venerdì 24 dicembre 2021

OSSERVAZIONI PRATICHE PER LO STUDIO DEL CANTO di Virginia Boccabadati, soprano e maestra di bel canto

"Osservazioni pratiche per lo studio del canto" di Virginia Boccabadati, soprano prediletto da Giuseppe Verdi e maestra di Bel Canto nel Liceo Musicale Rossini di Pesaro, 1893

I criteri con i quali un genio del calibro di Verdi giudicava i cantanti erano quasi sempre in funzione delle parti che essi dovevano sostenere, andando dall'attrice-cantante alla vocalista

In alcuni casi, della potenza della voce e della bellezza timbrica non gli importava nulla. Al tempo delle prime esecuzioni della "Traviata", esaltò la Piccolomini, la Spezia e la Boccabadati

« (...) Per fare il "Re Lear", finora non avete la compagnia adattata. La Penco (che è pure eccellente artista) non potrebbe farmi Cordelia come io l'intendo. Per questa parte non conosco che tre artiste: Piccolomini, Spezia, e Virginia Boccabadati. Tutte e tre hanno voce debole ma talento grande, anima e sentimento di scena. Eccellenti tutte nella "Traviata" (...) Io sentirò qui la Piccolomini, e ve ne dirò qualche cosa. (...) » (da una lettera di Giuseppe Verdi, scritta da Parigi l'11 novembre 1856, indirizzata a Vincenzo Torelli a Napoli)

In altri casi ricercava invece l'ottima cantante: la verità infatti è che, come spiegò al Ricordi l'11 maggio 1887, Verdi vedeva come Desdemona non un'attrice-cantante, ma una vocalista.
"Desdemona canta dalla prima nota del Recitativo, che è una frase melodica, fino all'ultima nota, 'Otello non uccidermi', che è ancora una frase melodica. Quindi la più perfetta Desdemona sarà quella che canta meglio."

Il valore della Boccabadati, oltre che da Verdi, viene confermato anche nell'articolo "La Traviata di Verdi al Carignano, parallelo fra Maria Piccolomini e Virginia Boccabadati" (in: CRONACA MENSILE - RASSEGNA MUSICALE,

da "RIVISTA CONTEMPORANEA" - VOL. OTTAVO, anno quarto - Torino, Tipografia economica diretta da Barera, 1856), quando il critico musicale affermava che:

Le tre cantatrici che hanno riputazione in Italia sovra le altre, di interpretare sublimamente quest'opera di Verdi, sono:
1. - Maria Spezia, la prima che abbia avuto l'ardimento e la ventura di togliere dall'obblio questo spartito e di farlo rivivere nella stessa Venezia, dove sì mala accoglienza aveva incontrato due anni prima;
2. - dopo la Spezia la più stimata era certamente Virginia Boccabadati, la quale in parecchi teatri aveva sollevato l'uditorio ad entusiasmo sotto le spoglie di Violetta, e per ciò era scritturata l'anno passato al Teatro Italiano di Parigi, dove, colta da lungo malore, non potè farsi ammirare;
3. - la terza è, come tutti sappiamo, Maria Piccolomini. Dopo il trionfo ottenuto da lei a Torino, ella fu giudicata la più sublime fra le Violette; infatti, volendo eseguirsi quest'opera a Londra, la Piccolomini ebbe la preferenza; e tutti leggemmo le novelle delle liete accoglienze che ella ebbe nella capitale e nelle altre città d'Inghilterra, nelle quali tuttavia ella trascorre festeggiata. Dovendo anche a Parigi rappresentarsi la "Traviata", prescelta ad interpretarla fu la Piccolomini; e fra poco ella si presenterà su quelle scene.

( Potete leggere l'articolo completo al seguente link, del blog CANTO VERDIANO --> http://cantoverdiano.blogspot.com/2021/02/la-traviata-di-verdi-parallelo-tra-la.html )



Ed ecco alcune delle più interessanti 'osservazioni pratiche' della Boccabadati (tra le sue allieve, le poi celebri Celestina Boninsegna e Maria Farneti!) che abbiamo qui selezionato per tutti voi, e che trattano i seguenti punti di tecnica vocale:
- Respirazione
- "Arrotondamento" della A
- Registri della voce
- Passaggi di registro
- "Note di testa"
- Posizione della lingua e del palato
- "Portamento di voce"
- Trillo
- Declamazione

Queste osservazioni io dedico agli allievi di composizione che mi hanno prestato il loro concorso, e che tuttora mi aiutano come accompagnatori. Scrivo per essi una regola di insegnamento come io la pratico da dieci anni nella classe di canto per Donne in questo Istituto Rossini di Pesaro.
Gli allievi dovranno occuparsi di leggere e di studiare i metodi più completi del Garcia e del Delle Sedie, come vien loro indicato dal programma, essendo questi metodi corredati di dimostrazioni anatomiche e fisiologiche necessarie a conoscersi.
La lettura del mio piccolo lavoro non sarà del tutto inutile, perchè non è soltanto il frutto della mia particolare esperienza, ma compendia i consigli ricevuti, quasi in eredità, da una famiglia rispettabile in Arte, e da tutti rispettata.

Scuola di Canto per Donne.
Qualità per esservi ammesse.

Le giovinette destinate allo studio del canto devono dimostrare di possedere una sana costituzione, ed essere in grado di sostenere la fatica dell'esercizio quotidiano coll'aver raggiunto uno sviluppo fisico in rapporto con la loro età.
Allorchè si presentano in un Istituto per studiare la Musica poco più che adolescenti, nessun abile maestro potrebbe accertare se col crescere degli anni acquisteranno la robustezza di voce che occorre pel teatro. Si potrà verificare una certa chiarezza di timbro, la prontezza dell'intonazione, le buone disposizioni musicali; ma il progresso della sonorità e della estensione della voce non può affermarsi tanto presto; occorre per ciò una durata ragionevole di studio prudente e graduato.

1° Anno di Studio nella Classe di Canto.

All'età di 16 anni compiuti, dopo essere state iniziate alla teoria musicale, le allieve sono in grado di venire affidate alla Maestra di Canto, che possibilmente sarà stata essa stessa una cantante riputata buona. Incominceranno a solfeggiare, e l'esercizio sarà di breve durata, limitato ad una tessitura media. (...)
L'esercizio del Solfeggio elementare verrà alternato con facili vocalizzi, per avviare alla giusta impostazione della voce, onde presto ne sia fissata l'estensione e la tendenza naturale.

RESPIRAZIONE - POSIZIONE VOCALE BASE ("A" arrotondata):
Per prima prova si faranno emettere dei suoni isolati, senza darsi pensiero del colorito, facendo aprire ragionevolmente la bocca colla vocale "A" leggermente arrotondata, e facendo respirare con naturalezza, un poco più abbondantemente che per parlare (...) più avanzata nello studio [la principiante] saprà da se stessa regolare il respiro colla necessaria economia, acquisterà la facoltà di tenerlo più a lungo, e di rinnovarlo a proposito. Eguale premura dell'insegnante sarà rivolta a stabilire i differenti registri della voce e a informarne bene ogni allieva, perchè si abitui a regolarne i passaggi difficili. Per noi della vecchia scuola i registri della voce risulterebbero "tre" (...)

REGISTRI DELLA VOCE ("passaggi"):
Per verità non è facile fissare una regola precisa, quando si consideri che non vi è voce che si rassomigli. L'orecchio esperimentato di chi insegna e la continua pratica aiutano e guidano ad ottenere l'equilibrio di questi delicati passaggi fra il "primo" registro, cioè quello delle "note gravi" o "di petto", e il "secondo" delle "note acute" o "di testa", con un "terzo" che con dolce transizione unisce le note dell'uno coll'altro. E' giusto di tener conto di ciò onde la natura ha favorito le voci di donna; affaticarsi a distruggerlo, sopprimendo le "note gravi", sarebbe lo stesso che voler impedire più tardi ogni effetto di canto drammatico. Però le "note gravi" non vanno forzate nelle giovinette: il "primo" registro non oltrepassa per lo più il Fa (1° spazio in chiave di Sol) per la voce di Soprano. Sovente per sfortuna non si ottiene neppure il Mi (1° riga in chiave di Sol). Fra Fa diesis e Sol si deve ottenere un suono delicato, leggermente misto. La, Si, Do, Re sono le vere note medie. Da Re (4° riga, chiave di Sol) a Mi (4° spazio, id.) si studia il passaggio che porta alle "note di testa", appoggiate, come suol dirsi nei Metodi, "ai seni frontali"; si sentono infatti risuonare fra il naso e la fronte. (...)

VOCI FEMMINILI (Soprano - Mezzo Soprano - Contralto):
1. La voce di Soprano ha generalmente l'estensione sensibile di due ottave dal Do sotto le righe (in chiave di Sol). Voci eccezionali come erano quelle della Malibran, della Patti, della Tacchinardi-Persiani, e come sono, fra le giovani cantanti, quelle della Pettigiani e della Pinkert, possono o scendere più in basso, o salire agli estremi "Sopr'acuti"; ma di queste meravigliose qualità, di rado sviluppate ai sedici anni non si deve tener conto, e l'allieva così favorita dalla natura non può valersene senza pericolo se non all'ultimo periodo del suo studio di perfezionamento, verificando tuttavia a lontani intervalli se queste note straordinarie si sono conservate.
2. La voce di Mezzo Soprano ha pure l'estensione di due ottave (dal La basso) e può avere qualche nota di più: un esempio n'è stata la Borghi-Malmo (Madre). Sarebbe però arrischiato di alterarne la tessitura secondando la smania comune di cantare ad ogni costo il Soprano Drammatico. Abituale risultato di tale compiacenza è quello di non arrivar mai a far cantar da Soprano se non con voce stridula o tremola o stuonata, mentre il Mezzo Soprano perde le belle note naturali. Questa voce non arriva generalmente "di petto" che al Fa diesis (1° spazio), ma se non lo imposta naturalmente non conviene insistere ma limitarsi al Fa naturale. Le note di testa possono incominciare dal Do diesis (3° spazio - chiave di Sol) e sono generalmente più risonanti che nelle voci di Soprano.
3. Considero la voce di Contralto la più difficile da educare. La sua estensione è di due ottave dal Sol basso, ammettendo sempre delle fortunate eccezioni come: la Pisaroni, la Marietta Brambilla, l'Alboni, la Marchisio, la Scalchi. La prima ottava è quasi sempre tutta "di petto", ed in tal caso è molto gradevole il suo passaggio nelle "note medie" La, Si, Do; ed è invece poco simpatica se sale "di petto" fino al Do (3° spazio - chiave di Sol).
Grande cura occorre per evitare un certo scatto che la voce subisce nei passaggi difficili di registro; ciò accade più sovente fra le "note di petto" e le "medie", ma nella voce di Contralto si nota anche fra le "note medie" e quelle "di testa". Ricordo ancora lo studio accurato che intesi fare dalla celebre Marietta Alboni in presenza di mia madre per raddolcire questo passaggio. Essa tentava e riusciva ad emettere a "mezza voce" l'ultima nota del suo "registro grave" e delicatamente la portava, legando, alla prima del "registro acuto" (per lei i registri non erano che "due") e dava a questa una maggiore sonorità; riprendeva quindi pianissimo la nota più "acuta", e, legando, tornava forte a quella "grave".
Si può fare in tal modo un esercizio vocalizzato sulla vocale "A arrotondata", legando fra loro due, tre e più note di Scala. (...)

