Uno dei fondamenti base del canto lirico è la respirazione: forse nessuno, in un intero secolo, l'ha descritta così chiaramente come ha fatto il tenore di Lanuvio (Roma), allievo del celebre baritono del secondo '800 Antonio Cotogni, uno dei cantanti maggiormente apprezzato da Rossini e Verdi.
Vediamo come descrive il suo modo pratico di respirare, appoggiare-sostenere, metodo assolutamente italiano ed impiegato da moltissimi grandi cantanti del Novecento.
LAURI-VOLPI SUL FUNZIONAMENTO PRATICO DELLA RESPIRAZIONE DIAFRAMMATICO-COSTALE
Il corpo vitale della voce è l'aria. Senz'aria non si respira; senza respiro non si canta. E non si vive. (...) Saper respirare è saper cantare.
Va notato che vari trattati di fonetica e di pedagogia vocale non s'accordano "sul metodo di respirazione". (...) Tutti si diffondono sui particolari fisici e fisiologici e sulle nomenclature tecniche degli organi della respirazione, della fonazione e delle risonanze. Ma non v'è chi dia all'artista l'idea sintetica e costruttiva della tecnica vocale. (pag. 73)
Nella "respirazione artistica", il soffio è regolato dalla volontà ed è basato sopra il movimento diaframmatico-costale inferiore della respirazione automatica, allo stato di quiete, con la differenza che la "cintura" formata dai vari muscoli dell'addome deve mantenere la sua funzione per la durata del duplice atto respiratorio in virtù del freno inspiratorio nell'allontanamento volitivo e nel riavvicinamento cosciente della parete addominale, dalla colonna e verso la colonna vertebrale.
Nell'inspirazione il diaframma si contrae e, abbassandosi, comprime i visceri addominali, mentre la cavità toracica aumenta di ampiezza; nell'espirazione, il diaframma si rilascia e i visceri addominali, compressi dalla parete addominale, lo sospingono verso l'alto, mentre diminuisce la capacità toracica. (pag. 76)
Il "freno espiratorio costale" è di gran lunga più efficiente ed efficace del "freno inspiratorio diaframmatico", anch'esso fondamentale. Tra freno diaframmatico e freno della cintura muscolare toracico-addominale si stabilisce il "conflitto dei contrari". (...) Dunque, diaframma e cintura muscolare, in lotta fra loro e insieme associati dall'armonia delle facoltà superiori dell'anima, determinano il flusso aereo, parte del quale sarà tramutato in voce laringea e in risonanza di voce melodica.
E qui sorge un altro contrasto: quello delle opinioni, tra loro avverse, degli scienziati della voce. Ma il cantore deve prescindere da elucubrazioni analitiche e applicare l'opinione che nasce dall'esperienza viva del canto e dalle urgenze di problemi che talvolta si presentano improvvisi alla ribalta, nel pieno svolgimento dell'azione scenica e del canto. (pagg. 77-78)
[da: Giacomo Lauri-Volpi - "Misteri della voce umana", 1957]
Funzionamento pratico della respirazione diaframmatico-costale secondo il tenore Giacomo Lauri-Volpi |
Qui Lauri-Volpi, uno dei più grandi cantanti oltre che uno dei più
grandi esperti di vocalità e tecnica vocale nell'intero Novecento,
spiega cosa accade quando il cantante lirico sa respirare bene ed usa il
fiato nel modo giusto, sia per quanto riguarda la presa del fiato, in
fase inspiratoria, che per quanto riguarda il relativo controllo di
questo fiato incamerato, in fase espiratoria. Se si respira "alto" la
corretta respirazione non avverrà (e allora si alzeranno le spalle per
errore), se si respira forzando i muscoli della parete addominale come
quando si cerca di forzare l'ernia (tipica di certi "affondisti") anche
in questo caso la corretta respirazione verrà compromessa. Respirare
"basso" e "profondo" non impedisce che si alzi un poco anche il torace,
specialmente per le donne (cosa del tutto diversa dalle spalle che si
alzano nei principianti) - Respirare "basso" e "profondo" non significa
nemmeno e non ha mai significato che non si debbano usare i muscoli addominali
in modo impegnato per permettere che l'espirazione risulti lenta e
costante fino all'esaurimento del fiato.
Quando parla del "conflitto dei contrari", Volpi sta in sostanza citando il Lamperti riferendosi a questo passo tratto dal "A Treatise on the Art of Singing" di Francesco Lamperti - London, 1877 :
“To sustain a given note the air should be expelled slowly; to attain this end, the respiratory (inspiratory) muscles, by continuing their action, strive to retain air in the lungs, and oppose their action to that of the expiratory muscles, which is called LOTTA VOCALE, or vocal struggle. On the retention of this equilibrium depends the just emission of the voice, and by which means of it alone can true expression be given to the sound produced.”
