"Osservazioni pratiche per lo studio del canto" di Virginia Boccabadati, soprano prediletto da Giuseppe Verdi e maestra di Bel Canto nel Liceo Musicale Rossini di Pesaro, 1893 |
I criteri con i quali un genio del calibro di Verdi giudicava i cantanti erano quasi sempre in funzione delle parti che essi dovevano sostenere, andando dall'attrice-cantante alla vocalista.
In alcuni casi, della potenza della voce e della bellezza timbrica non gli importava nulla. Al tempo delle prime esecuzioni della "Traviata", esaltò la Piccolomini, la Spezia e la Boccabadati.
« (...) Per fare il "Re Lear", finora non avete la compagnia adattata. La Penco (che è pure eccellente artista) non potrebbe farmi Cordelia come io l'intendo. Per questa parte non conosco che tre artiste: Piccolomini, Spezia, e Virginia Boccabadati. Tutte e tre hanno voce debole ma talento grande, anima e sentimento di scena. Eccellenti tutte nella "Traviata" (...) Io sentirò qui la Piccolomini, e ve ne dirò qualche cosa. (...) » (da una lettera di Giuseppe Verdi, scritta da Parigi l'11 novembre 1856, indirizzata a Vincenzo Torelli a Napoli)
In altri casi ricercava invece l'ottima cantante: la verità infatti è che, come spiegò al Ricordi l'11 maggio 1887, Verdi vedeva come Desdemona non un'attrice-cantante, ma una vocalista.
"Desdemona canta dalla prima nota del Recitativo, che è una frase melodica, fino all'ultima nota, 'Otello non uccidermi', che è ancora una frase melodica. Quindi la più perfetta Desdemona sarà quella che canta meglio."
Il valore della Boccabadati, oltre che da Verdi, viene confermato anche nell'articolo "La Traviata di Verdi al Carignano, parallelo fra Maria Piccolomini e Virginia Boccabadati" (in: CRONACA MENSILE - RASSEGNA MUSICALE,
da "RIVISTA CONTEMPORANEA" - VOL. OTTAVO, anno quarto - Torino, Tipografia economica diretta da Barera, 1856), quando il critico musicale affermava che:
Le tre cantatrici che hanno riputazione in Italia sovra le altre, di interpretare sublimamente quest'opera di Verdi, sono:
1. - Maria Spezia, la prima che abbia avuto l'ardimento e la ventura di togliere dall'obblio questo spartito e di farlo rivivere nella stessa Venezia, dove sì mala accoglienza aveva incontrato due anni prima;
2. - dopo la Spezia la più stimata era certamente Virginia Boccabadati, la quale in parecchi teatri aveva sollevato l'uditorio ad entusiasmo sotto le spoglie di Violetta, e per ciò era scritturata l'anno passato al Teatro Italiano di Parigi, dove, colta da lungo malore, non potè farsi ammirare;
3. - la terza è, come tutti sappiamo, Maria Piccolomini. Dopo il trionfo ottenuto da lei a Torino, ella fu giudicata la più sublime fra le Violette; infatti, volendo eseguirsi quest'opera a Londra, la Piccolomini ebbe la preferenza; e tutti leggemmo le novelle delle liete accoglienze che ella ebbe nella capitale e nelle altre città d'Inghilterra, nelle quali tuttavia ella trascorre festeggiata. Dovendo anche a Parigi rappresentarsi la "Traviata", prescelta ad interpretarla fu la Piccolomini; e fra poco ella si presenterà su quelle scene.
( Potete leggere l'articolo completo al seguente link, del blog CANTO VERDIANO --> http://cantoverdiano.blogspot.com/2021/02/la-traviata-di-verdi-parallelo-tra-la.html )
Ed ecco alcune delle più interessanti 'osservazioni pratiche' della Boccabadati (tra le sue allieve, le poi celebri Celestina Boninsegna e Maria Farneti!) che abbiamo qui selezionato per tutti voi, e che trattano i seguenti punti di tecnica vocale:
- Respirazione
- "Arrotondamento" della A
- Registri della voce
- Passaggi di registro
- "Note di testa"
- Posizione della lingua e del palato
- "Portamento di voce"
- Trillo
- Declamazione
Queste osservazioni io dedico agli allievi di composizione che mi hanno prestato il loro concorso, e che tuttora mi aiutano come accompagnatori. Scrivo per essi una regola di insegnamento come io la pratico da dieci anni nella classe di canto per Donne in questo Istituto Rossini di Pesaro.
