venerdì 28 maggio 2021

La vocale A nel canto lirico

La vocale A nel canto lirico

La A nel canto lirico: sonora, chiara e distinta nella zona di petto delle voci femminili, stentorea in quelle maschili, è però anche la più aperta delle vocali. Un errore di impostazione nel suo studio può compromettere il percorso di studi, rovinare il passaggio di registro verso gli acuti e affaticare la più resistente delle voci. (--> https://belcantoitaliano.blogspot.com/2020/12/belcanto-italiano-lautentico-bel-canto.html)

Vi invitiamo alla lettura di quest'articolo che si propone di chiarire nella teoria e nella pratica quale sia la migliore conduzione della formazione della vocale A nel canto lirico, consigliando sempre la pratica del suono "coperto", usato con successo dai migliori cantanti della storia del canto lirico.

Come dev'essere emessa la vocale A cantando liricamente?

Ecco alcuni video - con esempi vocali pratici - che danne delle risposte chiare sul problema e sulla risoluzione della A lirica:

L'attacco sulla vocale A nel Belcanto (Amarilli) - Astrea Amaduzzi

Differenza tra suono aperto, nasale, intubato e coperto nel Belcanto (Casta Diva) - Astrea Amaduzzi

Adattamento vocalico e uso delle consonanti nel Belcanto (Dolente immagine) - Astrea Amaduzzi


Sinteticamente parlando, di certo non va cantata con emissione aperta e sfocata e nemmeno con emissione chiusa ed intubata. E' necessario un certo grado di raccoglimento della A verso la O, di "arrotondamento" e copertura, che dipendono dalla dinamica della nota e dall'altezza della nota sulla quale è segnata la vocale A nel testo di un'aria d'opera o di un brano vocale anche non operistico del repertorio, ma eseguito normalmente nel corso della vita ed attività del cantante lirico.

A confermarlo, ecco 20 illuminanti suggerimenti pratici e teorici di maestri di canto e/o grandissimi cantanti lirici del Novecento: De Lucia, Sbriglia, Amato, Battistini, Galli-Curci, Pertile, Menescaldi, Stracciari, Danise, De Luca, Albanese, Barbieri, Lauri-Volpi, Freni, Corelli, Cossotto, Pavarotti, Bergonzi, Bruscantini e Benelli! Leggete con cura e meditatevi sopra...

1. Fernando De Lucia, tenore:
"...Da artista intelligente quale egli è, De Lucia ha proceduto a coprire i suoni, in essi ha messo una gran quantità di vocale 'o'..."
[THE PERFORMANCE OF DON GIOVANNI AT THE METROPOLITAN OPERA HOUSE - "The Sun", 28 December 1893]


2. Giovanni Sbriglia, tenore:
«Usate le vocali con una mascella rilassata, ricordatevi", egli diceva, "solo la mascella inferiore è mobile, quindi aprite la bocca lasciando cadere la mascella inferiore nel salire con una scala verso la zona acuta. Pensate ad "o", e avrete una perfetta "A" italiana nella parte acuta della voce, un suono con una risonanza di armonici, le labbra e la mandibola sempre rilassate.»
"Molte voci in America vengono rovinate essendo addestrate sulla vocale inglese 'Ah', più che in qualsiasi altro modo. Questo produce una voce aperta e piatta. Persino grandi cantanti ottengono questa voce aperta dalla fatica. Usate le labbra sporgenti in modo rilassato con un adeguato sostegno del fiato per curare questo difetto comune."
["Sbriglia's Method of Singing" (ETUDE May 1942) by Margaret Chapman Byers]

3. Pasquale Amato, baritono:
«La vocale usata nel mio caso in Italia e in centinaia di altri casi che ho notato è una vocale leggermente più ampia, che può essere trovata a metà strada tra la vocale "ah" di "father" e la "aw" della parola "law" (legge). Non è un suono sordo, ma non è il suono di "ah" in "father". Forse la parola "doff" o la prima sillaba di Boston, se correttamente pronunciata, dà la giusta impressione.»
["Vocal Study in Sunny Italy" - The Etude, Jan 1918]

4. Mattia Battistini, baritono:
«“Inizia a pronunciare meno A; mischiala con O a partire dal Fa diesis.” (...) Al La bemolle odo che egli sta pronunciando in modo molto schietto la vocale O. (...) Arriviamo a Do diesis 3 e Re, e poi ho udito il Battistini pronunciare U. “(...) quando questa U risuonerà bene a partire da Do diesis, l'intera voce sarà posizionata, alta e avanti. Ogni suono uscirà libero, la gola rilassata e tranquilla.” Vedete gli esercizi vocali che faceva Caruso: le note basse su A, le centrali su O, e le alte su U. Bonci chiamava la U la vocale salvatrice delle note acute.»
[Conferenza di Celestino Sarobe all'Università di Parigi dell'11 gennaio 1936, riportato in: C. Sarobe - "Venimécum del artista lírico" - Barcelona, 1947]

5. Amelita Galli-Curci, soprano:
«I giovani cantanti mi domandano quali vocali usare nell'esercitare la voce. (...) La "O" è buona, la "E" necessita di grande cura; la "A" è la più difficile di tutte. Sono consapevole del fatto che questo sia contrario all'idea generale. Ma io sostengo che la "A" è più difficile; perché se la esageri e le labbra sono troppo divaricate, il risultato è un suono incolore. E d'altro lato, se le labbra sono ravvicinate—o troppo ravvicinate, o non sono gestite correttamente, tende a risultarne rigidità o una qualità gutturale; in tal caso il suono vocale non può 'galleggiare'. Io ho constatato che la miglior via è quella di usare le vocali miste, una vocale che si fonde nell'altra. Il suono può essere iniziato con ciascuna vocale alternativamente, e poi mescolata con il resto delle vocali.»
["VOCAL MASTERY" - Talks with Master Singers and Teachers by Harriette Brower - New York, Frederick A. Stokes Company Publishers, 1920]
«Quando si constata che i propri suoni tendono ad essere 'incolore', si cerchi, nel produrli, di mischiare giudiziosamente alle proprie note una certa qualità vocalica particolare – "u" od "o" – per rendere il suono più scuro, più espressivo.»
[Amelita Galli-Curci, in: Frederick Martens - "The Art of the Prima Donna and Concert Singer" - D. Appleton and Co., 1923]

