mercoledì 29 agosto 2018

Intervista ad Ugo Benelli sull'amico e collega Sesto Bruscantini

Il tenore Ugo Benelli con il baritono Sesto Bruscantini durante la registrazione della Cenerentola di Rossini

Intervista ad Ugo Benelli sull'amico e collega Sesto Bruscantini - Belcanto Italiano 2018 (a cura di Mattia Peli)

- In che anno e in che occasione hai incontrato per la prima volta Sesto Bruscantini?

Ho assistito ad una rappresentazione del "Don Pasquale" al Massimo di Palermo con Sesto Bruscantini nel 1962 e pensavo che sarebbe stato lui a venire col teatro in tournée a Wiesbaden e a Parigi. Per quelle recite avevo già il contratto in tasca, quindi mi feci coraggio e bussai al suo camerino a fine rappresentazione per complimentarmi e presentarmi. Mi disse che per altri impegni presi in precedenza non avrebbe partecipato agli spettacoli. Avevo un certo timore reverenziale ma lui fu garbatamente gentile; avevo l'impressione di trovarmi davanti ad un "monumento" del teatro. Tutto finì lì perché dopo pochi giorni saremmo stati assieme per le prove del Campiello che segnò il mio debutto a Palermo. Stranamente fra noi non scoccò nulla né in quella occasione, né a Firenze per la registrazione della "Cenerentola" per la Decca e neppure per "Le nozze di Figaro" a Madrid. Ma a Milano quando incidemmo alla RAI il Barbiere del 1965, nel momento che iniziammo i recitativi...che evidentemente non gli garbavano come io li interpretavo...con una certa autorità mi disse: "Senti, caro, quando sei solo sulla scena fai pure quello che vuoi, ma se ci sono io i recitativi vanno fatti come Dio comanda". 


Premetto che non ho mai avuto paura di nessuno (sono esperto di boxe, e mi chiedo ancora perché non lo mandai al diavolo. In me alberga rispetto profondo, ma "...se mi toccano...dov'è il mio debole...") Sopportai quindi e mi presi quelle lezioni di interpretazione sui recitativi. Pensai che, in fondo in fondo...aveva ragione, ma quando, finita la prova, potei parlare con mia moglie per sfogarmi, e che aveva assistito a tutto, mi disse : "Sai quanto dovresti pagare per lezioni simili??? Vai a ringraziarlo e pregalo anzi di fermarti per ogni cosa che a lui non sembri fatta bene". Così feci...lui cominciò a sorridermi ed iniziò non un'amicizia, ma un 'amore'...nel senso giusto...intendiamoci!

 

Benelli e Bruscantini nel Barbiere rossiniano registrato nel 1965
- In quante e quali opere, hai cantato assieme a Bruscantini? Mi risulta che abbiate fatto assieme "Il barbiere di Siviglia" nel 1965, "Cenerentola" nel 1963 e 1975, "L'italiana in Algeri" nel 1978 di Rossini e successivamente "Il Giorno di regno" di Verdi, oppure avete fatto assieme anche altre opere?

Eh, molte di più, con Sesto abbiamo cantato assieme in modo abbastanza continuativo dal 1962 al 1981 nelle seguenti opere:
                                                                                                                                                                    - Teatro Massimo di Palermo - IL CAMPIELLO Marzo 1962 
- Incisione CENERENTOLA  DECCA1963
- Teatro de la Zarzuela - LE NOZZE DI FIGARO Giugno 1964
- RAI Milano Registrazione IL BARBIERE DI SIVIGLIA  Luglio 1965
- Teatro Regio, Torino - GIANNI SCHICCHI 1966
- Teatro San Carlos, Lisbona - IL BARBIERE DI SIVIGLIA Marzo 1966
- Teatro Verdi, Trieste - IL BARBIERE DI SIVIGLIA Marzo 1969
- Performing Arts Foundation Kanasas City - LA CAMBIALE DI MATRIMONIO Maggio 1969
- Dallas Civic Opera - DON GIOVANNI Novembre 1969
- Teatro Comunale Bologna COSI' FAN TUTTE Aprile 1970
- Wiesbaden Festival - IL BARBIERE DI SIVIGLIA Maggio 1971
- Mai de Versailles Opera Royal du Chateau - CENERENTOLA Giugno 1972
- Incisione CENERENTOLA ACANTA 1972
- Teatro Regio, Torino - CENERENTOLA Dicembre 1972
- Covent Garden - DON PASQUALE Gennaio 1974
- Teatro Regio, Torino - I TRE PINTO 1974
- Teatro Petruzzelli - LA CENERENTOLA 1974
- Incisione - ITALIANA IN ALGERI ACANTA 1976
- Sferisterio, Macerata FALSTAFF Luglio 1976
- Teatro Regio, Torino - L'ITALIANA IN ALGERI 1979
- Rossini Opera Festival - L'ITALIANA IN ALGERI 1981
- Wexford Opera Festival - UN GIORNO DI REGNO 1981


- C'era differenza, e che tipo di differenze c'erano, tra l'esecuzione discografica audio e/o audio video e la rappresentazione della medesima opera fatta assieme dal vivo in teatro?

Quando si registra si pensa soltanto a se stessi; si è come in un corridoio immaginario che ha davanti un microfono che si cerca di far fruttare al meglio. Importante è non voler a tutti i costi timbrare al massimo la voce, ma cantare morbido perché la rotondità del suono fa acquistare nella registrazione anche "corpo" e, così facendo, si ottiene qualità. Bruscantini era un mago in questa specialità...aveva fatto tante di quelle opere alla radio che, imitandolo, avevo spesso ottenuto il meglio dalla mia voce. L'incisione - ai miei tempi - era interessante, perché le case discografiche importanti tutte assieme potevano in un anno mettere sul mercato una diecina di opere e realizzare grandi guadagni...di modo che, dopo qualche prova al pianoforte col direttore, si aveva una quindicina di giorni per registrare l'opera e si poteva anche scegliere il giorno e l'ora per fissare su nastro le cose alle quali si teneva di più e le più importanti. Ricordo personalmente che, quando feci il duetto della Cenerentola con la Simionato, non ci fu poi, risentendomi, quella cosa che sa di 'amore a prima vista', perché il celebre mezzosoprano non l'avevo mai incontrato prima e non avevo la stessa confidenza che avevano con lei gli altri colleghi. Nessuno si è veramente accorto di questo, ma facendoci attenzione (adesso che l'ho svelato) è più facile avvertire quanto ho affermato. Insomma, le registrazioni discografiche non sono il "vero teatro". Tutt'altra cosa è quando facevamo i Rossini sul palcoscenico. Era puro divertimento e, conoscendoci bene, giocavamo improvvisando sul modo di recitare o di cambiare posizioni in scena. Praticamente, per le riprese filmate era tutta farina del nostro sacco. Ci dicevano solo le zone in cui agire. Nel duetto della Cenerentola ad esempio (filmato in una scalinata dei giardini della Reggia di Dresda) a un certo punto Sesto si accuccia improvvisamente e mi pulisce gli stivali sorprendendomi...era un modo per ristabilire il giusto rapporto tra Principe e Valletto, sebbene lui fosse vestito in modo regale. Bastava una sua occhiata e il suo "Falchetto" era pronto ad assecondarlo. Mi faceva sentire importante ad averlo vicino.


