sabato 21 giugno 2025

A Reggio Emilia torna, come ospite speciale, il Belcanto Italiano Duo in concerto, interpretando le arie "di coloratura" di Vivaldi e Mozart


Il 21 giugno 2025 si esibiranno a Reggio Emilia gli 'Archi Ravegnani', diretti da Marina Mammarella, assieme ai soprani Diana Corradini ed Astrea Amaduzzi che, in duo con il M° Mattia Peli al pianoforte, interpreterà alcuni brani sacri, tra i quali anche due arie "di coloratura": il "Laudamus te", dalla 'Messa in do minore' di Mozart e "In furore justissime irae" di Vivaldi. 

Il concerto avrà luogo presso la Chiesa dei Cappuccini, in via A.Ferrari Bonini 2A, nella bella e picevole cittadina emiliana.

Per info (Tel. o WhatsApp) 348.2236390

mercoledì 11 giugno 2025

Il Belcanto Italiano Duo a Milano con le arie della Contessa delle "Nozze" mozartiane, nello spettacolo su Casanova celebrato nel tricentenario della nascita


A Milano il 12 giugno 2025 il Belcanto Italiano Duo, formato dal soprano Astrea Amaduzzi e dal M° Mattia Peli al pianoforte, eseguirà le arie della Contessa dalle "Nozze di Figaro" mozartiane - "Porgi amor" e "Dove sono i bei momenti", con la cabaletta conclusiva "Ah! se almen la mia costanza" - all'interno del serale spettacolo teatral-musicale intitolato «"Giacomo Casanova" (Memoires) - Nel tricentenario celebrativo della nascita», che avrà luogo presso l'Auditorium Stefano Cerri, con la regia di Paola Pellegrino. 

Vi aspettiamo numerosi!

giovedì 5 giugno 2025

Puccini celebrato con un concerto esclusivo dal Festival Internazionale itinerante di Belcanto Italiano ® a Viareggio

Un programma musicale esclusivo, un luogo magico, Il Duo più belcantistico d'Italia, un raduno di appassionati della musica del grande Puccini, uno storico raffinato, due deliziose voci bianche: questi sono gli ingredienti preziosi del concerto "Giacomo Puccini genio italiano" che si svolgerà a Viareggio il prossimo sabato 7 giugno 2025.

L'appuntamento è alla Misericordia di Viareggio alle ore 17,00,  dove si darà il via ad un raduno internazionale con un concerto interamente dedicato alla musica di Puccini in cui prenderanno vita Manon Lescaut, Tosca, Cio-Cio-San (Butterfly) e Liù, in un viaggio musicale pucciniano tra i pioppi curvati dal vento, la casetta di Cavaradossi e Tosca, il mare di Butterfly, l'alcova di Manon e i monti dell'Est di Turandot.


Vale spendere qualche parola anche per la cornice del concerto: la Misericordia di Viareggio, che sorge in Via Cavallotti 97; si tratta di uno dei più eleganti e suggestivi edifici storici dell’intera città. È sotto la tutela del patrimonio artistico delle Belle Arti ed ha una facciata con decorazioni realizzate da Galileo Chini, amico di Puccini, che fu anche scenografo per la prima assoluta di Turandot.

L'appassionante programma sarà eseguito dal "Belcanto Italiano Duo", formato da due interpreti d'eccezione: il soprano Astrea Amaduzzi e il pianista Mattia Peli.

I due interpreti distinguono, a livello internazionale, per aver scelto una linea di esecuzione raffinata, filologica e proprio per questo, rara.

Molto attesa anche l'esecuzione delle due voci bianche Sophia Peli e Gilda Modena che conferiranno al concerto una deliziosa nota infantile fatta di "piccole cose" tanto care al Maestro Puccini.


A ornare meravigliosamente il concerto, ci sarà la "voce" d'altri tempi:  il timbro illustre dell'originale pianoforte a coda di Giacomo Puccini. Il concerto si inserisce all'interno del raduno dei membri del gruppo Facebook estremamente attivo, "Giacomo Puccini genio italiano": community di oltre 16.000 membri, che vanta decine di post pubblicati, commentati  seguiti ogni giorno da centinaia di appassionati da tutto il mondo, fondato dal Maestro Mattia Peli, ormai conosciuto in tutto il mondo.