6. Aureliano Pertile, tenore:
«Nel vocalizzo le vocali più da usarsi sono l'a e l'o, perché mantengono aperta la gola e permettono così una maggior colonna di fiato. (...) Il canto è colore. Il colore decide la giusta impostazione. (...) Le vocali a, e, i, o, u, non si devono usare nel canto col medesimo colore della lingua parlata. Il linguaggio dà: à, è, ì, ò, ù. Il colore, che dà la giusta impostazione, viene dato da tutto quanto ho prima descritto, più il colorito seguente alle vocali. L'à deve essere pronunciato ao; l'ò come ò, l'i come un i francese, l'e come eu, l'u come uo. E tutto ciò con disinvoltura e abbandono completo dei muscoli del collo e della faccia. Ne viene di conseguenza che le tre vocali i, e, u, di già per se stesse strette e chiuse, vengano in tal modo allargate, mentre a, o, per se stesse larghe e aperte, vengono ristrette e raccolte. In tal modo il colore delle cinque vocali, che nella lingua parlata è così diseguale, viene nel canto assai avvicinato.»
[Domenico Silvestrini - "Aureliano Pertile e il suo metodo di canto" - Bologna, Aldina Editrice, 1932]

7. Piero Menescaldi, tenore:
«Per quanto riguarda il passaggio, Menescaldi comincia ad arrotondare i suoni nei vocalizzi a partire "dal mi bemolle"; in questo modo la vocale "A" diventa, essa stessa, quasi una "O" molto larga. Dunque il "fa" e il "fa diesis" possono e devono avere lo stesso colore della quinta acuta.  Cantando gli spartiti arrotondare su queste note la vocale "A" nella stessa maniera, e dare a tutte le vocali una sonorità più rotonda, "più scura" come si dice in italiano. In questo modo le note di passaggio "passano da sole" (...)»
«E soprattutto cantare sempre con una "voce rotonda e sonora" senza "mai" cercare un'emissione "sul sorriso" che produce una voce chiara, aperta, con dei suoni piatti, sbiancati e tutti indietro. Perché per essere ben in avanti e ben in maschera (per usare questi due termini familiari) la voce dev'essere molto rotonda "e sostenuta col massimo della forza [dei risuonatori]", la qual cosa produrrà "il massimo della proiezione in testa, grazie al fiato".»
["La méthode de chant du ténor Piero MENESCALDI de la Scala de Milan" - articolo di Achille Gambetta apparso sulla rivista LYRICA, il numero di aprile-maggio-giugno-luglio, del 1936]

8. Riccardo Stracciari, baritono:
«La vocale A si trasforma in O nelle note acute specialmente, per tenore dal FA naturale, per baritono dal MI bemolle e per basso dal RE naturale, perché pronunciandole aperte diventerebbero schiacciate e di timbro sgradevole.»
[Pagine manoscritte riportate in: LP "Riccardo Stracciari" - Mizar Records, 1980]

9. Giuseppe Danise, baritono:
"La voce chiara nella strozza [gola] e l'appoggio scuro nella bocca, cioè nessun attacco di gola".
"Lei deve guidare la voce col suo orecchio, Lei non deve guidare la voce con la sua gola, col suo orecchio, e deve capire quando un suono deve venir chiuso e quando deve venir aperto, questo lo deve guidare col suo orecchio."
"Lei fa [canta No, come fosse Na-a] e si trova già in posizione!" "Dica NA, senza dire No-o". E dopo l'esempio ripetuto correttamente, dice "Lo vede?"
"Fai 'd'unO stella', dì O"
"lo devi dire 'lO' invece di 'la', dev'essere una vocale scura, non la posizione scura, la vocale scura!"
[Valdengo] "senta una cosa Signor Danise sulle note acute (...) ma le vuole sempre con O?"
"Sì, certo, quello è il coperto, non l'ingolato, tu confondi tra coperto e ingolato!"
(Lezioni a Giuseppe Valdengo, ca. 1949-'50)


10. Giuseppe De Luca, baritono:
«...cantare su una O piccola-un suono che sia una via di mezzo tra A ed O. Ciò copre il suono. La A da sola può tendere a mandare il suono indietro o sbiancarlo.»
["Good Singing takes time" by G. De Luca - The Etude, Nov 1950]

11. Licia Albanese, soprano:
«...ci si assicuri che tutte le vocali siano rotonde e risuonino bene in avanti. Non dev'esserci nulla che suoni schiacciato (...) Mantenere le vocali ben rotondate e la risonanza avanti è di grande aiuto sia nella produzione della voce che nella dizione; ciò evita di fare suoni striduli.»
["Preparation for Opera" - The Etude, Sep 1953]

12. Fedora Barbieri, mezzosoprano:
«Un buon esercizio è quello di cantare i cinque suoni vocalici–A, E, I, O, U–su un solo fiato, tenendo la gola esattamente nella medesima posizione, e modificando solamente la posizione della bocca, tanto quanto è necessario, con le labbra, per distinguere con chiarezza le vocali.
Questo tipo di canto proietta il suono in maschera, e questa è l'unica collocazione corretta per una buona risonanza.»
["Is there an 'Italian' Method?" - The Etude, Oct 1954]

13. Giacomo Lauri-Volpi, tenore :
«La vocale cantata assume naturalmente, per ragioni acustiche e tecniche, forma sferica, e dà l'immagine della bolla liquida di sapone spinta dal soffio proveniente dalla cannula. (...) Comunemente la vocale parlata, mancando di risonanze, risulta piatta e secca.»
«Si prenda, poniamo, la vocale A pronunciata naturalmente, immune da intenzioni tecniche. Questa vocale risuona aperta, talvolta sfacciata, con un colore di bocca. Non importa. Questo suono, a patto che non sia gutturale o nasale, potrà sempre raddrizzarsi dal piano orizzontale di natura. Per ottenere l'A estetica, tecnica, artistica, sarà sufficiente illuminare la mente con l'idea della "verticalità" del suono. L'A naturale diventerà un'A sonora, musicale, rotonda con il solo dirigere la colonna d'aria vibrante contro le cavità cervicali, anziché abbassare, flettere i raggi sonori sul "piano radente" della cavità orale.»
[G. Lauri-Volpi - "Misteri della voce umana" - Dall'Oglio, 1957]


14. Mirella Freni, soprano :
«(...) io la A, io per natura la porto ad aprire, anche parlando, e mi va indietro e so che se io canto (accenna cantando) "A" mi va via... devo cercare di metterla più avanti, mischiata magari con un po' di O, che viene fuori la A giusta lo stesso e questo si deve anche studiare; si deve cercare di mischiare anche le vocali (...)»
["Scuola di canto", presentata da Mirella Freni e Luciano Pavarotti - Modena, 1976]