EMISSIONE VOCALICA (posizione di lingua e palato molle):
In ogni voce si riscontrano dei difetti di suono o gutturali o nasali. E' difficile di vincerli coi primi studi di impostazione; conviene però tentare di correggerli, e cercare la giusta e migliore sonorità della nota difettosa, esercitandola col suono di tutte le vocali, molto aiutandosi coll'orecchio, e provando di emetterla con vocale più aperta se è gutturale, e più arrotondata quando è nasale.
Coll'abbassare la lingua ed alzare il palato si ottiene una piacevole sonorità. (...)

SCALE LENTE:
I primi esercizi si fanno di Scala, lentamente, in tutti i toni maggiori e minori; l'allieva, lontana dal pianoforte, ben posata colla persona, si abituerà a pensare alle note ed alla tonalità in cui canta, aumentando a grado a grado l'estensione e la rapidità della Scala. Con cura particolare imparerà subito a unire i suoni fra loro; può a ciò servire di regola la legatura degli istrumentisti d'arco che per verità studiano di imitare la voce umana ed il canto corretto degli antichi cantanti. Un mio ricordo d'infanzia è quello di avere inteso celebri violinisti di quell'epoca (Bazzini, Emiliani) dichiarare che suonavano l'Andante della "Sonnambula" "Ah! non credea mirarti" e il Largo della "Norma" "Casta diva" sotto l'impressione ricevuta dal canto perfetto di mia madre Luigia Boccabadati (nata nel 1800). (...)

LEZIONE-METODO:
La lezione sarà di breve durata, possibilmente alternata fra due allieve di eguale capacità, e sarà sospesa qualora le giovinette siano indisposte, o accusino la più leggera sofferenza alla gola.
Tutti i medici si accordano in questa regola di prudenza.
(...) ogni Metodo è buono purchè scelto giudiziosamente, e si adatti alla tessitura di ogni voce, nei limiti dell'ampiezza di respiro.
Ad una allieva di pronta intelligenza si può già insegnare in questo corso qualche frase di canto con parole. E' molto indicato a questo scopo il Metodo Pratico del Maestro Nicola Vaccaj.

2° Anno di Studio nella Classe di Canto.

E' da presumere che a questo punto le difficoltà musicali siano superate: la voce avrà intanto acquistato forza di timbro, sicurezza d'intonazione, e facilità di modulazione. (...)
Dagli esercizi, il naturale progresso porta ai vocalizzi più difficili, sia ad una, sia a due voci; e da questi si passa al canto con parole. E' giustamente indicato di giovarsi delle "arie antiche" che distintissimi Maestri hanno riunite in utili edizioni, fra cui noto i volumi degli "Echos d'Italie", e la bella Raccolta del Prof. Parisotti; sarà pure indispensabile di far cantare duetti di Autori classici ed alcune romanze da camera, moderne, scelte fra le migliori.
L'insegnante dovrà accennare la frase con precisione e ripeterla finchè l'allieva l'abbia ben compresa e sia messa in grado di imitarne la chiarezza dell'accento, dell'inflessione e della pronuncia. (...) Chi insegna il Canto deve poter correggere e rettificare i difetti della pronuncia.
Chi desideri rendersi conto dell'articolazione di ogni sillaba, e di ogni parola, può trovare diffuse spiegazioni nei Metodi di canto di Garaudé, di Garcia, di Delle Sedie e di altri. (...)
Un accurato esercizio di lettura sarà stato fatto prudentemente sotto abile direzione fino dal 1° anno dello studio di canto, e mentre le allieve si abitueranno gradatamente all'accento poetico, dovranno anche essere guidate a conoscere le regole del contegno e del gestire.
Alla fine di questo corso le allieve devono prender parte alle esercitazioni corali, ottimo studio per sviluppare l'organo vocale, e l'esattezza della misura, per far perdere la timidezza, e per far progredire nella lettura a prima vista del canto con parole.

3° Anno di Studio nella Classe di Canto.

S'incomincierà questo corso collo studio dei recitativi di opere dei migliori autori italiani, dopo di che si passerà alla esecuzione delle arie difficili del nostro vecchio repertorio; soprattutto conviene occuparsi del Recitativo, perchè le allieve imparino a fraseggiare con vivace disinvoltura nell'opera buffa, con inflessioni di voce gentili e patetiche nelle opere sentimentali e romantiche, mentre nel recitativo drammatico dovranno abituarsi a dare la necessaria sonorità, ed a marcare vigorosamente l'accento.
Coi vocalizzi difficili di Righini, di Garaudé e con altri, scelti nei migliori metodi di perfezionamento, le alunne avranno imparato a valersi di tutto il respiro, e a non interrompere la frase musicale per riprenderlo; dovranno porgere il canto con elegante colorito e si troveranno preparate ad eseguire i cantabili larghi e maestosi delle nostre belle arie italiane.

PORTAMENTO DELLA VOCE (e Legato):
Ora viene a proposito di accennare le mie idee sul "portamento della voce": ho già detto che pel canto legato può servire di modello il modo accurato col quale un violinista di stile corretto eseguisce le frasi musicali sul suo istrumento. "Legare" non significa nè "strisciare" nè "portare la voce", ma "passare" senza "stacco" o "silenzio" da una nota all'altra.
Per "Portamento" invece s'intende un leggero anticipare del suono da una nota a quella che segue. Un esempio semplicissimo è una frase del duettino dei Soprani nell'Otello di Rossini ("Quanto son fie [RE]_[SOL] eri i pa [DO]_[LA] alpiti")

E' chiaro che il "portamento" si fa dove sono due note per una vocale e una sillaba, mentre ognuna delle altre note ha per sè una vocale ed una sillaba, ed è ben semplice di tenerle per tutto il loro valore. (...)
Un altro esempio ce lo offre un recitativo della stessa opera, che noterò dopo la seguente osservazione: che devesi cioè evitare il "portamento" fra due note congiunte per intervallo di "seconda", se la parola non termina e non comincia con vocale, e se non vi è elisione nella stessa parola (nel qual caso il portamento vien naturale); ma quando una parola termina con vocale e quella che segue incomincia per consonante è da preferirsi lo "smorzo". Ogni regola però soffre eccezione, e, per esempio se la distanza dell'intervallo supera la "seconda", allora il buon gusto suggerisce in quale frase il "portamento" aumenti la grazia o la drammaticità dell'accento.
("Oh! Come infino al core giungon quei dolci accenti! Chi [SALTO ASCENDENTE DI 5a GIUSTA, SOL-RE] sei che così canti? Ah tu ramme- [SALTO DISCENDENTE DI 7a DIMINUITA, FA-SOL#] -nti lo stato mio crudele")
Notando in tal modo questo brano di recitativo, il compositore ha sufficientemente dimostrato che si può cantarlo senza portamenti di voce, pur di dare alle note quell'inflessione d'accento che la poesia richiede, e quello smorzo che ne aumenta l'elegante espressione. Si può però "portare" la voce nelle due frasi ("Chi sei? - Ah tu rammenti") per raddolcirne anche più la mestizia; ma dovrà evitarsi di esagerare (...)
Io non ricordo di aver mai ricevuto osservazioni sul "portamento della voce" all'epoca de'miei studi di canto, non so se per istinto buono, o piuttosto perchè ero abituata all'esecuzione corretta di mia madre che era la più perfetta cantante di metodo di cui si possa serbare memoria. Quanta saviezza nei suoi consigli, e quale indulgenza! Ella non insisteva mai per ottenere che subito si facesse bene, e ci lasciava riflettere sulla lezione, concedendo alla nostra voce frequenti riposi, che qualche volta si prolungavano per settimane e per mesi.
Alla ripresa del lavoro la voce aveva acquistato freschezza e volume. Ora invece molti maestri asseriscono che nemmeno sotto l'azione di una malattia di gola o di qualunque sofferenza, si deve perdere l'abitudine di un esercizio vocale forte e prolungato. Chi può perdonare loro il male che producono? La salute compromessa, la voce guastata, e tanti denari sprecati, e tante illusioni perdute?....

SCALE VELOCI (agilità vocali) - ABBELLIMENTI (ornamenti) - IL TRILLO:
(...) Lo studio delle difficili arie si compie coll'eseguire "l'allegro", per lo più composto di due "Cabalette", e nella seconda, pur di non eccedere, è permesso di fare qualche variante e di aggiungere degli abbellimenti.
Le "scale" devono riuscire rapide ed estese; decise le "acciaccature", ben graniti i "gruppetti" di cui la prima nota va accentata più delle altre; ben precise le "volate" di semitoni, fissando una divisione che ne assicuri l' "accento" e l' "intonazione" a "tre", "quattro", "sei" od "otto" note; di puro "attacco" e "stacco" le "picchettate" per le quali occorre una vera cura di prontezza e di economia di respiro. Il trillo soprattutto va lavorato in modo da non cagionare ostacoli ad ogni pezzo difficile ove ci sia l'obbligo di farlo. (...) talvolta il "trillo" non riesce, mentre c'è chi lo ha naturalmente facile; in ogni modo sarà utile di averlo studiato. Va dapprima esercitato senza preparazione, accentando a piena voce la nota superiore; accertata la perfetta intonazione e sonorità delle due note "di eguale perfetto valore" se ne accelererà quanto è possibile il movimento.
Tale prova va ripetuta più volte al giorno, evitando di stancare il respiro, ed esercitando di preferenza le note migliori, non quelle di passaggio fra i differenti registri
.
"I Maestri più celebri si sono valsi dei vocalizzi e dei gorgheggi per rendere più variate le loro composizioni"; ma l'abuso va naturalmente evitato, tanto più ora che il gusto moderno preferisce quasi esclusivamente il canto di espressione; però non bisogna cadere nell'esagerazione, ma persuadersi anzi che lo studio delle agilità impone ai cantanti un esercizio che trascurerebbero per non valersi più che di effetti triviali.

DECLAMAZIONE (moderata):

(...) non si può esigere da una allieva di canto la forza di inflessione che richiede la declamazione parlata; più vi è progresso nel canto, e meno la voce è adattata per essere adoperata in un discorso molto accentato; questa cara voce dipende da fibre così delicate che è proprio da stupirsi possa resistere allo strazio crudele che talvolta ne vien fatto. Dunque occorre moderazione in tutto, tanto nell'esercizio del canto, quanto in quello della declamazione.
Dal consiglio di sapienti medici ci viene la regola che la lezione o studio vocale non deve durare di continuo più di mezz'ora; ma può essere ripetuto più volte nella giornata. (...)

4° Anno di Studio nella Classe di Canto.

