mercoledì 15 agosto 2018

Breve analisi della Lezione di canto di Giuseppe Danise a Giuseppe Valdengo. New York, 1949-1950


Il baritono Giuseppe Danise al pianoforte


Elenco dei brani musicali studiati da Valdengo con Danise, che si possono ascoltare nella registrazione audio :
00:00 - Rigoletto: "Deh! non parlare misero"
06:06 - Rigoletto: "Veglia, o donna"
11:54 - La favorita: "Giardini dell'Alcazar", recitativo
14:36 - Falstaff: ultime note di "L'onore! Ladri!"
15:50 - Il trovatore: Atto I trio, recitativo d'apertura
22:00 - Il trovatore: "Tutto è deserto... Il balen del suo sorriso"

Al minuto 7.28 Danise suggerisce tecnicamente di pensare a questo: 
"La voce chiara nella strozza [gola] e l'appoggio scuro nella bocca, cioè nessun attacco di gola".
(Che concretamente parlando, in altre parole, è esattamente quello che intendeva il collega Giuseppe De Luca, quando prescriveva "gola aperta e vocale chiusa", come riportato da Celletti, nel suo libro "La grana della voce")

"Raccolto, eh?" (a 8.16)

a 9.11 "Appoggiato scuro"

a 9.50 "Apra la gola"

a 10.13 dice : "Il segreto del riposo sta nel sillabare bene, invece Lei sfugge alla pronuncia e questo Le va a detrimento del fiato, Le scappa il fiato da tutte le parti. Pronunziando forte Lei non può emettere fiato."

a 11.10 "va bene, ma è di gola" - poi, dopo che Valdengo ripete nel modo giusto la frase, dice "Ecco, vede che va bene!"

a 11.37 "Lei deve guidare la voce col suo orecchio, Lei non deve guidare la voce con la sua gola, col suo orecchio, e deve capire quando un suono deve venir chiuso e quando deve venir aperto, questo lo deve guidare col suo orecchio."

a 12.08 "Più libero!"

a 14.36 "Lei deve dominare il suono in questo senso, non attaccar mai di gola, perché chi canta di gola non domina la voce."

a 14.50 "Questo è dietro!", "Deve fare" [fa l'esempio di un suono sul fiato, libero, squillante, di testa]

a 15.08 "Lei fa [canta No, come fosse Na-a] e si trova già in posizione!" "Dica NA, senza dire No-o". E dopo l'esempio ripetuto correttamente, dice "Lo vede?"

a 18.40 "Non devi forzare la voce, per ottenere degli effetti vocali, non c'è bisogno, la voce viene fuori da sola, non c'è bisogno di fare [fa l'esempio di un suono da orco], perché? non senti come è aspro?"

a 20.19 "Non hai capito che devi portare il suono!"

a 25.10 "Per cantare dolce e legato, tu devi coprire la voce non mandandola in gola."

a 25.45 "Sempre sulla stessa linea"

a 26.21 "Tu lo mandi in gola, la voce invece deve uscire"

a 26.37 Danise dice "Fai 'd'unO stella', dì O"

a 27.09 [subito dopo aver fatto l'esempio] "Questo è coperto, ma non è in gola"

a 28.25 "mi puoi fare... di "aprire la gola" senza fare nessuna contrazione"

a 37.06 dice "tu schiacci il suono, fallo aperto ma senza schiacciare"

a 38.10 "lo devi dire 'lO' invece di 'la', dev'essere una vocale scura, non la posizione scura, la vocale scura!"

"senta una cosa Signor Danise (a 38.48) sulle note acute, che Lei vuole così nel petto aperte, io le chiamo aperte perché sono ignorante, ma le vuole sempre con O?"
La risposta di Danise è spontanea: "Sì, certo, quello è il coperto, non l'ingolato, tu confondi tra coperto e ingolato!"

infine a 39.31 "Se tu vuoi fare la nota ribattuta, l'attacco del suono dev'essere debole e poi ci dev'essere la forchetta (<) dentro, non puoi fare [fa l'esempio come abbaiando] allora diventa un'abbaiatura..."



Ascoltando la lezione, mettendo insieme quello che viene detto a parole (teoria) con gli esempi pratici (l'esperienza pratica del suono), si può notare in modo evidente che, quando le frasi non cantate del tutto bene da Valdengo vengono ripetute nel modo indicato da Danise, l'effetto concreto è un risultato sonoro immediatamente migliore, che si avvicina alla resa perfetta del maestro in questione.  Va tenuto anche presente che in quel frangente, si trattava di lezioni date (per salvare il baritono piemontese da furibonde critiche di Toscanini che gli aveva urlato: "Dove hai messo la tua bella voce, i tuoi fiati, le mezze voci, la dizione che avevi così chiara? Hai perso tutto!" Ed ancora: "...dimmi, con chi hai cantato l'Aida?...ma non sai che la frase: 'ma tu Re, tu Signore possente', va cantata a mezza voce, non lo sai? Non lo sai che il recitativo prima del duetto con la donna, non si deve urlare, ma cantare paternamente?") da un professionista con molta esperienza sul campo ad un altro professionista con meno esperienza, non da un professionista a un principiante (anche se simpaticamente Danise arriva a dirgli, a 33.40, "guarda, figliolo, non tenere le code, tu canti COME un principiante").

