Il canto lirico non è "voce parlata". Esso esige una
tecnica particolare e un lieve adattamento della formazione delle vocali
e una certa enfatizzazione della pronuncia delle consonanti.
Il canto lirico esige un uso particolare della voce.
Nel teatro dell'Opera infatti un cantante che si rispetti deve:
- usare oltre due ottave di estensione
- fare in modo che ogni suono, consonante o vocale che sia,
possa essere sentito a decine di metri di distanza e in ogni angolo del
teatro
- passare il cosiddetto "muro" dell'orchestra
- amplificare la voce nei pianissimi come nei fortissimi
nel modo più efficiente
- basare il suo canto su un respiro profondo e su un fiato
che sostenga frasi anche molto lunghe
- vocalizzare, spesso, una stessa vocale per un esteso
tratto di estensione
- passare dal registro di petto a quello di testa a regola
d'arte
- cantare in zone molto basse, medie o molto acute
Un cantante quindi quando canta non deve fare le stesse cose che
fa quando parla.
Chi parla, nella vita di tutti i giorni, invece:
- usa soltanto due o tre note e lo fa sempre nello stesso
registro medio
- respira frequentemente e mai troppo a fondo
- non esegue acuti o note molto basse
- non deve far viaggiare la propria voce per decine di metri
- non vocalizza e non deve passare il muro sonoro di un'intera
orchestra
- raramente usa pianissimi e fortissimi
Poi c'è anche chi fa un uso professionale della voce parlata (conferenzieri, attori, politici, insegnanti,
avvocati), ma spesso politici e conferenzieri usano i microfoni. Gli
attori per forza di cose devono studiare come impostare la voce per
fare in modo di renderla chiaramente udibile anche a decine di metri di
distanza e per grandi platee (quindi anche loro non declamano i loro testi come
farebbe una persona nella vita comune), e gli insegnanti spesso hanno
gravi problemi vocali perché raramente studiano come parlare a lungo con il
minimo sforzo.
Malgrado tutto, un bravissimo attore o un abile avvocato non sono
in grado di cantare una romanza d'opera a meno che non abbiano studiato
veramente bene il canto lirico e la sua tecnica. E non si tratta solo di un fatto
musicale.
Perché spesso anche molti studenti di canto lirico hanno
problemi vocali e devono ricorrere a foniatri e logopedisti?
Proprio perché nel canto lirico si devono studiare i suoni, le
loro posizioni diverse a seconda dell'altezza e si deve imparare a fare un uso
del respiro, della laringe e della lingua, e del palato molle, in modo diverso
da come si fa mentre si parla.
Si parla come si canta? La risposta è che si deve imparare a
cantare con la stessa facilità con cui si parla, ma cantare non è come parlare,
altrimenti qualsiasi bravissimo oratore, politico o attore sarebbe
automaticamente uno straordinario cantante, e invece questo non è possibile.
La laringe, sede delle corde vocali è strettamente collegata alla
lingua, che nel pronunciare con perfetta esattezza vocali e consonanti può
compromettere molto seriamente il funzionamento del canto lirico.
Quindi, anche se bisogna cercare di essere molto precisi nella
pronuncia, è comunque assolutamente necessario un notevole adattamento della
pronuncia nel canto lirico. Per comodità chiameremo queste particolari
vocali “miste”; l’espressione
“vocali miste” non vuol dire “straniere”; al contrario, le vocali miste sono un
sistema di adattamento nel Canto della grande Scuola Italiana, per una
splendida resa nel Canto Lirico.
Per sciogliere ogni dubbio, propongo anche di porre grande
attenzione a quel che dicono sull'argomento i grandi cantanti, sia italiani che
stranieri.