Incomincia da questo punto la necessità di imparare a memoria le Opere per formarsi un repertorio. (...)
Alle maestre di canto incombe consigliarle sul perfezionamento dello stile, guidarle a ben porgere ed unire efficacemente la parola col canto, proporre i coloriti, gli abbellimenti e le cadenze.
In poche lezioni le alunne dovranno saper ritenere un'Opera a memoria, cantandola correttamente; da sè stesse avranno indovinato o trovato un sicuro effetto di alcune frasi per ogni pezzo. L'insegnante rettificherà gli errori e guiderà l'intelligenza senza soverchiare lo svegliarsi della spontanea individualità artistica. (...)
La maestra di declamazione deve secondare quest'ultimo periodo d'insegnamento per ottenere dalle alunne un perfetto contegno, il camminare più grave o più svelto che non si usi nella vita abituale, ed il gestire con nobile semplicità.
Così guidate non sarà per esse difficile di immedesimarsi nel carattere che devono rappresentare. Le maestre di canto e di declamazione le avranno messe sulla via di una giusta interpretazione, ma dopo ciò dovranno "saper pensare", e non aspettare più suggerimenti se non dalla propria ispirazione; il canto deve acquistare un particolare colorito da un intelligente lavoro della mente.
Non è necessario l'affannarsi sulla scena con movimenti rapidi e disordinati, potendo ciò nuocere alla fermezza della voce e alla finezza del canto. Ho conosciuto celebri cantanti con talento scenico, che soffrendo del troppo agitarsi avevano saputo adattare alle situazioni più drammatiche delle movenze naturali 'proporzionatamente' calme, senza nuocere all'effetto della scena. Ammirabile in ciò fu Erminia Frezzolini (...)

N.B.
Brevi informazioni biografiche, tratte da "BOCCABADATI, Luigia", voce enciclopedica presente in: Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 10 (1968):

<<Dei suoi figli, la più celebre fu Virginia, nata il 29 apr. 1828, che debuttò brillantemente nel 1847 al Teatro Massimo di Palermo con "Linda di Chamounix" di Donizetti. (...) La Traviata, di cui fu giudicata una delle migliori interpreti, "ancor più espressiva della Patti" (Schmidl) nel ruolo di Violetta. Dedicatasi, infatti, al repertorio verdiano, Virginia seppe conquistarsi, insieme con M. Piccolomini e M. Spezia, la stima e la preferenza di Verdi.

Mortole il marito, il conte Carignani di Torino, Virginia abbandonò il teatro, accettando tuttavia, verso il 1883, il posto offertole da C. Pedrotti di maestra di canto al conservatorio di Pesaro, dove insegnò fino al 1900 (alla sua ottima scuola si formarono, fra le tante allieve, Celestina Boninsegna, Maria Farneti [soprano mascagnano molto noto agli inizi del XX secolo], A. M. Pisano Pettignani, e M. Quarenghi Galli). Tornata a Torino, vi morì il 6 agosto 1922.

L'eredità materna si manifestò in Virginia più nell'arte dell'espressione e nella tecnica perfetta che nella potenza della voce, anche se pura, d'intonazione sicura e assai agile. Fu, infatti, una delle interpreti di maggior prestigio di opere del repertorio lirico-leggero, ma seppe raggiungere altrettanta eccellenza in opere più drammatiche.>>

(da: VIRGINIA BOCCABADATI - Maestra di Bel Canto nel Liceo Musicale Rossini di Pesaro - "OSSERVAZIONI PRATICHE PER LO STUDIO DEL CANTO" - Pesaro, 1893) 

Buona lettura e buona riflessione!

giovedì 9 dicembre 2021

Voci liriche e grammofoni per il "Memorial Gigli 2021" a Recanati, con l'Accademia Nazionale di Belcanto Italiano

"MEMORIAL GIGLI 2021", con il Belcanto Italiano Duo (Astrea Amaduzzi, soprano e Mattia Peli, pianoforte) ed il tenore Raymond Turci, giovane allievo dell'Accademia Nazionale di Belcanto Italiano

- MEMORIAL GIGLI 2021 -

Su iniziativa dell’Associazione "B.Gigli" e dell’Assessorato alle Culture del Comune di Recanati, in collaborazione con l’Associazione Controvento Aps di Recanati, in occasione del 64° anniversario della scomparsa di Beniamino Gigli si comunica che:
domenica 12 dicembre 2021, alle ore 17,30, all’Aula Magna comunale si terrà l’evento “Memorial Gigli 2021” incentrato anche sul ricordo del soprano Rina Gigli.
A rappresentare lo squisito fraseggio della tecnica belcantistica italiana Il "BELCANTO ITALIANO DUO" costituito dal soprano Astrea Amaduzzi e dal Maestro Mattia Peli (pianoforte, organo) che nasce nel marzo 2011 per riaffrontare in una nuova veste raffinatamente musicale un ampio repertorio, spaziando dalla musica sacra all'opera italiana, dalla canzone napoletana alla musica vocale da camera. Il Duo che si è esibito in Italia ed all’estero, in diversi teatri ed auditori, collabora anche con compositori contemporanei, tra i quali Massimo Moretti di cui il Duo ha eseguito a Rieti in prima mondiale il suo "Interwoven Silences - New York 2011" e Leonardo Ciampa che ha dedicato ad Amaduzzi-Peli la sua lirica da camera "Pusilleco" nel 2020. Dall’ottobre 2018 sono docenti presso l’Accademia Nazionale di Belcanto Italiano, in collaborazione con famosi cantanti lirici, tra i quali il celebre tenore Ugo Benelli. Con loro il tenore modenese Raymond Turci, giovane allievo dell’Accademia.

Il soprano Rina Gigli verrà ricordato dal prof. Gianfranco Lelj, nato a L’Aquila, ma cresciuto a Bologna. Dopo essersi laureato in lettere moderne, insegna, presso la cattedra di filosofia moderna, Storia del Cinema. La sua passione per il cinema lo porta alla fotografia come mezzo di avvicinamento per la settima arte. Dopo alcuni splendidi ritratti del soprano bulgaro Raina Kabaivanska, fa conoscenza con il regista Mauro Bolognini che, colpito da tali foto, lo scrittura come fotografo di scena per il suo film “Fatti di gente per bene” con Catherine Deneuve. L’eccellente risultato attira l’attenzione di Luchino Visconti, massimo regista europeo a quei tempi, che chiama Lelj a Roma per seguire la lavorazione del suo film “L’innocente” tratto da D’Annunzio.

Con i brani in programma di Rossini, Donizetti, Verdi, Bizet, Massenet, Boito, Mascagni, Puccini e Tosti, verranno eseguiti brani lirici dal vivo alternati ad ascolti di dischi, incisi da Beniamino e Rina Gigli su grammofono donato dagli eredi dell'attore di prosa, collezionista e ricercatore di trattati di canto lirico Mauro Benedetti, originali dell’epoca. I dischi selezionati per l'occasione provengono dall'archivio in continua espansione dell'Ass. "Belcanto Italiano" di Ravenna e del Centro Internazionale di Studi per il Belcanto Italiano "B. e R. Gigli" di Recanati.
A presentare il concerto sarà il presidente dell’Associazione "Gigli" Pierluca Trucchia.  
 

Il "BELCANTO ITALIANO DUO" - costituito dal soprano Astrea Amaduzzi e dal Maestro Mattia Peli - si è esibito in Italia, in diversi teatri ed auditori, a Verona (Sala “Maffeiana” del Teatro Filarmonico), Alessandria (Teatro Parvum), Cremona (Teatro Filo), Bologna (Teatro Guardassoni), Ravenna (Sala "Corelli" del Teatro Alighieri), Recanati (Teatro Persiani), Chieti (Teatro Comunale "Marrucino"), Rieti (Teatro "Flavio"), Roma (Sala Accademica del Conservatorio S.Cecilia), e all'estero, a Varsavia (Stanislaw Wislocki House, Radziejowice Palace), Praga (Dvořák Museum) ed in Francia a Saint-Mandrier-sur-Mer (Salle Marc Baron). Nel 2011 ha inciso, al Teatro Comunale "Marrucino" di Chieti il cd "COLORI SONORI DI NAPOLI" - SOUNDING COLOURS OF NAPLES Neapolitan Songs & Dances from 1200 through the 20th Century.

ASTREA AMADUZZI, Soprano lirico di coloratura, eccelle particolarmente nel bel canto, in un ampio repertorio che si estende dal Barocco al Novecento.
Formatasi musicalmente negli anni '90, ha studiato prima flauto traverso, e poi canto lirico con Carmela Remigio, perfezionandosi vocalmente con Biancamaria Casoni e sul versante dell'arte scenica con Enzo Dara, giungendo a diplomarsi in canto presso il Conservatorio di Pescara “L. D’Annunzio” nel 2002.
Dal 2001 ha lavorato come cantante e strumentista per diversi enti teatrali italiani in Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana (Teatro Grande di Brescia, Teatro Verdi di Pisa, Accademia Chigiana di Siena, Accademia Lirica Mantovana, Fondazione Toscanini di Parma) con Maestri del calibro di Massimo De Bernart, Antonello Allemandi, Alessandro Pinzauti, ed i registi Alberto Macchi, Simona Marchini, Pierpaolo Pacini, in particolare nelle produzioni di “Le Nozze di Figaro” (Marcellina), “La  Cenerentola” (Clorinda) e “Don Carlo” (Voce dal Cielo), e ha cantato in veste concertistica in innumerevoli auditori e importanti basiliche in Italia e all’estero (Polonia e Inghilterra).
Nell’ottobre 2005 è vincitrice unica, per la categoria femminile, del IV Concorso Internazionale di Musica Sacra di Roma. Nel giugno 2007 viene insignita del "Diploma d'Onore" al Torneo Internazionale TIM di Roma.  
E’ stata chiamata dalla RAI ad incidere la colonna sonora del documentario “Matteo Ricci, un gesuita nel regno del Drago” e presentato all’attenzione internazionale il 9 giugno 2009 all’Auditorium in Via della Conciliazione in Vaticano.
Nel 2012 ha fondato il primo Concorso Mondiale Online "Belcanto Italiano" e nel 2013 crea le “Belcanto Italiano Masterclasses”, nelle quali insegna tecnica vocale a studenti e cantanti provenienti da tutto il mondo, tenendo regolarmente seminari di canto lirico in tutta Italia e all'estero (in Francia, Austria, Polonia e Repubblica Ceca).

RAYMOND TURCI, giovane Tenore modenese, ha studiato canto lirico dal 2012 al 2016 nei Conservatori di Milano e Cesena. Allievo di Carlo Bergonzi nel 2013-14, ha in seguito partecipato attivamente a masterclass di canto con vari maestri e cantanti lirici. Ha interpretato il ruolo di Macduff nel "Macbeth" di Verdi al Centro "Croce Coperta" di Bologna nel 2016. Attualmente, dal febbraio 2021 sta perfezionandosi con il soprano Astrea Amaduzzi, fondatrice e docente di tecnica vocale dell'Accademia Nazionale di Belcanto Italiano, giungendo nell'estate di quest'anno ad interpretare il ruolo del Duca di Mantova nel "Rigoletto" di Verdi a Castelvetro di Modena. E' stato chiamato a cantare brani sacri in memoria di Tito Schipa, nella Chiesa di S.Giorgio M. in Solignano, amena località in provincia di Modena in cui il celebre cantante leccese soggiornò nel periodo 1937-47, attorno agli anni del secondo conflitto mondiale.