- Senti, parlavate mai di questioni inerenti a come usare la voce, vale a dire a questioni di tecnica vocale pura, come ad es. il fiato, la voce in maschera, le vocali, il passaggio di registro, o come salire agli acuti?

Per il fiato Bruscantini diveva che non ci si deve mai distrarre per quanto concerne l'appoggio della voce.  A tale scopo mi aveva consigliato (e per certe opere l'ho usato...vedi Sonnambula, Pescatori di Perle, Linda di Chamounix, Un giorno di regno) di mettere un cinturone  di cuoio sotto la pancia (a sostegno del diaframma) che si innalza però quando raggiunge la schiena; dove c'è una fibbia per chiuderlo e stringere nel modo giusto... io ho preferito una banda forte elestica atta allo stesso scopo. Questo strumento, respirando bene e -quando si può-... con calma, serve da richiamo costante alla giusta  respirazione e  posizione. 
Per impostare la voce diceva che era come scavare una galleria...allora non c'erano le "talpe".  Prima bisogna cominciare a incidere per  trovare un piccolo varco ...magari mettendo anche qualche suono nel naso...ma intendeva di più in "maschera"...poi bisognava lavorare per ampliare quel condotto e piano, piano avere la sensazione di qualcosa che si allarga ma non che si apre e così dopo aver cercato di rendere il suono teatrale e penetrante....per quanto si possa ricavare dalla propria voce...arrotondare quel suono per renderlo bello e avere come negli apparecchi radio di una volta timbro e tono che dia la sensazione che tutto è fuori, libero e il tutto  piacevole ad eseguirsi...insomma IL PIACERE DI CANTARE  !!!  


Di passaggio di registro non ho mai parlato con Sesto perchè, per fortuna, il mio maestro Piero Magenta (forse perchè sentiva che non avevo problemi) non me ne ha mai parlato..... e degli acuti  Sesto diceva che, se era possibile, di rispettare le vocali scritte. Ad esempio nella mia prima incisione della Cenerentola ricordo che per la frase "Dentro al mio co-re stanno a pugnar" io per avere un suono più rotondo feci "Dentro al mio cor -ah! stanno a pugnar. Nella seconda incisione, quando con Bruscantini il ghiaccio era completamente sciolto, mi disse "Fai la "e" non la "a" che ti verrà benissimo...anzi il suono su quella vocale sarà più  penetrante...e così feci... perchè se il Brusca diceva qualcosa,  purtroppo....aveva sempre ragione!    E' vero che lui usava molto la "maschera" ma bisogna considerare che aveva iniziato da "bassetto" cantabile a baritono dell'opera buffa....sino a poter cantare in modo più che professionale  possibile qualunque opera del repertorio più tradizionale. La cosa più curiosa è che un "cervello" come Bruscantini abbia voluto consigli anche da gente (a torto) poco considerata. Di qualcuno ascoltava le posizioni, da altri il fraseggio, da un baritono non famoso ma con grande voce...che ricordo bene chi  è...come aumentare il suono, insomma tanta umiltà per raggiungere grandissimi traguardi.


- Che idee musicali aveva Bruscantini? e quanto considerava importante l'interpretazione e la resa anche scenica di un personaggio? Quest'ultima poteva in taluni casi, se si riusciva ad inquadrare cioè teatralmente nel modo giusto il personaggio, migliorare per così dire anche la resa tecnico-canora?

Innanzitutto Bruscantini rispettava scrupolosamente quanto voluto dall’autore, non teneva conto di come veniva eseguita prima di lui da altri. Iniziava uno studio al “microscopio” con intelligenza e così approdava a certi risultati che non erano nella norma. Ricordo il suo "Don Giovanni" a Roma. La critica lo “punse” sul suo modo di vedere il personaggio. Ricordo che disse: “Fra qualche anno capiranno che Don Giovanni è un personaggio decadente come ha visto Casanova Fellini”. Il tempo ha dimostrato che aveva perfettamente ragione! Vidi ad Aix en Provence il famoso baritono francese Baquier riproporre il "Don Giovanni" proprio come concepito da Sesto! Lui pensava e si impersonificava in IAGO, FALSTAFF, DANDINI, FIGARO, GERMON ecc. Anche nel trucco ha inventato un modo nuovo di concepire i personaggi: via tanti parrucconi e orpelli inutili per concentrarsi sull’essenziale. Se lo studio sviscerando lo spartito, il personaggio, il trucco e l’epoca, concorrono ad una sola concezione, viene fuori la ricetta perfetta che era di Sesto Bruscantini. Logicamente, comprendendo appieno che sei in scena, anche la voce assume la caratteristica del personaggio…scanzonata, severa, cattiva, subdola ecc., la resa tecnica canora è perfetta!


- Qual era la sua concezione della vocalità e del teatro buffo rossiniani?

Con la pronuncia nettissima concepiva la vocalità rossiniana “Come un’ape nei giorni d’aprile, va volando leGGiera...”. Cantando Rossini penso che alleggerisse la voce per dare carattere basandosi più sullo squillo che sulla “cavità” e rotondità vocale. Per Sesto il Buffo si distingueva nettamente dal comico (il cui scopo è provocare la risata) nel senso che credendo lui a quello che avveniva sulla scena (ma in una situazione non normale per il pubblico) partecipava umanamente  ad una situazione comica diventando così (suo malgrado) ridicolo e facendo addirittura pena al pubblico. Vedi Mustafà nell’Italiana in Algeri e Don Pasquale ecc.


Infine, condivido qui uno dei tanti suoi insegnamenti, come riportato nel mio spartito canto e piano del "Barbiere" !
Una pagina dello spartito di Ugo Benelli del Barbiere rossiniano con indicazione scenica di Sesto Bruscantini
Sesto scrive SCANDALO addirittura con punti esclamativi.....la ragione? Ma come ti permetti Figaro a me, Conte d'Almaviva prospettare di travestirmi da "soldato".....Il Conte d'Almaviva si aspetta ....come minimo...di travestirsi da Generale di Corpo d'Armata...non da soldato semplice!
Altro SCANDALO per Sesto era terminare "Ecco ridente in cielo" col do naturale acuto. Perchè? Perchè Brusca diceva che "Rosina avrebbe dovuto addirittura BUTTARSI GIU' DALLA FINESTRA E RAGGIUNGERE ALMAVIVA....LASCIAMO FARE QUESTO AGLI AMERICANI CHE IN QUANTO A GUSTO, FATTE DEBITE ECCEZIONI, LASCIANO MOLTO A DESIDERARE".....Non credo che Kraus abbia mai messo il "do" a fine aria. Chi ce l'ha.... il cosiddetto DO non ha bisogno di "dimostrarlo" e andare contro i dettami del compositore.





- Nel 1981, vale a dire ben 30 anni dopo aver inciso quest'opera giovanile verdiana come cantante, Sesto Bruscantini la ricantava affiancandovi l'impegno di fare la regia a Wexford. Tu che hai cantato in questa produzione come Edoardo di Sanval, ci vuoi raccontare come è stato avere come regista un collega-cantante? Come era Bruscantini come regista e come fu quella regia? Quali idee sceniche aveva avuto? e queste rispettavano la musica scritta da Verdi e in che modo?

