Scriveva Celletti, in "La grana della voce" del 2000 : « Nell' "Historia Musica" del Bontempi (Perugia, 1695) [un castrato e compositore di merito e uno storico] è descritto l'addestramento dei giovani cantanti nelle scuole romane della prima metà del Seicento. Gli allievi vivevano in casa del maestro come pensionanti e studiavano otto ore al giorno. Il pomeriggio era dedicato al contrappunto, alla composizione, al clavicembalo; la mattina all'addestramento vocale, che tra l'altro riservava un'ora allo studio del trillo e un'ora ai passaggi d'agilità. Lo scopo, più che a produrre funamboli, mirava a rendere la voce pieghevole e duttile ai fini espressivi. Quello era infatti il tempo, come poi spiegherà il Tosi nelle "Opinioni", del canto soave e patetico e degli Adagi sostenuti con suoni saldi e morbidi, mentre le agilità degli Allegri vorticosi erano di là da venire. »
Ecco il fondamentale passo del libro, a cui allude Celletti, che è assolutamente da leggere, considerare e meditare per lo studente di canto odierno:
G. A. ANGELINI BONTEMPI, Historia musica, Perugia 1695 (pag. 170)
"Le scuole di Roma obbligavano i discepoli ad impiegare ogni giorno
- un’ora nel cantar cose difficili e malagevoli per l’acquisto dell’esperienza.
- Un’altra nell’esercizio del trillo.
- Un’altra in quello de’ passaggi [melismi].
Un’altra negli studi delle lettere
- ed un’altra agli ammaestramenti ed esercizi del canto, e sotto l’udito del Maestro ed avanti ad uno specchio per assuefarsi a non far moto alcuno inconveniente né di vita né di fronte né di ciglia né di bocca. E tutti questi erano gli impieghi della mattina.
Dopo il mezzodì si impiegava
- mezz’ora negli ammaestramenti appartenenti alla teorica:
- un’altra mezz’ora nel contrappunto sopra il canto fermo,
- un’ora nel ricevere e mettere in opera i documenti del contrappunto sopra la cartella [tavoletta smaltata per scrivere e cancellare esercizi
musicali];
- un’altra negli studi delle lettere;
ed il rimanente del giorno nell’esercitarsi nel suono del clavicembalo, nella composizione di qualche salmo o mottetto, o canzonetta, o altra sorta di cantilena secondo il proprio genio. E questi erano gli esercizi ordinari di quel giorno nel quale i discepoli non uscivano di casa.
Gli esercizi poi fuori di casa erano
- l’andar spesse volte a cantar, e sentire risposta da un’eco fuori della Porta Angelica verso Monte Mario, per farsi giudicare da se stesso de’propri accenti:
- l’andar a cantare quasi in tutte le musiche, che si facevano nelle chiese di Roma:
- e l’osservare le maniere del canto di tanti cantori insigni, che fiorivano nel pontificato di Urbano VIII,
- l’esercitarsi sopra quelle; e renderne le ragioni al Maestro, quando si ritornava a casa, il quale poi per maggiormente imprimerle sulla mente dei discepoli, vi faceva sopra i necessari discorsi e ne dava gli opportuni avvertimenti.
Questi son stati gli esercizi, questa la scuola che noi sopra la musica armonica abbiamo avuto in Roma da Virgilio Mazzocchi, professore insigne e maestro di cappella di S. Pietro in Vaticano, il quale ha dato nuovi lumi a questa scienza."
Per "fare un cantante" ci voleva quindi una salda tecnica (data dall'esperienza pratica sotto la guida del Maestro), non disgiunta da una buona preparazione musicale (strumentale e compositiva). Anche in seguito, nel Settecento e prima metà dell'Ottocento, erano sempre i cantanti stessi a inventare ornamentazioni, variazioni e cadenze ed ogni cantante creava le proprie (in tal modo da divenire seppur in misura limitata, in un certo senso, "co-creatori" e "co-compositori" della parte di un dato personaggio operistico e/o oratoriale), senza copiare come si fa generalmente oggi quelle di qualche cantante noto (per es. quelle della Moffo per l'aria di Rosina eseguita in fa) o eseguire sempre le stesse poche famose scritte nel Ricci.
Per riportare in auge il Bel Canto è dunque necessario che i cantanti si presentino in teatro davvero pronti tecnicamente parlando ed abbiano (possibilmente) una preparazione non solo vocale, cosa che in larga scala (a parte rarissimi casi) non avviene ormai da diversi decenni. E' quindi giunta l'ora di ritornare sulla "retta via" praticata un tempo, affinché l'Arte del Canto possa davvero tornare a risplendere.