- Quantità giusta d'aria necessariamente maggiore per il canto lirico rispetto al parlato (I) :
L' "aria" respirabile ordinaria per respiro automatico, nello stato di
quiete, è valutata dai fisiologi a "cinquecento cmc.". La capacità
massima di inspirazione, nell'atto volitivo, è misurata da
un'inspirazione di "tremilacinquecento cmc." d'aria. La differenza tra
le due cifre stabilisce la quantità d'aria "complementare" e di
"riserva" che si può inspirare. È noto che tra respiro e respiro, nello
stato di riposo, v'è una "pausa" ristoratrice che risponde al ritmo
respiratorio. L'aria di riserva, così importante nel canto, non viene
espulsa nella respirazione automatica. Nella respirazione cantata la
pausa di riposo è minima e l'espirazione è composta d'aria
"complementare", "ordinaria" e di "riserva", a differenza della
respirazione parlata che è di solito formata da poca aria "ordinaria" e
di "riserva". Quest'ultima, nella respirazione cantata, deve sostenere,
in certi casi, quasi tutto il peso respiratorio. Talché, ancor più che
nel parlare, va utilizzato nel canto il massimo d'aria di riserva, a
condizione, però, che alla fine della frase musicale e al termine
dell'espirazione rimanga tesaurizzata nel mantice tanta riserva di
quell'aria quanta sarebbe necessaria per trattenere il respiro ancora
per un certo tempo. (pag. 78)
[da: Giacomo Lauri-Volpi - "Misteri della voce umana", 1957]
Respirazione per il canto lirico, descritta da Lauri-Volpi (I) |
Qui Volpi sta chiaramente dicendo che la respirazione per il canto
lirico differisce da quella ordinaria del parlato, soprattutto in una
persona comune che non ha mai studiato canto. Certamente non si deve
respirare prendendo una quantità d'aria talmente eccessiva da bloccare
rigidamente il cantante, ma il concetto espresso è che non basta
prendere poca aria nella maggioranza dei momenti, all'interno di una
performance vocale in concerto o in un'opera: i 500 cmc citati non sono
molto spesso sufficienti per cantare, a meno che non si debba cantare
qualcosa di così corto come ad es. il "Sì" sulla nota mi centrale,
all'inizio dell'aria di Mimì, "Sì. Mi chiamano Mimì", ma subito dopo
bisogna già respirare di più. Come si deve prendere molto più fiato
quando si devono sostenere note molto lunghe, acuti e lunghe sequenze di
colorature-agilità vocali !!!
Ma andiamo avanti. Proseguiamo con l'interessante lettura.
- Quantità giusta d'aria necessariamente maggiore per il canto lirico rispetto al parlato (II) :
Confermato che la respirazione deve rimanere del tipo
"diaframmatico-costale", l'immissione dell'aria, nel canto, avverrà
superficialmente in base ad un'inspirazione d'aria "ordinaria". In altre
parole, l'artista cosciente e sicuro di sé canterà respirando
naturalmente, regolandosi secondo le esigenze vitali dell'ossigenarsi e
quelle artistiche della frase cantata e da cantarsi dopo la pausa. (...)
In séguito, esperienza e maturità insegneranno la respirazione
spontanea e rapida, divenuta un riflesso automatico condizionato,
acquisito nella ginnastica abituale. È lo stesso fenomeno che si
riscontra nell'automatica digitazione del pianista.
Riepilogando, si può stabilire che, trovato il punto d'appoggio, il suono melodico s'alimenta della corrente d'aria che risulta, abitualmente, da "millecinquecento a duemila cmc." d'aria durante la inspirazione cantata. (pag. 79)
Nel canto tutto è un "gioco" d'aria nella pressione infraglottica verso le corde vocali in tensione e nella penetrazione verso le cavità cervicali. (pag. 89)
Quanto all'apertura della cavità orale nel canto, va ricordato ch'essa è l'effetto, non la causa, di una giusta emissione, quando il diaframma proietta in direzione delle cavità superiori la colonna d'aria necessaria e sufficiente. È intuitivo che la sola aria ordinaria del respiro vitale, in stato di quiete e di silenzio, non basterebbe a un atto respiratorio di una certa energia. Per la quale ragione, tanto nel respirare parlando che nel respirare cantando, s'immette quella certa quantità d'aria di compenso o di supplemento a sostegno della parola e del suono. Flusso aereo, altezza e densità del suono non debbono nuocere alla libera articolazione e pronuncia della parola. Suono e parola restano paralleli, servendo ciascuno l'espressione dell'idea, in quanto il canto è "fenomeno psichico", intenzionale, oltre che essere "fenomeno fisico". (pag. 80)
Riepilogando, si può stabilire che, trovato il punto d'appoggio, il suono melodico s'alimenta della corrente d'aria che risulta, abitualmente, da "millecinquecento a duemila cmc." d'aria durante la inspirazione cantata. (pag. 79)
Nel canto tutto è un "gioco" d'aria nella pressione infraglottica verso le corde vocali in tensione e nella penetrazione verso le cavità cervicali. (pag. 89)
Quanto all'apertura della cavità orale nel canto, va ricordato ch'essa è l'effetto, non la causa, di una giusta emissione, quando il diaframma proietta in direzione delle cavità superiori la colonna d'aria necessaria e sufficiente. È intuitivo che la sola aria ordinaria del respiro vitale, in stato di quiete e di silenzio, non basterebbe a un atto respiratorio di una certa energia. Per la quale ragione, tanto nel respirare parlando che nel respirare cantando, s'immette quella certa quantità d'aria di compenso o di supplemento a sostegno della parola e del suono. Flusso aereo, altezza e densità del suono non debbono nuocere alla libera articolazione e pronuncia della parola. Suono e parola restano paralleli, servendo ciascuno l'espressione dell'idea, in quanto il canto è "fenomeno psichico", intenzionale, oltre che essere "fenomeno fisico". (pag. 80)
[da: Giacomo Lauri-Volpi - "Misteri della voce umana", 1957]
Respirazione per il canto lirico, descritta da Lauri-Volpi (I) |
In questa seconda parte del discorso, Volpi sta genericamente stabilendo
che l'aria da respirare oscilli nel bravo grande cantante tra 1500 e
2000 cmc; è chiaro che quando si canta non si pensa a quanti cmc
prendere, il punto di Volpi è che il quantitativo d'aria usato nel parlato, che di solito quando si parla è molto di meno, non basta per cantare liricamente, poiché quando si parla :
- 1) le parole dette durano in media ognuna meno di un secondo, sono brevissime quindi,
- 2) si tende a spezzare le parole, non a legare tutte le parole assieme come quando si esegue un "cantabile" belliniano o pucciniano,
- 3) e l'estensione della voce usata è limitata a pochissime frequenze centrali, mentre nel cantato si deve cantare su almeno due ottave di estensione e anche di più, se si arriva a note davvero gravi e sopracute.