15. Franco Corelli, tenore :
«Tutte le note devono andare verso lo stesso punto... [Cantò "I, E, A, O, U", poi ripeté questa sequenza in modo errato con ciascuna delle cinque vocali eseguita con differenti aperture e chiusure, e con diversi tipi di posizionamento, alcuni chiari ed altri scuri.] Tutte le vocali devono essere dirette verso lo stesso punto.»
«Ci sono molte belle voci che non hanno trovato la via alle note acute... come "girare" gli acuti. Una cosa è molta chiara: se si produce un suono nella voce media e poi si sale alla zona del "passaggio", cantando con lo stesso tipo di suono, non funzionerà. Si deve fare un cambiamento nel salire, altrimenti... [Egli cantò "A" su una scala salendo attraverso il "passaggio" sino alla voce acuta senza cambiare il colore della vocale. Ne risultò un urlo a squarciagola.]»
- "Dunque si deve andare da "A" nella voce media ad "U" nella voce acuta, con "O" situato circa in mezzo."
«L'hai spiegato chiaramente. Ora questo famoso "passaggio", tra una nota collocata normalmente nella voce su "A" e la nota acuta su "U", va più in maschera, va più in alto [nel posizionamento]. Parlando praticamente, questo è il percorso. Quasi tutti sanno che il "passaggio" va arrotondato. Se si canta una "A" aperta si può arrivare sino a un Fa diesis. Ma se si cerca di mantenerla come "A", non girerà per lo meno fino al Sol diesis, perché allora si starà aprendo, disperdendone il suono.»
[Intervista a Franco Corelli, in: J. Hines - "Great Singers on Great Singing" - Doubleday, 1982]

16. Fiorenza Cossotto, mezzosoprano:
«Ho constatato che le vocali troppo aperte [dilatate] non funzionano. La A dovrebbe tendere verso AO, la O verso U. Mai cantare AA [diede un esempio, cantando una A bianca con la bocca aperta orizzontalmente]. Perlomeno, io parlo per me stessa, la O verso U, la I verso E, perché la I è di già chiusa [stretta].»
«(...) Per anni il mio maestro mi fece cantare A, E, I, O, U sulla stessa nota senza cambiare posizione (...)»
«Cerco di usare le labbra in un modo naturale,» ella disse. «Non si dovrebbe rendere diversa la U dalla O. Oppure, nel passare dalla O alla I, non puoi fare...» [Ella passò da una posizione rotonda delle labbra sulla O ad una posizione allargata della bocca sulla I.] Piuttosto, si dovrebbe fare O...I.» Ella mantenne le labbra relativamente rotonde ed invariate. (...)
«...è qui che si ha bisogno di un maestro,» ella disse, «per controllare il colore della vocale. Quando passo dalla A alla U, non posso produrre una AA bianca. Devo fare un'AO che assomigli a una U, e una U che assomigli ad un'AO. Cerco di cambiare le vocali il meno possibile.»
[Intervista a Fiorenza Cossotto, in: J. Hines - "Great Singers on Great Singing" - Doubleday, 1982]

17. Luciano Pavarotti, tenore:
«Da una registrazione, o cantando per qualcuno», disse Luciano, «si può dimostrare il suono critico...la parte cruciale della voce...che è il 'passaggio'. Con l'ascolto ti rendi conto del cambio di suono—chiamiamolo 'coprire'. Se non si fa così, la voce diventa bianca, bianca e più bianca...e più stanca...e non riesci ad arrivare in fondo ad una esecuzione. Se si copre il suono, la posizione e la voce sono solidi.»
«(...) i muscoli devono essere molto rilassati, come se si sbadigliasse. Ma si deve davvero fa sì che la voce sia più 'ridotta'. All'inizio degli studi il suono sembra quasi sacrificato. Ciò cambia il colore.»
«(...) E quando queste note cominciano ad uscire correttamente, sono molto sicure, anche se non ancora molto belle. Sempre più prendono corpo e diventano davvero...» S'interruppe per dare una dimostrazione con un'altra scala ascendente, andando distintamente da una vocale A verso U mentre andava oltre il 'passaggio'. (...)
- "Poco fa hai menzionato una sensazione di rilassamento, come sbadigliare, quando canti. Ora, alcuni cantanti parlano dell'inizio dello sbadiglio..."
«Sì!» (...)
- "E questo è ciò che consideri una gola aperta?"
«Oh sì, senza dubbio... AO...AO...» Egli fece l'esempio su questa vocale. (...)                       
«AO...AO...», disse, (...) «Non 'aaah' [egli fece un suono flaccido e aperto]...»
[Intervista a Luciano Pavarotti, in: J. Hines - "Great Singers on Great Singing" - Doubleday, 1982]


18. Carlo Bergonzi, tenore:
"Nella tecnica vocale ci sono molti errori, errori voluti o dallo studente o dall'insegnante: non esiste nella tecnica vocale il "chiuso" e l' "aperto", cioè non esiste AAA [aperto, sbiancato, di gola], non esiste OOO [chiuso, intubato, gutturale], esiste solo il suono COPERTO...
lui che ha un bel colore di voce non deve mai forzare il suono con il fisico, mai, sempre aiutarsi con il diaframma e passare la voce sopra e portarla nella 'maschera', sempre libero il suono...cantare 'avanti' e guidare la colonna vocale sempre col respiro, e qui [indicando la mandibola] sempre morbido".
[Masterclass di Carlo Bergonzi a Yale, 1988]


19. Sesto Bruscantini, baritono:
«Quel Fa [acuto, sulla vocale A della parola "basti", tenuto per oltre due battute, nell'aria "Sempre in contrasti" da "La serva padrona" di Pergolesi] in effetti non è per niente simpatico. Si deve riuscire a "coprirlo", cioè a non darlo con un'emissione chiara, per non correre il rischio di steccare e conseguentemente per una migliore proiezione del suono all'esterno. Ancora oggi è difficilissimo fra i giovani trovare qualcuno che sappia ricorrere a tale accorgimento; cantare sempre "aperti" significa tra l'altro porre le condizioni per perdere la voce (...)»
[Andrea Foresi - UNA VITA PER L'OPERA - Conversazioni con Sesto Bruscantini - Akademos, 1997]

20. Ugo Benelli, tenore:
«È difficile trovare un acuto sulla "a", e quando capita, di solito il suono della voce si avvicina più ad una "o".»
[Giorgio De Martino - "Cantanti, vil razza dannata" - La vita e gli incontri di Ugo Benelli - Zecchini, 2002]