BENIAMINO GIGLI:
“Un buon cantante italiano - un
prodotto della vera Scuola, l'unica e sola, "parla" come canta (…)
Anch'io condivido l'opinione che il buon canto deve essere basato sulle 5
vocali a, e, i, o, u, nella loro forma più pura, e nelle modificazioni di queste”
(“Lezione introduttiva”, Londra 1946)
Ciò non contrasta minimamente con la
volontà di mantenere una ottima dizione, come disse sempre Gigli nella sua
Masterclass del 1938 tenuta al Conservatorio di Milano:
“il suono bisogna portarlo qui” (accenna
alle labbra) “il canto dev'essere parlato; l'importanza della dizione è somma”
(dall'articolo di giornale, "Milano.
Gigli, insegnaci a cantare" - Il Popolo d'Italia, 1 marzo 1938).
Infatti Gigli, esattamente come me, Pertile, Lauri-Volpi, Kraus e come tanti
altri Cantanti non intende parlare di STORPIATURA della lingua italiana, ma di
ADATTAMENTO, proprio perché CANTARE non vuol dire PARLARE.
AURELIANO PERTILE:
"Il Maestro Bavagnoli mi fece capire in brevissimo tempo la ragione della mia difficoltà alle note acute: tenevo i suoni bassi e centrali troppo abbandonati e aperti. Allora raccolsi la voce tenendola sempre leggera seguendo il sistema seguente. Iniziavo un esercizio a scala con una A rotondata quasi ad O e man mano che salivo, raccoglievo sempre di più il suono e colore arrivando al passaggio e alle note acute con un O scuro." (...)
(http://aureliano-pertile-tecnica-vocale.blogspot.it/)
GIACOMO LAURI VOLPI:
"E mi dica un po', quegli "I" che sono tremendi come fa a farli uscire fuori così limpidi?
<<Bisogna pronunciare la "I" tenendo aperta la gola, se no istintivamente si chiude la gola, se invece Lei la "I" l'appoggia come si deve al punto di risonanza giusto cervicale allora il flusso d'aria, e il flusso sonoro, è indipendente dalla vocale, ma se la vocale s'impiglia nella emissione allora la vocale stringe la gola, bisogna che la gola sia indipendente dall'articolazione e allora viene la "I" sonora e rotonda, sempre mantenendo la fisionomia della "I". Tutte bisogna dirle le vocali, tutte le parole; se uno domina la gola, vale a dire che la colonna sonora è sempre quella intatta, i raggi sonori si proiettano sulla cassa cranica e allora sono indipendenti dalla articolazione. La vocale "A", diceva Rossini, è la regina delle vocali. I francesi non hanno un' "A" sonora come la nostra, nessuna lingua; la vocale A italiana ben messa è di per sé stessa una musica, diceva Rossini. Infatti se Lei dice la "I" pensando alla "A" Lei vedrà che la "I" viene ampia e sonora, bisogna pensare alla "A" nel dire la "I", perché la "A" tiene tutto il condotto aperto.>>"
(da una intervista di Sergio Saraceni al tenore Giacomo Lauri-Volpi avvenuta a Roma nel 1962)
AURELIANO PERTILE:
"Le vocali a, e, i, o, u, non si devono usare nel canto col medesimo colore della lingua parlata. Il linguaggio dà: à, è, ì, ò, ù. Il colore, che dà la giusta impostazione, viene dato da tutto quanto ho prima descritto, più il colorito seguente alle vocali.
L'à deve essere pronunciato ao; l'ò come ò, l'i come un i francese, l'e come eu, l'u come uo. E tutto ciò con disinvoltura e abbandono completo dei muscoli del collo e della faccia".
FEODOR CHALIAPIN:
"Nessun cantante lo ha mai superato nella chiarezza della dizione. Ogni parola che egli cantava poteva sempre essere distintamente udita e capita dagli ascoltatori. La ragione (e forse la decisiva ragione) di questa abilità mi divenne chiara quando lo udii cantare molto da vicino; sembrava che egli esagerasse la pronuncia delle consonanti. La ragione di ciò era che egli sapeva, in base alla sua lunga esperienza di cantare in grandi sale, che una consonante pronunciata in un modo usuale non poteva essere ben udita da spettatori molto lontani."