Questi suggerimenti teorici, se vengono disgiunti dall'esempio canoro di un cantante del livello di Danise (che difficilmente oggigiorno uno studente può trovare) è chiaro che non hanno senso, ma in Italia teoria e pratica (in particolare nella prima metà del Novecento, laddove troviamo sostanzialmente tutti i mostri sacri della lirica) non sono mai state disgiunte le due cose, fino a quando recentemente non sono sorti vari teorici che non hanno mai dimostrato di saper cantare bene e in modo professionale.

C'è anche chi in Italia si permette di criticare una lezione magistrale come questa! Ma chi fa questo non può cantar bene e nemmeno di conseguenza saper insegnare e, soprattutto, non ha capito che questi suggerimenti detti a parole non sono mai esistiti concepiti da soli, slegati da un diretto conseguente "esempio", che non possono dare tutti. Queste espressioni che usava Danise, come altri grandi cantanti storici, sono state sempre concepite come valide solo quando esse venivano accoppiate ad un esempio canoro pratico dato da un sommo cantante. Senza un esempio udibile fatto ad arte, qualunque suggerimento detto a parole può essere travisato e non capito, perché la Musica è un'Arte pratica, non materia per aridi letterati, esiste cioè solo nel momento in cui esiste e vive il suono.
Possono dirvi tutte le cose che volete, a parole, ma chi non sa dare esempi sonori giusti e straordinari come questi offerti da Danise, non può essere eletto ad insegnante. Non importa se tali esempi corretti vengono da una voce maschile o femminile, l'importante è che abbiate un insegnante che li sappia mostrare e dimostrare al bisogno. Il senso di tali suggerimenti viene chiarito solo una volta che l'esempio canoro, connesso al suggerimento teorico, è stato dato e non prima. Il canto che diversi oggi bollano come "empirico", usando il termine in senso negativo, non è mai esistito in Italia. E' esistito piuttosto ed esiste ancora, quando chi canta e insegna è un modello virtuoso, ciò che Lauri-Volpi descriveva così:

«il cantore deve prescindere da elucubrazioni analitiche e applicare l'opinione che nasce dall'esperienza viva del canto e dalle urgenze di problemi che talvolta si presentano improvvisi alla ribalta, nel pieno svolgimento dell'azione scenica e del canto.» (pagg. 77-78)

«Suono e parola, pensiero e sentimento, immaginazione e volontà si maturano nella pratica del canto. Perché la scienza del canto è scienza sperimentale. LA PRATICA CHIARISCE LA TEORIA, precedendola nel tempo. Dagli effetti si risale alle cause, dall'analisi alla sintesi, per trovare il nesso logico tra suono, parola, pensiero. La sensazione sonora si fonda sull'imitazione e sull'esempio.» (pag. 109)

[da: Giacomo Lauri-Volpi - "Misteri della voce umana", 1957]


Da notare anche come in questo audio il grande Danise (della vecchia scuola italiana di canto) prediliga spesso la "mezza voce" alternata a momenti a "piena voce", mentre Valdengo (già in qualche modo influenzato in parte dalla nuova scuola moderna) offra qui un canto obbiettivamente meno raffinato e prediliga la voce sparata, facendo fatica ad ammorbidire. Detto questo, Valdengo complessivamente è, e rimane, uno dei grandi cantanti del Novecento, nessuno lo mette in dubbio, ma certamente la differenza di scuola si percepisce, e Danise cerca di rimetterlo nella carreggiata della gloriosa scuola italiana della Golden Age!

Non bisogna dimenticare che Danise, nato a Salerno, aveva frequentato il Conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli, ove si formò vocalmente studiando canto prima con Luigi Colonnese, un baritono della generazione precedente la cui discendenza pedagogica includeva Alessandro Busti ed il castrato Girolamo Crescentini. Si pensi che, secondo lo stesso Danise, per il primo anno gli fu concesso di cantare solo suoni niente scale e niente arie. Seguirono gli studi con Abramo Petillo.

Per chi vuole visionare il metodo didattico di Busti (dal quale deriva Danise), ecco un nostro precedente approfondimento in dettaglio che trovate a questa pagina del blog di Belcanto Italiano --> http://belcantoitaliano.blogspot.com/2015/07/uno-straordinario-metodo-per-baritoni.html


Oggi in Italia, e non solo, purtroppo, si combatte il canto legato, portato, coperto, non urlato. Invece si dovrebbe ritornare sulla "retta via" del bel canto, che tutti ormai dicono di fare, ma che di fatto solo pochissimi sanno fare.