Egli menziona anche l'importanza di collegare il fiato con le cavità cervicali, cosa che rimarcherà ancora, più tardi negli anni, in questa intervista storica:
- 1) le parole dette durano in media ognuna meno di un secondo, sono brevissime quindi,
- 2) si tende a spezzare le parole, non a legare tutte le parole assieme come quando si esegue un "cantabile" belliniano o pucciniano,
- 3) e l'estensione della voce usata è limitata a pochissime frequenze centrali, mentre nel cantato si deve cantare su almeno due ottave di estensione e anche di più, se si arriva a note davvero gravi e sopracute.
Egli menziona anche l'importanza di collegare il fiato con le cavità cervicali, cosa che rimarcherà ancora, più tardi negli anni, in questa intervista storica:
Per far funzionare appieno questa respirazione diaframmatica, è
necessario, come dice Volpi, usare la "cintura" formata dai vari muscoli
dell'addome per frenare lentamente e costantemente la risalita del
diaframma che naturalmente salirebbe velocemente tutto in una volta, con
conseguente risultato che sarebbe finita l'aria in un secondo solo.
L'uso di questo freno addominale deriva chiaramente dalla scuola
cotognana, come si comprende da questa testimonianza della Olivero che
parlando di Ricci pianista per anni del grande Cotogni, baritono e
famoso maestro di canto a Santa Cecilia in Roma, spiega che per
sostenere in modo efficace il fiato-suono in fase espiratoria si devono
impiegare i muscoli addominali.
Magda Olivero su Cotogni e l'importanza di saper respirare e di sostenere con i muscoli addominali nel canto lirico :
MAGDA OLIVERO : «Cotogni faceva scuola e Ricci era al pianoforte, quindi
poi Ricci ha preso anche l'eredità proprio dal maestro, quindi ha
assimilato tutte le lezioni di questo grande maestro e diceva Ragazzi,
ricordatevi: "Saper respirare e saper sostenere, si sa cantare!". Sembra
facile, eh!?! Però, quando si riesce, a farlo, si capisce appunto la
bellezza anche di questa cosa, perché allora si canta senza il pensiero
di dire: 'Uh, che fatica!' No, non è una fatica, perché i muscoli
addominali sostengono il diaframma e il diaframma sostiene questa
colonna di fiato che va e cammina, cammina, cammina, tranquillamente e
non si fa fatica. Di Ricci io ho sempre un ricordo colmo di gratitudine,
perché quello che ho imparato da Ricci non si dimentica.(...) Tanti
dicono: 'Saper respirare e sostenere non è mica una cosa così
difficile'. E invece è così difficile.»
[da : Marcello Giordani and Magda Olivero: A Conversation About Opera (Part Two) Milano, Italy - June 2010]
Se non si usa questo tipo di respirazione adatta alle ardue richieste
del repertorio lirico da parte dei compositori, sarà inevitabile che si
canti DI GOLA e si perderà dopo non molti anni l'uso della voce, in
parte o quasi totalmente. L'importanza di spostare l'attenzione dalla
gola al diaframma viene infatti rimarcata persino da Gigli, del quale spesso si
è erratamente detto fosse un cantante vissuto solo su doti
naturali, che al termine di Cavalleria e Pagliacci e moltissimi bis a
fine recita, nel 1953 a Genova, rispondeva così alle domande poste da
alcuni studenti di canto:
Concludiamo dicendo che quando si unisce al fiato il suono, per cantare
"sul fiato", caratteristica propriamente belcantistica, bisogna che
anche la posizione vocale sia giusta e questa sarà sempre diversa, tra
un suono a "piena voce", uno a "mezza voce" ed uno "filato" ed anche a
seconda dell'altezza della nota da cantare. Fiato profondo e perfetto
sostegno respiratorio non creano da soli, slegati dal suono, il canto
"sul fiato"; solo se anche la posizione vocale, in tutti i casi
richiesti dal compositore, sarà perfetta si potrà avere come risultato il
canto "sul fiato", altrimenti andrà a finire IN GOLA, e sarà un suono o
schiacciato o intubato, che produrrà un canto spinto e urlato, e perderà
pertanto la caratteristica di risultare Bel Canto. Svilupperemo meglio
il discorso in particolare sulle posizioni vocali nei prossimi articoli.
( In anticipazione, si legga questo importante consiglio sull'emissione della A, "regina delle vocali" secondo il Rossini, dato dal sommo Volpi:
Per
approfondimenti sul funzionamento della respirazione nel canto lirico,
potete leggere nella lingua più comoda per voi il seguente articolo :
https://belcantoitaliano.blogspot.com/2014/11/la-respirazione-nel-canto-lirico.html (ITALIANO)
https://belcantoitaliano.blogspot.com/2016/03/respiration-in-operatic-singing.html (ENGLISH)
https://belcantoitaliano.blogspot.com/2016/02/la-respiracion-en-el-canto-lirico.html (ESPAÑOL)
https://belcantoitaliano.blogspot.com/2019/08/la-respiration-dans-le-chant-lyrique.html (FRANÇAIS)
https://belcantoitaliano.blogspot.com/2015/02/a-respiracao-no-canto-lirico.html (PORTUGUÊS)
https://belcantoitaliano.blogspot.com/2016/12/blog-post.html
(RUSSKIJ)
(continua)
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APPENDICE :
Ecco alcune testimonianze di altri grandi cantanti del Novecento che concordano in teoria e in pratica con Volpi :
Il soprano Toti Dal Monte sulla respirazione lenta e profonda:
« (...) aspirando lentamente e profondamente (...) quindi attaccare il suono "sul fiato" (...)
compiere con notevole economia l'operazione contraria (...) sufficiente così a sostenere i "legati" richiesti da ciascun esercizio »
(da: Toti Dal Monte - Presentazione dei "Vocalizzi", Ricordi 1970)
Il soprano Anna Moffo spiega l'appoggio e la respirazione diaframmatica :
- "Anna," dissi, "Lei è di origine italiana, ha trascorso molto tempo in
Italia, e parla la lingua italiana insolitamente bene. Che cosa
significa per Lei il termine 'appoggiare'?"