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Corollario tecnico-vocale sulla A nel canto lirico:

DUPREZ
<<On commence l'art du chant par la vocalisation. (...)
L'émission du son et sa bonne qualité sont les premières études à faire.
Il faut qu'un son soit pur, plein et doux. Il faut savoir également l'attaquer fort ou doucement à volonté. (...) On vocalise sur la voyelle A. Ne pronuncez pas cet A comme dans le mot "Ami", mais bien comme vous le prononceriez dans le mot "Âme", en ouvrant tout la gorge. C'est ce qu'on appelle assez improprement en France "sombrer les sons". Les Italiens n'ont guère que cette manière de les émettre, et ils ne connaissent pas cette expressione.>> (Gilbert Duprez - "L'art du chant", 1845)

<<L'arte del canto deve incominciarsi col vocalizzo. (...) L'emissione del suono e la sua buona qualità sono i primi studi da farsi.
E' necessario che il suono sia puro, pieno e dolce. Bisogna ancora saperlo imprendere forte o pianamente secondo che si vuole. (...) Si vocalizza per esempio sulla vocale A. Non pronunciate questo A come nella parola "amico", ma come lo pronunciereste nella parola "anima", cioè aprendo tutta la gola.>> (G. L. Duprez - "L'arte del canto" [A Rossini] - traduzione italiana, Ricordi, Milano, 1846)

DE LA MADELAINE
"Copertura" della vocale A :
Dans le timbre clair, l'A doit être pur et blanc, et il doit communiquer son caractère aux diphthongues dont il fait partie; dans le timbre sombre, il faut le mélanger légèrement avec l'O, afin de lui donner de l'ampleur, de la profondeur et de la sonorité; mais il faut bien se garder de tomber dans l'abus de ce mélange qui doit être fait, si nous osions appliquer à la vocale toute la précision des mathématiques, dans la proportion de 1/5 d'O sur 4/5 d'A.
Il n'y a rien à dire de la lettre O qui, comme on le voit, en fait de consonnance, est intimement liée avec la lettre A.

L'usage du timbre sombre était connu du temps de Porpora, dont les enseignements remontent, je pense, au milieu du XVIIIe siècle.
Et comment pourrait-il en être différemment, puisque les nuances du chant, dont je me suis efforcé d'expliquer le mécanisme dans le chapitre précédent, ne sont des nuances qu'autant qu'elles varient du clair au sombre. Lays et Garat avaient des effets de voix, qu'on appelait alors mixtes, et qui produisaient des résultats admirables. Ponchard lui-même, dont la blancheur d'organe est si connue, ne se prive nullement de ces ressources précieuses, et moi-même, tout basse profonde
que je suis, je n'aurais pu créer, comme je l'ai fait dans les concerts, les romances les plus tendres de madame Duchambge, de Panseron et d'autres compositeurs en vogue à cette époque, si je n'avais eu à ma disposition, dans les notes élevées de mon registre de poitrine, les richesses du timbre assourdi ou sombré. Lorsque j'ai chanté à la chapelle de Charles X le fameux "Judicabit" de Paesiello, qui n'avait pu être exécuté depuis la retraite de Chéron, jamais je n'aurais pu rendre les intentions terribles du compositeur (qui dans certains passages faisait accompagner la voix d'un orchestre cuivré), si je n'avais pu donner à mon organe
les qualités du sombré-dur, qui étaient absolument indispensables à l'accentuation des paroles menaçantes que j'étais chargé d'exprimer.

(in: Stéphen de La Madelaine (1801-1868) - "Théories complètes du chant" - Paris, 1852)

DELPRAT
Fusione di A ed O in una gradazione di colore mista nel passaggio dal medium all'acuto :

[Chapitre VI. - Travail de la voix]
Le célèbre chanteur et professeur Crescentini dit formellement "que les exercises de vocalisation doivent se faire sur la voyelle A seulement." – C'était la règle exclusivement admise dans l'ancienne et excellente école italienne, ainsi que par tous les grands maîtres dont l'autorité repose sur l'expérience et le talent. (...)
Pour amortir et modifier l'âpreté d'une voix aigre ou criarde, et aussi pour arrondir les timbres dans le passage du "médium" à l' aigu", on peut dans quelques cas admettre l'usage de la voyelle O, mais encore faut-il le faire avec adresse et intelligence, et fondre, en quelque sorte, l'A et l'O dans une nuance mixte qui tienne le milieu entre les deux. (...)

[Chapitre IX. - Des différents timbres dans les voix d'hommes et de leur emploi]
"..... Le chanteur qui oltrepasse ses moyens arrive promptement à la fatigue; cette fatigue est toujours partagée par ceux qui l'écoutent...."
Mengozzi.
En la travaillant largement et avec intelligence dans ce régime sur la voyelle "â", en évitant surtout que le son ne devienne guttural, on arrivera insensiblement par des modifications graduelles à adoucir l'âpreté naturelle de la voix, à lui donner du corps, de la rondeur, à la fondre enfin dans une nuance mixte pleine d'expression et de charme, et qui, par l'ampleur de l'émission, fournira au besoin le véritable et le plus beau des "timbres sombres".

(da: Charles Delprat - "L'art du chant et l'école actuelle" - Paris, 1870)

SEILER
...above e f all the tones take the coloring of "a" in "father" (...) As unfortunately our Song composers do not always keep this fact in view, as the old Italians did, and since words with the most unfavorable vowels often underlie the notes, it as often becomes necessary to mingle with the unfavorable vowel something of the sound (Klang) of the vowel properly belonging to the note; as, for example, in the word "ring" upon f, to sing the "i" with a mixture of the sound (Klang) of "a". Artists do this in a way of which they are for the most part unconscious, and which is always unobserved by the hearer. That in every voice there are several tones upon which every vowel sounds well, finds an explanation in an observation of Professor Helmholtz. The ear is attuned to a certain tone, designated as e f. (...) But all the tones which are accompanied by that tone as an over-tone to which the ear is attuned, sound harmonious even with unfavorable vowels.

(from: "The Voice in Singing", translated from the German of Emma Seiler - Philadelphia, J. B. Lippincott & Co., 1871)

OSGOOD
The Italian vowel "a" (...) is best adapted to first studies, because it gives the waves of sound freest scope in the interior of the mouth, and offers them the least impeded exit from the mouth. (...) Yet "the voice must not be practised exclusively upon a". The other vowels also must be carefully studied. Of these, "o" and its modifications are the most favorable, many voices developing best by studying this vowel simultaneously with "a".
The opening of the mouth is somewhat smaller for "o" than for "a", since to form "o" the corners approach each other; but the mouth should be kept as near the normal position as is consistent with the pure sound of "o". The development of voice proceeds more surely and more rapidly on "a" and "o" (...)