Vedi precedente articolo di riflessione qui pubblicato
Da sinistra: il M° Mattia Peli, il Soprano Astrea Amaduzzi e il Presidente del Museo della Radio di Verona, Alberto Chiàntera
16 febbraio 2018, ore 17.00: ospite dell'A.I.D.I.V. - Centro Studi Vocali e del Teatro Filo di Cremona, assieme al Museo della Musica di Verona, Belcanto Italiano ® chiama i suoi fondatori a rappresentare l'eccellenza dell'opera italiana in Lombardia.
Dopo i successi di Roma e Verona in collaborazione con Alberto Chiàntera, presidente dell'eccezionale "Museo della Radio di Verona", il Soprano Astrea Amaduzzi e il Maestro Mattia Peli al Pianoforte, nella formazione che prende il nome di "Belcanto Italiano ® Duo", si esibiranno in un programma ricco e raffinato, in una lettura fedele alla migliore tradizione vocale dell'età d'oro dell'Opera.
Il "Belcanto Italiano ® Duo" alternerà la sua esibizione con eccezionali ascolti da grammofoni con dischi originali d'epoca della collezione di Alberto Chiàntera, Presidente del Museo della Radio di Verona; tale ascolto si propone come un raffronto tra voci diverse e di generazioni diverse.
Il Soprano Astrea Amaduzzi con il Musicologo Stefano Ginevra, sullo sfondo i grammofoni del Museo dells Radio di Verona
Faranno sentire la loro voce anche i rappresentati dell'A.I.D.I.V. di Cremona: il Musicologo Stefano Ginevra, Direttore artistico della manifestazione, eseguirà le arie tenorili e Don Claudio Corbani, con la sua voce di baritono porterà il suo messaggio musicale come ideale capace di rendere più gentili i cuori attraverso la Musica.
Ricco dunque il programma musicale:
Catalani - "Ebben? Ne andrò lontana" (La Wally)
Gounod - Dio possente, Dio d'amor (Faust)
Rossini - "Ah! voi condur volete alla disperazione...Ah! donate il caro sposo...Ma già sento la speranza" (Il signor Bruschino)
Bellini - "A te o cara" (I Puritani)
Bellini - "Eccomi in lieta vesta...Oh quante volte" (I Capuleti e i Montecchi)
Rossini - "Largo al factotum" (Il barbiere di Siviglia)
Puccini - "Un bel dì vedremo" (Madama Butterfly)
Puccini - "Guardate pazzo don" (Manon Lescaut)
Verdi - "È strano...Ah! fors'è lui...Sempre libera" (La Traviata)
E per i grammofoni di Alberto Chiàntera, Presidente del Museo della Radio di Verona ascolti da: Manon di Massenet, Pescatori di Perle di Bizet, La Gioconda di Ponchielli e le canzoni "Mamma" e "Solo per te Lucia".
L'ingresso alla manifestazione è libero fino a esaurimento posti.
Prenotazioni al seguente numero della Direzione di Belcanto Italiano ®: 3475853253
Copertina di "Scuola di canto" di Gemma Bellincioni pubblicato nel 1912
Tra le cantanti che ci hanno lasciato incisioni nei primi anni del Novecento e che allo stesso tempo hanno scritto metodi di canto, oltre a Lilli Lehmann (che ricevette le prime lezioni di canto dalla madre, Maria Theresia Löw, amica di Wagner, cantante ella stessa e arpista), Luisa Tetrazzini (che studiò canto con la sorella Eva Tetrazzini Campanini, anch'essa celebre soprano), Toti Dal Monte (allieva del celebre contralto Barbara Marchisio), Lillian Nordica (che studiò con Giovanni Sbriglia) e Nellie Melba (allieva di Mathilde Marchesi, a sua volta allieva di Manuel García figlio il quale studiò con il castrato Giuseppe Aprile così come con Manuel García padre che aveva studiato con Giuseppe Ansani proveniente dalla scuola del grande Porpora), non va dimenticata la Bellincioni.
Gemma Bellincioni
"Ah fors'è lui che l'anima", dalla "Traviata" di Verdi, incisa da Gemma Bellincioni
Il soprano Gemma Bellincioni (Monza, 18 agosto 1864 – Napoli, 23 aprile 1950), figlia d'arte (il padre, Cesare, era un basso, la madre, Carlotta Soroldoni, un contralto) e moglie del tenore Roberto Stagno, fu la prima interprete di Santuzza nella "Cavalleria rusticana" di Mascagni, andata in scena per la prima volta il 17 maggio 1890 al Teatro Costanzi di Roma, e la prima interprete nel ruolo del titolo della "Fedora" di Giordano rappresentata per la prima volta il 17 novembre 1898 al Teatro Lirico di Milano, assieme al tenore Enrico Caruso, diretti dal compositore stesso, nonché prima interprete nel ruolo della protagonista della prima rappresentazione italiana di "Salomè" di Richard Strauss, diretta dall'autore stesso, al Teatro Regio di Torino il 22 dicembre 1906.