Fuggite da chi vi fa spingere su suoni indietro (quindi automaticamente non "sul fiato"), da chi vi fa urlare, da chi vi fa salire agli acuti aprendo i suoni, da chi vi fa ingolare, da chi non vi dice dove e come si affrontano i passaggi di registro, da chi vi costringe a rimuovere qualsiasi tipo di portamento vocale e via di questo passo. La voce è la vostra e di nessun altro.

Chi non sa eseguire bene una "messa di voce", chi non sa cantare a "mezza voce", chi non sa fare i "filati" negli acuti (spesso prescritti ad es. da Verdi e Puccini), chi non sa cantare le colorature, agilità di terzine e quartine di crome o semicrome, non può dire di fare bel canto! Diremo di più, chi non sa dimostrare di saper eseguire in modo praticamente perfetto le più impervie parti del repertorio lirico non può essere credibile come insegnante di canto.

Della "scuola dell'esempio", oltre a Lauri-Volpi, erano in tanti, tra i quali anche il celebre tenore di Recanati. Ecco le sue illuminanti parole, che sarebbero da scolpire in tutte le scuole, conservatori, accademie, sale, auditori, arene e teatri del mondo:

"il miglior augurio che io sento di fare ad ogni giovane iniziato nel canto è quello di poter essere, durante i suoi anni di preparazione e di studio, amico e compagno di qualche artista provetto che trasfonda in lui il suo fervore di perfezione con quella che resta e resterà sempre la scuola migliore: L’ESEMPIO.
Io, vedete, non cesso e non cesserò mai di testimoniare la mia gratitudine alla grande Rosina Storchio, a fianco della quale, nei primordi della mia carriera, ho appreso più che con qualsiasi maestro.
In fatto d’arte, e specialmente a proposito del canto, la teoria risulta spesso impotente; ripeto che soltanto l’esempio vale qualche cosa; esempio che riuscirà tanto più fecondo, quanto più sarà il prodotto organico d’un lavoro sano e di uno spirito creatore..."

(Beniamino Gigli - "Confidenze", Istituto per l’Enciclopedia De Carlo, 1942)


-----------------------------------------------------------------------------------------------------

APPENDICE - Ecco un'interessante descrizione aggiuntiva di Valdengo a lezione da Danise, che l'aiutò in particolare nello studio del personaggio di Falstaff prima di presentarsi a Toscanini :

Mi misi subito in comunicazione col baritono Danise affinché mi tirasse fuori da quella critica situazione e mi aiutasse ad imbastire la parte. Danise buono, generoso e comprensivo, mi rispose: "Caro ragazzo, cominciamo subito". (...)
(...) Danise mi insegnava frase per frase e diceva: "Vedrai che Toscanini la vuole così".
Si studiava tre e, talvolta, anche quattro ore al giorno.
Danise era uno di quegli uomini che non si arrendono mai di fronte alle avversità della vita. Di carattere forte, coltissimo, profondo conoscitore dello strumento vocale, risolveva ogni problema. (...)
Danise mi aveva dimostrato una spiccata simpatia fin dal giorno in cui ebbi la fortuna di conoscerlo. Mi diede in seguito continue prove di interessamento affettuoso, paterno; mi curava la voce, la pronuncia, il modo di esprimere, e ricordo che stavo a bocca aperta ad ascoltare quel simpatico e caro "zio Peppino", come io lo chiamavo, assimilandone gli insegnamenti.
Mi risolveva tutti i problemi. (...)
Danise mi aveva insegnato a dare più incisività alla parola "ladri" pronunziando invece "laderi", perché l'aggiunta della vocale "e" fa sì che la parola venga sentita più incisiva, mentre la "e" non viene rilevata. Le due consonanti vicine "dr" tolgono molta sonorità alla parola. Toscanini, che aveva orecchio fine, se ne accorse subito e mi fece i complimenti.

(da: Giuseppe Valdengo - "Scusi, conosce Toscanini?" - Musumeci Editore, 1984)




-----------------------------------------------------------------------------------------------------

INTERVIEW: Baritone Giuseppe Danise remembers his career 


Interview: Giuseppe Danise & Bidu Sayão - ca. 1960 



Giuseppe Danise - Quae moerebat [Pergolesi Stabat mater] - 1926 


Giuseppe Danise sings "Largo al Factotum" 


Baritono GIUSEPPE DANISE - Ernani "Gran Dio... Oh de' verd'anni miei" (1922)


Giuseppe Danise - Quel vecchio maledivami (Rigoletto) - 1917


Giuseppe Danise - Ah! veglia, o donna (Rigoletto) - 1917


Giuseppe Danise: Otello: Credo


Giovanni Martinelli & Giuseppe Danise - Sì, pel ciel (RARE!)


Giovanni Martinelli & Giuseppe Danise - La Bohème (Private recording, 1948) 


Giuseppe Danise - Core 'ngrato [Cardillo] - 1923 


Nessun commento:

Posta un commento