- (...) "Tutte le volte che qualcuno mi ha detto, 'Appoggia bene,' ha sempre significato per me 'sostegno'." (...)
"Alcuni fanno l'attacco di glottide perché spingono nel fiato. Ciò è dannoso alla gola. Il mio problema più grande, se so di avere una grande frase, è che mi devo esercitare per 'non' prendere un grande respiro in più. Ho scoperto di avere più fiato di quel che pensavo.
Io leggo spesso ad alta voce. Non dico, 'Mi chiamano Mimì,' (respiro affannoso), 'ma il mio nom'è Lucia,' (respiro affannoso), dunque perché dovrei farlo quando canto? Delle volte per lunghi e interminabili passaggi di note veloci prendo un fiato più profondo ed espando la schiena. Per me, il 'sostegno' significa semplicemente mettere il giusto quantitativo d'aria in ogni nota, e non lasciarlo mai calare, così che sia un tutt'uno...ogni nota ha la stessa energia. Ho come la sensazione che una colonna d'aria mi stia proprio fuoriuscendo da in cima alla testa, ma a partire dai piedi... Naturalmente non è così: parte dal diaframma. Io respiro dal diaframma e addome basso, assieme alla schiena."
- (...) "Tutte le volte che qualcuno mi ha detto, 'Appoggia bene,' ha sempre significato per me 'sostegno'." (...)
"Alcuni fanno l'attacco di glottide perché spingono nel fiato. Ciò è dannoso alla gola. Il mio problema più grande, se so di avere una grande frase, è che mi devo esercitare per 'non' prendere un grande respiro in più. Ho scoperto di avere più fiato di quel che pensavo.
Io leggo spesso ad alta voce. Non dico, 'Mi chiamano Mimì,' (respiro affannoso), 'ma il mio nom'è Lucia,' (respiro affannoso), dunque perché dovrei farlo quando canto? Delle volte per lunghi e interminabili passaggi di note veloci prendo un fiato più profondo ed espando la schiena. Per me, il 'sostegno' significa semplicemente mettere il giusto quantitativo d'aria in ogni nota, e non lasciarlo mai calare, così che sia un tutt'uno...ogni nota ha la stessa energia. Ho come la sensazione che una colonna d'aria mi stia proprio fuoriuscendo da in cima alla testa, ma a partire dai piedi... Naturalmente non è così: parte dal diaframma. Io respiro dal diaframma e addome basso, assieme alla schiena."
(tratto da una intervista al soprano Anna Moffo condotta dal basso Jerome Hines, riportata in: J.Hines - "Great Singers on Great Singing", Doubleday, 1982)
Renata Tebaldi sull'importanza di trovare il punto d'appoggio e di saper respirare :
«Allora bisogna studiare al punto da conseguire razionalmente, per mezzo
di tecnica, quello che a venticinque ti viene automaticamente. Io avevo
già un’ottima tecnica, per via della mia Maestra, Carmen Melis... (...)
Grazie anche alla signora Melis, cominciai ad analizzarmi perché gli
automatismi di natura diventassero automatismi d’arte. A un certo punto
conquistai un’ulteriore distensione del diaframma e trovai il perfetto
punto d’appoggio per la voce. (...) Solo chi sa respirare sa,
soprattutto può, veramente fraseggiare, ossia rispettare la
punteggiatura della frase musicale, che da Palestrina a Puccini, e anche
nella musica strumentale, è sempre modellata sulla durata del fiato;
poi, può cantare piano (...) può permettersi quel piano, crescendo e
diminuendo di nuovo al piano su di una sola nota, la cosiddetta ”messa
di voce”, per la quale mi si diceva incomparabile. Pensi che quella
meraviglia di Marilyn Horne dichiara di essersi ispirata a me, oltre che
a Ebe Stignani, anche per questo. E così quell’altra meraviglia di
Montserrat Caballé. Poi, la respirazione e il fraseggio influiscono sul
timbro. La bellezza del timbro è di natura, ma si conquista e si
perfeziona».
(da "Parla la signorina Tebaldi", articolo di Paolo Isotta in occasione degli 80 anni del celebre soprano - Corriere della Sera, 30 gennaio 2002)
Il soprano Montserrat Caballé sulla respirazione profonda, base fondamentale del canto lirico (che tra i suoi insegnanti ebbe Napoleone Annovazzi) :
"Sono nata con una voce. Ma questo non è sufficiente a fare di me una
cantante, figuriamoci una musicista", così ha dichiarato Montserrat
Caballé (...) "...se non avessi avuto una buona tecnica sarei stata
fuori gioco nell'arco di un decennio. Credo che sia essenziale conoscere
tutto ciò che v'è da sapere sull'emissione e la proiezione del suono. E
l'unica via è quella d'acquisire una sicura e solida tecnica di
respirazione." (...)
La Caballé ed il resto della classe di canto passarono il loro intero primo anno al Conservatorio imparando a respirare. La sua insegnante di canto Eugenia Kemmeny dedicò tutto il tempo a lavorare con loro agli esercizi di respirazione (...) I suoi esercizi di respirazione erano volti a costruire "un'ampia e solida parete attorno al diaframma utilizzando e controllando tutti quei muscoli sotto e dietro l'addome che sostengono il diaframma e la parte posteriore. (...) Il lavoro di sospingere in alto l'aria, propriamente detto, viene fatto dai muscoli addominali".