Dedica del soprano Gemma Bellincioni a Richard Strauss
Sarà forse per questo che il suo libro "Scuola di canto" (Adolph Fürstner, Berlin-Paris, 1912) reca la dedica "A Richard Strauss con profonda ammirazione", ma molto probabilmente il motivo è da ricercare anche nella volontà di trasmettere la tradizione del belcanto italiano ai cantanti e agli studenti di canto stranieri; il volume infatti reca numerosi esercizi vocali pratici con parche indicazioni tecniche riportate non solo in lingua italiana, ma anche in tedesco, inglese e francese.
Si tratta quindi più di un libro di vocalizzi (un po' come per la Dal Monte) che di un vero e proprio metodo di canto, costituito da moltissima pratica (tanti esercizi specifici) e pochissima teoria (qualche spiegazione tecnica), coerentemente con la migliore tradizione della scuola vocale italiana che prediligeva allora (come oggi) l'esempio vocale pratico del Maestro alla teoria descrittiva.
La Bellincioni nei panni di Salomè di Richard Strauss nel 1911
Educata la voce sotto la guida materna prima, quindi alla scuola del soprano Luigia Ponti Dell'Armi e del celebre baritono verdiano Giovanni Corsi, la Bellincioni sostituì, sedicenne, la primadonna nell'opera di C. Pedrotti "Tutti in maschera", rappresentata nell'autunno 1880 al Teatro Nuovo di Napoli, riportandovi un lusinghiero successo. Nel 1886 trionfò alla Scala di Milano nella verdiana "Traviata", interpretazione stupenda alla quale, in seguito, doveva rimanere indissolubilmente legata la sua fama di cantante-attrice d'eccezione. Scrisse anche i libretti di due opere, di cui fu la prima interprete: "Eros" di N. Massa (Teatro, alla Pergola di Firenze, 1895) e "La sorella di Mark" di G. Setaccioli (Roma, Teatro Costanzi, 1896). Oltreché in patria, la B. ebbe accoglienze entusiastiche in tutta Europa e nel Sud America (particolarmente nell'opera "Romeo e Giulietta" di Gounod, insieme con il marito Stagno); speciale ammirazione le tributarono, tra i sovrani, Guglielmo II, che la chiamò a Potsdam, per farle eseguire la "Cavalleria rusticana", e la regina Elisabetta di Romania.
Ritiratasi dalle scene nel 1911 dopo un'ultima rappresentazione, all'Opéra di Parigi, della "Salomè" straussiana, insegnò canto a Berlino, fino allo scoppio del conflitto mondiale 1915-18, poi, per due anni, al conservatorio di S. Cecilia in Roma. Nel 1930, instancabilmente operosa, istituì anche una scuola di canto a Vienna; rientrata in Italia nel 1932, insegnò arte scenica nell'Accademia Chigiana di Siena (1933); infine - e per lunghi anni - tenne la medesima cattedra a Napoli nel conservatorio di S. Pietro a Majella.
Gemma Bellincioni nel 1903
"L'altra notte in fondo al mare", dal "Mefistofele" di Boito, incisa da Gemma Bellincioni
Quello che colpisce in questo libro di vocalizzi, diviso in tre parti (chiamate volumi), per un totale di 61 esercizi vocali, è che una prima interprete di ruoli veristi abbia puntato, in questo suo metodo pratico, a sottolineare l'importanza fondamentale dei principi del Bel Canto, come ad esempio l'esercitarsi sulla "messa di voce" e sulle agilità vocali (tra l'altro citando un famoso esercizio attribuito dal Panofka al grande Rossini), ma anche di non forzare l'emissione e non contrarre né muscoli né laringe.
