Verdi e Puccini chiedono di rispettare le loro partiture musicali |
A tutti coloro che sostengono che le esecuzioni delle creazioni operistiche possano essere (o addirittura, per alcune persone, 'debbano essere'!!!) "modificate continuamente e liberamente" al fine di rendere a detta loro, più espressiva musicalmente la musica o, per altri, al fine di 'attualizzare' la scena, rivolgiamo una semplice domanda (con video finale):
C'E' QUALCUNO CHE HA IL CORAGGIO DI CONTESTARE VERDI E PUCCINI SULLA NECESSITA' DI RISPETTARE LA PARTITURA (che comprende sia le note musicali scelte dal compositore che le indicazioni musicali-interpretative che le didascalie sceniche)???
PUCCINI
"Tutto non si può scrivere" - ammoniva Puccini, alludendo, si capisce, al "quid" imponderabile che la musica è chiamata ad esternare con la forza espressiva, "spesso condensata" - aggiungeva acutamente - "in una sola nota e perfino in una pausa": in uno di quei silenzi che il grande Maestro chiamava "musica sottintesa".
"Ma se tutto non è possibile scrivere, da parte nostra, si rispetti al massimo grado, da parte degli esecutori, ciò che è stato possibile segnare negli spartiti e nelle partiture". E questo, si badi bene, lo diceva parlando della musica di altri musicisti, che venerava: ma, si capisce, lo stesso discorso poteva e doveva servire per la sua musica. Per la quale, bisogna dirlo, era esigentissimo.
Così si legge nell'introduzione del libro "Puccini interprete di se stesso" del 1954, scritto da Luigi Ricci, rinomato pianista, preparatore vocale e direttore, che collaborò con Puccini per alcuni anni preparando le opere da Manon Lescaut al Trittico.
N.B. - Quando
era a Roma, Puccini frequentava abitualmente l'Augusteo. La grande
sala, ove si svolgevano i concerti dell'Accademia di S. Cecilia,
diveniva fonte del maggior piacere quando a dirigere era un maestro da
lui apprezzato. Fra questi, ammirava in modo particolare Bernardino
Molinari (direttore stabile dei Concerti di S. Cecilia), Arturo
Toscanini, Gino Marinuzzi, Franz Schalk, Bruno Walter, Victor De Sabata.
Di quest'ultimo, in particolare, apprezzava molto come eseguiva la sua Rondine, opera alla quale teneva moltissimo.
Ricordava Guido Marotti:
«La direzione di De Sabata di quest'opera era una delle poche che rendesse soddisfatto Puccini; degli altri maestri diceva: "Non la sanno dirigere, l'appesantiscono". Assieme a Puccini sono stato alla prova generale de "La Rondine", al Teatro Costanzi di Roma, nel gennaio 1918. Direttore era il maestro Ettore Panizza. Puccini fumava come un caminetto. Eravamo soli in teatro. Ad un tratto mi chiese: "Che te ne pare?". Gli risposi: "Il difetto sta nel manico". E Puccini di rimando, accendendosi l'ennesima sigaretta: "Questo direttore non ha capito niente dell'opera. Crede di dirigere Wagner: tutto pesante. E sì che ho scritto PPPPPP nello spartito; è pieno di PPPPPP che vogliono dire 'piano'. Ma il direttore non ha capito niente".»
(Intervista pubblicata nel quotidiano "Avanti!" del 17 febbraio 1985)
Di quest'ultimo, in particolare, apprezzava molto come eseguiva la sua Rondine, opera alla quale teneva moltissimo.
Ricordava Guido Marotti:
«La direzione di De Sabata di quest'opera era una delle poche che rendesse soddisfatto Puccini; degli altri maestri diceva: "Non la sanno dirigere, l'appesantiscono". Assieme a Puccini sono stato alla prova generale de "La Rondine", al Teatro Costanzi di Roma, nel gennaio 1918. Direttore era il maestro Ettore Panizza. Puccini fumava come un caminetto. Eravamo soli in teatro. Ad un tratto mi chiese: "Che te ne pare?". Gli risposi: "Il difetto sta nel manico". E Puccini di rimando, accendendosi l'ennesima sigaretta: "Questo direttore non ha capito niente dell'opera. Crede di dirigere Wagner: tutto pesante. E sì che ho scritto PPPPPP nello spartito; è pieno di PPPPPP che vogliono dire 'piano'. Ma il direttore non ha capito niente".»
(Intervista pubblicata nel quotidiano "Avanti!" del 17 febbraio 1985)
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VERDI
A Giulio Ricordi - Genova, 11 aprile 1871 - scriveva:
"(...) io voglio un solo creatore, e m'accontento che si eseguisca semplicemente ed esattamente quello che ho scritto; il male sta che non si eseguisce mai quello che è scritto. (...) Io non ammetto né ai Cantanti né ai Direttori la facoltà di "creare", che, come dissi prima, è un principio che conduce all'abisso... Volete un esempio? Voi mi citaste altra volta con lode un effetto che Mariani traeva dalla sinfonia della "Forza del Destino", facendo entrare gli "ottoni" in "sol" con un fortissimo. Ebbene: io disapprovo quest'effetto. Quelli ottoni a "mezza voce" nel mio concetto dovevano, e non potevano esprimere altro, che il Canto religioso del Frate. Il "fortissimo" di Mariani altera completamente il carattere, e quello squarcio diventa una fanfara guerriera: cosa che non ha nulla a che fare col soggetto del dramma, in cui la parte guerriera è tutt'affatto episodica. (...)"
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