La Kemmeny (...) sottolineava anche il fatto che i cantanti dovrebbero sempre conservare la loro resistenza massima per il finale, "gli ultimi 150 metri". Aveva un cronometro a portata di mano che usava per misurare quanto a lungo le sue allieve riuscissero a mantenere il fiato e quanto lentamente potessero dosare e rilasciare l'aria che effondevano. Ella spiegava che se fossero riuscite a sviluppare una stabile e solida parete attorno al diaframma, ciò avrebbe salvaguardato e permesso la massima espansione (...) e le avrebbe anche rese in grado di regolare l'aria presa senza alcuna contrazione nella gola. (...) A differenza di alcune sue compagne di classe, che ritenevano folle la Kemmeny (...) la Caballé trovò interessante la sua spiegazione, ed ella sostiene che la sua intera carriera è basata su questo principio. (...)
Durante il suo secondo anno di Conservatorio, la Caballé inizio le vere e proprie lezioni di canto e, mentre continuava a lavorare alla tecnica con la Kemmeny, iniziò anche a studiare il repertorio con Napoleone Annovazzi. "Nell'arco di un anno, mi aveva insegnato come non forzare mai la voce bensì produrre un flusso costante di suono apparentemente naturale".
Quando le venne chiesto dall'ultimo Editore di "Opera News", Robert Jacobson, se avesse sempre avuto la capacità di fare quei famosi pianissimi sostenuti, ella rispose: "No. (...) Ci ho provato, ma non ci riuscivo. Ho chiesto alla mia insegnante e mi ha detto: «Certo che ci puoi riuscire. E' questione d'esercitarsi con il fiato - come proiettare non il suono ma il "fiato". La voce deve (...) sempre "galleggiare" sul fiato.» Dunque, come vede, dispongo dei pianissimi perché ho imparato a farli".
La Caballé ed il resto della classe di canto passarono il loro intero primo anno al Conservatorio imparando a respirare. La sua insegnante di canto Eugenia Kemmeny dedicò tutto il tempo a lavorare con loro agli esercizi di respirazione (...) I suoi esercizi di respirazione erano volti a costruire "un'ampia e solida parete attorno al diaframma utilizzando e controllando tutti quei muscoli sotto e dietro l'addome che sostengono il diaframma e la parte posteriore. (...) Il lavoro di sospingere in alto l'aria, propriamente detto, viene fatto dai muscoli addominali".
La Kemmeny (...) sottolineava anche il fatto che i cantanti dovrebbero sempre conservare la loro resistenza massima per il finale, "gli ultimi 150 metri". Aveva un cronometro a portata di mano che usava per misurare quanto a lungo le sue allieve riuscissero a mantenere il fiato e quanto lentamente potessero dosare e rilasciare l'aria che effondevano. Ella spiegava che se fossero riuscite a sviluppare una stabile e solida parete attorno al diaframma, ciò avrebbe salvaguardato e permesso la massima espansione (...) e le avrebbe anche rese in grado di regolare l'aria presa senza alcuna contrazione nella gola. (...) A differenza di alcune sue compagne di classe, che ritenevano folle la Kemmeny (...) la Caballé trovò interessante la sua spiegazione, ed ella sostiene che la sua intera carriera è basata su questo principio. (...)
Durante il suo secondo anno di Conservatorio, la Caballé inizio le vere e proprie lezioni di canto e, mentre continuava a lavorare alla tecnica con la Kemmeny, iniziò anche a studiare il repertorio con Napoleone Annovazzi. "Nell'arco di un anno, mi aveva insegnato come non forzare mai la voce bensì produrre un flusso costante di suono apparentemente naturale".
Quando le venne chiesto dall'ultimo Editore di "Opera News", Robert Jacobson, se avesse sempre avuto la capacità di fare quei famosi pianissimi sostenuti, ella rispose: "No. (...) Ci ho provato, ma non ci riuscivo. Ho chiesto alla mia insegnante e mi ha detto: «Certo che ci puoi riuscire. E' questione d'esercitarsi con il fiato - come proiettare non il suono ma il "fiato". La voce deve (...) sempre "galleggiare" sul fiato.» Dunque, come vede, dispongo dei pianissimi perché ho imparato a farli".
(tratto da: Helena Matheopoulos - "DIVA, Great Sopranos and Mezzos discuss their Art" - Northeastern University Press, 1991)
Il mezzosoprano Fedora Barbieri sulla respirazione diaframmatica, sostenuta dai muscoli addominali :
« Il primo passo, nel buon canto–e che, in Italia, viene tenuto nella
più grande considerazione–è la respirazione. Noi dedichiamo molto tempo a
padroneggiare la corretta presa d'aria. Questo respiro è sempre
originato nel diaframma, sostenuto da forti muscoli addominali (...) Il
grande segreto del buon canto è di lasciar riposare qualsiasi
suono–sonoro o delicato, acuto o grave–su un respiro puramente
diaframmatico. Una volta che si è imparato a padroneggiare completamente
il fiato, è assolutamente possibile che un cantante soffra di un
raffreddore o di una costrizione del torace, e tuttavia riuscirà a
produrre dei bei suoni. La respirazione toracica inganna la cantante nel
pensare che ella stia prendendo un fiato abbondante, ma in realtà non è
così. Il giusto respiro per il canto deve sempre venire dal diaframma–e
il miglior modo per capirlo e padroneggiarlo è di sdraiarsi, rilassati,
proprio come se si dormisse, e di respirare come quando si dorme. »
(da: "Is there an 'Italian' Method?", from an interview with Fedora Barbieri secured by Myles Fellowes, in "Etude - The music magazine", October 1954)
Il contralto Bruna Castagna sull'importanza dell'appoggio dato dall'uso dei muscoli addominali per sostenere il suono nell'espirazione :
« Quanto alla respirazione (...) lo studente dovrebbe fare attenzione a prendere fiato naturalmente, basandosi sui forti muscoli addominali per il sostegno (...) Si provi a rilasciare fiato quanto basta per vocalizzare le note della vostra frase, e si cerchi di rilasciarlo in modo costante. Due errori che bisogna guardarsi dal commettere sono :