L'ingresso al concerto è con offerta libera, ma si consiglia di prenotare il posto al n. 3475853253 tramite telefono o messaggio WhatsApp

lunedì 2 giugno 2025

A Viareggio il 7 e 8 giugno il concerto "Giacomo Puccini, genio italiano" ed il raduno internazionale del gruppo pucciniano più numeroso e longevo del web


Qualche numero potrà fare chiarezza: 13 anni di attività quotidiana costante, 16.830 membri italiani e stranieri, centinaia di visualizzazioni quotidiane per ciascun post pubblicato: si tratta del gruppo "Giacomo Puccini, genio italiano" che porta alto il nome del grande compositore.
Il gruppo, creato dal M° Mattia Peli il 5 maggio 2012, si è distinto per la qualità delle sue pubblicazioni, tanto da essere noto perfino alle illustri Fondazioni dedicate al grande compositore toscano. E quando il web, usato con intelligenza, fa finalmente cultura libera, c'è davvero motivo di festeggiare: con un raduno internazionale di alcuni appassionati pucciniani, membri di questo gruppo Facebook dedicato a Puccini più numeroso e longevo del web.

Si comincia il 7 giugno: il primo appuntamento è alla Misericordia di Viareggio alle ore 17,00,  dove si darà il via alla manifestazione con un concerto interamente dedicato alla musica di Puccini in cui prenderanno vita Manon Lescaut, Tosca, Cio-Cio-San (Butterfly) e Liù, in un viaggio musicale pucciniano tra i pioppi curvati dal vento, la casetta di Cavaradossi e Tosca, il mare di Butterfly, l'alcova di Manon e i monti dell'Est di Turandot.
A dare vita ai personaggi, il "Belcanto Italiano Duo" formato da due interpreti d'eccezione e una "voce" d'altri tempi: il soprano Astrea Amaduzzi e il pianista Mattia Peli, che si distinguono, a livello internazionale, per aver scelto una linea di esecuzione raffinata, filologica e proprio per questo, appassionata; e la 'voce illustre' del pianoforte a coda di Giacomo Puccini.
Tra un brano vocale e l'altro, non mancheranno pagine strumentali di struggente forza e dolcezza evocativa, quali il famosissimo Intermezzo da "Manon Lescaut", l'Intermezzo da "Madama Butterfly", il Preludio all'atto III della "Rondine" ed il Coro interno 'a bocca chiusa', (finale dell'atto II di "Madama Butterfly") nella versione per pf. solo, come da spartito pubblicato su 'Musica e Musicisti' del 15 agosto 1904.
Particolarmente attesa, per il concerto, è la partecipazione straordinaria delle voci bianche Sophia Peli e Gilda Modena che interpreteranno "Là, sui monti dell'Est" dalla "Turandot", ultima misteriosa e incompiuta opera del Cigno di Lucca.

Il giorno seguente (8 giugno) il raduno si sposterà prima nella magica villa di Puccini a Torre del Lago, e poi a Lucca, nella sua casa natale, sede ora del "Puccini Museum".

Il concerto è aperto anche a chi non prende parte al raduno, ma è consigliabile prenotare per assicurarsi in tempo i posti disponibili.
Ingresso al concerto con offerta libera -

Informazioni e prenotazioni via telefono o WhatsApp al numero 347.5853253

mercoledì 28 maggio 2025

Qualità necessarie per il ruolo di VIOLETTA, nella "Traviata" di Verdi

Fanny Salvini-Donatelli, prima Violetta della storia

QUALITÀ NECESSARIE PER IL RUOLO DI 'VIOLETTA':
l'esempio principe di Fanny Salvini-Donatelli (nata Francesca Lucchi, 1815 – 1891), soprano fiorentino 38enne, 'prima interprete assoluta' della Traviata - già con quattordici anni di carriera alle spalle, nella quale aveva interpretato anche l'Elvira dei 'Puritani' di Bellini - che secondo Tommaso Locatelli, critico particolarmente attendibile, "cantava i PASSI D'AGILITÀ - per lei scritti da Verdi - con PERIZIA e PERFEZION" e "rinnovava ogni sera le stesse meraviglie con la sua PORTENTOSA AGILITÀ e SICUREZZA"!!!