MATTIA PELI, Pianista, compositore e direttore d'orchestra, è da sempre musicista eclettico, sia in campo esecutivo che didattico.
Formatosi musicalmente presso il Conservatorio "A.Boito" di Parma, ha studiato Violino con il Prof. Alessandro Simoncini (Nuovo Quartetto Italiano) ed il Prof. Ivan Rabaglia (Trio di Parma), diplomandosi nel 1998, Composizione con il M° Emilio Ghezzi e Pianoforte con il Prof. Orlando Calevro, diplomandosi nel 2001 (Diploma in Piano Performing), “with distinction”, con l'Associated Board of the Royal Schools of Music, London. Ha studiato direzione d'orchestra con il M° Julius Kalmar (allievo del celebre Hans Swarowsky), perfezionandosi con i Maestri Yuri Ahronovitch, Bruno Aprea ed Isaac Karabtchevsky, giungendo nel 2005 a diplomarsi in direzione d’orchestra sotto la guida del M° Manlio Benzi al Conservatorio “G.Rossini” di Pesaro.  
Ha fondato nel 1997 a Parma l'Orchestra Aperta d'Archi “Giovane Emilia” debuttando con la stessa alla Corale “G.Verdi” di Parma in qualità di giovanissimo direttore nel 1998. Dal 2000 dà concerti come direttore d’orchestra (Orchestra Filarmonica Marchigiana, Orchestra Giovanile “Cherubini”, Orchestra d'archi ucraina della Casa Bavarese di Odessa, Orchestra rumena del Teatro di Cluy) e pianista solista e in formazione vocale da camera in diversi importanti teatri, auditori, chiese, sinagoghe, musei e sale in Italia, ed all’estero a Stoccolma (Library Hall of the Royal Castle), Londra (Spiro Ark Centre), Regensburg (Festsaal des Bezirks Oberpfalz) e Gerusalemme (Christ Church).  
Come compositore, le sue musiche sono state eseguite a Parma (Conservatorio di musica "A.Boito" e Teatro Regio), ed all’estero a Barcellona, Madrid, Tegucigalpa, Londra, Parigi e Taipei. Dal 2001 pubblica le sue composizioni con la Casa Editrice Musicale “L’Oca del Cairo” di Parma. 

Maria Jeritza: "Non gridare e non forzare la voce" - una grande lezione di canto

Maria Jeritza: "Non gridare e non forzare la voce" - una grande lezione di canto

Maria Jeritza: "NON GRIDARE E NON FORZARE LA VOCE" - una grande lezione di canto!

«...at twelve I was attending the "Musikschule" in Brünn [Brno]. There, aside from regular class instruction, Professor Krejci gave me private lessons twice a week. I think myself that I had a good, clear voice when a child, but Krejci was even then convinced that I had a future, and taught me with the greatest care.
He taught me one very important thing right at the start, something which every student should realize–NOT to scream, and NOT to force my voice. It is a lesson every vocal student should take to heart, for the habit of screaming and forcing the tone, if developed when the voice is forming, and persisted in, has ruinous consequences. Professor Krejci made me do a good deal of scale work. He would never let me experiment singing songs of all descriptions indiscriminately, a singing evil some teachers encourage»

...a dodici anni frequentavo la "Musikschule" a Brünn [Brno]. Là, al di fuori del regolare insegnamento accademico, il Prof. Krejci mi diede lezioni private due volte alla settimana. Reputo di aver posseduto, da bambina, una voce bella e pura, ma Krejci era già convinto allora che io avessi un futuro, e mi istruì con la più grande cura.
Egli mi insegnò, fin dall'inizio, una cosa molto importante, qualcosa che ogni studente dovrebbe realizzare–di NON gridare e di NON forzare la mia voce. E' una lezione che ogni studente di canto dovrebbe prendere a cuore, poiché l'abitudine a gridare e a forzare il suono, se sviluppata quando la voce è in formazione, e se prolungata, ha rovinose conseguenze. Il Prof. Krejci mi fece fare un bel po' di lavoro sulle scale. Non mi avrebbe mai permesso di provare a cantare arie di ogni genere in modo indiscriminato, un pessimo vizio canoro che alcuni insegnanti incoraggiano.
»]

(Maria Jeritza, from: Frederick Martens - "The Art of the Prima Donna and Concert Singer", 1923)

[Nella foto: Giacomo Puccini con il soprano Maria Jeritza, celebre Tosca e prima interprete del personaggio di Turandot nella première americana del 1926 al Metropolitan, con Giacomo Lauri-Volpi nel ruolo di Calàf - N.B. è stata anche creatrice di diversi ruoli operistici, tra i quali Arianna in "Ariadne auf Naxos" e l'imperatrice in "Die Frau ohne Schatten" di R.Strauss, così come Marie/Marietta in "Die tote Stadt" di Erich Wolfgang Korngold]

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Maria Jeritza sull'importanza della "mezzavoce", delle 'colorature' e della saggia strategia di studio nel canto lirico:

A PERSONAL RECEIPT FOR SUCCESS IN SINGING
"(...) as regards 'what' to practice in the way of exercises I can only give you a kind of personal receipt. In the first place, it means the world and all for the student of singing to be in good hands from the very start. (...) There are fundamentals the student can obtain only from a good teacher. Teaching, good or bad, influences one's whole career, so see that your teachers are the best. (...)  
How do I practice every day? In the summer, when I am preparing new rôles, perhaps two hours a day in all; but I divide my time. I may sing for fifteen or twenty minutes, and then not sing again for an hour or so. I do my daily flexibility exercises every day, the scales at different speeds, beginning them 'mezza voce' and working up to the full sustained tone. I also sing Marchesi 'vocalises' and 'solfeggios', which include all of coloratura passages and ornaments. During the season, when I am singing on the stage, I never practice, aside from rehearsals, more than an hour a day. The purely technical exercises do not really represent a strain. I always look on them 'as' purely technical, a mechanical means of oiling the voice, making it light, easily responsive; just as the simple gymnastic exercises I use make the body flexible and supple."

[Come mi esercito ogni giorno? In estate, quando sto preparando nuovi ruoli, forse due ore al giorno in tutto; ma divido il mio tempo. Posso cantare per quindici o venti minuti e poi non cantare nuovamente per circa un'ora. Faccio i miei esercizi di flessibilità quotidiana ogni giorno, le scale a diverse velocità, iniziando ad eseguirle a 'mezza voce' e sviluppandole fino al suono pieno e sostenuto. Utilizzo anche i 'vocalizzi' e 'solfeggi' della Marchesi, che comprendono ogni sorta di passaggi e ornamenti di coloratura. Durante la stagione, quando canto sul palcoscenico, non mi alleno, a parte le prove, più di un'ora al giorno. Gli esercizi puramente tecnici non rappresentano veramente una tensione. Li considero sempre 'come' puramente tecnici, un mezzo meccanico per oliare la voce, rendendola leggera, facilmente reattiva; così come i semplici esercizi ginnici che utilizzo rendono il corpo flessibile ed elastico.]

 

THE ROUTINE OF ACQUIRING A NEW RÔLE
"I have a regular routine when studying a new part.
-1. First comes the reading of the libretto.
-2. Then, so that I will feel entirely at home in the work, especially if it is a period opera, I read all sorts of books which will give me the atmosphere of the epoch in question. If I am to represent a character of a certain time and day, I must have a knowledge of that character's point of view and surroundings, mental and material, for a basis. Getting this basis—and I consider it very important—may cost me eight or ten days.
-3. Then comes the music. I first go over it in a purely technical way; I make note of the mechanical difficulties; the arrangement of the vocal line, breath and phrasing. I can get up the most difficult operatic rôle by heart in four or five days and sing its music in the rough.
-4. And then comes the most difficult part of all—the filing down, the polishing, the working out of every least little detail. An intricate piece of goldsmith work offers the nearest comparison, perhaps, to this part of opera study. The goldsmith has his design outlined; but he must lend the utmost clarity and beauty to every line and every curve. And so, too, every line and curve of the melody, every rise and fall of the accent, every dramatic and lyric inflection in the general design of an operatic rôle must be brought out, and brought into reletionship with the rest of the work. This is not eight-day process, but takes me from four to five weeks. I take this work very seriously; for I know of no other way of giving vitality, real human quality to a rôle. And no singer, be she ever so popular, has a right to rely on her popularity to excuse poor preparation. Even quite small rôles can be beautifully done. (...)"

STRAUSS AND PUCCINI HEROINES
"Strauss has written a part for me, and both he and Puccini have given me rôles which it has been fascinating to create. I am fond of Puccini's heroines because they are so human, because they are flesh-and-blood women whom the public loves. (...)
And just as I have studied 'La fanciulla del West', 'Tosca' and 'Il tabarro' with Puccini, so I have studied 'Ariadne' and 'Rosenkavalier', as well as 'Die Frau ohne Schatten' with Strauss. (...) To study a new part with Richard Strauss is a real experience. He and Schalk often came to my home in Vienna and would run over my rôles at the piano with me. Strauss is clearness itself when he explains, and he knows exactly which effects he wants to produce. He insists on a beautiful melody line. And he is always willing to help the singer; change a difficult interval in a vocal phrase or make any reasonable modification. (...)
I cannot understand why the modern composer so often insists on writing for the human voice as though it were an orchestral instrument of wood or brass. There is the part of the Princess, in Fritz Schrecker's opera 'Das Spielwerk der Prinzessin', which I have sung. Vocally it is one of the most terrible things ever written, I think. (...) A part like that of the Princess. . . . Well, think of a strong rubber band being stretched out full lenght, again and again and again, for hours at a time! How long would it stand the strain? And the vocal cords are really delicate, like threads. Really, after such roaring and screaming, to sing a genuine Italian or Mozart opera aria seems like a balsam to the voice. No, there seem to be no real vocal 'lines' in many modern scores."

[in: "The Art of the Prima Donna and Concert Singer" by Frederick H. Martens - D.Appleton and Company, New York, 1923]


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From Vienna in May 1923, Puccini wrote a letter to Giueseppe Adami, which indicates the type of power a singer like Maria Jeritza held over productions and over the composers who sought her talent.  He wrote:

Dear Adamino,
In hate: arrived safely.  Cool today, but very warm journey.  There is talk of “Manon” for September.  They are giving “Cappelli Bianchi” in a few days.  Eisenschitz wanted to give you a pleasant surprise.  If Jeritza accepts they will do “Manon.”  If not I shall return to my work.  But I shall stay here a little while for the festivities which they have prepared for me.  They treat me here as if I were the Kaiser or the Crown Prince.  Living is enormously dear.  My bedroom and sitting-room cost 500,000 crowns a day.  I am well.  My thoughts are on the lovely “Turandot,” lovely in her newest attire, thanks to the great “tailleur” Adamino.  And talking of beauty, last night at the Opera, in Strauss’s “Legend of Joseph” there was an ensemble of the feminine nude that would have turned the head of St. Francis.  Good-bye.  Greetings to you from us all. 

(Giuseppe Adami, ed., “The Letters of Giacomo Puccini,” Translated by Ena Makin, (London: Harrap & Co, 1931), 307).

Jeritza al MET di New York nel ruolo di Turandot

giovedì 25 novembre 2021

Accademia Nazionale di Belcanto Italiano e grammofoni in concerto al Museo della lirica di Verona per la "Tosca" di Puccini

TOSCA di Puccini, Concerto del Belcanto Italiano Duo e dei cantanti in 78 giri della collezione di grammofoni del Museo della lirica di Verona - Palazzo Orti Manara, 27 novembre 2021

27 novembre 2021: torna nuovamente ad esibirsi il Belcanto Italiano Duo in concerto, su invito del direttore del Museo della lirica di Verona, in una serata di musica dedicata alla "Tosca" di Puccini, opera in tre atti che, vedendo la luce il 14 gennaio 1900, si pone al contempo come spartiacque e come collegamento tra due secoli, quello romantico dell'Ottocento e il nuovo secolo moderno: il Novecento!  
Si affiancherà al Duo questa volta anche il tenore Raymond Turci, come pittore Cavaradossi, allievo dell'Accademia Nazionale di Belcanto Italiano fondata e diretta dal soprano Astrea Amaduzzi, che interpreterà la cantante Floria Tosca.

