEGNAMENTO DEL CELEBRE TENORE JEAN DE RESZKE:
«Mi avevano mandato a Vichy, a fare un'audizione da Jean de Reszke (...) E sono stata estremamente fortunata non solo che mi abbia accettato - "une ravissante petite voix" è stato il suo verdetto - ma che io abbia potuto avere la sua guida illuminata per ben due anni; egli è scomparso nel 1925, ed infatti io sono stata tra gli ultimi suoi allievi. Mi sono stabilita a Nizza per due anni e ho preso lezioni di canto da lui tutti i giorni.
E' difficile descrivere oggi l'ammirazione e il rispetto che circondava la sua persona. Egli era stato uno dei più grandi tenori di tutti i tempi, suo fratello Edouard un magnifico basso, e sua sorella Josephine un eccezionale soprano. Con quale maestria egli mi faceva affrontare delle cadenze che hanno sviluppato e stabilizzato le note più alte del settore acuto della mia voce! Non potrò mai dimenticare alcuni sui esercizi. Ce n'era uno in particolare che mi faceva ripetere più e più volte per eliminare la 'frattura' data dal cambiamento di registro tra petto e testa: una sequenza di quattro note costituite da Fa, Fa diesis, Sol e Sol diesis. Mi aveva insegnato ad ottenere un palato alto attraverso la sensazione della sorpresa e non contraendo i muscoli della gola. Solo il palato molle dev'essere alzato.»
(da un'intervista al soprano Bidú Sayão, realizzata nel 1979 - in: Lanfranco Rasponi - "THE LAST PRIMA DONNAS" - London, Gollancz 1984 - trad. it. di Mattia Peli)
Da notare che oltre ad usarlo per aiutare a congiungere i registri, egli usava il palato molle anche per piani e pianissimi. Infatti il celebre tenore del Metropolitan di New York Jean De Reszke, allievo di Antonio Cotogni e Giovanni Sbriglia, insegnava tre differenti emissioni a "mezza voce": la più comune ed usata era quella di produrre un suono "con il palato alto e un certo sostegno del fiato" come viene spiegato e testimoniato nel capitolo "Jean De Reszke's Principles of Singing" di Walter Johnstone-Douglas, tratto dal libro: Clara Leiser - "Jean De Reszke and the great days of opera" - New York - Minton, Balch & Company, 1934.
7. - Titta Ruffo -
(...) credo che uno studente di canto, dopo aver ben piantata la voce nelle fondamenta – cioè dai suoni più gravi fino alle estreme note alte, sempre composta, libera, appoggiata, riunita tutta al disopra del palato, senza contrazioni muscolari, sostenuta soltanto dalla respirazione naturale – credo, dico, che ogni studente di canto, se sia dotato di sentimento e immaginazione o, insomma, di talento, possa con l'esercizio riuscir a formare tutti i colori di una tavolozza sonora, ed esprimere così tutti quanti i moti dell'anima in tutte le loro tinte e i chiaroscuri. Certo non è cosa né facile né breve. A perfezionare la voce umana, diceva giustamente uno de' più geniali e dotti artisti, Antonio Cotogni, occorrerebbero due vite: una per studiare, l'altra per cantare."
(da: Titta Ruffo - "La mia parabola" - Fratelli Treves Editori, 1937)
8. - Beniamino Gigli -
<<Aprire certi suoni è dannoso per gli studi successivi che l'esordiente dovrà affrontare. Non colpi di glottide, ma legature, così... appoggiarsi.>> (E ripete il passaggio vocale d'ottava, in FA, scivolando sul FA DIESIS con una facilità stupefacente, unica, la sua.)
<<Per questo basta tenere la gola aperta. A Santa Cecilia, Cotogni mi diceva di far prendere alla gola la posizione dello sbadiglio, e, a settantadue anni, me lo insegnava come faccio io adesso.>> (E l' "appoggio coperto" di Gigli risuona ancora, ineguagliabile, nella sala.)