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Violetta, secondo Verdi:

Parigi, 1 dicembre 1853.
Caro Vigna,
Non desidererei di meglio che di vedere rimontata la «Traviata» che, tu lo sai, amo come tutte le altre opere mie, ma vorrei che ciò si facesse con artisti eccellenti e sopratutto adattati a quella musica. Per la «Traviata» si richiede una prima donna di primo sentire, di canto appassionato e di bella presenza. Senza queste qualità è impossibile un successo. La Bendazzi, per quanto buona artista non può unire queste qualità. (...)



23 marzo 1854.
Caro Vigna, (...)
Dopo un anno, ho esaminato bene ed a mente fredda questa povera «Traviata», mi ostino a credere che non sia poi sì cattiva e diavola come si vorrebbe; il terzo atto è di gran lunga superiore al resto dell'opera: che il primo è il più debole, e che il Duetto e Finale del secondo atto dovevano produrre maggiore effetto. Vedremo alla riproduzione. Tutto dipende, io credo, dalla prima donna. Del resto sarà quel che Dio vorrà .... Amen. (...)



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Notizie teatrali.
Bollettino degli Spettacoli della Stagione. — Gran Teatro la Fenice. — "La Traviata", libretto di F. M. Piave, musica del maestro Verdi.

GAZZETTA UFFIZIALE DI VENEZIA, Lunedì 7 marzo 1853:

(...) La Salvini-Donatelli cantò que' passi d'agilità, che molti per lei scrisse il maestro, con una perizia e perfezion da non dirsi: ella rapì il teatro [*], che, alla lettera, la subissò d'applausi. Quest'atto ottenne il maggior trionfo al maestro; si cominciò a chiamarlo, prima ancora che si alzasse la tela, per una soavissima armonia di violini, che preludia allo spartito; poi al brindisi, poi al duetto, poi non so quante altre volte, e solo e con la donna, alla fine dell'atto.
Nel secondo mutò fronte ahimè! la fortuna. Imperciocchè nella guisa medesima che dell'arte oratoria fu detto ch'ella tre cose richiede: azione, azione, azione; tre cose egualmente in quella della musica si domandano: voce, voce, voce. E nel vero un maestro ha un bello inventare, se non ha chi sappia o possa eseguire ciò ch'egli crea. (...) onde tutti i pezzi, che non furono cantati dalla Salvini-Donatelli andarono, per dirla fuor di figura, a precipizio. Nessuno degli altri cantanti trovavasi in piena sanità o sicurezza di gola, quantunque ognuno renda giustizia alla rispettiva loro bravura.
Laonde, pur concedendo che la musica fu magnificamente dall'orchestra sonata, tanto che in un delizioso preludio dell'atto terzo ella meritò che si levasse un grido universale di bravi, con tal fusione ed accordo di suono l'eseguirono i violini, che mossi pareano da un solo archetto, aspetteremo a giudicare il rimanente dell'opera, a non mettere il piede in fallo, ch'ella sia meglio cantata; (...)



GAZZETTA UFFIZIALE DI VENEZIA, Sabato 12 marzo 1853:

(...) Il fatto è che, dopo le prime rappresentazioni, il favore dell'opera è cresciuto; tanto che mercoledì il maestro fu domandato, non solo al prim'atto, ma e al termine del secondo e del terzo. Per verità, l'esecuzione non è delle più finite; e fuor che dal lato della Salvini-Donatelli, la quale rinnova ogni sera le stesse meraviglie con la sua portentosa agilità e sicurezza, ella, l'esecuzione, molto lascia desiderare. E tuttavia l'opera non pure resiste, ma monta (...)