(George L.Osgood - Guide in the Art of Singing, based on the reliable traditions of the Italian School of Vocalization - 1874)

GIRALDONI
La vocale A è quella che devesi adottare per lo studio; però devesi evitare di emetterla troppo chiusa o troppo aperta. L'uno o l'altro sarebbe difettoso; il chiuso e l'aperto essendo soltanto effetti drammatici di cui è buono servirsi a tempo e luogo, ma che diventerebbe difetto se l'uno o l'altro servisse di base all'emissione vocale; avremo occasione di riparlarne nel capitolo che riguarda i timbri.
Si potrà però nello studio, quando si crederà necessario far cambiare all'allievo la vocale che deve servire di base all'emissione semplice onde modificare artificialmente il suono nell'intento di estirpare qualche difetto naturale. Per cui se l'allievo avesso per vizio di cantare con voce troppo aperta, consiglio al maestro di cercare (coll'artifizio delle vocali più chiuse, come la O ed anche la U) di modificare il suono dell'emissione finchè l'allievo possa rendersene padrone in modo sicuro. La U è agevolissima per ottenere la ripercussione del suono verso la testa.

(dal Capitolo III. di "Guida teorico-pratica ad uso dell'artista cantante" di Leone Cav. Giraldoni - Artista e Socio onorario di diverse Accademie Filarmoniche, Vice-Presidente della Società Nazionale di Mutuo Soccorso fra gli Artisti Lirici e Maestri affini - "Arte lunga vita breve" - Seconda edizione riveduta, corretta ed ampliata - Milano, 1884)

Avendo indicato già dettagliatamente il meccanismo dell'attacco del suono e quello antecedente della respirazione, appena si sarà sicuri di questa base sulla quale deve stabilirsi la voce, bisognerà cercare di unire tra loro questi suoni presi isolatamente a studiare, legandoli mediante la pressione del fiato, come si farebbe per un istrumento a corde con l'archetto.
(...) si attacca il primo suono leggerissimamente col puro fiato portato alle labbra; si rinforza il fiato trattenendolo senza contrazione per trovare la indispensabile resistenza e approssimando leggermente pure i pilastri del velo palatino per dare alla A una maggiore rotondità;

(da: Leone Giraldoni - EDUCAZIONE DELLA VOCE - Degli esercizi progressivi atti a sviluppare l'organo vocale - in "Gazzetta Musicale di Milano" del 12 gennaio 1890)

BARNETTE
Stand squarely on both feet, erect in body, with the arms hanging loosely and easily at your sides, fix the eyes steadily upon a point on a level with them at the other end of the room, then take a (...) deep breath (...) from the lower part of your lungs, under your belt, open your mouth by letting the under jaw drop freely—do not spread your lips at the corners,—and sing exercise No. 1 to the syllable "aw", as in awful. (...) feel as if you were a hollow tube, from your lips down to your stomach; remember, non of the work is to be done with the muscles of the throat any more than it is with the pipes of an organ

There is often great difficulty at first, in keeping the tongue in its proper position: it should lie flat, but loosely and at ease in the lower jaw (...) After repeated trials, I have fixed upon the syllable "aw" as the one which is most successful in opening the throat (...) If you wish to see how great a difference a slight change of vowel will cause, begin a tone on a widely spread "Ah", afterwards round it by bringing the corners of the mouth slowly forward, into "aw", as in awful, or even "oh", then you will feel the throat opening, the root of your tongue going down, and your jaw not only will descend, but will be held in place by certain muscles of your now elongated cheeks. Reverse the process by slowly changing to "Ah" again, and you will feel your tonsils approach each other and your throat close together; try this several times in rapid succession, and I think the result will convince you of the value of vowel combination I have chosen.

Sing the first three notes of No. 36 [DO-MI-SOL-DO] to the syllable "Ah"; strike the fourth note (the long one) to "Ah", but change it immediately to a round, close "oh", (by bringing the lips forward at the corners,) at the same time throw the tone up very high in the head—this is the real covered tone, and is the direct opposite of the open tone, which is made by drawing back the corners of the mouth. The continual use of the open tone is very fatiguing and injurious to the voice;

[Annie M. R. Barnette - "Talks About Singing; Or How To Practice" (1886). Student of Luigi Vannuccini]

MARCHESI
"The pupil should open the mouth quite naturally, lowering the chin, as though to pronounce the vowel A (ah) slightly darkened (...)
Now, the type of vowel preferable for the formation and development of the voice is the Italian A (ah), slightly darkened (...)"

[Lo studente dovrebbe aprire la bocca piuttosto naturalmente, abbassando il mento, come se stesse pronunciando la vocale A (ah) leggermente inscurita (...) Ora, il tipo di vocale preferibile per la formazione e lo sviluppo della voce è la A italiana (ah), leggermente inscurita (...)]

(Mathilde Marchesi - Prefazione alla Seconda edizione del suo "L'Arte del Canto" Op. 21, nel gennaio 1890)

BOCCABADATI
Per prima prova si faranno emettere dei suoni isolati, senza darsi pensiero del colorito, facendo aprire ragionevolmente la bocca colla vocale "A" leggermente arrotondata, e facendo respirare con naturalezza, un poco più abbondantemente che per parlare (...)
Si può fare in tal modo un esercizio vocalizzato sulla vocale "A arrotondata", legando fra loro due, tre e più note di Scala. (...)
Coll'abbassare la lingua ed alzare il palato si ottiene una piacevole sonorità. (...)

(da: VIRGINIA BOCCABADATI - Maestra di Bel Canto nel Liceo Musicale Rossini di Pesaro - "OSSERVAZIONI PRATICHE PER LO STUDIO DEL CANTO" - Pesaro, 1893)

CARPI
Per riescire ad impostare correttamente i suoni senza affaticare l'organo vocale, il maestro (...) dovrebbe abolire la vocale A e far usare invece la vocale O in tutti quanti gli esercizi e vocalizzi, prima e per qualche tempo, chiusa come nella parola "ore", poi aperta come nella parola "oro", quando lo studente si sarà formata una voce eguale e ben unita nei così detti "registri". (...)
La celebre Stoltz che è contraria all'uso della vocale A nell'educazione vocale, dissemi che se le avessero impostata la voce colla vocale O, non sarebbe stata obbligata man mano a cantare di petto sino al LA secondo spazio. Questa è la ragione che privò il pubblico del piacere di ammirarla sulle scene ben più lungamente. (...)
Quando la voce sarà discretamente formata colla vocale O ed avrà acquistata la dovuta estensione, sarà utile far studiare i vocalizzi su tutte le vocali, insegnando coll'esempio a modificarle sulla base del suono che si ricava dalla vocale O, mantenendo perciò il più possibile la bocca in forma ovale. [N.B.]