La Bellincioni prima Santuzza nella "Cavalleria rusticana" di Mascagni
"Voi lo sapete o mamma", dalla "Cavalleria rusticana" di Mascagni, incisa dalla Bellincioni nel 1903
"O grandi occhi lucenti", dalla "Fedora" di Giordano, incisa dalla Bellincioni nel 1903
Nei tre volumi della Bellincioni vengono affrontati in particolare i seguenti temi :
- lo studio dell'impostazione della voce nei differenti registri
- i salti di terza, quarta, quinta e ottava
- le agilità di terzine di crome e quartine di semicrome
- le note del registro medio
- lo studio della frase legata
- lo studio di Andante cantabile all'uso dell'antica scuola italiana
- lo studio di "mezza voce"
- lo studio per il "portamento"
- lo studio di frase drammatica
- lo studio sulle note coronate e difficile tonalità
- lo studio di emissione in tonalità difficili
- lo studio per emettere leggermente il suono
- lo studio sulle note ripetute
- lo studio di tempo concitato
- lo studio di tempo accelerato
- l'esercizio in tonalità diverse ("fatto per abituare l'allievo al trasporto di un pezzo")
- lo studio al tempo sincopato
- lo studio del mordente e del gruppetto
- lo studio del trillo
- lo studio di arpeggio
"Non conosci il bel suol", da "Mignon" di Thomas, incisa da Gemma Bellincioni
"E' l'amore uno strano augello", dalla "Carmen" di Bizet, incisa da Gemma Bellincioni
"Invan per evitar...", dalla "Carmen" di Bizet, incisa da Gemma Bellincioni
Diamo una breve scorsa agli esercizi della Bellincioni.
Il Vol. I° è costituito da 20 esercizi, il primo dei quali si muove sulla classica quinta per gradi congiunti, vocalizzando alternativamente con A, La ed O. L'esercizio può essere ripetuto salendo di semitono sino al Fa (toccando così il Do acuto).
Spicca poi per interesse la raccomandazione tecnica che accompagna l'esercizio n.10 sullo studio per l'impostazione della voce nei differenti registri (vocalizzando sulla A, marcando un poco la nota più alta, che ha bisogno di essere "girata" maggiormente) : "Il meccanismo d'impostazione nel passaggio dalle note basse alle medie, e dalle medie alle acute deve essere applicato con molta cura per evitare all'organo vocale dell'allievo qualunque sforzo o contrazione di muscoli o di laringe."
Dal n.12 al n.15 vengono trattati progressivamente i salti di terza, poi quelli di quarta, quelli di quinta ed infine quelli d'ottava, mentre il n.17 fa scivolare cromaticamente con flessibilità e morbidezza la voce su vocale A: do - do # - re - re # - mi - do (ripetendo l'esercizio salendo sino al re bemolle, un'ottava sopra, toccando il fa).
Particolare il n.15, nel quale ci si ferma brevemente sulla nota più alta per permettere meglio il "giro" vocale, esercizio da cominciare sulla vocale A partendo da Do, da ripetersi poi salendo di semitono, con vocale E dal Re bemolle, I dal Re, O dal Mi bemolle, A dal Mi, E dal Fa, A dal Sol bemolle ed E dal Sol, e poi scendendo di semitono, con vocale A dal Sol bemolle, E dal Fa, O dal Mi, I dal Mi bemolle, E dal Re, O dal Re bemolle, A dal Do. In questo modo vengono alternate vocali più ampie e verticali (A ed O) ad altre più strette e più orizzontali (E ed I) indipendentemente che la nota si trovi in zona media o più medio-acuta, probabilmente per familiarizzare il cantante con situazioni di vocali meno comode nella zona medio-alta che delle volte si riscontrano nel repertorio operistico vero e proprio (specialmente quando il compositore in una determinata opera, musicando con note alte un libretto magari non tanto felice, non ha tenuto conto di garantire la comodità vocalica in zona medio-acuta).
Il n.20 dopo l'arpeggio ascendente su note tenute dell'accordo ridiscende con note d'agilità (anticipando gli esercizi sulle agilità del Vol. II°), esercizio da ripetersi salendo di semitono sino a toccare il Do acuto.
Il Vol. II° è costituito, anch'esso, da 20 esercizi. Il primo di essi è lo studio della "messa di voce" a cominciare da un LA in zona centrale, esercizio da ripetersi salendo di semitono sino al si bemolle acuto.
Dal n.5 in poi gli esercizi vertono sullo studio delle agilità: terzine e quartine. Il n.6 è l'esercizio di Rossini semplificato.
Rispetto all'esercizio attribuito a Rossini dal Panofka, la Bellincioni lo accorcia di una battuta e non indica le dinamiche.
Mentre il vocalizzo rossiniano originale, il cosiddetto "L'ARPEGGIO DI
ROSSINI" (in tutte le tonalità maggiori, così come riportato da Heinrich
Panofka nel suo "L'Art de chanter" del 1853: da FA, salendo di semitono
a SOL b, SOL, LA b, LA, SI b, SI, DO, RE b, RE, MI b, MI, a FA), è da
eseguirsi prima in "Forte", poi in "Piano" ed infine in "Pianissimo",
vale a dire "a piena voce", "a mezza voce" e "con un filo di voce",
tutto in un unico fiato !!!