[* Whatever the audience may have thought of Fanny Salvini-Donatelli's physical appearance, they were appreciative of her singing. The critic in "La Gazzetta di Venezia" wrote the following day: "Salvini-Donatelli sang those coloratura passages, of which the maestro wrote so many, with an indescribable skill and perfection. She captivated the theatre." - N.B. : Salvini-Donatelli made her operatic debut in 1839 at the Teatro Apollo in Venice as Rosina in Rossini's "Il barbiere di Siviglia".
She went on to a major career in Italy singing primarily at La Fenice and the Teatro Regio di Parma, where in 1850 a sonnet in her honour, written by the city's epigramist, Artaserse Folli, was distributed to the audience. She also performed at La Scala, the Teatro Regio di Torino, the Teatro Comunale di Bologna, the Teatro Grande di Trieste and several other Italian theatres.
Outside Italy, she sang in Paris, Barcelona, Vienna (where she made her debut in 1843 as Abigaille in "Nabucco" conducted by Verdi himself), and London (where she made her debut in 1858 at the Theatre Royal, Drury Lane as Leonora in "Il trovatore").] 



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- Sulla voce e l'arte della prima interprete di Violetta -

Ha detto di lei lo scrittore italiano Francesco Regli (1802 – 1866):
"La bella sua voce robusta e pieghevole penetra nell'anima, l'accento del suo canto strappa sempre un applauso d'entusiasmo, e fa tessere la più belle corone che tante volte raccolse; corone che non perdono mai la loro fragranza, e sono il più bell'ornamento ed il più caro della vita dell'artista."
E ancora:
"La signora Salvini-Donatelli, oltre essere intelligente ed appassionata cantante, è vera attrice, e diffonde nel cuore di chi l'ascolta la consolazione, la disperazione, la tristezza, l'amore, il riso, le passioni tutte infine e gli affetti del personaggio che rappresenta, del quale si identifica sempre in modo ammirabile."

[Francesco Regli - "Morti e vivi. Biografie artistiche pel nuovo anno 1850" - Tip. Fory e Dalmazzo, Torino, 1850 (a pagina 116)]



WAGNER WROTE 'BEL CANTO' - A.Materna, 1896

Amalie Materna nel ruolo di Isolde nel 1885 (a sinistra) - Incipit della morte di Isolde 'Mild un leise', parte conclusiva del 'Tristan und Isolde' wagneriano (a destra)

WAGNER WROTE 'BEL CANTO'


«When Tristan lies dead and Isolde sings her dying lament over him till her voice grows fainter and dies away, who can say that swan song is not bel canto?» - AMALIE MATERNA, Austrian operatic dramatic soprano, first perfomer of Brünnhilde ("Der Ring des Nibelungen") in 1876 and of Kundry (Parsifal) in 1882 at Bayreuth Festspielhaus!

--> http://belcantoitaliano.blogspot.com/2017/07/del-belcanto-wagneriano.html
http://belcantoitaliano.blogspot.com/2021/01/wagner-e-larte-del-bel-canto-italiano.html