Gli allievi dovranno occuparsi di leggere e di studiare i metodi più completi del Garcia e del Delle Sedie, come vien loro indicato dal programma, essendo questi metodi corredati di dimostrazioni anatomiche e fisiologiche necessarie a conoscersi.
La lettura del mio piccolo lavoro non sarà del tutto inutile, perchè non è soltanto il frutto della mia particolare esperienza, ma compendia i consigli ricevuti, quasi in eredità, da una famiglia rispettabile in Arte, e da tutti rispettata.
Scuola di Canto per Donne.
Qualità per esservi ammesse.
Le giovinette destinate allo studio del canto devono dimostrare di possedere una sana costituzione, ed essere in grado di sostenere la fatica dell'esercizio quotidiano coll'aver raggiunto uno sviluppo fisico in rapporto con la loro età.
Allorchè si presentano in un Istituto per studiare la Musica poco più che adolescenti, nessun abile maestro potrebbe accertare se col crescere degli anni acquisteranno la robustezza di voce che occorre pel teatro. Si potrà verificare una certa chiarezza di timbro, la prontezza dell'intonazione, le buone disposizioni musicali; ma il progresso della sonorità e della estensione della voce non può affermarsi tanto presto; occorre per ciò una durata ragionevole di studio prudente e graduato.
1° Anno di Studio nella Classe di Canto.
All'età di 16 anni compiuti, dopo essere state iniziate alla teoria musicale, le allieve sono in grado di venire affidate alla Maestra di Canto, che possibilmente sarà stata essa stessa una cantante riputata buona. Incominceranno a solfeggiare, e l'esercizio sarà di breve durata, limitato ad una tessitura media. (...)
L'esercizio del Solfeggio elementare verrà alternato con facili vocalizzi, per avviare alla giusta impostazione della voce, onde presto ne sia fissata l'estensione e la tendenza naturale.
RESPIRAZIONE - POSIZIONE VOCALE BASE ("A" arrotondata):
Per prima prova si faranno emettere dei suoni isolati, senza darsi pensiero del colorito, facendo aprire ragionevolmente la bocca colla vocale "A" leggermente arrotondata, e facendo respirare con naturalezza, un poco più abbondantemente che per parlare (...) più avanzata nello studio [la principiante] saprà da se stessa regolare il respiro colla necessaria economia, acquisterà la facoltà di tenerlo più a lungo, e di rinnovarlo a proposito. Eguale premura dell'insegnante sarà rivolta a stabilire i differenti registri della voce e a informarne bene ogni allieva, perchè si abitui a regolarne i passaggi difficili. Per noi della vecchia scuola i registri della voce risulterebbero "tre" (...)
REGISTRI DELLA VOCE ("passaggi"):
Per verità non è facile fissare una regola precisa, quando si consideri che non vi è voce che si rassomigli. L'orecchio esperimentato di chi insegna e la continua pratica aiutano e guidano ad ottenere l'equilibrio di questi delicati passaggi fra il "primo" registro, cioè quello delle "note gravi" o "di petto", e il "secondo" delle "note acute" o "di testa", con un "terzo" che con dolce transizione unisce le note dell'uno coll'altro. E' giusto di tener conto di ciò onde la natura ha favorito le voci di donna; affaticarsi a distruggerlo, sopprimendo le "note gravi", sarebbe lo stesso che voler impedire più tardi ogni effetto di canto drammatico. Però le "note gravi" non vanno forzate nelle giovinette: il "primo" registro non oltrepassa per lo più il Fa (1° spazio in chiave di Sol) per la voce di Soprano. Sovente per sfortuna non si ottiene neppure il Mi (1° riga in chiave di Sol). Fra Fa diesis e Sol si deve ottenere un suono delicato, leggermente misto. La, Si, Do, Re sono le vere note medie. Da Re (4° riga, chiave di Sol) a Mi (4° spazio, id.) si studia il passaggio che porta alle "note di testa", appoggiate, come suol dirsi nei Metodi, "ai seni frontali"; si sentono infatti risuonare fra il naso e la fronte. (...)