Penso che Bruscantini cantò….se così si può dire…..meglio a Wexford che nella registrazione precedente. Aveva acquistato più “corpo” e rotondità la sua voce tornando ad un suo diciamo “vecchio” repertorio. Con Sesto se partivi dal punto di vista che….   SE TI DICEVA QUALCOSA….voleva dire che ci aveva molto riflettuto c’era poco da discutere. La sua Regia fu tradizionale nel senso di assoluto rispetto alle intenzioni del librettista e del compositore, ma volle mettere in risalto e sottolineare  i vari personaggi e fare interverire il Coro come degli artisti interessati e non come un branco di pecore. Sono soddisfatto del mio lavoro in questa registrazione avendo trovato il 33 giri vecchio della RAI e avendolo studiato bene dal mio predecessore illustre:  Juan Oncina….che non sono riuscito ad eguagliare, perché per me è una delle arie meglio eseguite da un tenore del mio genere e molte volte, anche in trasmissioni radiofoniche, ho proposto Oncina con quest’aria  come splendido esempio di Belcanto.


Sesto Bruscantini con Ugo Benelli durante la rappresentazione dell'opera verdiana "Un giorno di regno" al Festival di Wexford nel 1981
- Spesso è capitato nel corso della storia, già nell'Ottocento per esempio con il baritono Enrico Delle Sedie, amico di Verdi, o anche poi dopo nel Novecento con Italo Tajo e Bruscantini ed altri, che cantanti appartenenti al registro medio o medio basso si siano dedicati all'arte scenica e alle regie d'opera. Secondo te, c'è un motivo particolare? Forse i tenori sono più agitati e pensano meno e quindi cantanti dalla corda meno acuta sono più portati ad interessarsi all'arte scenica e ad una "mise-en-scène" di un'opera lirica?

Premetto che Bruscantini ha fatto il Regista al Festival di Wexford perché si trovava perfettamente a suo agio. Se si include LA SERVA PADRONA e IL MAESTRO DI CAPPELLA credo che le sue regie siano terminate il perchè (come dice Mimì) "Non sò". Adesso c'è Antoniozzi (baritono allievo di Sesto) che si dà da fare e mi pare con successo....o con successi alterni, ma in lui essendo, una persona molto intelligente, io credo! Dara si era piazzato piuttosto bene in diversi Enti come il Regio di Torino (grande amico di Bruno Campanella), Opera Nazionale Greca e altri Enti importanti. Ma bisogna darsi da fare per ottenere tutto questo e avere le conoscenze giuste e al momento giusto. Da parte mia....non essendo richiesto mi sono accontentato di cantare e ho cercato di farlo al meglio ma.... diciamo....sapendoci fare in scena....mi sarei aspettato qualcosa registicamente parlando...purtroppo....si sa bene cosa domina il teatro!  Mi sono divertito con ottime compagnie di giovani che venivano a fare le masterclass con me e il M° Guaragna a metter su a Luirisia Terme un bellissimo GIANNI SCHICCHI con quartetto d'archi, e Scene e Costumi e tutto l'occorrente. Decisamente la  mia cosa migliore. Ma anche a Montalto Ligure quando ancora viveva il grande violoncellista Caramia (che aveva sposato una di Montalto) si facevano cose, con pochi mezzi, ma di un certo livello nella bella piazzetta del paese e si portavano gli spettacoli a Imperia Ospedaletti, San remo ecc. Produssi BARBIERE (con pianoforte e due chitarre per accompagnare le due arie "Ecco ridente in cielo" e "Se il mio nome". E c'era  con noi una esordiente che oggi è famosa....anzi famosissima: Tara Erraught, mezzo soprano per la quale è stato messo su un  nuovo alllestimento della CENERENTOLA all'Opera di Vienna !!! Tara ha fatto con noi NOZZE DI FIGARO, CENERENTOLA, oltre il già citato BARBIERE. Un'altra mezzo è diventata una super star a New York nei Musicals: il nostro lavoro non è andato perduto ed ha fruttificato. Tutto il mio impegno come Regista termina qui ma .......ricordo che nelle NOZZE i nobili vestivano tutti di bianco i servi in nero (ma Figaro aveva un grembiule bianco simbolo di servitù....così pure Marcellina in nero ma con grembiulino ricamato bianco, insomma alla fine con torce accese un gran finale e un grande successo !!!! Poi, morto il M° Caramia,  volevano fare "le nozze con fichi secchi" e....questo non è possibile. Ci vuole sempre un minimo di "dignità professionale"!

- Quanto conta ed aiuta avere come regista un cantante, piuttosto che una persona che magari non ha mai né cantato né studiato musica?

E' determinante perchè non ti chiederà mai cose che vadano contro l'emissione vocale. Salvaguarderà sempre il tuo canto. Ricordo, al contrario, che certi registi di prosa che vengono imposti al teatro lirico per modernizzarlo....dicono loro ???!!! chiedono l'impossibile. Un esempio lampante fu quando durante le prove di "Lulu" LUIGI SQUARZINA, proprio nel momento che la musica scendeva a livelli di note basse.....mi impose di andare a piccoli passi sempre più indietro sul fondo del palcoscenico....Alla prima prova d'orchestra Bartoletti mi disse in quel punto: "Ma dove va Benelli ??? Non si sente niente, canta su note basse e lei va sul fondo del palcoscenico???"  Gli risposi: "Lo chieda a quella testa del regista al quale avevo anch'io fatto presente il problema". In fondo sugli spartiti delle varie opere ci sono tutti i "desiderata" dell'autore.  Basta leggere e sapere un po' di musica....non occorre altro.  Ricordo che nel DIAVOLO IN GIARDINO scritto e diretto da Luchino Visconti per ben figurare vocalmente mi fece cantare un'aria in piedi sopra alla buca del suggeritore...Ci sono registi.....e registi.....

Da sinistra, Alvaro Malta (Bartolo), Ugo Benelli, il M° Franco Patané, Gianna D'Angelo, Sesto Bruscantini, Agostino Ferrin, Maria Josè Braga Santos (Berta)
Ugo Benelli e Sesto Bruscantini - Il barbiere di Siviglia - aprile 1966 - Teatro S.Carlos di Lisbona
Il Barbiere di Siviglia, Lisbona 1966, con Gianna D'Angelo, A. Ferrin, Ugo Benelli, Alvaro Malta e Sesto Bruscantini

- Hai sempre solo cantato con Sesto? O l'hai anche visto interpretare un ruolo di un'opera nella quale non cantavi anche tu, oppure lui è mai venuto a vederti cantare un ruolo di un'opera nella quale non cantava anche lui nel cast?

Sesto era qualcosa di diverso da molti altri cantanti. Aveva l'abilità di stupirti. Mai ti saresti immaginato la sua interpretazione di un certo ruolo. L'ho ammirato nella FAVORITA a Trieste con la Cossotto e Gianni Raimondi, nei RACCONTI DI HOFFMANN al Teatro Margherita (Sede temporanea del Carlo Felice) e veramente impressionante e umano il suo Michonnet nell' ADRIANA LECOUVREUR. Ricordo solo che lui venne a sentirmi - e gli piacqui molto -  in un Recital che tenni al Festival di Wexford nel Royal Theatre.


- Secondo te, in generale, tenendo presente sia le opere nelle quali avete cantato assieme che tutte le altre che ha portato in scena Sesto, quali pensi che restino le cose più belle che ha fatto come baritono?