(...) "You ask," 'Does singing Wagner music wear out the voice?' I must answer 'no.' Twenty-five years ago, when I began to sing the master's music, all the people said to me, 'Oh! my dear Materna, in five years you will have no voice; you will have screamed it all away.' Well, that is twenty-five years ago, and my voice is as strong as ever and the high tones are clearer. I was a mezzo-soprano when Wagner first began to teach me his roles. His music wants very high and very low notes. At first I would say, 'Oh, no, not so high as that,' but he would say, 'That must be sung, try,' and always I found he knew best.
There is one mistake that many people who try to sing Wagner's music make. They think it is loud and strong, and that so they must always practice at full voice. That wears out their voices. I have always practiced MEZZA VOCE, for, if you can sing a thing with the half voice, to yourself, you can always sing it with the full voice when you are before the public.
Much depends unpon the conductor. A man who knows and understands Wagner subdues the orchestra so that the sound does not overwhelm the singer. How great poor Hermann Levy was for that. It was a joy to sing 'Parsifal' to his conducting. (...)
But anyway, a singer who produces her voice properly can never force her tones," continued Materna thoughtfully. "If she produces it so," and the disciple of Wagner gave a deep guttural roar, "her voice must wear out very soon, for she is straining the muscles of her throat: but if the sound reverberates so," and this time Materna emitted a tone that rang forward on her palate, after which she added complacently, "that sort of production does not wear out the voice. (...)
But I will tell you what is the first real essential for Wagner singing, and that is to have the BEL CANTO before you begin to study the music dramas. All the time I see poor girls going on the stage with only three or four tones in their voices and they sing Elsa and Eva and Senta. Poor little things; they are almost children and they have not studied half enough. In two years their voices are gone, but it is not singing Wagner that ruined them: oh, no it is because they began to strain their voices in difficult parts before they had acquired enough school to know how to use them. It is terrible nowadays how many unprepared young ladies go on the stage."
Frau Materna says that she attributes her own success in the music dramas largely to the fact that she understood bel canto and could sing Mozart's florid arias before she began to study Wagner's music. She scorns the idea that there is no bel canto in Wagner, however. "Elizabeth's role, is that not all singing?" she asked. "And Elsa, and above all Isolde. When Tristan lies dead and Isolde sings her dying lament over him till her voice grows fainter and dies away, who can say that swan song is not bel canto?" (...)

(from: "The San Francisco Call", Friday, March 13, 1896)

 

"Wagner wrote Bel Canto" (The San Francisco Call, 13 March 1896) - 'How Voices are ruined'

 

lunedì 7 aprile 2025

Belcanto Italiano a Genova


Prossimo seminario intensivo sull'universo della voce nel canto lirico, con i fondatori di Belcanto Italiano: dal 24 al 27 aprile 2025 a Genova.
Dalla tecnica degli acuti al respiro profondo, potenziamento del suono e molto altro ancora! Vi aspetto con il M° Mattia Peli che sarà disponibile, assieme a me, a sciogliere ogni dubbio.

Ci vediamo in Liguria... un saluto e a presto da Astrea Amaduzzi!!!