Saranno eseguiti i seguenti celebri brani dall'opera pucciniana, il cui libretto è basato sul dramma di Victorien Sardou "La Tosca" rappresentato per la prima volta a Parigi il 24 novembre 1887:

"Non la sospiri la nostra casetta" (Atto I) [dal duetto Tosca-Cavaradossi]
"Vissi d'arte" (Atto II) [Tosca]
Conclusione dell'atto secondo "E' morto!...E avanti a lui tremava tutta Roma!" (Atto II) [Tosca]
La piattaforma di Castel Sant'Angelo (le campane suonano mattutino), musica orchestrale (Atto III)
"E lucevan le stelle" (Atto III) [Cavaradossi]

Maestro al pianoforte: Mattia Peli.
Gli altri momenti salienti dell'opera verranno fatti ascoltare in 78 giri direttamente dai grammofoni della collezione del Sig. Chiàntera. Presenta Giovanni Martes.

www.belcantoitaliano.it/belcanto-italiano-duo/

martedì 23 novembre 2021

Diretta internazionale con le arie per tenore da 'Tosca' e 'Butterfly' presso il "Belcanto Italiano Vocal Studio"

Diretta internazionale con le arie per tenore da 'Tosca' e 'Butterfly' presso il "Belcanto Italiano Vocal Studio" - Lezione online con i maestri Astrea Amaduzzi e Mattia Peli

Diretta internazionale online dalla sede di Ravenna dell'Accademia Nazionale di Belcanto Italiano "Le arie per tenore da Tosca e Butterfly"

Mercoledì 24 novembre 2021 , alle 15,45 ora italiana i maestri dell'Accademia Nazionale di Belcanto Italiano, per il progetto "Belcanto Italiano Open Academy", apriranno le porte al mondo, consentendo di assistere alla lezione sulle arie di Puccini di Tosca e Butterfly attraverso una diretta trasmessa via Web.

La lezione, condotta dal M° Astrea Amaduzzi, soprano e rinomata esperta di tecnica vocale, e dal M° Mattia Peli, direttore, pianista e vocal coach, potrà essere vista direttamente tramite PC, in ogni parte del mondo.

Per assistere liberamente alla trasmissione, richiedere Link e password via WhatsApp al M° Amaduzzi, al numero (+39)3475853253 indicando il proprio nome, cognome e indirizzo di posta elettronica.

E' un'iniziativa dell'Accademia Nazionale di Belcanto Italiano

 - www.accademiabelcanto.com -

martedì 16 novembre 2021

Il Belcanto Italiano Duo e i grammofoni in concerto del Museo della lirica di Verona uniti per "La Bohème" di Puccini

BOHEME di Puccini, Concerto del Belcanto Italiano Duo e dei cantanti in 78 giri della collezione di grammofoni del Museo della lirica di Verona - Palazzo Orti Manara, 17 novembre 2021

17 novembre 2021: il Belcanto Italiano Duo torna ad esibirsi in concerto, su espresso invito del direttore del Museo della lirica di Verona, in una serata di musica dedicata alla "Bohème" pucciniana, opera in quattro quadri che vide la luce nel 1896, ben centoventicinque anni fa, ma sempre 'giovane' e sorprendente per freschezza e commozione che ogni volta sa trasfondere nell'ascoltatore.
Questo sarà il primo appuntamento musicale della serie, al quale ne seguiranno altri prossimamente!

Saranno eseguiti i seguenti meravigliosi brani dalla celebre opera lirica ispirata al romanzo "Scènes de la vie de bohème" dello scrittore parigino Henri Murger, ai quali il duo ha voluto aggiungere anche una romanza da camera scritta otto anni prima dell'opera, che su diverso testo anticipa il tema del famoso quartetto del quadro III ("Addio dolce svegliare alla mattina") e si conclude con la geniale auto-citazione del proprio nome, "G. Puccini":

"Sì. Mi chiamano Mimì" (Quadro I) [Mimì]
"Quando me'n vo'" (Quadro II) [Musetta] (musica anticipata due anni prima, nel 1894, nel brano pianistico 'Piccolo valzer')
La barriera d'Enfer (Musica orchestrale) - "Ah, se nel bicchiere sta il piacer" (Quadro III) [Musetta]
"Donde lieta uscì" (Quadro III) [Mimì]
"Sole e amore" (1888)

Potrà esserci così un interessante confronto interpretativo tra i due personaggi sopranili, Mimì e Musetta, rappresentati da un'unica voce lirica: quella dell'artista belcantista Astrea Amaduzzi.
Gli altri momenti salienti dell'opera verranno fatti ascoltare in 78 giri direttamente dai grammofoni della collezione del Sig. Chiàntera. Presenta Giovanni Martes.

www.belcantoitaliano.it/belcanto-italiano-duo/

domenica 31 ottobre 2021

Calendario di studio dell'Accademia Nazionale di Belcanto Italiano - anno 2021/22: dalla respirazione alla messa in scena delle opere

Calendario di studio dell'Accademia Nazionale di Belcanto Italiano - anno accademico 2021/22

Presentato il programma di studi dell'Accademia Nazionale di Belcanto Italiano!
Da novembre 2021 a luglio 2022 un entusiasmante viaggio alla scoperta della voce nel canto lirico, con organizzazione di concerti e opere in costume.

Ecco il Calendario di studio dell'Accademia Nazionale di Belcanto Italiano - anno accademico 2021/22

Novembre 2021 - "La respirazione" e "La messa di voce"
Dicembre 2021 - "La voce di petto, il misto e la voce di testa"
Gennaio 2022 - "I passaggi di registro"
Febbraio 2022 - "Le agilità vocali"
Marzo 2022 - "La mezza voce"
Aprile 2022 - "L'arte scenica" e "I filati"
Maggio 2022 - "Gli acuti e i sopracuti"
Giugno 2022 - "Il trillo" e "La messa in scena"
Luglio 2022 - "La relazione tra musica, movimento e scena"

www.accademiabelcanto.com

venerdì 22 ottobre 2021

"L'arte della coloratura", prossimo entusiasmante Meeting internazionale di Belcanto Italiano: diretta Zoom, 30 ottobre 2021

Meeting internazionale di Belcanto Italiano "L'ARTE DELLA COLORATURA" - 30 ottobre 2021

Prossimo Meeting internazionale online a partecipazione libera: "L'ARTE DELLA COLORATURA" - 30 ottobre 2021 alle 16,00 (ora italiana) - in diretta dalla sede "Belcanto Italiano Vocal Studio" di Ravenna.

Il Meeting condotto dai maestri fondatori di Belcanto Italiano, il soprano Astrea Amaduzzi ed il M° Mattia Peli, darà la possibilità ai partecipanti di diventare i veri protagonisti dell'evento, e di essere ascoltati durante il collegamento in arie e passi di agilità vocale.  
A ciascun cantante verranno dati specifici suggerimenti tecnici per migliorare la propria esecuzione canora nell'esecuzione delle note veloci (terzine e quartine di crome e semicrome) che sono sempre molto presenti da Monteverdi a Mozart, da Vivaldi a Rossini, da Bellini a Verdi e così via. Vanno legate? Vanno staccate? E come vanno condotte a livello tecnico-vocale in pratica? Lo scopriremo assieme fra poco più di una settimana.

Per essere ammessi al Meeting scrivere direttamente al M° Amaduzzi tramite WhatsApp al numero (+39) 3475853253 indicando il proprio registro vocale (soprano, mezzosoprano, contralto, tenore, baritono, basso, controtenore), nome, cognome e indirizzo di posta elettronica.

E' un'iniziativa dell'Accademia Nazionale di Belcanto Italiano - www.accademiabelcanto.com

venerdì 15 ottobre 2021

Belcanto Italiano a Cremona

Belcanto Italiano a Cremona

Un viaggio alla scoperta del vero canto lirico, libero, facile, bello. Con il M° Astrea Amaduzzi e con il M° Mattia Peli.

Prenota il tuo incontro per un week end speciale di benessere per la voce!
Ci vediamo sabato 16 e domenica 17 ottobre 2021 a CREMONA! 

Tutte le info (Tel./ WhatsApp) al n. 3475853253

ROSA PONSELLE SULL'ARTE DEL BEL CANTO (maschera, suoni coperti, mezzavoce, voce di petto e di testa, pianissimi ed acuti)

Rosa Ponselle sull'Arte del Bel Canto

Cari lettori di Belcanto Italiano,

raccogliamo in questo articolo alcune citazioni del celebre soprano Rosa Ponselle sull'arte del canto. Buona lettura e buona riflessione a tutti!

1. IL METODO DEL CANTANTE, secondo il grande soprano Rosa Ponselle:

«Ah, there is nothing like the "Bel Canto" method of singing. It is the only safe foundation for a singing career. The "Bel Canto" is not only the esiest way of using the voice, thus saving it for a lifetime, but it is also the most natural way of producing tones. In almost any other method, the beautiful line of the singing is lost, because of the declamatory style of tone production which gives results not at all melodious.
People often ask by what means I preserve the freshness and spontaneity of my voice. In the first place, I have to thank the Creator and a fine musical parentage for a reliable throat and vocal organs. The only secret I have for the preservation of what has been given me is that I have been taught a proper method of singing and then practice a proper method of living. The voice is so sensitive, reflecting every variation of our physical and emotional condition, that not to keep the body, the mind, and the soul or emotional instincts all in a normal, healthful condition, is simply suicidal to the singer's ambitions.
After a singing technique is once thoroughly developed, but little exercise of the voice, other than that necessary at rehearsals and in actual public use, is necessary. Just a few "warming up" exercises occasionally to keep the tones flowing smoothly. (...)
The one thing that the singer must never sacrifice is that velvety edge on the tone which charms the senses of the hearer. No matter how dramatic the situation, the tone must never become strident. No matter what the depth of emotion or how violent the passions of the situation, always the tone must remain spontaneous, pure, and responsive, that it may be a medium for the transmission of the emotions of the soul of the singer. Just as soon as strain enters into the tone, just that soon it loses to a large degree its usefulness as a means of moving the one who hears it. (...) Always one should feel that there is more to give if it were but necessary. There is such inspiration in the feeling that there is still more in reserve.
Strangely enough, this feeling goes right out over the footlights and takes hold of the audience, creating a wonderful confidence in the artist because that there is always a possibility of more to come, that the singer has not reached the limits of her ability to give.»