N.B.] L'eminente artista e professore Leone Giraldoni (...) in una sua seconda lettera [successiva al 26 ottobre 1896] aggiungeva:
<<Anch'io procuro che l'allievo protragga sempre innanzi le labbra in modo da emettere il suono sull'O anzichè sull'A onde dare alla voce un timbro rotondo.>>

[da: Vittorio Carpi* (1847-1917) - "Ancora qualche apprezzamento SULL'ARTE DEL CANTO" - Premiato Stabilimento Musicale A.PIGNA, Milano 1898]

GRIFFITHS
In every rightly produced voice there are several recognised qualities of tone, light and dark, bright and sombre; each effect being arrived at by the process known as "Placing the voice."
Forward tone, carried near the lips as in "oo", is dark and hollow; back tone, as in the open "ah", is hard, brittle, metallic, and somewhat wiry and harsh in quality; while mid tone, sounded towards the centre of the palate, partakes of the best qualities of each, being bright without harshness, and of telling sonority without dismal hollowness. The advantage of practising with the forward production is that the natural tendency of all untrained voices to back into the throat is checked, and both the nasal and throaty defects moderated; hence, forward tone is a student's quality, and the more rigidly it is adhered to, the finer will the voice eventually become.
(from: W.H.Griffiths - "How to sing, a complete treatise on singing with practical illustrations and diagrams" - London, 1900)

MAGRINI
Il suono della vocale A non deve più essere aperto come nella favella, ma rotondo, avvicinantesi alquanto al suono della vocale O. (...)
L'apertura della bocca dovrà trovarsi costantemente in forma ovale, quasi come per la pronunzia della vocale O.

(da: "ARTE E TECNICA DEL CANTO" del Maestro Gustavo Magrini - Manuali Hoepli, Milano 1905)

CAPPIANI
Now, drop gently the jaw, and the tongue will rest where it belongs. With open mouth inhale and you will realize that your tongue becomes still more flat. Arriving at this point you may emit (with open mouth) a very soft tone on the vowel "a", and, when the tongue remains inactive, you may increase the tone (...) if your tongue remains independent and phlegmatic, not showing the slightest excitement in either "forte" or "piano" singing, you have overcome the unruly tongue.

(da: Luisa Cappiani - "Practical Hints and Helps for Perfection in Singing", 1908)

[N.B. - La Cappiani studiò canto a Vienna con Josephine Fröhlich ed il tenore Passadonna, in Italia con San Giovanni, Vanucini, Gamberini, l'anziano Romani e Francesco Lamperti.]

DUVAL
All the vowels should be easily and loosely pronounced...all the vowels in the same voice...all of equal size, not a big open "ah" and a little closed "ee"..."never have the pronunciation too broad for the voice".
By having the pronunciation too large for the voice I mean that, when pronouncing the vowels, the throat is pushed too violently open, or the mouth is opened too wide, so that the chin is stiff or the lips tightened.
Over-pronunciation is a fault that will do great harm. Through it the lyric quality of a voice can be ruined. (...)
As we go up the scales the vowels should modulate and become more and more alike.
When we sing in the higher register we must think of keeping all the vowels in the same place and not of having any of them too decided. For instance, an A must not be too decidedly an A, and E not too decidedly an E, etc.

(J.H. Duval - "The secrets of Svengali on Singing, Singers, Teachers and Critics" - Originally appeared in serial form in "THE MUSICAL COURIER" - New York, James T. White & Co., 1922)

VIGNAS
En las escuelas de todos los tiempos, la vocal predilecta para disciplinar la voz fué siempre la A; (...) en nuestros tiempos, abandonadas todas las normas, la vocal A es la causante de los mayores trastornos. No se sabe regular el mecanismo de conjunto, y en vez de agrandar el istmo, se restringe: resultando el paso más estrecho que en otra vocal cualquiera, y la voz se ahoga en el fondo de la garganta. Por esto, si el profesor no es verdaderamente conocedor de todo los secretos del arte de enseñar, en la duda, mejor es que en los primeros tiempos no utilice esta vocal A, pue se pueden obtener también grandes resultados, sin exponerse a fracasos, empleando la O clara y redonda; en los comienzos tirando a U, pero después de algún tiempo abandónese esta vocal, y en cambio acérquese a la A con la misma postura de la boca que en O, procurando tener el fondo de la garganta muy libre y la lengua un tanto acanalada, sin violentarla, a fin de facilitar el paso del sonido (...)

No olvide tampoco que la A está sujeta a mil peligros cuando no se emite según las normas indicada; pero en la duda, y para no sufrir equivocaciones, mejor será empezar por una vocal de color mixto entre A y O, cuya redondez sea capaz de recoger las vibraciones del sonido, y agrupadas ordenadamente, vayan dirigidas hacia el seno frontal. Una casi O, que al pronunciarla el discipulo piense en la A, será la mejor, sin perjucio de modificarla si tal es el criterio del maestro.

(...) Mas adoptando normas diferentes―las de antaño,―puede prepararse el famoso paso [de la voz] grado a grado desde las cuatro o cinco notas anteriores, sombreando el sonido, pero sin exagerar; auxiliándose con la vocal A, pero poniendo atención en dar a su timbre tanta redondez y color de O recogida (...)

(Francisco Viñas - EL ARTE DEL CANTO - Barcelona, 1932)

PERTILE
"Il Maestro Bavagnoli mi fece capire in brevissimo tempo la ragione della mia difficoltà alle note acute: tenevo i suoni bassi e centrali troppo abbandonati e aperti. Allora raccolsi la voce tenendola sempre leggera seguendo il sistema seguente. Iniziavo un esercizio a scala con una A rotondata quasi ad O e man mano che salivo, raccoglievo sempre di più il suono e colore arrivando al passaggio e alle note acute con un O scuro." (...)
Compreso bene il sistema continuai ad usarlo scrupolosamente ed acquistai, tenendo leggero il centro, la facilità di tenere raccolta e alla maschera la voce che sempre più facilmente saliva agli acuti. La mia voce allora arrivava con difficoltà nelle romanze al SI naturale: a poco a poco con lo sviluppo del torace e dopo parecchi anni di carriera, incominciai ad averlo con sicurezza. (...) io prendevo fiducia in me stesso e studiavo continuamente, senza mai forzare la voce, col metodo sopra citato." (...) La tecnica fa parte della vera Arte."