per Info e prenotazioni
(Tel./WhatsApp) 3475853253

IL MAESTRO GIACOMO PUCCINI AL LAVORO

Il Maestro PUCCINI al lavoro

- IL MAESTRO AL LAVORO -

Appena aveva messo la parola «fine» a un’opera, il Maestro si concedeva un periodo di libertà, e col suo florido aspetto giovanile aveva tutta l’aria di uno studente in vacanza.
Aveva finito l’opera, e si divertiva e si riposava. Si riposava alzandosi presto alla mattina, facendo qualche corsa in automobile, portando a borbottare lungo il lago qualcuno dei suoi canotti a motore, perdendosi per delle mezze giornate alla caccia alle folaghe, e tornando a casa stanco morto. Anche il riposo è un’opinione. Il riposo consiste, quasi sempre, nel fare un lavoro al quale nessuno ci obblighi.
E il pensiero per l’esito dell’opera nuova? E l’ansia per la messa in scena? E l’attesa del giudizio del pubblico che dovrà decidere di qualche anno di lavoro appassionato e ardente? Nulla. Quando aveva scritto l’ultima nota dell’ultima scena, egli abbandonava la nuova creatura al suo destino. Quello che aveva da fare, il Maestro l’aveva fatto: adesso toccava a lei. L’aveva amata troppo intensamente nel periodo della gestazione: ora che l’opera era nata, egli sentiva il bisogno di un po’ di libertà. Ma pensava a ricominciare.
«Io non posso stare senza scriver musica» — mi confessava Puccini — «e siccome non sarei capace di mettermi a scrivere della musica sinfonica, cosi mi metto subito alla ricerca di un’altra opera. E' il mio modo di vivere, di appassionarmi, di esaltarmi, di godere. E penso che la Provvidenza mi aiuti col farmi trovare un «soggetto» simpatico, vibrante, pieno di vita, di commozione, di sentimento, e di umanità, sopratutto di umanità. Ma è un tormento la ricerca d’un libretto!»
Eppure non era il numero che gli mancasse. Ogni mattina, quando sedeva per la colazione, Puccini era sicuro di trovare sulla tavola, oltre alla corrispondenza e ai giornali, almeno un libretto d’opera. Questo nei giorni normali, nelle occasioni solenni i libretti erano due o tre. Puccini li guardava tutti: non li leggeva completamente, perché aveva famiglia e conosceva i doveri di un buon padre, che sono quelli di curare la propria salute, ma li scorreva per vedere se qualcuno avesse un lampo di originalità, una cosa nuova e viva. E lo aspettava quasi sempre una malinconica delusione.
Puccini dava giustamente al libretto una importanza grandissima. Il libretto deve essere limpido, chiaro, evidente, vario di vicenda, interessante: un aiuto al musicista, non soltanto un pretesto. E deve essere sopra tutto teatrale. L’opera lirica non è fatta soltanto di musica, è fatta di episodi commentati, interpretati dalla musica. In questo, Puccini aveva un occhio straordinario: il senso del teatro era in lui rapidissimo e preciso. Un accenno gli bastava a rivelargli una scena, a suscitargli una visione completa. Un movimento di personaggi gli dava immediato lo spunto musicale che sarebbe venuto a colorire la situazione. E allora si metteva a tempestare di osservazioni, di note, di richiami i margini delle pagine, e tramutava il libro in una specie di garbuglio geografico in cui egli solo riusciva a capire qualche cosa. E talvolta non capiva piu nulla neanche lui, preso al laccio dei suoi geroglifici.
Ma prima di scegliere un libretto, quante indecisioni, quanti pensieri, quante riserve! E spesso, quando aveva ben bene deciso e fatto cominciare il lavoro di poesia, lo rifiutava. (...)
Ma quando il libretto veniva scelto in modo definitivo, allora il Maestro vi si metteva con ardore, e cominciava subito col volerlo modificare. Era esigente, imperioso: aveva le sue idee e le voleva far trionfare.
L’ultimo atto della "Bohème", come era stato presentato dai due librettisti, non gli piaceva: egli aveva in mente uno sviluppo musicale che non si intonava col genere di morte che i poeti avevano trovato per Mimì, e lo spiegò. Giacosa disse: «Va bene» e rifece l’atto. Ma Puccini non era contento ancora, e arrossendo domandò una nuova modificazione. Giacosa, gentilissimo e instancabile, gli rifece l’atto per la terza volta. Puccini lo prende, va a casa, si mette a musicarlo: no, non gli viene, non è cosi che egli sente lo strazio di quella morte.
La mattina dopo va da Giulio Ricordi, col viso duro, indeciso fra il desiderio di domandare un’altra modificazione, e la intima coscienza di essere un prodigioso rompiscatole. Finalmente si fa coraggio, e quando Giulio Ricordi sorpreso di vederlo a quell’ora gli domanda: «Cosa c’é di nuovo?» Puccini gli spiega furiosamente in qual modo egli senta quel quarto atto, sicurissimo di sollevare le ire dell’editore, ma deciso a insistere.
Invece Giulio Ricordi lo ascoltò con grande attenzione, e quando il Maestro tacque egli esclamò:
— E giusto! Ha ragione!
E Giacosa gli accomodò l’atto per la quarta volta. Quella povera Mimì prima di morire definitivamente aveva provato tutte le morti possibili.