Essendo un Rossiniano sono influenzabile...... ma le cose più belle di Bruscantini sono IL BARBIERE DI SIVIGLIA, LA CENERENTOLA e il Figaro delle NOZZE DI FIGARO di Mozart. Anche il suo Germon in TRAVIATA è stata una ventata di aria fresca ed ha rigenerato un ruolo stereotipato facendone un autentico e credibile personaggio: una interpretazione ECCEZIONALE ! Di Sesto resta tutto: è sempre una scuola per tutti......specie per i baritoni ed in particolare per quelli che "urlano" sempre senza rispettare i piani e i forti del compositore.


- Prima di fare con lui "Giorno di regno", avevi per caso ascoltato la sua incisione ufficiale di quest'opera verdiana, che guarda un po' ancora a certo Rossini e Donizetti, che fece nel 1951? O magari no, non l'hai ascoltata perché non ne hai avuto occasione o perché non hai proprio voluto così da non avere influenze interpretative nel portare in scena il personaggio di Edoardo di Sanval?

Prima di fare con lui "Un giorno di regno" avevo ascoltato la sua incisione ma "en passant" perchè dovendola cantare al Festival di Wexford mi interessava solo il tenore Juan Oncina che ammiravo molto specie nella parte di Edoardo. Ricordo che, ascoltando il duetto che dovevo studiare,  mi impressionò la voce di Capecchi.  Parlandone con Sesto qualche anno dopo mi disse che a quell'epoca Capecchi era veramente in forma.....ma che poi.....Trascurai tutti: anche la Pagliughi. Il ruolo del tenore era così difficile che dovevo concentrarmi solo lì !

 


- Al di fuori dell'ambiente teatrale, qual era il tuo rapporto amicale con Sesto? Vi siete mai frequentati al di fuori dell'ambiente musicale?

Sono stato a trovarlo due volte nella sua bella villa. La prima volta con mia moglie Angela e con mia figlia Nicoletta. E Nina, la sua adorata moglie, ci preparò la più fantastica PAELLA..... c'era ogni ben di Dio in quella enorme terrinna !! Ricordo che dopo pranzo lui aveva l'abitudine  di sedersi su una bella e comoda poltrona e di coprirsi con un plaid....molto all'inglese ! E voleva lo facessi anch'io.....Controvoglia gli ubbidii per fargli piacere...
La seconda volta invece lo andai a trovare perchè avevo saputo che non stava più bene e ci andai espressamente  per fissarmi bene il suo viso nella mia mente. Sua moglie mi permise persino di filmarlo e di intervistarlo....lo fece per me....non lo avrebbe concesso - credo - a nessun altro, ed io non ho mai mostrato quel nostro incontro a nessuno. Glielo promisi ! Con mia moglie Sesto aveva una intesa particolare e a lei confidava il suo amore per Nina che data la differenza d'età....giustamente....voleva riflettere bene. Un matrimonio sereno! E' stata la MIGLIORE delle mogli ! Lo ha tenuto in vita a lungo con cure attente e meticolose.
Una cosa importante che voglio dire è che Sesto mi aveva introdotto con tutte le sue amicizie come non usa fra colleghi. Era una cosa che mi rendeva molto orgoglioso perchè Sesto era molto riservato e non era tipo da condividere le sue conoscenze. Specie a Torino eravamo spesso ospiti di famiglie importanti e anti "snob"....come lo era lui. Ricordo a Lisbona i suoi amici o appassionati di FADO che ci portavano nelle serate libere ad ascoltare i nuovi talenti promettenti e futuri divi di questa arte tipica portoghese. Di Bruscantini non si diceva né che era generoso né che era avaro. Lui mi spiegava che non gli piaceva fare il Divo e elargire pranzi a destra e a manca a scrocconi che spesso vengono a lodarti solo per  un "pasto caldo". Con lui ero perfettamente a mio agio. Cos'era per me ???  Certamente un Maestro al quale devo moltissimo....a volte ho detto un padre, uno zio, un fratello....No! Era un AMICO SAGGIO.


- Nelle vedute sulla musica o anche sulla vita più in generale, c'è mai stato qualcosa su cui avevate divergenze d'opinione oppure no?

Era difficile....quasi impossibile avere divergenze nelle vedute sulla musica. Io ne riconoscevo la superiorità ed obbidivo ciecamente ....vedendone i risultati. Nella vita avevo una tale ammirazione per l'uomo (figlio della maestrina dalla penna rossa di De Amicis) e una ammirazione che pendevo sempre dalle sue labbra. Da buon tosco-ligure mi piaceva ogno tanto fargli qualche battutina pungente e lui sorridendomi e impostando un po' la voce mi diceva: "Attento aquilotto!" Mi aveva messo questo nome perchè ero uno che reagiva in ritardo alle provocazioni. Mi disse "Quando hai perfettamente ragione puoi reagire anche in maniera forte alla provocazione o all'offesa....ma non accumulare cose che ti disturbano perchè può capitare che tu possa avere una reazione FORTE....all'ultima provocazione PICCOLA ed allora, per chi ti sente e giudica,  passi dalla parte del torto per la tua reazione ESAGERATA!"


- Che carattere aveva Bruscantini e com'era a livello umano come persona, ancor prima che come artista? Quali erano i suoi difetti e quali i suoi pregi o il suo maggior pregio?

Sesto era una persona buona e dolce....questo non vuol dire che all'occasione non si facesse rispettare....Era figlio di una maestra elementare amata dai suoi allievi che dopo tanti anni sempre si recavano da lei per salutarla...quindi ho detto tutto. In quanto alla sua generosità ricordo che durante  il film della Cenerentola nella DDR le comparse e il personale tutto era piuttosto malconcio riguardo gli indumenti. Ebbene Brusca... che per un impegno si recò a Roma tornò indietro con un valigione pieno di vestiti bellissimi che erano appartenuti alla sua compagna di allora....ti puoi immaginare il viso delle donne quando videro tirar fuori abiti di alta sartoria, prontamente distribuiti sotto il loro sguardo stupefatto!

- Come ti piace oggi ricordarlo? C'è qualcosa in particolare che porti sempre con te di Bruscantini o per il quale lo ringrazieresti ancora se fosse vivo qui oggi con noi?

Mi piace ricodarlo come appare nella foto che mi mandò allorquando aveva deciso il ritiro dalle scene:  nel suo giardino, sorridente e abbronzato con il suo gatto fra le braccia. Lo ringrazierei sempre per avermi accordato - come a pochi - il privilegio della sua amicizia.

UGO BENELLI



Verdi - "Tutto nel mondo è burla" (Falstaff) - Sesto Bruscantini, Ugo Benelli, et al. - Macerata, live, 1976

Dedica di Sesto Bruscantini ad Ugo Benelli chiamato simpaticamente "Ughetto"


www.accademiabelcanto.com

l’Accademia Nazionale di Belcanto Italiano ® apre le porte della sua prima sede ad Alessandria; è una scuola di alta formazione intensiva per cantanti lirici, cui si affianca il Corso in Alto Magistero per Docenti di Canto lirico.
 
Il corso per docenti di canto prevede una retribuzione in base all’attività di tirocinio effettuata.