VOCI FEMMINILI (Soprano - Mezzo Soprano - Contralto):
1. La voce di Soprano ha generalmente l'estensione sensibile di due ottave dal Do sotto le righe (in chiave di Sol). Voci eccezionali come erano quelle della Malibran, della Patti, della Tacchinardi-Persiani, e come sono, fra le giovani cantanti, quelle della Pettigiani e della Pinkert, possono o scendere più in basso, o salire agli estremi "Sopr'acuti"; ma di queste meravigliose qualità, di rado sviluppate ai sedici anni non si deve tener conto, e l'allieva così favorita dalla natura non può valersene senza pericolo se non all'ultimo periodo del suo studio di perfezionamento, verificando tuttavia a lontani intervalli se queste note straordinarie si sono conservate.
2. La voce di Mezzo Soprano ha pure l'estensione di due ottave (dal La basso) e può avere qualche nota di più: un esempio n'è stata la Borghi-Malmo (Madre). Sarebbe però arrischiato di alterarne la tessitura secondando la smania comune di cantare ad ogni costo il Soprano Drammatico. Abituale risultato di tale compiacenza è quello di non arrivar mai a far cantar da Soprano se non con voce stridula o tremola o stuonata, mentre il Mezzo Soprano perde le belle note naturali. Questa voce non arriva generalmente "di petto" che al Fa diesis (1° spazio), ma se non lo imposta naturalmente non conviene insistere ma limitarsi al Fa naturale. Le note di testa possono incominciare dal Do diesis (3° spazio - chiave di Sol) e sono generalmente più risonanti che nelle voci di Soprano.
3. Considero la voce di Contralto la più difficile da educare. La sua estensione è di due ottave dal Sol basso, ammettendo sempre delle fortunate eccezioni come: la Pisaroni, la Marietta Brambilla, l'Alboni, la Marchisio, la Scalchi. La prima ottava è quasi sempre tutta "di petto", ed in tal caso è molto gradevole il suo passaggio nelle "note medie" La, Si, Do; ed è invece poco simpatica se sale "di petto" fino al Do (3° spazio - chiave di Sol).
Grande cura occorre per evitare un certo scatto che la voce subisce nei passaggi difficili di registro; ciò accade più sovente fra le "note di petto" e le "medie", ma nella voce di Contralto si nota anche fra le "note medie" e quelle "di testa". Ricordo ancora lo studio accurato che intesi fare dalla celebre Marietta Alboni in presenza di mia madre per raddolcire questo passaggio. Essa tentava e riusciva ad emettere a "mezza voce" l'ultima nota del suo "registro grave" e delicatamente la portava, legando, alla prima del "registro acuto" (per lei i registri non erano che "due") e dava a questa una maggiore sonorità; riprendeva quindi pianissimo la nota più "acuta", e, legando, tornava forte a quella "grave".
Si può fare in tal modo un esercizio vocalizzato sulla vocale "A arrotondata", legando fra loro due, tre e più note di Scala. (...)
EMISSIONE VOCALICA (posizione di lingua e palato molle):
In ogni voce si riscontrano dei difetti di suono o gutturali o nasali. E' difficile di vincerli coi primi studi di impostazione; conviene però tentare di correggerli, e cercare la giusta e migliore sonorità della nota difettosa, esercitandola col suono di tutte le vocali, molto aiutandosi coll'orecchio, e provando di emetterla con vocale più aperta se è gutturale, e più arrotondata quando è nasale.
Coll'abbassare la lingua ed alzare il palato si ottiene una piacevole sonorità. (...)
SCALE LENTE:
I primi esercizi si fanno di Scala, lentamente, in tutti i toni maggiori e minori; l'allieva, lontana dal pianoforte, ben posata colla persona, si abituerà a pensare alle note ed alla tonalità in cui canta, aumentando a grado a grado l'estensione e la rapidità della Scala. Con cura particolare imparerà subito a unire i suoni fra loro; può a ciò servire di regola la legatura degli istrumentisti d'arco che per verità studiano di imitare la voce umana ed il canto corretto degli antichi cantanti. Un mio ricordo d'infanzia è quello di avere inteso celebri violinisti di quell'epoca (Bazzini, Emiliani) dichiarare che suonavano l'Andante della "Sonnambula" "Ah! non credea mirarti" e il Largo della "Norma" "Casta diva" sotto l'impressione ricevuta dal canto perfetto di mia madre Luigia Boccabadati (nata nel 1800). (...)