(da: Domenico Silvestrini - "Aureliano Pertile e il suo metodo di canto" - Bologna, Aldina Editrice, 1932)

COCCHI
La vocale, la cui emissione è più semplice — per il fatto che richiede minori contrazioni delle parti mobili della bocca — è la vocale "a"; ma (...) i bambini tendono spesso ad aprire troppo la bocca nell'emissione della vocale "a", di modo che essa risulta alquanto aperta e sguaiata: in tal caso conviene far arrotondire un poco le labbra, in modo che la vocale si avvicini 'lievemente' al suono dell' "o" chiaro. (...) questa considerazione non toglie che si possa, opportunamente e con profitto, alternare l'uso dell' "a" (rotonda, armoniosa) con quello dell' "o".
(...) Ma i bambini, cantando, manifestano spesso la tendenza ad aprire eccessivamente la bocca (...) Per questo, coi bambini, è consigliabile iniziare gli studi di emissione vocale piuttosto con la vocale "o" (alquanto chiara e tendente verso l' "a"), oppure con la vocale "a", pronunciata arrotondita, con un suono tendente verso l' "o".

[Luigi Cocchi - "L'insegnamento del canto ai bambini", 1936]

SILVESTRINI
(...) per legge fisica la voce tende a ricadere nella risonanza di retrobocca, sia perchè non è facile premere sempre con la potenza dei muscoli addominali sul diaframma, (e ci si stanca specialmente nei primi tempi a tale lavoro), sia perchè la pressione dei muscoli del collo e la rigidezza della mandibola impediscono alla voce di penetrare a vibrare lungo la linea descritta della maschera facciale.
Per raggiungere quella giusta misura di risonanza di maschera, che il raziocinio e l'esperienza insegnano a trovare, è bene esercitarsi continuamente nel seguente esercizio (...)
Tenendo la bocca ad ovo, e dopo un'ampia inspirazione, si dirige il suono vocale alla maschera cercando di evitare il suono nasale (...)
Detto esercizio (...) ha lo scopo di dare elasticità ai muscoli della faccia e ai movimenti della mandibola, e sopratutto di tenere il pensiero e la voce del cantante sempre al massimo punto di risonanza avanzata, ed evitare il solito inconveniente della disuguaglianza del colore delle note nella voce (...)

(da: Domenico Silvestrini - "L'insegnamento del canto fisiologico" - Zanichelli, 1940)

LAZARO
(...) emetti una nota a tuo piacimento, che può essere un "la" nel secondo spazio del pentagramma (...) Farai queste note molto lunghe, con una vocale intermedia tra la "O" e la "U", vale a dire una "O" scura.
Ti renderai conto che, la medesima "O", posta al "labbro superiore", acquista il colore da me indicato, se il fiato è ben diretto all' "arco armonico".
Non vocalizzare con altre vocali.
La "A" è aperta per sua natura e non consente di posizionare la voce al "ponte", ossia all' "arco armonico", ed è il motivo per cui la voce, dopo quattro o cinque anni di professione, comincia a ballare e si rovina ―— come comunemente si dice in gergo teatrale ―—. Allorchè capitasse un tal incidente, logicamente, la carriera può dirsi finita per colpa dello studio fatto su tale vocale.
(...) Racconterò ora quel che m'accadde a Milano, quando lì mi trovai per studiare, che è lo stesso che ti sto proponendo.
Ebbene: il mio agente rappresentante a quel tempo ―— uno dei migliori d'Italia ―— mi mandò a studiare l'opera "Bohème" di Puccini con un famoso maestro di canto, di cui preferisco non ricordare il nome. Costui mi faceva vocalizzare con consonanti e aprire molto i suoni, dicendomi che la voce doveva aprirsi man mano che le note salivano verso l'acuto, come un ombrello. Un giorno non riuscii a cantare il "do" del racconto della "Bohème". Io, che facevo il "fa sopracuto" prima di recarmi da quel...signore! Mi arrabbiai tanto che gli diedi uno spintone, presi il mio spartito e dissi:
―—"Ci rivedrem alla stagion dei fior!", e me ne uscìi di corsa scendendo giù dalle scale come una scheggia. Il maestro in questione uscì e mi rispose
"Sali su, folle!”. Ovviamente non risalìi; ho avuto sempre la fortuna d'intuire ciò che mi avrebbe potuto danneggiare.

(...) poni le labbra a forma di pesce, imitando la forma della bocca del merluzzo, siccome questo pesce è il più adatto a questo esempio.
Comincerai a posizionare la voce al "ponte" a partire dal "la" del secondo spazio del pentagramma, "si" e "do". Da quest'ultima nota, fino ad arrivare all'ottava del "la" naturale, dovrai posizionare il fiato al ponte, poco a poco, come ti ho detto, con l'idea di scurire il suono con le vocali "OU" legate, per ottenere lo stesso suono, come ti ho indicato nella seconda lezione. Ripeterai quest'esercizio finché non sarai convinto di aver ottenuto il risultato desiderato. Continuerai poi l'esercizio sulle note "re", "mi bemolle", "mi naturale", "fa", "fa diesis", "sol", e per fare "sol" diesis e "la" ti risulterà facile - se terrai il fiato ben controllato - fino ad arrivare alla nota più acuta che tu riesca ad emettere.

(Hipólito Lázaro - "Mi método de canto", 1947)

BARROSA
Ayuda, sin duda alguna, a redondear la vocal A para no "pasarse" gritando los sonidos, el emitir, sí, la vocal A, pero con el pensamiento puesto en la vocal O.

(Miguel Barrosa - EL BEL CANTO EN LA TEORIA Y LA PRACTICA - Madrid, 1951)

HERBERT-CAESARI
The Italians have always used, and still use, the phrases: "scurire la voce" (to darken the voice), or "colorire il suono" (to colour the tone). But by voice and tone they invariably mean vowel. You darken or colour the tone by rounding off (arrotondare) the vowel.
Now the mere 'thought' of modifying or rounding off the vowel reacts on the mouth-pharynx cavity that immediately and automatically assumes a rounder shape.»