I Docenti, di altissimo livello, sono il M° Astrea Amaduzzi, Soprano ed esperta di tecnica vocale, il M° Ugo Benelli, Tenore di fama internazionale, il M° Mattia Peli, Pianista, Direttore d’orchestra ed esperto di prassi esecutiva e storia dell’opera.

I diplomi rilasciati a fine anno dall’Accademia Nazionale di Belcanto Italiano ® con il patrocinio del Mozarteum di Salisburgo,  Accademia Operamelodica e Associazione Mozart Italia,  saranno validi come punteggio artistico, presso Conservatori, Istituti musicali pareggiati e/o scuole di musica.

Le votazioni all’esame finale di ciascun anno accademico saranno espresse in decimi.
I corsi sono triennali, sebbene a insindacabile giudizio dei docenti, allievi particolarmente dotati e maturi potranno direttamente essere inseriti al secondo anno accademico di alta formazione.

All’Accademia si accede esclusivamente mediante audizione che per l’Anno Accademico 2018/2019 si svolgerà il giorno 21 novembre 2018 a partire dalle ore 10,00 presso il Teatro Parvum di Alessandria.
Il corso si svolge in 8 seminari intensivi di 4/5 giorni ciascuno, distribuiti in 8 mesi.
Il programma di studio prevede materie specifiche per una eccellente preparazione tecnico-vocale, interpretativa e scenica di ciascun Allievo.

Per l’Anno Accademico 2018 / 2019 sono ammessi 8 corsisti per la disciplina del canto lirico e 2 corsisti per la disciplina dell’Alto Magistero per Docenti di Canto lirico.
Per ciascun anno di frequenza sono previsti frequenti saggi/concerto e opera studio alla fine dell’anno accademico.

Termine ultimo per la presentazione delle domande: 10 novembre 2018.
A breve saranno pubblicati il bando e la scheda di iscrizione dell’Accademia su sito ufficiale www.accademiabecanto.com .

Per informazioni/For information: segreteria.belcantoitaliano@gmail.com
Segreteria artistica di Belcanto Italiano ®: Tel./Ph. +39 347 5853253

giovedì 16 agosto 2018

IMPOSTO VOCALE: CANTARE BENE NON É UNA QUESTIONE DI NATURA


Cordite vasomotoria emorragica - per gentile concessione del blog  "Foniatria Artistica" di Massimo Borghese

Cantare non é come parlare.
Si parla su pochi suoni, si canta su due ottave e mezza.

Si parla respirando poco, si canta prediligendo una grande capacitá respiratoria e un controllo eccezionale del fiato.

L'autentico "abbaglio" sta nel pensare che il canto sia un fatto di "natura".

Cantare é molto semplice se si è appresa la tecnica giusta fatta di pochi essenziali punti. Chiedetevi perché il corso di Canto nei conservatori (nell'epoca d'oro del Canto) durasse solo cinque anni e perché oggi ci siano studenti che dicono "Studio da otto anni ma ho gravi problemi e canto con tanta fatica"

Si moltiplicano schiere di studenti giovani e meno giovani che dopo percorsi accademici o privati e qualche anno di studio arrivati al fatto pratico di dover studiare un repertorio operistico, lamentano problemi vocali molto seri che, se protratti nel tempo possono provocare danni irreversibili.

I sintomi di queste difficoltà sono presto detti: incapacità di terminare le frasi con affaticamento per respirazione sommaria, sensazione di estrema fatica salendo nelle note più acute, suono ingolato e rottura del suono all'altezza del passaggio di registro, voce opaca e spinta nei centri, impossibilità di cantare a regola d'arte passaggi veloci, voce traballante e con effetto di vibrato largo ed eccessivo.

Cantare "di natura" non va bene, è la prima cosa che mi ha insegnato il mio primo Maestro di Canto, Ennio Vetuschi, che era sí dotato di una bella voce tenorile, ma era anche capace di dare agli studenti il cosiddetto "imposto vocale" perché aveva studiato a fondo la questione della tecnica vocale.

Io sono nata con una bella voce, ma quando ho iniziato a studiare avevo un'estensione molto limitata, un volume flebile e il mio fiato era  veramente corto. Il mio Maestro mi ha insegnato con l'esempio diretto la respirazione profonda e la migliore posizione vocale per rendere il suono squillante e forte senza spinta, a partire dalla zona centrale della voce, cominciando dalla vocale U e il seguente adattamento vocalico nella pronuncia dei testi cantati; tutti principi che ho ritrovato nelle testimonianze di alcuni dei piú grandi cantanti: Gigli, Pertile, Freni, Valdengo, Caruso, Lauri - Volpi, Tetrazzini, Callas, Galli Curci, Schipa, solo per citarne alcuni.

Dopo anni di studio e di insegnamento in cui ho aiutato decine di studenti maltrattati a risolvere i problemi fondamentali di un imposto vocale che non avevano mai ricevuto, sono arrivata alla conclusione che un ottimo cantante può essere un bravo insegnante di canto oppure no, ma un cantante mediocre che non abbia mai risolto la questione della tecnica vocale non sarà mai un bravo insegnante.

La bravura nel canto si dimostra con il saper cantare, non con la mediocrità, e il canto si insegna  attraverso l'esempio diretto.

L'errore degli Insegnanti sta nel fatto che essi descrivono le sensazioni finali di un loro corretto imposto vocale, e invitano gli allievi a portare la voce su quel piano sensoriale, ma pochi dicono COME arrivare a quel risultato. Per cui un bravo i segnante deve essere in grado di dire ai propri Allievi COME produrre esattamente un suono in maschera, COME respirare profondamente e sostenere il suono, COME effettuare il passaggio di registro, tenendo presente che questi sono fattori puramente fisici di causa - effetto, non fatti aleatori ne' tantomeno frutto di natura, perché il talento in qualsiasi Arte, deve essere accompagnato da uno studio serio e approfondito.

Diffidate dunque da fiumi di parole di chi ignorando cosa sia cantare veramente bene, sia un cantante meno che mediocre il cui solo talento, tripartito, sarà solo una grande insipienza, supponenza e ignoranza. In poche parole, la "luciferazione" di un autentico abbaglio.


Confronta:  (D)istruzione di una voce lirica per mancanza di studio tecnico-vocale:

"Era tutto strillato e soprattutto il REPERTORIO era SBAGLIATO e PREMATURO; ma visto che avevo la voce NATURALE potevo fare tutto, eh sì cari lettori, dalla fine del primo anno fino al terzo, il mio repertorio (Con concerti vari anche importanti e finali di concorso) si è diviso tra:
WAGNER, PUCCINI, VERDI ed un certo MOZART piuttosto spinto……E BASTA.
Ah dimenticavo! Se con la prima avevo ottenuto un bel precontatto nodulare, con la seconda, ho avuto la grande gioia di ritrovarmi con una aritenoide collassata che mi ha messo la laringe KO  (con tanto di visite da foniatri molto costosi e poco attendibili visto che per loro potevo passare da Carmen ad Anna Bolena)"...