(dall'articolo di giornale, "Milano. Gigli, insegnaci a cantare" - Il Popolo d'Italia, 1 marzo 1938)
9. - Luigi Ricci -
IL PALATO MOLLE NELL'EMISSIONE DELLE VOCALI "A" ED "O":
(...) quando per la prima volta [Luigi Ricci] mi ascoltò in "A te l'estremo addio", mi fece subito dopo fare dei vocalizzi sulle lettere "A" ed "O", chiedendomi di stare "più su". Era una richiesta (...) della quale non riuscivo a capire il senso. (...) Il (...) "tirare su" di cui Ricci mi parlava era infatti inconsapevolmente riferito proprio al palato molle. (...) la A e la O sfruttano (...) appieno la risonanza del cavo orale rimanendo in basso, cioè in bocca. E' necessario quindi sforzarsi di "sollevare" anche questi suoni a livello alto (...)
(da: Andrea Foresi - UNA VITA PER L'OPERA, Conversazioni con Sesto Bruscantini - Akademos, 1997)
10. - Giacomo Lauri-Volpi -
<<Osservo me stesso e contemplo il mistero di questa voce divenuta così spontanea e sicura, laddove, giovine, trovava difficoltà e commetteva errori di colore d’intonazione e di emissione. (…) la voce ha trovato riposo, risparmio e sicurezza nella volta “palatina”. La nota, spinta dal soffio, si adagia, per così dire, nella cavità orale superiore, dietro gli incisivi e, con l’aiuto delle labbra, si estroflette nello spazio, modulando, con l’articolazione libera, le vocali. In tal modo ingolamento e intasamento del suono vengono evitati, e lo sforzo, bandito. Similmente, la respirazione non soffre fatica e l’intonazione alcuna offesa, per dar modo al canto di spiegarsi in ampiezza solenne e sonorità genuina. Grazie all’acquisita certezza, la voce è divenuta più lucente e robusta, nonostante il trascorrere del tempo (…) Il mio pensiero ha lavorato, e finalmente, ha trovato il punto di percussione giusto, indefettibile, che non altera il timbro né ingrossa il suono. Or, dico, comprendo praticamente l’assioma rossiniano: “Diffondere il suono con l’aiuto del palato, trasmettitore per antonomasia delle belle sonorità”. (…) Col tempo, la voce tende alla gravità (…) Ma il volume, come l’obesità corporea, è la morte prematura dei suoni. Detestando, per principio, il volume, ho salvato il timbro e il fiato. Il volume guasta il mantice.>>
(da: G. Lauri Volpi - “A viso aperto”, Corbaccio, dall’Oglio editore, 1953, pagina 333 : Diario, 11 aprile 1950)
11. - Giovanni Manurita -
L'APPARATO RESPIRATORIO
(...) Dopo che l'aria è arrivata al palato, diventa più sonora per mezzo dell'organo risonatore. Quest'organo è composto dal 'torace', dalla 'faringe', dal 'palato molle e duro', dai 'seni frontali' (che si trovano immediatamente al di sopra del palato), dalle 'narici' e dagli 'incisivi superiori'. Le corde vocali, tese dalla glottide, emettendo suoni semplici, hanno quindi bisogno di queste cavità di risonanza e per questi risonatori, raggiungono spesso la potenzialità 'voluta': da qui l' 'appoggio della voce' che consiste perciò nel servirsi sapientemente di questi risonatori. Il nostro apparato vocale è perciò un meraviglioso strumento a fiato. Una rassomiglianza ce la dà l'organo, nel quale i suoni vengono emessi da apposite laminette, disposte alla base dei tubi o canne verticali; queste laminette, sotto la spinta dell'aria in pressione, espulsa dai mantici, vibrano emettendo suoni semplici che i rispettivi tubi rendono potenti ed armonici. Le nostre corde vocali, laminette muscolari che son anch'esse disposte nel tubo laringeo in senso orizzontale, sotto la pressione del fiato e della volontà, si avvicinano, si allontanano, si accorciano e si distendono, diventano più sottili o più spesse, per dare sotto la spinta stessa del fiato, emesso dai poloni, il numero di vibrazioni necessarie a produrre i suoni, che si propagano nell'aria, a mezzo delle 'onde sonore'. I suoni semplici e deboli, emessi dalle corde vocali, sono, ripetiamo, resi forti ed armonici dalla cavità di risonanza o risonatori su menzionati. La trachea e i bronchi sono 'risonatori sottoglottici'; la 'faringe', la 'bocca' ed il 'naso', sono 'risonatori sopraglottici'. (...)