[Ah, non v'è nulla che sia paragonabile al metodo canoro del "Bel Canto". È l'unico fondamento sicuro per una carriera lirica. Il "Bel Canto" non è solo il modo più semplice di usare la voce, conservandola così per tutta la vita, ma è anche la via più naturale per produrre dei suoni. In quasi tutti gli altri metodi si perde la bella linea del canto, a causa dello stile declamatorio della produzione del suono che dà risultati per nulla melodiosi.
La gente spesso mi chiede in che modo riesca a preservare la freschezza e la spontaneità della mia voce. In primo luogo, devo ringraziare il Creatore ed una buona parentela musicale per una gola e degli organi vocali affidabili. L'unico segreto che ho per preservare ciò che ho ricevuto in dono è che mi è stato insegnato un metodo di canto corretto e poi è quello di praticare un metodo di vita corretto. La voce è così sensibile, da riflettere ogni variazione della nostra condizione fisica ed emotiva, che non mantenere il corpo, la mente e l'anima o gli istinti emotivi in ​​condizioni normali e sane, è semplicemente un suicidio per le ambizioni del cantante.
Dopo essere stata sviluppata a fondo una tecnica di canto, occorre poco esercizio della voce, oltre a quello necessario durante le prove e nelle esecuzioni pubbliche vere e proprie. Solo qualche esercizio di "riscaldamento" di tanto in tanto per mantenere i suoni fluidi. (...)
L'unica cosa che il cantante non deve mai sacrificare è quel contorno vellutato sul suono che incanta i sensi dell'ascoltatore. Non importa quanto drammatica sia la situazione, il suono non deve mai diventare stridente. Non importa quale sia la profondità dell'emozione o quanto violente siano le passioni del momento scenico, il suono deve rimanere sempre spontaneo, puro e reattivo, affinché possa essere un mezzo per la trasmissione delle emozioni dell'anima del cantante. Non appena lo sforzo entra nel suono, subito perde in larga misura la sua utilità come mezzo per commuovere colui che l'ascolta. (...) Si dovrebbe sempre percepire che vi sia di più da dare se solo fosse necessario. Vi è una tale ispirazione nella sensazione che vi sia tanto di riserva da offrire.
Strano a dirsi, questa sensazione va oltre le luci della ribalta e si impadronisce del pubblico, creando una meravigliosa fiducia nell'artista perché c'è sempre la possibilità che non sia finita lì, che il cantante non abbia raggiunto i limiti della sua capacità di dare.]

(da: The American Girl's Chance in Opera, an Interview with the distinguished Soprano and Artist ROSA PONSELLE - THE ETUDE, November 1929)


2. Consigli di Rosa Ponselle ai giovani soprani drammatici:

«When you begin to study singing, let your first thought be to learn how to sing. And then, if later you feel drawn toward opera, make sure that you possess the requisite qualifications for an operatic career. (...) William Thorner was my teacher, and all that I may have gained in the way of voice production and flexibility, singing poise and tone development, I owe to him. There seems little advantage to the student in recommending this, that or the other set of "vocalises" or exercises for study use. After all, if you get down to the gist of the matter, it is altogether a question of the proper use of the exercises selected; "how" to study what you study and not "what" you study.
I spent less than a year preparing for opera, but when you ask me how I managed to accomplish so much in a time so comparatively short, the answer is simple. I was studios—working with my mind as well as with my throat—and I had had correct teaching from the "very beginning", and therefore no faulty teaching to undo. One thing in which I am a great believer is the avoidance of vocal overexertion. During the opera or concert season I use daily vocal exercises to keep my voice flexible; but I practice them only a "few minutes" each day—and during my vacation I give myself a complete rest. Even while I was preparing to sing in opera, I did not practice more than fifteen or twenty minutes a day; unless, of course, I was studying a new role. The pronouncedly coloratura roles, as I see it, do not properly lie within the range of the dramatic soprano voice; but there is no earthly reason why the dramatic soprano cannot sing purely lyric roles, and sing them well.
(...) I would not attempt to draw comparisons, as regards difficulty, between one and another operatic role of the dramatic soprano repertory. (...) I could not say that Leonora, for instance, is a role more difficult to sing than that of Elvira. My own experience is that ALL ROLES REQUIRE THE SAME MENTAL EXERTION IN ORDER TO RENDER THE MOTIF IN ITS BEST LIGHT!
(...) As regards the studying of soprano roles or songs which the singer, for some one reason or other, may be doubtful of carrying to success, there is a very simple and logical rule, one which I follow myself: I HAVE NEVER STUDIED ANY ROLE TO WHICH I DID NOT BELIEVE I COULD DO JUSTICE.»

[Quando s'incomincia a studiare canto, per prima cosa si pensi ad imparare a cantare. E poi, se più tardi si percepisce un'attrazione verso l'opera lirica, ci si accerti di possedere i requisiti necessari per una carriera operistica. (...) William Thorner è stato il mio insegnante, e tutto ciò che posso aver raggiunto dal punto di vista della produzione e flessibilità della voce, della padronanza canora e dello sviluppo del suono, lo devo a lui. Mi sembra vi sia poca convenienza nel raccomandare allo studente questa, quella o quell'altra serie di "vocalizzi" od esercizi ad uso di studio. Dopo tutto, se si va davvero al nocciolo della faccenda, è tutta una questione che ha a che fare con l'uso appropriato degli esercizi selezionati; "come" si studia ciò che si studia e non "cosa" si studia.
Ho impiegato meno di un anno nel prepararmi all'opera lirica, ma se mi chiedete come sia riuscita a realizzare così tanto in un tempo relativamente così breve, la risposta è semplice. Ero diligente nello studio—lavorando tanto con la mente quanto con la gola—ed ho avuto l'insegnamento giusto fin dal "primo momento", e perciò nessun insegnamento scorretto da eliminare. Una cosa della quale sono una grande sostenitrice è quella di evitare l'iperaffaticamento vocale. Durante la stagione operistica o concertistica impiego degli esercizi vocali giornalieri per mantenere flessibile la mia voce; ma mi ci esercito solamente per "pochi minuti" al giorno—e durante le vacanze mi concedo un periodo di completo riposo. Anche quando mi stavo preparando per cantare in un'opera, non mi sono mai esercitata per più di quindici o venti minuti al giorno; a meno che, naturalmente, non stessi studiando un nuovo ruolo. I ruoli marcatamente di coloratura, per come la vedo io, non rientrano propriamente nell'ambito della voce del soprano drammatico; ma non v'è ragione alcuna per cui il soprano drammatico non possa cantare ruoli da lirico puro, e cantarli bene. (...) Non cercherei di fare confronti, quanto alla difficoltà, tra taluno e talaltro ruolo operistico del repertorio del soprano drammatico. (...) Non potrei dire che Leonora, ad esempio, sia un ruolo più difficile da cantare di quello di Elvira. La mia personale esperienza mi dice che TUTTI I RUOLI RICHIEDONO IL MEDESIMO IMPEGNO MENTALE PER POTER RESTITUIRE IL MOTIVO DOMINANTE NELLA SUA LUCE MIGLIORE!
(...) Quanto allo studio dei ruoli o delle arie per soprano che la cantante, per una ragione o per un'altra, possa essere in dubbio di portare al successo, v'è una regola molto semplice e logica, una regola che io stessa seguo: NON HO MAI STUDIATO NESSUN RUOLO AL QUALE NON CREDESSI DI POTER RENDERE GIUSTIZIA.>>]

(Rosa Ponselle da: Frederick Martens - "The Art of the Prima Donna and Concert Singer", 1923)


3. Rosa Ponselle: 'LA GRANDE VOCE NON FA AUTOMATICAMENTE DEL CANTANTE UN ARTISTA'!!!

«My phonograph records, whether good or bad, convey something of my voice and a little of my artistry. I was said to have had a great voice; my recordings, especially the ones taken from radio broadcasts, captured what I had rather faithfully. But voice and artistry are separate matters. Having a great voice in no way guarantees being an artist; it guarantees only that the voice will probably appeal to an audience. Artistry is something beyond that. Caruso had the formula for it. He gave it to anyone who asked him what it took to become an artist.
"Work, work, and again, work", he used to say.
Part of what artistry involves is probably inborn. The rest is an alchemy of self-confidence, willpower, proper guidance, and, as Caruso said, hard work. For nineteen seasons at the Metropolitan, from "Forza del destino" through "Carmen", I tried to achieve that alchemy. Whether I succeeded, only history, not I, can judge.»

[I miei dischi fonografici, buoni o cattivi che siano, trasmettono qualcosa della mia voce e un po' della mia abilità artistica. Si diceva che avessi una grande voce; le mie registrazioni, specialmente quelle tratte dalle trasmissioni radiofoniche, hanno catturato piuttosto fedelmente ciò che avevo. Ma voce e abilità artistica sono due questioni distinte. Avere una grande voce non garantisce in alcun modo di essere un artista; garantisce solo che la voce probabilmente piacerà a un pubblico. L'arte è qualcosa di più. Caruso di questo aveva la formula. La dava a chiunque gli chiedeva cosa ci volesse per diventare un artista.
"Studio, studio e ancora studio", diceva.
Parte di ciò che comporta l'arte è probabilmente innato. Il resto è un'alchimia di fiducia in se stessi, forza di volontà, una guida adeguata e, come ha detto Caruso, duro lavoro. Per diciannove stagioni al Metropolitan, da "Forza del destino" a "Carmen", ho cercato di raggiungere quell'alchimia. Se ci sono riuscita, solo la storia, non io, può giudicarlo.]

(da: Rosa Ponselle & James A. Drake - "PONSELLE, A SINGER'S LIFE", foreword by Luciano Pavarotti - Doubleday & Company, Inc. - Garden City, New York, 1982)


4. Rosa Ponselle sulla voce proiettata in maschera:

- "How about placement?" I asked.
«You use the MASK... FORWARD,» she said. «You get the feeling your face is going to come off.»
- "From the vibrations?"
«Yes!»
- "Did you use chest voice?"
«Only when necessary, but always IN THE MASK.»

[- "Cosa ne pensa del posizionamento?" domandai.
«Si usa la MASCHERA... AVANTI,» ella rispose. «Si ha la sensazione che la faccia stia per staccarsi.»
- "Per le vibrazioni?"
«Sì!»
- "Lei usava la voce di petto?"
«Solo quando necessario, ma sempre IN MASCHERA.»]

(tratto da una intervista al soprano Rosa Ponselle condotta dal basso Jerome Hines, riportata in: J.Hines - "Great Singers on Great Singing", Doubleday, 1982)

 

5. - PIANISSIMO: la "prova del nove" della proiezione vocale -

ROSA PONSELLE: «Tullio Serafin finally persuaded me, in 1927, to sing Norma in London at Covent Garden. (...)
I had been told that Covent Garden's acoustics ranked with the best in the world. I found out for myself a week or so after I arrived. I tried a verse from "Annie Laurie" as I walked from one part of the stage to another; I sang with only nominal volume, but heard my voice resounding through every part of the auditorium. Even the most delicately spun PIANISSIMO made its way to every row, giving me the range of sensations every singer needs to gauge how well the voice is projecting. I felt perfectly at home at Covent Garden.»

(from: Rosa Ponselle & James A. Drake - "PONSELLE, A SINGER'S LIFE", foreword by Luciano Pavarotti - Doubleday & Company, Inc. - Garden City, New York, 1982) 


6. THE IMPORTANCE OF SINGING "MEZZA VOCE" & "PIANISSIMO", according to Rosa Ponselle:

 - Watching and listening to him [Caruso] rehearse the magical tenor moments in "Forza del destino", especially the highly dramatic "O tu che in seno agli angeli", made me want to kneel at his feet. Here was a voice that "loved" you. His singing was purely and simply unbelievable, both in its dramatic and soft "legato" moments, as well as the intuitive musicianship behind it. (...)