Buono studio a tutti! M° Astrea Amaduzzi

APPENDICE: LA TECNICA VOCALE SECONDO ALCUNI GRANDI CANTANTI


Aureliano Pertile:
« Non credo vi sia una impostazione diversa per ogni singola gola. Vi sarà per ogni individuo qualche lievissima differenza, che costituisce la particolarità, l'individualità; come ognuno ha il proprio timbro, la propria voce, la propria estensione. Ma come l'emissione della voce parlata è un fatto fisiologico comune a tutti, ed è data dalle corde vocali che vibrano sotto l'azione dell'aria emessa dai polmoni, nel movimento così detto di espirazione, così la voce cantata ha delle regole fisiologiche tanto precise e naturali, che devono essere uguali a tutti. E siccome tutti adoperano la voce parlata (che pure negli oratori è fonte di studio e di regola per la durata e l'effetto), pochi hanno le qualità e la voce per riuscire buoni cantanti.
Ad ogni modo è mia ferma convinzione che tutti (purché forniti di doti musicali) in proporzione dei loro mezzi potrebbero cantare, e che il miglior cantante è quello che di più si avvicina a mettere concordemente in moto, il più naturalmente possibile, i vari organi che per la voce cantata la natura ci offre. (...)

Dico impostazione, perché ritengo che la voce, di qualunque genere sia, debba essere emessa in quella data maniera che madre natura esige; e per esprimere "che il cantare naturale è proprio la cosa più difficile, essendo il linguaggio comune il parlare, mentre il canto è un linguaggio speciale riservato a certi privilegiati, ai quali occorre uno studio ed una esperienza fuori del normale".

A prova di ciò voi troverete che nessuna voce è impostata naturalmente, e che tutti coloro che sono riusciti veramente squisiti cantanti hanno studiato anni e anni. Vorrei aggiungere che non si è mai studiato abbastanza, e che sempre vi è qualcosa da imparare. Di coloro, che prima di studiare avevano voce, e cantavano romanze su romanze, e poi dopo due o tre anni di studio sono rimasti senza voce, molti dicono: «quando cantavano naturalmente, cantavano bene; poi i maestri e lo studio li hanno rovinati». Ciò, a mio avviso, non è esatto. Essi cantavano con la gioventù e con la forza (...) »

Intervistato da Arnaldo Fraccaroli (giornalista del "Corriere della Sera", amico di Giacomo Puccini e autore di quattro volumi dedicati al compositore lucchese), il celebre tenore Aureliano Pertile, a quell'epoca ormai passato all'insegnamento, ammoniva i giovani studenti di canto così:

«Si dice che il canto è natura. Non basta. Adesso i giovani sono impazienti: si studia poco, e non sempre bene. Si vuol arrivare troppo presto, e così non si arriva affatto. A molti manca l'arte di accentuare la parola, la frase: manca cioè il colore. Molti gridano credendo di cantare forte. Bisogna convincere i giovani che occorre studiare con pazienza, con costanza.»

(da: Domenico Silvestrini - "Aureliano Pertile e il suo metodo di canto" - Bologna, Aldina Editrice, 1932)



Giacomo Lauri - Volpi:
"Maria mi fece comprendere amabilmente ch'io abusavo del dono naturale. "La tua stanchezza - mi diceva - non deriva dalla fatica del cantare, ma dall'errata emissione dei suoni. L'esercizio metodico, sostenuto dalla disciplina di una tecnica esatta, non potrebbe provocare l'afonia che ti affligge. La voce naturale anche la più dotata, non sarebbe sufficiente a superare neanche le difficoltà dell'atto del Nilo"
(da: G. Lauri Volpi - "L'equivoco", 1938)


http://mottitecnicavocale.blogspot.com/2015/08/franco-corelli-insegna-la-tecnica-delle.html

Franco Corelli:
<<Quando cantavo agli inizi, non pensavo a dove collocare una nota; aprivo la bocca e cantavo. Quello non è cantare con la tecnica, è un canto naturale. Cantare con la tecnica è quando si pensa a dove mettere la voce. Tutte le note devono andare verso lo stesso punto...
[Cantò "I, E, A, O, U", poi ripeté questa sequenza in modo errato con ciascuna delle cinque vocali eseguita con differenti aperture e chiusure, e con diversi tipi di posizionamento, alcuni chiari ed altri scuri.] Tutte le vocali devono essere dirette verso lo stesso punto.>>
<<When I sang in the beginning, I never thought where to place a note; I opened my mouth and I sang. That is not singing with technique, that is natural singing.
Singing with technique is when you think where to place the voice. All the notes must go toward the same point...
[He sang "ee, eh, awe, oh, oo", then he repeated this incorrectly with each vowel done with different openings and closings, different types of placement, some bright and some dark.] All vowels must be directed to the same point.>>



Beniamino Gigli:
"...Bisogna saper usare bene la giusta tecnica di emissione assieme alla respirazione diaframmatica... ...cantando sul fiato e sulla parola, appoggiando in maschera senza usare suoni gutturali o nasali..."
Ringraziamo il sito http://www.michelangeloverso.com/Gigli_IT.htm per l'importante contributo



Ugo Benelli racconta le lezioni che gli impartiva il suo Maestro:
- Senti, in realtà che cosa facevate durante le lezioni?
Dei grandi vocalizzi, lui non voleva assolutamente che cantassimo pezzi d'opera. Tutt'al più aveva delle frasi che lui aveva composto e alla fine dei vocalizzi ci faceva fare queste frasi che ricordo ancora, erano molto poetiche, perché era un uomo di grande cultura: "O fior, o fior di gioventù io t'ho goduto, io t'ho goduto un dì". E su queste frasi praticamente si spaziava in tutte le note, si saliva alle note acute per poi scendere alle note gravi, oppure l'altra era: "Ella la testa sovra me chinava e il vento ai sogni un fremito donava." Erano le frasi musicate da lui che ci faceva fare, era il massimo di canto che lui ci concedeva.

Enzo Dara:
Perché il TEATRO DELL'OPERA prima di tutto è arte, cesello, morbidezza, tecnica vocale perfetta, anima e cuore, parola e scena teatrale, e non è cinema. Tratto da: La preziosa scuola di canto italiana: Enzo Dara racconta la sua esperienza

Confronta anche:
GALLIANO MASINI SULLA TECNICA VOCALE (da un'intervista effettuata a Livorno al celebre tenore Galliano Masini ottantenne il 6 dicembre 1976 nel circolo lirico a lui dedicato)

Maria Callas sul sistema tecnico vocale impartito dalla sua Maestra Elvira De Hidalgo:
"Bisogna mantenere la voce leggera, mai forzata, agile come il corpo di un atleta...Questa leggerezza che cercavo non era solo una parte della scuola di bel canto che la Hidalgo mi insegnava: era una parte della sua filosofia, secondo la quale la voce deve essere messa in una zona dove non è troppo grande nel volume, ma tuttavia penetrante."

e ancora, SCUOLA DI CANTO E TECNICA VOCALE (audio-video, in particolare al minuto 31.31) :

 Pavarotti: "Mi diceva la figlia di Pinza che suo padre quando ha cominciato a cantare aveva pochissime note, ne aveva tre o quattro belle nel centro e su queste tre o quattro note il suo maestro per degli anni, per due o tre anni, ha costruito quella che è una delle più belle voci da basso di tutti i tempi"

- da tutte le cose che abbiamo detto viene fuori, credo, una conclusione: che praticamente c'è veramente molto poco da parte della natura e molto di più da parte dello studio!

Pavarotti: "Se fosse vero il contrario ci sarebbero centomila cantanti, perché almeno sono centomila le voci bellissime esistenti nel mondo..."