1. Espellere il fiato tutto in una volta.
2. Espellere il fiato in modo irregolare.
C'è un piccolo esercizio utile che può mostrarvi esattamente quali siano le vostre abitudini quanto al controllo del fiato. Accendete una candela, e mettetela abbastanza vicina alla bocca facendo sì che il fiato passi la fiammella mentre cantate. Se non canterete in modo corretto, la fiammella oscillerà irregolarmente e poi se ne andrà. Se canterete in modo corretto, fuoriuscirà così poco fiato che la fiammella rimarrà indisturbata. (...) Naturalmente, è l'azione regolata del diaframma che mantiene il fiato uniforme. Il diaframma deve essere perfettamente sotto controllo, specialmente nel caso in cui il cantante non sia avvantaggiato naturalmente da un lungo fiato, e ciononostante debba imparare a cantare lunghe frasi. »
1. Espellere il fiato tutto in una volta.
2. Espellere il fiato in modo irregolare.
C'è un piccolo esercizio utile che può mostrarvi esattamente quali siano le vostre abitudini quanto al controllo del fiato. Accendete una candela, e mettetela abbastanza vicina alla bocca facendo sì che il fiato passi la fiammella mentre cantate. Se non canterete in modo corretto, la fiammella oscillerà irregolarmente e poi se ne andrà. Se canterete in modo corretto, fuoriuscirà così poco fiato che la fiammella rimarrà indisturbata. (...) Naturalmente, è l'azione regolata del diaframma che mantiene il fiato uniforme. Il diaframma deve essere perfettamente sotto controllo, specialmente nel caso in cui il cantante non sia avvantaggiato naturalmente da un lungo fiato, e ciononostante debba imparare a cantare lunghe frasi. »
(da: "Good singing must be natural" by Bruna Castagna, leading Contralto of the Metropolitan Opera Company - A Conference secured expressly for The Etude Music Magazine by Rose Heylbut, March 1939)
Il tenore Beniamino Gigli sulla respirazione diaframmatico-costale e l'impiego della parete addominale :
« La base del "serbatoio" del fiato è il diaframma; e l'esatto dosaggio
della fuoriuscita del fiato per produrre, sostenere e alimentare un dato
tono secondo l'idea e il volere ('pensiero e volontà') del cantante,
dipende primariamente (fondamentalmente) dalla corretta azione del
diaframma e secondariamente (e ausiliare estremamente importante)
dall'azione delle costole inferiori o "fluttuanti". Quando un tono
vocalizzato non è ben posizionato o ben messo, sia esso F o P, quando
non è correttamente sostenuto dal fiato ('appoggiato') e "accordato" con
esso, dà un'impressione ciondolante ('a ciondolone'), presenta una
monotonia e fiacchezza tonale che sicuramente manca di carattere e di
qualità comunicative; avrà poca o nessuna espressione ed "attitudine".
Con questi toni, specialmente nel canto a "mezzavoce", il fiato fuoriesce insieme al flusso tonale, diluendolo e indebolendolo. Come risultato l'intera frase non può essere completata adeguatamente per mancanza di fiato, essendosene perso molto in questo modo, senza giovarne il tono. (...)
Vieni e stai davanti a me. Guarda come prendo fiato. Metti qui le tue mani. Senti come è abbassato il mio diaframma durante l'inspirazione (perciò spingendo in fuori la parete addominale) e come l'espansione delle costole laterali completa l'azione. (...)
Nota in particolare che non vi è rigidità o durezza alcuna in questa regione del corpo, ma solo una flessibile solidità con della "elasticità" in essa presente. E nota bene, inoltre, che NON APPENA INCOMINCIO A CANTARE (...) canto sull'aria accumulata proprio sotto la laringe. »
Con questi toni, specialmente nel canto a "mezzavoce", il fiato fuoriesce insieme al flusso tonale, diluendolo e indebolendolo. Come risultato l'intera frase non può essere completata adeguatamente per mancanza di fiato, essendosene perso molto in questo modo, senza giovarne il tono. (...)
Vieni e stai davanti a me. Guarda come prendo fiato. Metti qui le tue mani. Senti come è abbassato il mio diaframma durante l'inspirazione (perciò spingendo in fuori la parete addominale) e come l'espansione delle costole laterali completa l'azione. (...)
Nota in particolare che non vi è rigidità o durezza alcuna in questa regione del corpo, ma solo una flessibile solidità con della "elasticità" in essa presente. E nota bene, inoltre, che NON APPENA INCOMINCIO A CANTARE (...) canto sull'aria accumulata proprio sotto la laringe. »
Tratto da: Lezione introduttiva di Beniamino Gigli, Londra dicembre 1946, riportata in: E. Herbert-Caesari [Diplomé, La Regia Accademia di Santa Cecilia, Rome] - THE VOICE OF THE MIND – 1951
Il tenore Hipólito Lázaro (che studiò in Italia con Ernesto Colli) sull'importanza del sostegno della fascia addominale in fase espiratoria :
« Mettiti di fronte a uno specchio, in posizione ferma, con la testa
lievemente inclinata, guardando in basso verso te stesso. Inspira
profondamente attraverso il naso, il più lentamente possibile, con
l'idea di inviare l'aria all'addome. (...) poni le labbra a forma di
pesce, imitando la forma della bocca del merluzzo, siccome questo pesce è
il più adatto a questo esempio. (...)
L'inspirazione profonda trattenuta nell'addome servirà a cantare a mezza voce e a resistere nelle lunghe frasi.
(...) per dominare il fiato a tuo piacimento, devi fare il seguente esercizio:
Sempre di fronte allo specchio, metti la bocca a forma di "pesce", come ti ho indicato, con la testa un poco bassa, che è la posizione perfetta per dirigere il fiato al "labbro superiore". Prendi un respiro profondo attraverso il naso, espira l'aria poco a poco, come se si dovesse riscaldare la punta delle dita fredde, con l'intenzione di dirigere quest'esalazione dietro il "labbro superiore", come fosse appoggiato dietro ai denti superiori che è il punto che serve da "arco armonico" per il suono; il suono ben collocato esce dalla volta del palato. (...)