A Torre del Lago, quando stava per comporre un opera, il Maestro lavorava ogni giorno. Ma senza sforzo: se l’inspirazione non veniva, via! La vita a Torre del Lago era di una calma e di una tranquillità da convento. Puccini vi stava con la moglie e il figlio Tonio. Si alzava tardi, possibilmente, perché lo spettacolo dell’aurora lo avrebbe commosso troppo, e quasi ogni mattina portava a borbottare sul lago qualcuno dei suoi tre canotti a motore, o faceva una corsa in automobile in mezzo alla pineta fino alla marina, poi tornava a colazione, leggeva la corrispondenza, sfogliava i giornali, e si preparava dinanzi una sull’altra le lettere alle quali doveva rispondere. Perché Puccini era in questo di una regolarità impressionante: ogni giorno si allineavano sul suo tavolo le lettere per la risposta. Poi magari rimanevano li per mesi, per anni forse, ma questo non aveva importanza: la regolarità c’era.
Nel pomeriggio, se aveva voglia, dopo d’essere stato a caccia si metteva al piano a comporre. Ma il maggior lavoro lo compiva nelle ore tranquille quando gli altri dormivano. Alla sera, dalle dieci all’una o alle due dopo mezzanotte, egli si metteva al piano con dinanzi una immensa provvista di caffé e di sigarette, con una gran matita e dei grandi fogli di carta rigata dinanzi, e tormentava nervosamente la tastiera cavandone trilli di letizia, e larghi sospiri di tristezza, e spasimi d’amore, e vampate di ribellione, e un gocciolar di note stanche che sembravano spremute da occhi di pianto.
A volte il suono non rispondeva all’espressione che il Maestro domandava alla musica. E le mani picchiettavano inquiete, e lo stesso ritmo svariava nervoso sotto al tentativo, in cerca di un accento che non trovava la sua via. Allora, nel silenzio, dalla granda stanza a terreno in riva al lago quella cascata di note si diffondeva per le finestre aperte sulla strada del paesino, si spandeva nella notte, giungeva alle case intorno: e qualche giorno dopo, andando in giro, il Maestro sentiva canticchiare da un monello o da qualche fresca ragazza toscana un accenno, uno spunto dell’opera ancora non nata.
Cosi per le strade di Torre del Lago si cantarellava la musica di Puccini senza che nessuno ne avesse udito le opere a teatro. Il suo primo successo popolare cominciava con questo contrabbando innocente.
Questo in primavera, in estate, in autunno. All’inverno invece, quando non era chiamato in giro per il mondo da qualche sua opera nuova o da qualche ripresa importante, capitava a Milano per andare a teatro, fare i conti con l’editore, passeggiare in Galleria, e prendere qualche raffreddore. E anche per lavorare, ma senza impegno.
Nel suo appartamento al secondo piano di via Giuseppe Verdi, nel vasto salotto da lavoro, sotto il ritratto del bisavolo creatore della dinastia dei Puccini, fra un piano con la coda enorme, un tavolo dolorante sotto al peso della musica, e dei fogli di carta spettacolosi, il maestro attendeva specialmente al lavoro di strumentazione.
Aveva dinanzi a sé, sul leggìo, la prima bozza dello spartito, tempestata di segni, di note schiacciate come mosche sbattute sopra la carta mortifera, di richiami, di pezzetti di carta incollati, di avvertenze. Aveva di fianco il libretto, anch’esso lardellato di appunti, di striscioni, di segni fantastici, spaventosi, intraducibili talvolta anche per il Maestro, il quale di quando in quando vi si fermava, guardava, scrutava, tentava, tormentato:
— O che diavolo ho voluto scrivere, qui?
Poi, di colpo, riprendeva: le mani correvano sulla tastiera che rispondeva alla carezza con dei gridetti, dei suoni, dei trilli. E allora, a poco a poco, o di furia, nervosamente, le immense pagine della partitura si andavan popolando di bollicine nere, d’archi, di punti, di chiavi, d’accidenti. Ma tutto cio senza regola, tra il fumo di una sigaretta, un sorso di te, una giravolta sullo scanno per fermarsi a guardar la luce fuori dalla finestra, un occhiata al giornale, a una rivista di caccia, qualche buffetto al gilé brinato dalla cenere della sigaretta. Poi, musica!
La scrittura musicale di Puccini era atroce. All’annunzio di una sua opera nuova, era in tutti gli appassionati un fervore di lieta attesa. Ma v'erano a Milano alcune famiglie che tremavano: le famiglie dei copisti che dalla partitura del Maestro dovevano rilevare le note.
Per comprendere questo terrore bisogna vedere le pagine che uscivano dalle mani di Puccini. Tremende.

(da: Arnaldo Fraccaroli - LA VITA DI GIACOMO PUCCINI - Milano, Ricordi 1925)