Caruso was an interesting study at rehearsals. He was always punctual, and only did a few vocalises to warm up his voice. To conserve his resources, unless it was a dress rehearsal, he would sing in "HALF VOICE", occasionally showing off his full volume if he felt disposed to. During most of the rehearsals he would sing high notes in a cantor-like falsetto, an eerie sound compared to what his voice sounded like at full volume. (...)
- Titta Ruffo, who joined the Metropolitan that same season, was also without rivals among baritones. I sang with him frequently, and his singing was as unique as Caruso's. Sadly, the sheer volume of his voice often overshadowed its intrinsic beauty and the exquisite "MEZZA VOCE" possibilities it afforded. One of his long-standing complaints was that the public never accepted his "MEZZA VOCE" singing; they expected him to sing at full volume, especially in the familiar arias. It was an unreasonable expectation, since a singer contours his tones and phrases by these contrasts in volume, and helps take the drama to a proper climax. Although in Titta Ruffo's case the splendor of his voice lay more in his middle and top tones than the lower ones, his basic technique and, of course, the quality and size of his voice, made his singing a once-in-a-lifetime rarity. I was fortunate to have sung with him nineteen times, in "Aida", "Andrea Chénier", "Ernani", and "La Gioconda". (...)
While Titta Ruffo boasted the most singular baritone voice I ever heard (Giuseppe de Luca appropriately called it "a miracle, not a voice"), Stracciari's was an easy candidate for the most beautiful (along with Pasquale Amato's, which many thought Stracciari's superior), and certainly one of the most durable. Long after Ruffo's voice had lost its core, and after the richness of Amato's had left him, Stracciari was still wowing the Italian critics with his Figaros and Rigolettos—roles that he sang, it is estimated, nine hundred and eleven hundred times, respectively. Happily, Columbia saw to it that he and I were recorded together, in the "Mira d'acerbe lagrime" and "Vivrà! contende il giubilo" sections from "Il Trovatore". (...)
- So much has been written about the power of Chaliapin's voice and acting as Boris that I hardly need to say more. Sheer volume, however, has never been a feature I particularly value in a singer. With Chaliapin, in fact, what I loved most was the way he used his "MEZZA VOCE" and "PIANISSIMI" to make some of his most telling effects; they were poignantly colored and were so soft they could barely be heard, though they carried to the back walls of the old Met or Covent Garden. (...)
- I admired Franco Corelli, a protégé of Lauri-Volpi, for the singular quality of his voice, his command of "MEZZA VOCE", and sun-like brightness and warmth of his tone. (...)

- In 1949 a visit from Ida and Louise Cook made me think about getting my voice in shape again. Ida and Louise had renewed our acquaintance just after I was released from the hospital in the winter of 1947. When they visited me again two years later they brought with them a young physician, Dr. Dick Alexander, and his wife, who were fans of mine. At Ida's and Louise's urging, Dr. Alexander brought with him an early model wire recorder.
Ida Cook, though a writer by profession, was, like her sister Louise, a great devotee of the opera. At Villa Pace she got me to sing one of my favorite songs, "Fa la nana bambin", into Dick Alexander's machine. It's a song that requires controlled "MEZZA VOCE" singing, and since the "MEZZA VOCE" is the immediate indicator of whether or not I'm in voice, I chose it instead of something more musically complex.

- Martinelli Gala. Metropolitan Opera House: 20 November 1963. (50th Anniversary of Giovanni Martinelli's debut.)
Raina Kabaivanska came to me through Ida Cook, who had known her in London. As part of a tribute to Giovanni Martinelli, the Metropolitan's management had asked her to sing the "Suicidio" from "Gioconda", and she came to me for guidance. (...)
Initially, we had only a weekend to work together, owing to her busy schedule. From Friday through Sunday we worked into the wee hours of the morning, and I'm pleased that she has since credited much of her vocal transformation to that weekend. Our immediate goal was, as I say, to enable her to sing a laudable "Suicidio" for the Martinelli tribute. I had to admit that I was surprised that she had been given the aria to sing. Zinka Milanov was the reigning Gioconda of the day, but had been asked to sing one of the last-act arias from "Otello", probably to allow her to display her famous "MEZZA VOCE". So Raina was given the "Suicidio"—admittedly a poor choice for her voice, because she didn't have the power and weight for Ponchielli's music. But, being new to the Metropolitan, and thus being a bit insecure about her position, she agreed to do it.
My first task was to analyze her voice and decide what would be technically safe, artistically successful, and dramatically exciting, given the parameters of her basic voice and technique. To my surprise I found that she had never sung a genuine "PIANISSIMO"—and she knew it. She didn't know how to produce one. By Monday morning, when she left, she could execute a seamless "DIMINUENDO" at will, and could sustain a "PIANISSIMO" line wherever the music called for it. 


Working on the "Suicidio", which was a great advantage because I had sung the aria so often, I explained that there were at least three tendencies she would have to overcome:
1. one would be to force the voice because of the demands of volume and range.
2. Being carried away by the emotion of the drama was another potential problem.
3. So was the possibility of being enveloped by the sweep of the music itself.
Raina has great musical intelligence, which made all this so much the easier to work around. We outlined a pattern for her to call upon when singing "Suicidio", a pattern featuring contrasts in colors as well as dynamics. We worked especially hard on precise attacks, sweeping phrasing, diction, and mood changes in the aria. After that weekend, she worked with me on several other roles, whenever she could.
Later I learned that the difference in her singing was immediately noticed in New York. When she was asked what accounted for her improvement, she attributed it to our weekend's work. Later, the Met management phoned to congratulate and thank me for what I had done. Recognition of this kind is a great lift for any teacher.

(Rosa Ponselle & James A. Drake - "PONSELLE, A SINGER'S LIFE", foreword by Luciano Pavarotti - Doubleday & Company, Inc. - Garden City, New York, 1982)


7. Il saggio uso della voce di petto, secondo il soprano Rosa Ponselle:


«Although there is some disagreement about the number and kinds of registers in the singing voice, I have always found it accurate, as I've said elsewhere here, to dissect the voice into "chest" and "head" compenents. In various segments of a voice's overall range, either the head or chest sound can be emphasized, for any number of reasons. But use of the chest voice should be somewhat cautious, especially as regards how high it is carried into the middle and upper parts of the range. Although it is often used to effect color contrasts and can be employed as a way of resting the voice in low passages that demand power, the chest voice should not be carried too high into the range, as it will eventually cause a break in the vocal "column" that cannot be disguised. (...)
The temptation stems from wanting to enlarge the volume, or else change the coloration, of the lower middle voice. There are certain passages in a number of opera scores where this use of the chest voice can be especially tempting [for instance in "Carmen" and "Andrea Chénier"]. (...)
As I think my recordings tend to show, my singing was free of problems with chest tones. If one isn't careful, these tones can become focused in the throat rather than the head. When that happens the column-like equalization of the voice can be lost. At first the loss can be momentary, but over a period of time real damage can be done. I was able to avoid these problems because I knew how to keep my chest tones focused in the head.»

Sebbene vi sia un certo disaccordo a proposito del numero e delle tipologie dei registri nella voce cantata, ho sempre trovato accurato, come ho detto altrove in questa sede, dividere la voce nelle componenti del "petto" e della "testa". In varie parti dell'estensione complessiva di una voce, è possibile enfatizzare il suono di testa o di petto, per moltissime ragioni. Ma l'utilizzo della voce di petto dovrebbe essere fatto in modo alquanto prudente, specialmente per quanto riguarda la scelta di quanto in alto venga portata la voce di petto nelle parti centrali ed acute dell'estensione. Sebbene sia spesso usata per creare contrasti di colore e possa essere impiegata come un mezzo per far riposare la voce nei passaggi gravi che richiedono robustezza, la voce di petto non dovrebbe essere portata troppo in alto nell'estensione, poiché causerà col tempo una rottura nella "colonna" vocale che non può essere mascherata. (...)
La tentazione nasce dal voler aumentare il volume, oppure cambiare la colorazione, della voce medio-bassa. Ci sono alcuni passaggi in una serie di partiture d'opera in cui quest'uso della voce di petto può essere particolarmente allettante [per esempio in "Carmen" e "Andrea Chénier"]. (...)
Come credo le mie registrazioni tendano a mostrare, il mio modo di cantare era privo di problemi quanto ai suoni di petto. Se non si sta attenti, questi suoni possono andarsi a focalizzare in gola piuttosto che in testa. Quando ciò accade, l'eguagliamento della voce simile a una colonna può venir meno. All'inizio tale danneggiamento può essere momentaneo, ma con il passare del tempo si può creare un danno reale. Io sono stata in grado di evitare questi problemi perché sapevo come mantenere i miei suoni di petto concentrati in testa.  

(Rosa Ponselle & James A. Drake - "PONSELLE, A SINGER'S LIFE", foreword by Luciano Pavarotti - Doubleday & Company, Inc. - Garden City, New York, 1982)


8. L'IMPORTANZA DI NON "APRIRE" I SUONI CANTANDO LE NOTE ACUTE, NELLA TESTIMONIANZA DI ROSA PONZILLO (PONSELLE):

All I know is that from about age fourteen I had a fully rounded, opera-like dramatic voice. As far back as I can remember, I never had what I would call a "girl's voice"—the light, breathy-sounding, high-pitched voice we normally associate with young children. My singing voice was always big and round, and even as a teenager I could sing almost three octaves. I never recall the slightest trouble swelling or diminishing a tone anywhere in those octaves.
But I wasn't a "perfect" singer—and this is where I learned a great deal from Nino Romani. Even though I was what you might call a "natural", I had a tendency to sing very high notes (say, the B natural, the high C, and the high D flat) incorrectly. Because I was essentially untrained (I had never had an actual voice lesson in my life), I tended to sing high tones a bit too brightly, not knowing how to "cover" them.[*]
Nino, who had worked in Europe with Riccardo Stracciari and Titta Ruffo, and who understood voice thoroughly, devised a simple set of exercises that helped me "cover" my high tones. He would ask me to sing a note in the middle of my voice, and then would have me sing the nonsense-syllables "ma-me-mi-mo-mu" while I held the note. These vowel sounds, he explained, were the ones that helped "focus" the voice. Then he would have me sing phrases like "deh vieni", or maybe single words like "amore", in progressive tonal steps, ultimately taking me all over the scale. Nino, great teacher that he was, never made much of these exercises. Often I did them in the shower, sometimes on the golf course, or even while swimming at the beach. By the end of the summer of 1918, the top of my voice sounded exactly like the middle and bottom, and I was ready for the challenges of my first roles.

[*] The distinction between "covered" and "open tones" is predicated upon the complex physiology of the singing voice, and is one of those distinctions that are more easily heard than explained. One widely circulated reference book defines "covered tone" as follows: "The tone-quality produced when the singer's voice is pitched in the soft palate. It is gentler, more veiled in timbre, than [an] open tone." ("The Concise Oxford Dictionary of Opera", 1978 edition, page 88). Voice teachers often substitute the expression "singing in the mask" for the phrase "pitched in the soft palate", referring to the sensation of a tone's emanating from the area between the roof of the mouth and the cheekbones—an area likened to "wearing a mask" by many voice teachers. As to the exercises Ponselle describes as having learned from Romani, these varied slightly over the years, although she adhered to the same basic vocalises. In warming up, she would always proceed from what might be called a "head-tone hum"—a hummed tone because the "m" sound would help "place" the tone "in a point"—and would then proceed to an actual vowel form. Hence, the "ma-me-mi-mo-mu" beginning exercises. - J.A.D.