La 'respirazione diaframmatica' per gli uomini e quella 'diaframmatica-intercostale' per le donne, costituisce l'ideale per il canto; essa avviene naturalmente quando siamo distesi e supini e di essa ci accorgiamo per l'alzarsi e l'abbassarsi del ventre. In posizione dritta o in piedi, possiamo respirare con la fascia diaframmatica polmonare, ma per il canto è indispensabile respirare con il diaframma. Se nella posizione in piedi, cantando solleviamo le spalle, la respirazione è polmonare e quindi dannosa agli effetti del perfetto appoggio della voce.
TECNICA ED ARTE VOCALE
(...) dalla prima lezione, è cosa indispensabile, abituarlo [l'allievo] a respirare bene: questo esercizio può anche essere effettuato in posizione di coricato supino (...)
ATTACCO DEL SUONO
Dopo questi esercizi, eseguiti in posizione dritta o in piedi, si deve passare all'attacco del suono (...) abbassare gradualmente la mascella inferiore (nei suoni bassi, la mascella inferiore ha il minimo di apertura; nei suoni alti, il massimo). In tal modo, il velo palatino si innalzerà, scomparendo quasi completamente, per formare un 'piano di sonorità' con il palato duro.
(...) l'aria emessa liberamente, divenuta suono, andrà lontana, con migliore rendimento e minore sforzo di chi la emetterà. Quanto meno forza ci sarà nell'emissione, tanto più lontana andrà la voce 'liberamente' senza affaticare l'apparato vocale e potrà esercitarsi per molte ore, senza tema di diventar rauca.
VOCE LIBERA
(...) se penseremo di appoggiare il suono sostenuto dal diaframma nella fossa formata dal velo palatino, immediatamente soprastante (seni frontali), avendo cura di non irrigidire il collo, di non ritirare o indurire la lingua, avremo la 'voce libera' che avrà migliore timbro, maggiore volume.
(da: Giovanni Manurita - "Canto naturale, canto libero" - Di Biase Editore, Roma 1948)
12. - Elisabeth Schumann -
"Il fiato e il sostegno sono di primaria importanza. Essi aprono la gola, aiutano ad acquisire rilassatezza. Il fiato dev'essere pieno e profondo. Il sostegno deve venire da forti muscoli addominali. (...) Il palato molle deve sempre essere sollevato nel canto. (...) Il fiato solleva il palato nella misura giusta. Non lo si deve mai fare da soli, si abbia fiducia nel fiato e non si interrompa il suo naturale flusso. Sapete, il fiato è tutto nel canto. Non potrei cantare una scala, non potrei cantare una frase se non avessi il mio profondo, profondo fiato e non avessi fiducia nel fiato. Il fiato vuole fare ciò che è giusto se glielo si permette, e il fiato solleva il palato, come vi ho detto, nel modo giusto."
(da una registrazione audio intitolata: Elisabeth Schumann - "The Groundwork of Vocal Art", An interview, 1941 - trad. it. di Mattia Peli)
13. - Toti Dal Monte -
(...) il totale rilassamento dei muscoli del collo è condizione indispensabile per agevolare un'emissione fluida, scorrevole, senza sforzo, della voce, specialmente nei passaggi verso l'acuto: in modo tale, cioè, che la gola e il palato assumano una posizione molto simile a quella dello sbadiglio. (...)
In linea generale la vocale da adottare è il dittongo EO che consente al mento e alla mascella di restare "abbandonati" (...) e consente inoltre un'emissione "rotonda" in quanto evita di aprire troppo e nel contempo troppo raccogliere il suono. Qualora però l'allievo possieda una voce molto aperta o molto "indietro" – come si suol dire nel nostro gergo professionale – è consigliabile per i primi esercizi usare la vocale francese U. (...)
Negli acuti si raccomanda di avviare il fiato verso la testa (...)
(da: Toti Dal Monte - Presentazione dei "Vocalizzi", Ricordi 1970)
14. - Licia Albanese -
- "Cosa mi può dire della tecnica che impiega?"
- "(...) Alzo il palato e apro la gola... specialmente per gli acuti. Quando si cantano gli acuti, si deve aprire la bocca e la gola e anche aprire di più la mandibola." (...)