Questi segni che indico di seguito sono quelli che uso per riprendere fiato e che devi imparare alla lettera.
Il primo significa un'inspirazione profonda (1). Il secondo, la respirazione normale (2). E questo è il fiato "rubato" (3), che userai molte volte senza che il pubblico se ne accorga. »
L'inspirazione profonda trattenuta nell'addome servirà a cantare a mezza voce e a resistere nelle lunghe frasi.
(...) per dominare il fiato a tuo piacimento, devi fare il seguente esercizio:
Sempre di fronte allo specchio, metti la bocca a forma di "pesce", come ti ho indicato, con la testa un poco bassa, che è la posizione perfetta per dirigere il fiato al "labbro superiore". Prendi un respiro profondo attraverso il naso, espira l'aria poco a poco, come se si dovesse riscaldare la punta delle dita fredde, con l'intenzione di dirigere quest'esalazione dietro il "labbro superiore", come fosse appoggiato dietro ai denti superiori che è il punto che serve da "arco armonico" per il suono; il suono ben collocato esce dalla volta del palato. (...)
Questi segni che indico di seguito sono quelli che uso per riprendere fiato e che devi imparare alla lettera.
Il primo significa un'inspirazione profonda (1). Il secondo, la respirazione normale (2). E questo è il fiato "rubato" (3), che userai molte volte senza che il pubblico se ne accorga. »
(da: Hipólito Lázaro - "Mi método de canto", 1947)
Il tenore Giuseppe Di Stefano sulla respirazione diaframmatica e profonda nel canto lirico :
« (...) qualche parola sul diaframma, che è la base su cui si fonda la
sicurezza della voce e, in definitiva, la sicurezza del cantante. (...)
La personalità, la sensibilità artistica di un cantante possono
esplicarsi in pieno soltanto se questa fondamentale parte anatomica
funziona perfettamente, è educata a funzionare ed è mantenuta
accuratamente in funzione. In un certo senso rappresenta il punto di
contatto fra l'essere fisico e l'essere sensibile dell'artista che si
esprime attraverso il canto.
Il diaframma è quel muscolo che separa i polmoni dallo stomaco e dagli intestini. Gli antichi affermavano che è la sede della vita. Per i cantanti il diaframma, o meglio i muscoli che lo sostengono, accompagnano la respirazione quando essa si avvia all'esaurimento dell'aria immagazzinata nei polmoni; questi ultimi entrano in giuoco nell'ultima fase, quando si espira completamente l'aria che si ha in corpo. Quando canti, c'è un momento in cui arrivi a svuotare i polmoni. Il diaframma deve essere sempre pronto affinché questa emissione avvenga nel modo più regolare: nel canto si tratta di una questione basilare. L'aria entra nei polmoni, il diaframma si abbassa per far posto all'aria; mentre tu canti, il diaframma torna su e i muscoli addominali servono perché il diaframma venga su con regolarità. (...)
La respirazione dei cantanti è profonda, costale-addominale, e nell'inspirazione le ultime costole si allargano: quando tu respiri senti allargarsi la parte posteriore della cassa toracica in basso. »
Il diaframma è quel muscolo che separa i polmoni dallo stomaco e dagli intestini. Gli antichi affermavano che è la sede della vita. Per i cantanti il diaframma, o meglio i muscoli che lo sostengono, accompagnano la respirazione quando essa si avvia all'esaurimento dell'aria immagazzinata nei polmoni; questi ultimi entrano in giuoco nell'ultima fase, quando si espira completamente l'aria che si ha in corpo. Quando canti, c'è un momento in cui arrivi a svuotare i polmoni. Il diaframma deve essere sempre pronto affinché questa emissione avvenga nel modo più regolare: nel canto si tratta di una questione basilare. L'aria entra nei polmoni, il diaframma si abbassa per far posto all'aria; mentre tu canti, il diaframma torna su e i muscoli addominali servono perché il diaframma venga su con regolarità. (...)
La respirazione dei cantanti è profonda, costale-addominale, e nell'inspirazione le ultime costole si allargano: quando tu respiri senti allargarsi la parte posteriore della cassa toracica in basso. »
(da: Giuseppe Di Stefano - "L'arte del canto" - Rusconi, 1989)
Il tenore Luciano Pavarotti sul sostegno della voce con la respirazione diaframmatica :
« Non si può aver studiato il bel canto e cantato così a lungo come me,
senza sviluppare forti convinzioni riguardo al modo in cui bisogna
farlo. Come altri hanno sottolineato, esistono tante teorie quanti
insegnanti di musica vocale. Inoltre ogni voce è un po' diversa da
un'altra - come una firma o un'impronta digitale - e pone all'insegnante
particolari problemi. Ma alcune cose sono fondamentali per tutte.
I primi di questi elementi base sono il sostegno della voce e la respirazione. Io l'avevo saputo in teoria per anni, ma non ne sono diventato completamente padrone né ho capito a pieno quanto fosse essenziale per una carriera importante, in cui devi cantare di continuo, fino alla tournée australiana con Joan Sutherland nel 1965. (...) Il sostegno di un torace forte è così cruciale, perché sposta lo sforzo dalle corde vocali, che sono membrane estremamente sensibili, al diaframma, il quale è un complesso muscolare di dimensioni notevoli e, qualora lo sviluppi nel modo appropriato, estremamente potente. »
I primi di questi elementi base sono il sostegno della voce e la respirazione. Io l'avevo saputo in teoria per anni, ma non ne sono diventato completamente padrone né ho capito a pieno quanto fosse essenziale per una carriera importante, in cui devi cantare di continuo, fino alla tournée australiana con Joan Sutherland nel 1965. (...) Il sostegno di un torace forte è così cruciale, perché sposta lo sforzo dalle corde vocali, che sono membrane estremamente sensibili, al diaframma, il quale è un complesso muscolare di dimensioni notevoli e, qualora lo sviluppi nel modo appropriato, estremamente potente. »
Luciano Pavarotti - "Sul canto e l'interpretazione",
da: "Pavarotti My Own Story", Doubleday, 1981 (a cura di William Wright)
Il tenore Luciano Pavarotti sul sostegno della voce col diaframma :
« Se sostieni correttamente la voce, cioè usando correttamente il
diaframma, puoi cantare molto più a lungo - in una sera e in una vita -
senza segni di usura.