N.B. - LUCIANO PAVAROTTI REMEMBERS HIS ENCOUNTER WITH ROSA PONSELLE:
As a boy in Italy, growing up in my hometown, Modena, I can hardly remember a time when the name Rosa Ponselle was unfamiliar to me. (...) One can imagine how I felt, having grown up admiring an artist whom I had known only from a series of prized phonograph records, meeting her in person—and not only meeting her, but actually "singing" with her! (...) It was at Villa Pace, her magnificent home in the Greenspring Valley near Baltimore, that I met and sang with her. My visit to her villa was the culmination of a telephone-and-letter friendship that had begun a few years earlier. (...) After much animated conversation and a splendid meal, we made our way into her expansive music room, where, before she sat down at the piano, she said to me apologetically, "Luciano, I'm not in form today. Every day when I get up in the morning I try out my 'pianissimo'. If it's there, I'm in top form, and I can do anything. Today, it isn't there, but we'll sing together anyway, in full voice." And sing we did! From fragments of arias and snippets of duets to the beloved Tosti songs so dear to us both, we let our voices mate in one long shimmering line of harmony. My only wish was that we could have been transported magically into a modern recording studio, so that the whole world could have shared this once-in-a-lifetime experience.

(Rosa Ponselle & James A. Drake - "PONSELLE, A SINGER'S LIFE", foreword by Luciano Pavarotti - Doubleday & Company, Inc. - Garden City, New York, 1982)

 

9. Consiglio di tecnica vocale, dato dal grande tenore Enrico Caruso al celebre soprano Rosa Ponselle, sulla gola aperta negli acuti !!!

- "Rosa," I began, "where do we start on vocal technique?"
"Keep a square throat (...) Caruso taught me that," Rosa said. "He kept a little stretch in the back of the throat to keep it open...open in the back and relaxed. It feels like a square, but only on the high notes. (...) The palate is high and the back of the tongue flat," Rosa said. "This is the square."

- "Rosa," iniziai, "da dove cominciamo con la tecnica vocale?"
"Bisogna tenere una gola 'quadrata' (...) me lo insegnò Caruso," disse Rosa. "Egli teneva un piccolo spazio ampio nel retro della gola per mantenerla aperta...aperta nel retro e rilassata. È come la sensazione di un quadrato, ma solo negli acuti. (...) Il palato è alto e la parte posteriore della lingua distesa," disse Rosa. "Questo è il quadrato."

(tratto da una intervista al soprano Rosa Ponselle condotta dal basso Jerome Hines, riportata in: J.Hines - "Great Singers on Great Singing", Doubleday, 1982)


10. Il suono vocalico dal registro grave a quello acuto

- "I supposed," I ventured, "that what we're really talking about is what is commonly called an open throat. But you are basically applying this, you said, to high notes. How do you approach the concept of open throat in general?"
"Keep the tone dark," Rosa stated positively.
- "Her favorite vowel was OO," Igor [Chichagov, the accompanist in Rosa's studio for most of the years she had taught] said. "Her Latin voice tended to be too bright, so her only coach, Romano Romani, insisted on this school of Ruffo and Stracciari: use OO to keep a cover on the tone."

"I used MOO, in the lower register...pure MOO...then gradually to MAH," Rosa said, and it was evident that this was the Italian 'awe', not the brither 'ah' used in French, German, or Russian (...)"
(...) "Always round," Rosa added. "And don't let the top get away from you with high 'tessitura'. It's a low, round sensation, the OO, and all vowels are based on it." (...)
"Giving the square throat," she added.
- "Early in her career," Igor said, "she was having a little problem with some high notes and not with others. She realized one of the good ones was on 'Mia mAdre'. That's the darker 'awe' vowel."
"I started with 'm' and a relaxed throat," Rosa said. "When I was not in good voice, and could not get a good 'awe' from OO, I would work on it until I got it."

- "Now," I said, "how about the transition in the throat or jaw as you go up in range from low notes to high notes? Is there any change?"
"In the middle register just talk, don't mouth words...don't make too big a spacing," she said. "But as you go up you need more spacing...mouth more open, jaw dropped, relaxed."

(tratto da una intervista al soprano Rosa Ponselle condotta dal basso Jerome Hines, riportata in: J.Hines - "Great Singers on Great Singing", Doubleday, 1982) 

 

11. L'EMISSIONE DEI PIANISSIMI

"In pianissimo you almost feel as if you're pulling a thread through your nose...and don't let it ever stop."
- I asked Rosa what sort of vocalizing she did during her career. She said she vocalized (...) when she felt like it. At first she tested her pianissimo and did a scale or two to see if the voice was there.

(tratto da una intervista al soprano Rosa Ponselle condotta dal basso Jerome Hines, riportata in: J.Hines - "Great Singers on Great Singing", Doubleday, 1982)

 

12. Rosa Ponselle sullo studio mentale:

"First of all," said Miss Ponselle, "I regard singing purely as a mental operation—that is, the 'art' of singing. For the girl who is a student of opera in the higher sense, mechanical exercises cannot well be advised, because vocal mechanics do not enter into singing as an 'art'. Too many students, I think, definitely fix their ambitions on opera, when they begin to study singing, before they find out whether or no they are fitted for it. When you begin to study singing, let your first thought be to learn how to sing. (...)
There seems little advantage to the student in recommending this, that or the other set of 'vocalises' or exercises for study use. After all, if you get down to the gist of the matter, it is altogether a question of the proper use of the exercises selected; 'how' to study what you study and not 'what' you study.
I spent less than a year preparing for opera, but when you ask me how I managed to accomplish so much in a time so comparatively short, the answer is simple. I was studious—working with my mind as well as with my throat—and I had had correct teaching from the 'very beginning', and therefore no faulty teaching to undo. One thing in which I am a great believer is the avoidance of vocal overexertion. During the opera or concert season I use daily vocal exercises to keep my voice flexible; but I practice them only a 'few minutes' each day (...) Even while I was preparing to sing in opera, I did not practice more than fifteen or twenty minutes a day; unless, of course, I was studying a new rôle. (...)
I would not attempt to draw comparisons, as regards difficulty, between one and another operatic rôle of the dramatic soprano repertory. (...) My own experience is that 'all rôles require the same mental exertion in order to render the motif in its best light'!"

["Prima di tutto ", disse la signorina Ponselle," considero il canto puramente come un'operazione mentale—vale a dire, "l'arte" del canto. Per le ragazze che studiano opera lirica nel senso più alto, gli esercizi meccanici non possono essere consigliati, perché la meccanica vocale non entra nel canto come "arte". Troppi studenti, penso, fissano definitivamente le proprie ambizioni sull'opera lirica, quando iniziano a studiare canto, prima di scoprire se sono o meno adatti a questo compito. Quando iniziate a studiare canto, il vostro primo pensiero sia quello di imparare a cantare. (...)
Non sembra di gran vantaggio allo studente il raccomandare questa, quella o quell'altra serie di 'vocalizzi' o esercizi ad uso di studio. Dopotutto, se si arriva all'essenza della questione, è tutta una questione di corretto uso degli esercizi selezionati; 'come' studiare ciò che si studia e non 'cosa' si studia.
Io ho trascorso meno di un anno a prepararmi per l'opera lirica, ma quando mi chiedete come sono riuscita a realizzare così tanto in un tempo relativamente breve, la risposta è semplice. Ero studiosa, lavorando con la mente e con la gola, ed ho avuto un insegnamento corretto 'fin dall'inizio', e quindi nessun insegnamento difettoso da eliminare. Una cosa della quale sono una grande sostenitrice è quella di evitare l'iperaffaticamento vocale. Durante la stagione operistica o concertistica impiego degli esercizi vocali giornalieri per mantenere flessibile la mia voce; ma mi ci esercito solamente per "pochi minuti" al giorno (...)
Anche quando mi stavo preparando per cantare in un'opera, non mi sono mai esercitata per più di quindici o venti minuti al giorno; a meno che, naturalmente, non stessi studiando un nuovo ruolo. (...)
Non tenterei di fare paragoni, quanto a difficoltà, tra un ruolo operistico e l'altro del repertorio del soprano drammatico. (...) La mia esperienza personale è che "tutti i ruoli richiedono lo stesso sforzo mentale per rendere l'idea predominante nella sua luce migliore"!]

(da: "The Art of the Prima Donna and Concert Singer" by Frederick H. Martens - D. Appleton and Company, New York, 1923)

 

N.B. : ecco la grandissima considerazione che ebbe Giacomo Puccini per l'arte della Ponselle!

L'INCONTRO CON PUCCINI, LUGLIO 1924:
It was in a similar room at the composer's villa at Torre del Lago, Nino reminded me, that a very young Enrico Caruso had been introduced to Puccini three decades before. After hearing this ebullient young Neapolitan sing several measures of "Che gelida manina", from "Bohème", Puccini had exclaimed, "Who sent you? God?"
Once the usual greetings were exchanged, Puccini asked me to sing, offering to accompany me in anything of his I wished to perform. I chose the "Vissi d'arte" from "Tosca". Minutes later, as my voice throbbed with emotion at Floria Tosca's phrase, "Nell'ora del dolor perché, perché Signor, ah... perché me ne rimuneri così?" (In my hour of misery why, why, O Lord, why do you repay me like this?) Puccini let his hands lay still on the keys, saying nothing. In the moments that passed between the last echoes of the piano chords and the words he finally said to me, "CHE PECCATO... CHE PECCATO CHE NON HO SENTITO PRIMA QUESTA VOCE!" (What a pity that I never heard this voice before!) the words of that final phrase from "Vissi d'arte" must have haunted him. He was at the end of his life, dying by inches from cancer of the throat, having "lived for art and love" just as Floria Tosca had.
During the course of the afternoon I sang "Vissi d'arte" several times for him, lingering on certain phrases more than others, trying this or that shading on various notes, all the while asking the great man which way he preferred the aria sung. He paid me a rich compliment when he said, "CARA, I prefer any way YOU interpret my music!" Later in the day, before we were served dinner, we posed with the Maestro for informal photos on his villa's tiled veranda. Edith took them with a Kodak I had bought for the trip. They were among the very last photographs ever taken of Puccini; three months later, a heart attack ended his misery.
Several weeks after his funeral, I received a letter from Signora Puccini asking if she and her family might have prints of some of the snapshots. In return, she enclosed an unfinished manuscript bearing the Maestro's familiar notation. It was an art song, untitled as yet. At the top of the manuscript, in his unmistakable longhand, he had written, "DEDICO ALLA BELLISSIMA VOCE DI ROSA PONSELLE" (Dedicated to the beautiful voice of Rosa Ponselle).

(from: Rosa Ponselle & James A. Drake - "PONSELLE, A SINGER'S LIFE", foreword by Luciano Pavarotti - Doubleday & Company, Inc. - Garden City, New York, 1982)


--> cfr. il breve articolo 'La tecnica vocale spiegata da Rosa Ponselle' apparso sul numero 1 de "Il giornale del belcanto italiano": 

http://www.belcantoitaliano.com/giornale_belcanto/il_giornale_del_belcanto_italiano_numero_1.pdf