(tratto da una intervista al soprano Licia Albanese condotta dal basso Jerome Hines, riportata in: J.Hines - "Great Singers on Great Singing", Doubleday, 1982 - trad.it. di Mattia Peli)
15. - Régine Crespin -
(...) senza dimenticare che il palato molle sia alzato; mai basso. Se si tiene il palato molle abbassato, si perde la connessione con il suono 'di testa'.
(tratto da una intervista al soprano Régine Crespin condotta dal basso Jerome Hines, riportata in: J.Hines - "Great Singers on Great Singing", Doubleday, 1982 - trad.it. di Mattia Peli)
16. - Beverly Sills -
Prendendo i suoni di testa, opto per il palato molle. Quando ero solita cantare Zerbinetta puntavo al palato molle. Mi sono guardata allo specchio mentre cantavo, giusto per vedere cosa avveniva. Nel raggiungere i suoni molto acuti ho notato che il mio palato molle si alzava maggiormente... (...) Se voglio entrare nella gamma dei suoni di testa esso [il suono della vocale] diventa una AO, con un suono quasi di U in esso presente che lo spinge in testa.
(tratto da una intervista al soprano Beverly Sills condotta dal basso Jerome Hines, riportata in: J.Hines - "Great Singers on Great Singing", Doubleday, 1982 - trad.it. di Mattia Peli)
17. - Franco Corelli -
- "Pensi ad alzare il palato molle?"
- "Credo che sia lo sbadiglio a sollevarlo"
(tratto da una intervista al tenore Franco Corelli condotta dal basso Jerome Hines, riportata in: J.Hines - "Great Singers on Great Singing", Doubleday, 1982 - trad.it. di Mattia Peli)
18. - Carlo Bergonzi -
L'importanza della copertura e dell'uso del palato molle nel passaggio di registro verso la zona acuta, secondo Carlo Bergonzi:
« (...) c'è anche il cantante capace di adattarsi [al diapason più alto usato oggi] ricorrendo alla tecnica, cioè alzando il cosiddetto palato molle che fa passare il suono. (...)
Ho sempre passato sul Fa-Fa diesis. C'è però un'altra cosa, anch'essa, penso, dovuta all'innalzamento del diapason. Alcuni maestri confondono molte cose: parlano di "chiuso" e di "aperto", ma confondono il "coperto" con il "chiuso". Coperto, il suono va coperto. Deve essere appoggiato ma coperto. (...) Il maestro deve dare anche l'impostazione del suono. Se la voce si chiude non lavora più né il diaframma né il resto. (...)
Il suono, coprendolo, passa. E una volta che arrivati al Fa diesis, Sol, La bemolle, si può andare dovunque, non ci sono limiti (...) Ma se si incomincia a chiudere sul Fa o sul Fa diesis come si fa ad arrivare al La, al Si bemolle? Se canto “un trono vicino al sol, un trono vicino al sol" chiudendo la voce, come faccio? E' già sul Fa che io so che faccio il Si bemolle. »
(da "Nuova Solidarietà" - "Le voci italiane ci sono ancora" - Intervista a Carlo Bergonzi - Il famoso tenore, sulla breccia ancora a 63 anni, spiega perché l’accordatura alta e la scelta di ruoli inadatti impediscono la formazione delle grandi voci
di: Liliana Celani e Giuseppe Matteucci, 12 marzo 1988 [http://www.carlobergonzi.it])
19. - Pablo Elvira -
La cosa più semplice, che è la più difficile da insegnare, è come 'sollevare' il 'palato'... sentire che il palato molle è un po' tirato su, vale a dire che si possa avere lo spazio necessario quando si canta. (...) Ora, c'è un segreto che sto per rivelare. C'era un tenore drammatico portoricano al tempo di Caruso chiamato Don Antonio Paoli. Cantò per gli zar. Tornò a Puerto Rico per morirvi, e là insegnò canto ad alcuni studenti.
Egli vocalizzava sempre con la vocale U. Ed anch'io ho usato questo sistema, ed ho sviluppato più [estensione] di quanto mi servisse. (...) Tutti questi vocalizzi di cui ho parlato, egli li avrebbe vocalizzati sulla vocale U, cercando di tenere la U con lo "squillo". E questo spiega perché io riesca a far ciò che voglio. Non ho mai studiato con lui, ma ho osservato i suoi allievi mentre insegnavano ad altri. Egli diceva che la vocale più difficile da cantare era la U. Quando si domina la più difficile le altre vocali diventano facili. Nell'emettere la U, si alza il palato molle. Se si canta A, si deve pensare a quando si sta sbadigliando per sollevare il palato...