LEZIONE-METODO:
La lezione sarà di breve durata, possibilmente alternata fra due allieve di eguale capacità, e sarà sospesa qualora le giovinette siano indisposte, o accusino la più leggera sofferenza alla gola.
Tutti i medici si accordano in questa regola di prudenza.
(...) ogni Metodo è buono purchè scelto giudiziosamente, e si adatti alla tessitura di ogni voce, nei limiti dell'ampiezza di respiro.
Ad una allieva di pronta intelligenza si può già insegnare in questo corso qualche frase di canto con parole. E' molto indicato a questo scopo il Metodo Pratico del Maestro Nicola Vaccaj.
2° Anno di Studio nella Classe di Canto.
E' da presumere che a questo punto le difficoltà musicali siano superate: la voce avrà intanto acquistato forza di timbro, sicurezza d'intonazione, e facilità di modulazione. (...)
Dagli esercizi, il naturale progresso porta ai vocalizzi più difficili, sia ad una, sia a due voci; e da questi si passa al canto con parole. E' giustamente indicato di giovarsi delle "arie antiche" che distintissimi Maestri hanno riunite in utili edizioni, fra cui noto i volumi degli "Echos d'Italie", e la bella Raccolta del Prof. Parisotti; sarà pure indispensabile di far cantare duetti di Autori classici ed alcune romanze da camera, moderne, scelte fra le migliori.
L'insegnante dovrà accennare la frase con precisione e ripeterla finchè l'allieva l'abbia ben compresa e sia messa in grado di imitarne la chiarezza dell'accento, dell'inflessione e della pronuncia. (...) Chi insegna il Canto deve poter correggere e rettificare i difetti della pronuncia.
Chi desideri rendersi conto dell'articolazione di ogni sillaba, e di ogni parola, può trovare diffuse spiegazioni nei Metodi di canto di Garaudé, di Garcia, di Delle Sedie e di altri. (...)
Un accurato esercizio di lettura sarà stato fatto prudentemente sotto abile direzione fino dal 1° anno dello studio di canto, e mentre le allieve si abitueranno gradatamente all'accento poetico, dovranno anche essere guidate a conoscere le regole del contegno e del gestire.
Alla fine di questo corso le allieve devono prender parte alle esercitazioni corali, ottimo studio per sviluppare l'organo vocale, e l'esattezza della misura, per far perdere la timidezza, e per far progredire nella lettura a prima vista del canto con parole.
3° Anno di Studio nella Classe di Canto.
S'incomincierà questo corso collo studio dei recitativi di opere dei migliori autori italiani, dopo di che si passerà alla esecuzione delle arie difficili del nostro vecchio repertorio; soprattutto conviene occuparsi del Recitativo, perchè le allieve imparino a fraseggiare con vivace disinvoltura nell'opera buffa, con inflessioni di voce gentili e patetiche nelle opere sentimentali e romantiche, mentre nel recitativo drammatico dovranno abituarsi a dare la necessaria sonorità, ed a marcare vigorosamente l'accento.
Coi vocalizzi difficili di Righini, di Garaudé e con altri, scelti nei migliori metodi di perfezionamento, le alunne avranno imparato a valersi di tutto il respiro, e a non interrompere la frase musicale per riprenderlo; dovranno porgere il canto con elegante colorito e si troveranno preparate ad eseguire i cantabili larghi e maestosi delle nostre belle arie italiane.
PORTAMENTO DELLA VOCE (e Legato):
Ora viene a proposito di accennare le mie idee sul "portamento della voce": ho già detto che pel canto legato può servire di modello il modo accurato col quale un violinista di stile corretto eseguisce le frasi musicali sul suo istrumento. "Legare" non significa nè "strisciare" nè "portare la voce", ma "passare" senza "stacco" o "silenzio" da una nota all'altra.
Per "Portamento" invece s'intende un leggero anticipare del suono da una nota a quella che segue. Un esempio semplicissimo è una frase del duettino dei Soprani nell'Otello di Rossini ("Quanto son fie [RE]_[SOL] eri i pa [DO]_[LA] alpiti")
E' chiaro che il "portamento" si fa dove sono due note per una vocale e una sillaba, mentre ognuna delle altre note ha per sè una vocale ed una sillaba, ed è ben semplice di tenerle per tutto il loro valore. (...)