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mercoledì 15 agosto 2018

Breve analisi della Lezione di canto di Giuseppe Danise a Giuseppe Valdengo. New York, 1949-1950


Il baritono Giuseppe Danise al pianoforte


Elenco dei brani musicali studiati da Valdengo con Danise, che si possono ascoltare nella registrazione audio :
00:00 - Rigoletto: "Deh! non parlare misero"
06:06 - Rigoletto: "Veglia, o donna"
11:54 - La favorita: "Giardini dell'Alcazar", recitativo
14:36 - Falstaff: ultime note di "L'onore! Ladri!"
15:50 - Il trovatore: Atto I trio, recitativo d'apertura
22:00 - Il trovatore: "Tutto è deserto... Il balen del suo sorriso"

Al minuto 7.28 Danise suggerisce tecnicamente di pensare a questo: 
"La voce chiara nella strozza [gola] e l'appoggio scuro nella bocca, cioè nessun attacco di gola".
(Che concretamente parlando, in altre parole, è esattamente quello che intendeva il collega Giuseppe De Luca, quando prescriveva "gola aperta e vocale chiusa", come riportato da Celletti, nel suo libro "La grana della voce")

"Raccolto, eh?" (a 8.16)

a 9.11 "Appoggiato scuro"

a 9.50 "Apra la gola"

a 10.13 dice : "Il segreto del riposo sta nel sillabare bene, invece Lei sfugge alla pronuncia e questo Le va a detrimento del fiato, Le scappa il fiato da tutte le parti. Pronunziando forte Lei non può emettere fiato."

a 11.10 "va bene, ma è di gola" - poi, dopo che Valdengo ripete nel modo giusto la frase, dice "Ecco, vede che va bene!"

a 11.37 "Lei deve guidare la voce col suo orecchio, Lei non deve guidare la voce con la sua gola, col suo orecchio, e deve capire quando un suono deve venir chiuso e quando deve venir aperto, questo lo deve guidare col suo orecchio."

a 12.08 "Più libero!"

a 14.36 "Lei deve dominare il suono in questo senso, non attaccar mai di gola, perché chi canta di gola non domina la voce."

a 14.50 "Questo è dietro!", "Deve fare" [fa l'esempio di un suono sul fiato, libero, squillante, di testa]

a 15.08 "Lei fa [canta No, come fosse Na-a] e si trova già in posizione!" "Dica NA, senza dire No-o". E dopo l'esempio ripetuto correttamente, dice "Lo vede?"

a 18.40 "Non devi forzare la voce, per ottenere degli effetti vocali, non c'è bisogno, la voce viene fuori da sola, non c'è bisogno di fare [fa l'esempio di un suono da orco], perché? non senti come è aspro?"

a 20.19 "Non hai capito che devi portare il suono!"

a 25.10 "Per cantare dolce e legato, tu devi coprire la voce non mandandola in gola."

a 25.45 "Sempre sulla stessa linea"

a 26.21 "Tu lo mandi in gola, la voce invece deve uscire"

a 26.37 Danise dice "Fai 'd'unO stella', dì O"

a 27.09 [subito dopo aver fatto l'esempio] "Questo è coperto, ma non è in gola"

a 28.25 "mi puoi fare... di "aprire la gola" senza fare nessuna contrazione"

a 37.06 dice "tu schiacci il suono, fallo aperto ma senza schiacciare"

a 38.10 "lo devi dire 'lO' invece di 'la', dev'essere una vocale scura, non la posizione scura, la vocale scura!"

"senta una cosa Signor Danise (a 38.48) sulle note acute, che Lei vuole così nel petto aperte, io le chiamo aperte perché sono ignorante, ma le vuole sempre con O?"
La risposta di Danise è spontanea: "Sì, certo, quello è il coperto, non l'ingolato, tu confondi tra coperto e ingolato!"

infine a 39.31 "Se tu vuoi fare la nota ribattuta, l'attacco del suono dev'essere debole e poi ci dev'essere la forchetta (<) dentro, non puoi fare [fa l'esempio come abbaiando] allora diventa un'abbaiatura..."



Ascoltando la lezione, mettendo insieme quello che viene detto a parole (teoria) con gli esempi pratici (l'esperienza pratica del suono), si può notare in modo evidente che, quando le frasi non cantate del tutto bene da Valdengo vengono ripetute nel modo indicato da Danise, l'effetto concreto è un risultato sonoro immediatamente migliore, che si avvicina alla resa perfetta del maestro in questione.  Va tenuto anche presente che in quel frangente, si trattava di lezioni date (per salvare il baritono piemontese da furibonde critiche di Toscanini che gli aveva urlato: "Dove hai messo la tua bella voce, i tuoi fiati, le mezze voci, la dizione che avevi così chiara? Hai perso tutto!" Ed ancora: "...dimmi, con chi hai cantato l'Aida?...ma non sai che la frase: 'ma tu Re, tu Signore possente', va cantata a mezza voce, non lo sai? Non lo sai che il recitativo prima del duetto con la donna, non si deve urlare, ma cantare paternamente?") da un professionista con molta esperienza sul campo ad un altro professionista con meno esperienza, non da un professionista a un principiante (anche se simpaticamente Danise arriva a dirgli, a 33.40, "guarda, figliolo, non tenere le code, tu canti COME un principiante").

Questi suggerimenti teorici, se vengono disgiunti dall'esempio canoro di un cantante del livello di Danise (che difficilmente oggigiorno uno studente può trovare) è chiaro che non hanno senso, ma in Italia teoria e pratica (in particolare nella prima metà del Novecento, laddove troviamo sostanzialmente tutti i mostri sacri della lirica) non sono mai state disgiunte le due cose, fino a quando recentemente non sono sorti vari teorici che non hanno mai dimostrato di saper cantare bene e in modo professionale.

C'è anche chi in Italia si permette di criticare una lezione magistrale come questa! Ma chi fa questo non può cantar bene e nemmeno di conseguenza saper insegnare e, soprattutto, non ha capito che questi suggerimenti detti a parole non sono mai esistiti concepiti da soli, slegati da un diretto conseguente "esempio", che non possono dare tutti. Queste espressioni che usava Danise, come altri grandi cantanti storici, sono state sempre concepite come valide solo quando esse venivano accoppiate ad un esempio canoro pratico dato da un sommo cantante. Senza un esempio udibile fatto ad arte, qualunque suggerimento detto a parole può essere travisato e non capito, perché la Musica è un'Arte pratica, non materia per aridi letterati, esiste cioè solo nel momento in cui esiste e vive il suono.
Possono dirvi tutte le cose che volete, a parole, ma chi non sa dare esempi sonori giusti e straordinari come questi offerti da Danise, non può essere eletto ad insegnante. Non importa se tali esempi corretti vengono da una voce maschile o femminile, l'importante è che abbiate un insegnante che li sappia mostrare e dimostrare al bisogno. Il senso di tali suggerimenti viene chiarito solo una volta che l'esempio canoro, connesso al suggerimento teorico, è stato dato e non prima. Il canto che diversi oggi bollano come "empirico", usando il termine in senso negativo, non è mai esistito in Italia. E' esistito piuttosto ed esiste ancora, quando chi canta e insegna è un modello virtuoso, ciò che Lauri-Volpi descriveva così:

«il cantore deve prescindere da elucubrazioni analitiche e applicare l'opinione che nasce dall'esperienza viva del canto e dalle urgenze di problemi che talvolta si presentano improvvisi alla ribalta, nel pieno svolgimento dell'azione scenica e del canto.» (pagg. 77-78)

«Suono e parola, pensiero e sentimento, immaginazione e volontà si maturano nella pratica del canto. Perché la scienza del canto è scienza sperimentale. LA PRATICA CHIARISCE LA TEORIA, precedendola nel tempo. Dagli effetti si risale alle cause, dall'analisi alla sintesi, per trovare il nesso logico tra suono, parola, pensiero. La sensazione sonora si fonda sull'imitazione e sull'esempio.» (pag. 109)

[da: Giacomo Lauri-Volpi - "Misteri della voce umana", 1957]


Da notare anche come in questo audio il grande Danise (della vecchia scuola italiana di canto) prediliga spesso la "mezza voce" alternata a momenti a "piena voce", mentre Valdengo (già in qualche modo influenzato in parte dalla nuova scuola moderna) offra qui un canto obbiettivamente meno raffinato e prediliga la voce sparata, facendo fatica ad ammorbidire. Detto questo, Valdengo complessivamente è, e rimane, uno dei grandi cantanti del Novecento, nessuno lo mette in dubbio, ma certamente la differenza di scuola si percepisce, e Danise cerca di rimetterlo nella carreggiata della gloriosa scuola italiana della Golden Age!

Non bisogna dimenticare che Danise, nato a Salerno, aveva frequentato il Conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli, ove si formò vocalmente studiando canto prima con Luigi Colonnese, un baritono della generazione precedente la cui discendenza pedagogica includeva Alessandro Busti ed il castrato Girolamo Crescentini. Si pensi che, secondo lo stesso Danise, per il primo anno gli fu concesso di cantare solo suoni niente scale e niente arie. Seguirono gli studi con Abramo Petillo.

Per chi vuole visionare il metodo didattico di Busti (dal quale deriva Danise), ecco un nostro precedente approfondimento in dettaglio che trovate a questa pagina del blog di Belcanto Italiano --> http://belcantoitaliano.blogspot.com/2015/07/uno-straordinario-metodo-per-baritoni.html


Oggi in Italia, e non solo, purtroppo, si combatte il canto legato, portato, coperto, non urlato. Invece si dovrebbe ritornare sulla "retta via" del bel canto, che tutti ormai dicono di fare, ma che di fatto solo pochissimi sanno fare.

Fuggite da chi vi fa spingere su suoni indietro (quindi automaticamente non "sul fiato"), da chi vi fa urlare, da chi vi fa salire agli acuti aprendo i suoni, da chi vi fa ingolare, da chi non vi dice dove e come si affrontano i passaggi di registro, da chi vi costringe a rimuovere qualsiasi tipo di portamento vocale e via di questo passo. La voce è la vostra e di nessun altro.

Chi non sa eseguire bene una "messa di voce", chi non sa cantare a "mezza voce", chi non sa fare i "filati" negli acuti (spesso prescritti ad es. da Verdi e Puccini), chi non sa cantare le colorature, agilità di terzine e quartine di crome o semicrome, non può dire di fare bel canto! Diremo di più, chi non sa dimostrare di saper eseguire in modo praticamente perfetto le più impervie parti del repertorio lirico non può essere credibile come insegnante di canto.

Della "scuola dell'esempio", oltre a Lauri-Volpi, erano in tanti, tra i quali anche il celebre tenore di Recanati. Ecco le sue illuminanti parole, che sarebbero da scolpire in tutte le scuole, conservatori, accademie, sale, auditori, arene e teatri del mondo:

"il miglior augurio che io sento di fare ad ogni giovane iniziato nel canto è quello di poter essere, durante i suoi anni di preparazione e di studio, amico e compagno di qualche artista provetto che trasfonda in lui il suo fervore di perfezione con quella che resta e resterà sempre la scuola migliore: L’ESEMPIO.
Io, vedete, non cesso e non cesserò mai di testimoniare la mia gratitudine alla grande Rosina Storchio, a fianco della quale, nei primordi della mia carriera, ho appreso più che con qualsiasi maestro.
In fatto d’arte, e specialmente a proposito del canto, la teoria risulta spesso impotente; ripeto che soltanto l’esempio vale qualche cosa; esempio che riuscirà tanto più fecondo, quanto più sarà il prodotto organico d’un lavoro sano e di uno spirito creatore..."

(Beniamino Gigli - "Confidenze", Istituto per l’Enciclopedia De Carlo, 1942)


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APPENDICE - Ecco un'interessante descrizione aggiuntiva di Valdengo a lezione da Danise, che l'aiutò in particolare nello studio del personaggio di Falstaff prima di presentarsi a Toscanini :

Mi misi subito in comunicazione col baritono Danise affinché mi tirasse fuori da quella critica situazione e mi aiutasse ad imbastire la parte. Danise buono, generoso e comprensivo, mi rispose: "Caro ragazzo, cominciamo subito". (...)
(...) Danise mi insegnava frase per frase e diceva: "Vedrai che Toscanini la vuole così".
Si studiava tre e, talvolta, anche quattro ore al giorno.
Danise era uno di quegli uomini che non si arrendono mai di fronte alle avversità della vita. Di carattere forte, coltissimo, profondo conoscitore dello strumento vocale, risolveva ogni problema. (...)
Danise mi aveva dimostrato una spiccata simpatia fin dal giorno in cui ebbi la fortuna di conoscerlo. Mi diede in seguito continue prove di interessamento affettuoso, paterno; mi curava la voce, la pronuncia, il modo di esprimere, e ricordo che stavo a bocca aperta ad ascoltare quel simpatico e caro "zio Peppino", come io lo chiamavo, assimilandone gli insegnamenti.
Mi risolveva tutti i problemi. (...)
Danise mi aveva insegnato a dare più incisività alla parola "ladri" pronunziando invece "laderi", perché l'aggiunta della vocale "e" fa sì che la parola venga sentita più incisiva, mentre la "e" non viene rilevata. Le due consonanti vicine "dr" tolgono molta sonorità alla parola. Toscanini, che aveva orecchio fine, se ne accorse subito e mi fece i complimenti.

(da: Giuseppe Valdengo - "Scusi, conosce Toscanini?" - Musumeci Editore, 1984)




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INTERVIEW: Baritone Giuseppe Danise remembers his career 


Interview: Giuseppe Danise & Bidu Sayão - ca. 1960 



Giuseppe Danise - Quae moerebat [Pergolesi Stabat mater] - 1926 


Giuseppe Danise sings "Largo al Factotum" 


Baritono GIUSEPPE DANISE - Ernani "Gran Dio... Oh de' verd'anni miei" (1922)


Giuseppe Danise - Quel vecchio maledivami (Rigoletto) - 1917


Giuseppe Danise - Ah! veglia, o donna (Rigoletto) - 1917


Giuseppe Danise: Otello: Credo


Giovanni Martinelli & Giuseppe Danise - Sì, pel ciel (RARE!)


Giovanni Martinelli & Giuseppe Danise - La Bohème (Private recording, 1948) 


Giuseppe Danise - Core 'ngrato [Cardillo] - 1923