(tratto da una intervista al baritono Pablo Elvira condotta dal basso Jerome Hines, riportata in: J.Hines - "Great Singers on Great Singing", Doubleday, 1982 - trad.it. di Mattia Peli)
20. - Sherrill Milnes -
- "Che ne pensi dell'uso del palato molle in una gola aperta?" domandai.
- Intendi il sollevamento del palato molle? E' un fatto fisiologico! Se qualcuno pensa d'esser contrario a ciò, significa che non lo comprende.
- "Più spazio", disse. "Più sollevamento del palato molle quando si sale cantando più in alto nella gamma dei suoni, e, se possibile, più apertura nella gola...la sensazione dello sbadiglio...tuttavia, senza che il suono cada indietro. Va mantenuta quella percezione alta nel naso del seno frontale..."
(tratto da una intervista al baritono Sherrill Milnes condotta dal basso Jerome Hines, riportata in: J.Hines - "Great Singers on Great Singing", Doubleday, 1982 - trad.it. di Mattia Peli)
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Breve corollario
- CRIVELLI:
"La canna de' Polmoni ha un'azione naturale d'elevarsi, e d'abbassarsi, e perciò imparte alla Laringe un movimento o all'ingiù verso l'espansione della Gola, o verso la Cavità della Bocca - Nel produrre i suoni gravi la Canna de' Polmoni abbassandosi, la Laringe s'inclina verso l'espansione della Gola, e nel passar dai suoni gravi agli acuti la Canna de' Polmoni, elevandosi gradualmente, la Laringe, montando, s'inclina verso la Cavità della Bocca, e questo è la causa di quei suoni che sono chiamati vibrazioni di testa - durante quest'azione i muscoli interiori della Laringe o si dilatano, o si contraggono; nel dilatarsi producono i suoni gravi, nel contrarsi gradualmente gli acuti. (...) La lingua è piattamente distesa. - Il Palato molle, e l'Ugola, tendono verso il passaggio che communica col naso, e così producono uno spazio sufficiente, tra il quale il suono passa perfettamente libero, e con capacità di espansione."
(Domenico Crivelli - "L' Arte del Canto ossia Corso completo d'Insegnamento sulla Coltivazione della Voce" - Londra, 1820)
- ROSSINI:
"Allo studio delle vocali seguiva quello dei dittonghi, delle consonanti, dell'articolazione, della respirazione etc. Si badava soprattutto che il suono si propagasse grazie all'aiuto del palato della bocca. Questo, in effetti, è il trasmettitore per eccellenza di una bella sonorità. E in questo bisogna ammettere che la lingua italiana sembra davvero privilegiata nel promuovere lo sviluppo del "bel canto". "Amâre... bêllo..." Questi "mâ", "bêll", piazzati sul palato e così trasmessi, non son già musica?»"
[dal libricino di Edmond Michotte intitolato "Une soirée chez Rossini à Beau-Séjour (Passy) 1858, Exposé par le Maestro, des principes du 'Bel Canto'", 1895 ca. - trad. it. di Carolina Barone]
--> http://belcantoitaliano.blogspot.com/2020/12/rossini-sul-bel-canto.html
- BOCCABADATI:
"Coll'abbassare la lingua ed alzare il palato si ottiene una piacevole sonorità."
(da: VIRGINIA BOCCABADATI - Maestra di Bel Canto nel Liceo Musicale Rossini di Pesaro - "OSSERVAZIONI PRATICHE PER LO STUDIO DEL CANTO" - Pesaro, 1893)
- ISNARDON:
« [Si] vous avez placé l’appareil vocal dans la forme du "bâillement", votre palais soulevé, votre langue retombant inerte, vous présentez à la voix un "pavillon", comme pour les instruments à vent, où le son va prendre toute sa sonorité, toute son ampleur, toute son élasticité. »
[Jacques Isnardon - "La bouche et le chant" - Musica, novembre 1902, p. 28]
- SHAKESPEARE (tenor):
SOFT PALATE. - If we pass the finger backwards along the roof of the mouth, we discover the soft palate. There has been much discussion as to its influence over the tone of the voice. It is here suggested that its freedom of action depends on the freedom of the throat and tongue. (...)