Il miglior esempio è il pianto dell'infante. Un bambino può piangere tutta la notte senza smettere un momento e senza alcuna perdita di volume sonoro perché emette i suoi strilli col diaframma, non con la gola. Naturalmente, il bambino ha un vantaggio: prende una nota e continua con quella. Tuttavia c'insegna qualcosa sul canto.
Il suono nasce nell'area del torace - nei polmoni, in effetti - non in gola. È una cosa così semplice e così vera, ma quanti cantanti se ne dimenticano? Bisogna lavorare ed esercitarsi finché il sostegno della voce dal diaframma diviene un riflesso naturale. Inoltre è necessario, sempre con l'esercizio, eliminare qualsiasi ostacolo a quella colonna d'aria che stai spingendo su dal diaframma alle corde vocali. (...) Chiunque, se ci lavora abbastanza, può sviluppare la facoltà di sostenere la voce col diaframma. Ma anche il più fantastico apparato vocale non svilupperà appieno il suo potenziale, se la respirazione e il sostegno della voce non sono così perfettamente esercitati che ogni volta che canti, la colonna d'aria, la quale è, diciamo così, il carburante del suono da te prodotto, non sia automaticamente sospinta in alto con la giusta forza e senza impedimenti. »
Il miglior esempio è il pianto dell'infante. Un bambino può piangere tutta la notte senza smettere un momento e senza alcuna perdita di volume sonoro perché emette i suoi strilli col diaframma, non con la gola. Naturalmente, il bambino ha un vantaggio: prende una nota e continua con quella. Tuttavia c'insegna qualcosa sul canto.
Il suono nasce nell'area del torace - nei polmoni, in effetti - non in gola. È una cosa così semplice e così vera, ma quanti cantanti se ne dimenticano? Bisogna lavorare ed esercitarsi finché il sostegno della voce dal diaframma diviene un riflesso naturale. Inoltre è necessario, sempre con l'esercizio, eliminare qualsiasi ostacolo a quella colonna d'aria che stai spingendo su dal diaframma alle corde vocali. (...) Chiunque, se ci lavora abbastanza, può sviluppare la facoltà di sostenere la voce col diaframma. Ma anche il più fantastico apparato vocale non svilupperà appieno il suo potenziale, se la respirazione e il sostegno della voce non sono così perfettamente esercitati che ogni volta che canti, la colonna d'aria, la quale è, diciamo così, il carburante del suono da te prodotto, non sia automaticamente sospinta in alto con la giusta forza e senza impedimenti. »
Luciano Pavarotti - "Sul canto e l'interpretazione",
da: "Pavarotti My Own Story", Doubleday, 1981 (a cura di William Wright)
Il tenore Carlo Bergonzi sull'importanza della padronanza del fiato, fondamento base della tecnica vocale :
« (...) ho potuto cantare a fianco di grandi tenori come Gigli, Schipa e
Pertile. Ai quali chiedevo consigli tecnici negli intervalli:
“Commendatore, come respira Lei per fare quegli attacchi sul
passaggio?”. E Gigli rispondeva: “Caro, mettiti la mano qua sopra il
diaframma mentre respiro”. E per darmi un esempio attaccava la prima
frase di “Mi par d’udir ancor”. Ci sono tanti che dicono oggi: “Sì, ma è
una tecnica vecchia!”. Sbagliano: la tecnica è una ed è basata sulla
padronanza del fiato; è l’interpretazione semmai a mutare con gli anni. »
(da un'intervista a Carlo Bergonzi, pubblicata sulla rivista "MUSICA" nel febbraio 2009)
Il tenore Carlo Bergonzi sull'appoggio diaframmatico nella respirazione per il canto lirico :
« (...) ci vogliono il fiato ed il diaframma. Vale per tutte le corde:
se si prende fiato con le spalle si sente un brutto suono perché non si
può appoggiare, ma se si respira bene la voce è già a posto, non c’è
bisogno di pensarci.
Ecco perché – prosegue Bergonzi – il canto, quando la voce è a posto, è un divertimento. Non è una fatica! E’ una fatica quando si canta indietro. »
Ecco perché – prosegue Bergonzi – il canto, quando la voce è a posto, è un divertimento. Non è una fatica! E’ una fatica quando si canta indietro. »
(da un incontro con Carlo Bergonzi - Parma, Casa della Musica, 11 ottobre 2008)
Il basso Cesare Siepi sul fiato profondo, sostenuto dai muscoli addominali :
« La respirazione femminile naturale è istintivamente più alta. Ciò
significa che la donna deve imparare a respirare più basso, sempre
mantenendo la rilassatezza. Il problema del "fiato alto" certamente
esiste per tutti i cantanti e dev'essere accuratamente evitato. Se avete
la minima tendenza a muovere le spalle su e giù nel prendere un fiato
profondo, la vostra respirazione è difettosa. L'origine del fiato non è
il petto ma il diaframma dove il sostegno deriva da forti muscoli
addominali. »
(da : "Forget about your throat" from a conference with Cesare Siepi secured by Myles Fellowes, in "Etude - The Music Magazine", June 1952)