Questo particolare arpeggio
rossiniano è forse l'esercizio più comune di tutta la pedagogia vocale.
Il grande contralto e didatta Pauline Viardot-Garcia (1821-1910), la
sorella di Maria Malibran, identificò l'ispirazione originaria di tale
arpeggio in un passaggio per violino nel Settimino in mi bemolle
maggiore op. 20 di Beethoven.
Il n.18 è incentrato sullo studio del trillo, esercizio da ripetersi salendo di semitono sino al Fa, toccando il Sol acuto appena sopra al secondo passaggio di registro.
Il n.19 si ferma, salendo, sulla nota più alta (coronata) dell'esercizio, permettendo comodamente nel semitono mi-fa di scivolare in modo flessibile e morbido e di "girare" bene la nota più alta.
Infine, il Vol. III° è costituito da 21 esercizi, il primo dei quali è dedicato allo studio delle note del registro medio, da vocalizzare sulla A. Importante notare la prescrizione che accompagna l'esercizio: "Osservare l'eguaglianza e ben legare le note di passaggio dal registro basso al medio. Non forzare l'emissione delle note gravi."
Altre raccomandazioni vocali interessanti sono :
- Nello studio di Andante cantabile : Sostenere bene il suono nella frase ampia graduando la respirazione.
- Nello studio di "mezza voce" : L'emissione del suono esatta e ben intonata. La respirazione ben graduata e leggera.
- Nello studio per il "portamento" : Il canto ben legato e sostenuto. La respirazione leggera ma larga.
Da notare che nell'esercizio n.10 (di questo terzo ed ultimo volume) scrive per ben due volte la prescrizione "CON GRAZIA", richiesta che rimanda allo stile belcantistico in un periodo storico verista.
- Nello studio al tempo sincopato : Leggero l'attacco e ben timbrato il suono.
- Nello studio di frase drammatica (con citato) : Ben vibrare le note e ben impostare il suono nei cambiamenti di registro.
- Nello studio di tempo accelerato : La respirazione ben distribuita per non riescir affannosa ed il suono ben vibrato e ben impostato nel cambiamento di registro.
- Nello studio del trillo : Appoggiare bene il suono sulla nota di attacco.
- Nello studio di agilità : Leggera l'emissione e leggera la respirazione. Ben marcate tutte le note.
La Bellincioni negli anni '10 del Novecento
Il cast principale, con il compositore di "Cavalleria rusticana", a
Livorno (da sinistra a destra: Stagno, Mugnone, Mascagni, Bellincioni,
Ancona, Nobili, Casali)
Gemma Bellincioni e Roberto Stagno nella "Cavalleria rusticana"
In conclusione, il canto della Bellincioni (come si può ascoltare nelle incisioni in 78 giri) e questo suo "Scuola di canto" nel suo complesso sono la prova che nemmeno i primi interpreti "veristi" forzassero la voce od urlassero, come succede sfortunatamente oggigiorno di sentir fare ormai da diversi anni, anzi utilizzavano la medesima tecnica impiegata nel repertorio belcantistico, non modificando l'emissione e la gestione tecnico-vocale in repertori più pesanti.
Il soprano Gemma Bellincioni nel 1886
Se siete voci consistenti di natura e volete fare un repertorio verista e in generale che orbiti sulla fine dell'Ottocento - inizio del Novecento, anche se affronterete di norma ruoli tenorili come quelli di "Manon Lescaut" o di "Cavalleria rusticana", oppure sopranili come quelli di "Adriana Lecouvreur" o "Francesca da Rimini" e così via, in ogni caso dovreste mantenere la voce in salute, e non lo potrete mai fare discostandovi dalla tecnica e dalla gestione corretta della voce lirica insegnata dalla Scuola italiana belcantistica: "Messa di voce", agilità varie, e un certo esercizio sulle arie antiche così come per esempio sul repertorio rossiniano, belliniano e donizettiano rimane fondamentale pane quotidiano anche per voci grosse e meno leggere di natura.
Pianoforte Pleyel appartenuto al soprano Gemma Bellincioni
Diversamente la voce abbandonerà in pochi anni il suo possessore, ed il canto che ne uscirà nella sua breve vita canora sarà sempre duro, rigido, mancante di legato e di flessibilità, ed incapace di rendere tutte le sfumature dinamiche (specialmente i P e PP) indicate da Mascagni, ma anche da altri compositori coevi come Giordano, Cilea, ecc. e pertanto volgare ed inespressivo. A voi la scelta!