THE TONGUE. - (...) The use of any muscles which would cause the tongue to be "rigidly drawn back" would destroy the purity of all the vowel sounds. As on ascending the scale the pipes of an organ diminish in length and breadth, there may be for every rising note wc sing a natural and unconscious contraction of the throat space, there certainly is a rising and falling of the soft palate, as the notes ascend mid descend. In placing the voice, then, no muscles must be employed which would interfere with the freedom of the tongue and throat. (...)
(from: "THE ART OF SINGING", by William Shakespeare - Based on the Principles of the Old Italian Singing-Masters - London, 1909)
- FILLEBROWN:
"The true office of the soft palate is to modify the opening into the nose and thus attune the resonant cavities to the pitch and timbre of the note given by the vocal cords and pharynx. (...)
As the voice ascends the scale the tension of the soft palate is increased and it is elevated and the uvula shortened, thus decreasing the opening behind the palate, but never closing it. In fact the larger the opening that can be maintained, the broader and better the tone. The author was himself unable fully to appreciate this until he had become able to sense the position of the soft palate during vocalization."
(from: Thomas Fillebrown - RESONANCE IN SINGING AND SPEAKING - Boston, Oliver Ditson Company 1911)
- SAENGER:
Placing the voice—THE SOFT PALATE.
The soft palate is the back part of the roof of the mouth. Its freedom of action depends much on the freedom of the throat and tongue. It must rise, so that the roof of the mouth, back of the hard palate, may assume an arched shape, which is most favorable to the production of round, sonorous tones, "but" care must be taken not to exaggerate this arch and to keep the soft palate free and flexible.
(Oscar Saenger - "The Oscar Saenger course in vocal training" - A complete course of vocal study for the Tenor Voice, 1916)
- KLEIN, allievo di Garcia:
"Allorché si apre la bocca per emettere un suono, ciò deve avvenire abbassando leggermente la mascella inferiore, senza movimenti incomposti del capo, il quale rimane tranquillo ed eretto. La lingua si appiattisce leggermente quando la mascella inferiore si abbassa, mentre lo spazio faringeo si dilata. Il palato molle si eleva a forma di cupola. La forma così creata dà senz'altro l'avvio per la formazione della vocale madre, l' "a".
La forma di tutte le altre vocali, in qualsiasi lingua, non è che la variazione di questo processo fondamentale (...)"
(da: Gli "otto punti essenziali del sistema del Bel Canto", indicati dal signor Klein come quelli della scuola di E. Garcia, suo Maestro - tratto da: Herman Klein - "THE BEL CANTO" - Oxford University Press, 1923 - in: SANTA CECILIA, Roma, aprile 1960, traduzione a cura di Rachele Maragliano Mori)
- HUEY:
There are two ways of treating the soft palate in writing on "How to Sing". One, quite popular, is to forget it—not mention it at all. The other is to "Raise the soft palate by inhaling deeply" before phonation begins. Our prominent singers defend this latter action (...) "thus insuring an open throat".
(from: "The Soft Palate in Song", by L.O. Huey, in: THE ETUDE, October 1924)
- ARMSTRONG:
(...) let us see just how important its actions are in singing.
Up to about the year 1900, and for as far back as the writer can remember, the best teachers demanded of their pupils that they “arch” the palate. This was stressed also by great singers such as Jean de Reszke, and Enrico Caruso, the latter going so far as to advise the use of a hand mirror to see the action of the palate.
We now shall endeavor to show that an arching or a higher and higher elevation of the palate as the voice ascends, assists in the tensing of the vocal bands (cords) to meet and resist extraordinary breath pressure, and that adequate tension is not possible without the cooperation of an arching, or elevating soft palate.
(...) Then how may an arched position of the palate be developed? Through either a yawning sensation or a sombring of tone (...)
Essential in this is that the tip of the tongue be held in contact with the lower front teeth throughout the exercise, for should the tongue be drawn back, the
dilation will be only half the degree necessary to a full arching of the palate. Also, the vowel must be held focused on the upper front teeth (...)
(from: "The Soft Palate in Singing", by William G. Armstrong, in: THE ETUDE, December 1945)