Un altro esempio ce lo offre un recitativo della stessa opera, che noterò dopo la seguente osservazione: che devesi cioè evitare il "portamento" fra due note congiunte per intervallo di "seconda", se la parola non termina e non comincia con vocale, e se non vi è elisione nella stessa parola (nel qual caso il portamento vien naturale); ma quando una parola termina con vocale e quella che segue incomincia per consonante è da preferirsi lo "smorzo". Ogni regola però soffre eccezione, e, per esempio se la distanza dell'intervallo supera la "seconda", allora il buon gusto suggerisce in quale frase il "portamento" aumenti la grazia o la drammaticità dell'accento.
("Oh! Come infino al core giungon quei dolci accenti! Chi [SALTO ASCENDENTE DI 5a GIUSTA, SOL-RE] sei che così canti? Ah tu ramme- [SALTO DISCENDENTE DI 7a DIMINUITA, FA-SOL#] -nti lo stato mio crudele")
Notando in tal modo questo brano di recitativo, il compositore ha sufficientemente dimostrato che si può cantarlo senza portamenti di voce, pur di dare alle note quell'inflessione d'accento che la poesia richiede, e quello smorzo che ne aumenta l'elegante espressione. Si può però "portare" la voce nelle due frasi ("Chi sei? - Ah tu rammenti") per raddolcirne anche più la mestizia; ma dovrà evitarsi di esagerare (...)
Io non ricordo di aver mai ricevuto osservazioni sul "portamento della voce" all'epoca de'miei studi di canto, non so se per istinto buono, o piuttosto perchè ero abituata all'esecuzione corretta di mia madre che era la più perfetta cantante di metodo di cui si possa serbare memoria. Quanta saviezza nei suoi consigli, e quale indulgenza! Ella non insisteva mai per ottenere che subito si facesse bene, e ci lasciava riflettere sulla lezione, concedendo alla nostra voce frequenti riposi, che qualche volta si prolungavano per settimane e per mesi.
Alla ripresa del lavoro la voce aveva acquistato freschezza e volume. Ora invece molti maestri asseriscono che nemmeno sotto l'azione di una malattia di gola o di qualunque sofferenza, si deve perdere l'abitudine di un esercizio vocale forte e prolungato. Chi può perdonare loro il male che producono? La salute compromessa, la voce guastata, e tanti denari sprecati, e tante illusioni perdute?....
SCALE VELOCI (agilità vocali) - ABBELLIMENTI (ornamenti) - IL TRILLO:
(...) Lo studio delle difficili arie si compie coll'eseguire "l'allegro", per lo più composto di due "Cabalette", e nella seconda, pur di non eccedere, è permesso di fare qualche variante e di aggiungere degli abbellimenti.
Le "scale" devono riuscire rapide ed estese; decise le "acciaccature", ben graniti i "gruppetti" di cui la prima nota va accentata più delle altre; ben precise le "volate" di semitoni, fissando una divisione che ne assicuri l' "accento" e l' "intonazione" a "tre", "quattro", "sei" od "otto" note; di puro "attacco" e "stacco" le "picchettate" per le quali occorre una vera cura di prontezza e di economia di respiro. Il trillo soprattutto va lavorato in modo da non cagionare ostacoli ad ogni pezzo difficile ove ci sia l'obbligo di farlo. (...) talvolta il "trillo" non riesce, mentre c'è chi lo ha naturalmente facile; in ogni modo sarà utile di averlo studiato. Va dapprima esercitato senza preparazione, accentando a piena voce la nota superiore; accertata la perfetta intonazione e sonorità delle due note "di eguale perfetto valore" se ne accelererà quanto è possibile il movimento.
Tale prova va ripetuta più volte al giorno, evitando di stancare il respiro, ed esercitando di preferenza le note migliori, non quelle di passaggio fra i differenti registri.
"I Maestri più celebri si sono valsi dei vocalizzi e dei gorgheggi per rendere più variate le loro composizioni"; ma l'abuso va naturalmente evitato, tanto più ora che il gusto moderno preferisce quasi esclusivamente il canto di espressione; però non bisogna cadere nell'esagerazione, ma persuadersi anzi che lo studio delle agilità impone ai cantanti un esercizio che trascurerebbero per non valersi più che di effetti triviali.