(in: E. Herbert-Caesari [Diplomé, La Regia Accademia di Santa Cecilia, Rome] - THE VOICE OF THE MIND - Chapter V, 'That "covering" business' & Chapter XXI, 'Occasional jottings and addenda' - Robert Hale, London, 1951)

MARAGLIANO MORI
Il suono chiuso, o meglio coperto o 'rotondo', suol dire Garcia, o raccolto (...) prodotto da gola aperta senza tensione e vocale arrotondata, ha validi sostenitori fra foniatri e insegnanti, fra i quali mi annovero. Garcia e contemporanei l'hanno tenuto in gran pregio. (...) 'Poggiare la voce con la gola aperta' raccomandavano un tempo, intendendo per gola la cavità faringea, "le fauci" così spesso citate da Tosi e Mancini. G. De Luca, con l'assioma "gola aperta e vocale chiusa" cercava di chiarirne il concetto. (...)
La pratica della vocale coperta è stata certamente provocata da un lato dalla ricerca di sonorità più ricche, idonee al sorgente stile romantico e drammatico e per reazione a certi eccessi del vocalizzare sull' "A" troppo aperto, caro alla scuola lombarda. Invece la scuola napoletana già dava la preferenza al cantar misto o chiuso, che conferisce al suono colore più scuro e più caldo, facilitando il controllo, la modificazione e la modulazione del timbro. A questo proposito, un efficace quadro del suono coperto offre il Tarneaud:
"Se non si usa un meccanismo diverso per la produzione dei due diversi registri, cominciando dalle note di passaggio, il timbro è stridulo. Allora si dice che il cantante apre i suoni. Per rimediare a questo difetto ed equilibrare il passaggio dalla voce di petto a quella di testa, il cantante ricorre ad una modificazione della laringe e delle cavità di risonanza. (...) copertura del suono o produzione del suono coperto studiato da Pielke. Il quale afferma che la copertura dei suoni o oscuramento del timbro, governa la ripartizione graduale delle azioni muscolari. Per via di questo meccanismo di protezione, i passaggi possono compiersi correttamente" (p. 221).

[--> J. Tarneaud - "Traité pratique de phonologie et de phoniatrie", Maloine, Parigi, 1941]

(...) Da notare che il timbro della voce, mano a mano che va dal piano al forte e che si modifica l'intensità del fiato e quindi gli atteggiamenti della cavità di risonanza, diverrà più rotondo, più scuro: e viceversa più chiaro nel ritornare al piano. La messa di voce si ricollega dunque al suono aperto e coperto.

(da: Rachele Maragliano Mori - "Coscienza della voce nella scuola italiana di canto", Edizioni Curci, 1970)

GEDDA
Come tenore, per la posizione nella gola attorno a FA diesis e SOL, si deve pensare di sbadigliare ancor più. La AH dovrebbe essere coperta. Mi è stato insegnato di pensare più a una OH. Non può essere una AH aperta, come nel registro inferiore.

(Intervista a Nicolai Gedda, in: J.Hines - "Great Singers on Great Singing" - Doubleday 1982)

THILL
Come ripete continuamente Georges Thill (allievo di De Lucia) : « Non esistono vocali aperte; il suono aperto è la morte del canto e il suono più grave è già appoggiato in testa »

(in: "Portrait de l'artiste en 30 ans de chant", Roland Mancini - 1984)]

CAMPOGALLIANI
Campogalliani difficilmente faceva eseguire più di dieci minuti di vocalizzi. Si serviva generalmente dello stesso corpus di esercizi usato da Bertazzoni e Pola, a lui pervenuto da Rosina Storchio; ma li variava spesso, fedele alla sua filosofia di mantenere sempre ben desta l'attenzione dell'allievo, e facendoli eseguire su tutte le vocali meno che sulla U. Teorizzatore dell'avvicinamento delle vocali stesse, pretendeva che non fossero mai troppo chiare e schiacciate, particolarmente la I e la E, ma che avessero tutte un timbro omogeneo. (...)
Normalmente si usa dividere le vocali in chiare e scure. Sono considerate chiare la I e la E.
La A fa parte della zona di confine tra questi due gruppi; la O e la U vengono considerate scure.
I E (Vocali chiare) --------------> A <-------------- O U (Vocali scure)
Per ottenere uguaglianza di emissione, si dovranno avvicinare i due opposti gruppi di vocali, seguendo idealmente le frecce sopra riportate.
In altre parole si canteranno le vocali chiare più scure e le vocali scure più chiare. Questa è la regola data da molti autorevoli trattati di canto, che però non tentano neppure di spiegare quale dovrebbe essere la precisa gradazione, l'esatto colore del suono misto ideale consigliato. (...)
Ci si accorgerà che cantando le vocali molto chiare, particolarmente nella zona di passaggio, il suono perde la posizione, diventando ingolato e sguaiato (in gergo tecnico "schiacciato").
Con l'opportuno e discreto processo di oscuramento consigliato sopra, che può essere agevolato dal pensare, cantando la I, la E e la A, al suono della parola francese fleur oppure ad una u lombarda, la maschera dovrebbe essere prontamente riconquistata. C'è chi trae giovamento, anziché dal pensare alla eu francese, addirittura dal pensare a una o scura, se non a una u pronunciando una vocale chiara. Con questi accorgimenti si superano anche molti problemi di disuguaglianza della voce nei passaggi di registro.

(...) la quasi totalità delle voci che non usano la tecnica del suono raccolto nella zona di passaggio, finisce col rovinarsi dopo pochi anni di attività. (...)
L'abuso dei suoni aperti è stato presto fatale a Di Stefano: primo a risentirne è stato il registro acuto, raggiunto sempre più a fatica; poi tutta la voce ha accusato lo sforzo di questi suoni; belli, sì, ma prodotti cantando "sulle corde" e non sulla maschera. (...)
Pavarotti, che ha sempre molto ammirato e ascoltato la lezione interpretativa di Di Stefano, non ha però mai ceduto alla sirena incantatrice dei suoni di passaggio aperti: pur possedendoli anch'egli bellissimi e non disdegnando di usarli eccezionalmente, in particolari momenti interpretativi.
Al contrario, la sua tecnica del suono raccolto è veramente da manuale. Appresa da Arrigo Pola e non dimentichiamolo, derivante da Enrico Caruso attraverso Luigi Bertazzoni - con orecchio attento ai cantanti contemporanei Carlo Bergonzi e ancor più, Gianni Raimondi, un vero fanatico del suono chiuso - Pavarotti riesce a raccogliere mirabilmente tutta la zona di passaggio senza dar l'impressione di sacrificare troppo l'esatta pronuncia delle vocali chiare.

(L.Magiera - "Luciano Pavarotti, Metodo e Mito" - Ricordi, 1990)