DECLAMAZIONE (moderata):
(...) non si può esigere da una allieva di canto la forza di inflessione che richiede la declamazione parlata; più vi è progresso nel canto, e meno la voce è adattata per essere adoperata in un discorso molto accentato; questa cara voce dipende da fibre così delicate che è proprio da stupirsi possa resistere allo strazio crudele che talvolta ne vien fatto. Dunque occorre moderazione in tutto, tanto nell'esercizio del canto, quanto in quello della declamazione.
Dal consiglio di sapienti medici ci viene la regola che la lezione o studio vocale non deve durare di continuo più di mezz'ora; ma può essere ripetuto più volte nella giornata. (...)
4° Anno di Studio nella Classe di Canto.
Incomincia da questo punto la necessità di imparare a memoria le Opere per formarsi un repertorio. (...)
Alle maestre di canto incombe consigliarle sul perfezionamento dello stile, guidarle a ben porgere ed unire efficacemente la parola col canto, proporre i coloriti, gli abbellimenti e le cadenze.
In poche lezioni le alunne dovranno saper ritenere un'Opera a memoria, cantandola correttamente; da sè stesse avranno indovinato o trovato un sicuro effetto di alcune frasi per ogni pezzo. L'insegnante rettificherà gli errori e guiderà l'intelligenza senza soverchiare lo svegliarsi della spontanea individualità artistica. (...)
La maestra di declamazione deve secondare quest'ultimo periodo d'insegnamento per ottenere dalle alunne un perfetto contegno, il camminare più grave o più svelto che non si usi nella vita abituale, ed il gestire con nobile semplicità.
Così guidate non sarà per esse difficile di immedesimarsi nel carattere che devono rappresentare. Le maestre di canto e di declamazione le avranno messe sulla via di una giusta interpretazione, ma dopo ciò dovranno "saper pensare", e non aspettare più suggerimenti se non dalla propria ispirazione; il canto deve acquistare un particolare colorito da un intelligente lavoro della mente.
Non è necessario l'affannarsi sulla scena con movimenti rapidi e disordinati, potendo ciò nuocere alla fermezza della voce e alla finezza del canto. Ho conosciuto celebri cantanti con talento scenico, che soffrendo del troppo agitarsi avevano saputo adattare alle situazioni più drammatiche delle movenze naturali 'proporzionatamente' calme, senza nuocere all'effetto della scena. Ammirabile in ciò fu Erminia Frezzolini (...)
N.B.
Brevi informazioni biografiche, tratte da "BOCCABADATI, Luigia", voce enciclopedica presente in: Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 10 (1968):
<<Dei suoi figli, la più celebre fu Virginia, nata il 29 apr. 1828, che debuttò brillantemente nel 1847 al Teatro Massimo di Palermo con "Linda di Chamounix" di Donizetti. (...) La Traviata, di cui fu giudicata una delle migliori interpreti, "ancor più espressiva della Patti" (Schmidl) nel ruolo di Violetta. Dedicatasi, infatti, al repertorio verdiano, Virginia seppe conquistarsi, insieme con M. Piccolomini e M. Spezia, la stima e la preferenza di Verdi.
Mortole il marito, il conte Carignani di Torino, Virginia abbandonò il teatro, accettando tuttavia, verso il 1883, il posto offertole da C. Pedrotti di maestra di canto al conservatorio di Pesaro, dove insegnò fino al 1900 (alla sua ottima scuola si formarono, fra le tante allieve, Celestina Boninsegna, Maria Farneti [soprano mascagnano molto noto agli inizi del XX secolo], A. M. Pisano Pettignani, e M. Quarenghi Galli). Tornata a Torino, vi morì il 6 agosto 1922.
L'eredità materna si manifestò in Virginia più nell'arte dell'espressione e nella tecnica perfetta che nella potenza della voce, anche se pura, d'intonazione sicura e assai agile. Fu, infatti, una delle interpreti di maggior prestigio di opere del repertorio lirico-leggero, ma seppe raggiungere altrettanta eccellenza in opere più drammatiche.>>
(da: VIRGINIA BOCCABADATI - Maestra di Bel Canto nel Liceo Musicale Rossini di Pesaro - "OSSERVAZIONI PRATICHE PER LO STUDIO DEL CANTO" - Pesaro, 1893)
Buona lettura e buona riflessione!