UGO BENELLI:
"Per anni s'è detto che il belcanto si fa cantando con le vocali. Non è vero: si canta anche con le consonanti. Come potrebbe Belcore rendere la frase: "ti avrei strozzato, ridotto in brani", senza accentuare le consonanti? Tutto è importante, tutto si deve "cantare". (...)
Talvolta essere fedeli alle vocali scritte non è facile, soprattutto sugli acuti... Ovviamente i grandi compositori sapevano quale vocale mettere... sul si naturale della "Donna è mobile" c'è la "e" di pensier, perché è una vocale che esce sempre, così come su "un trono vicino al sol", c'è la "o", che corre con facilità. È difficile trovare un acuto sulla "a", e quando capita, di solito il suono della voce si avvicina più ad una "o".
Riguardo alla "i", c'è chi l'ha molto facile, ma sugli acuti è decisamente ostica, perché può farti spezzare il suono in gola."
(da: Giorgio De Martino - "Cantanti, vil razza dannata" - La vita e gli incontri di Ugo Benelli - Zecchini, 2002)
GIUSEPPE VALDENGO -TOSCANINI:
"(Toscanini...) Era un uomo impastato di musica. Aveva quasi una magia. Quando m’imponeva di fare un “forte – piano” io lo facevo, cosa che con gli altri non l’avrei fatto. Aveva una forza unica di penetrazione nell’insegnamento, perché prima di tutto ti insegnava la pronuncia, ti insegnava il canto.
Se gli dicevo che non mi veniva bene una nota si faceva dire le parole che c’erano e lui ti diceva di chiudere di più quella A o quella O e la nota ti veniva: comprende? Un insieme meraviglioso".
AMELITA GALLI-CURCI
"Io ho constatato che la miglior via è quella di usare le vocali miste, una vocale che si fonde nell'altra. Il suono può essere iniziato con ciascuna vocale alternativamente, e poi mescolata con il resto delle vocali."
BENIAMINO GIGLI:
"Se voi dovete studiare il canto, e potrei dire anche, lasciatemelo dire...il bel canto italiano, bisogna che vi portate necessariamente a imparare le 5 vocali e metterle, le 5 vocali, sulla stessa posizione."
ANNA MOFFO:
"Si canta I, E, A, O, U, per me sono tutte nella stessa posizione. (...) La posizione che intendo è il suono più avanti, 'a fuoco', completo di armoniche superiori." (...) Si capisce...quando una nota non è perfettamente proiettata è indietro. (...) Non possiede 'risonanza metallica', o 'squillo'...focalizzazione...punta."
(tratto da una intervista al soprano Anna Moffo condotta dal basso Jerome Hines, riportata in: J.Hines - "Great Singers on Great Singing", Doubleday, 1982)
Gigli e la Moffo descrivono esattamente cosa dovrebbe fare ogni buon Cantante: quando si parla, con l'uso dell'articolazione tipica della lingua italiana, si spostano continuamente le posizioni vocaliche; nel canto lirico questo continuo spostamento non è ammissibile, ecco perche il grande Beniamino dice di" mettere le 5 vocali tutte nella stessa posizione". E di questo argomento parleremo prossimamente... buon "adattamento vocalico" a tutti gli Studenti di Canto!
Saluti cordiali a tutti!
M° Astrea Amaduzzi
Masterclass di Canto Lirico con Belcanto Italiano, la migliore Tecnica Vocale della Scuola Italiana!
Recanati (MC) 12, 13, 14 dicembre 2015
Ravenna 18, 19, 20 dicembre 2015
Roma 8, 9, 10, 11 gennaio 2016
Con Astrea Amaduzzi Soprano & Singing Teacher
e Mattia Peli, Conductor, Pianist & Composer.
- Tecnica Vocale di base e avanzata
- respirazione profonda e sostegno
- postura
-Voce in maschera
- esercizi per il passaggio di registro
- risoluzione per emissione di acuti e note gravi
- arte della coloratura
- cenni di arte scenica
- correzione di errata impostazione vocale e molto altro ancora...
Prenotazioni: 3475853253
segreteria.belcantoitaliano@gmail.com
Quota di contributo per ciascuna giornata di studio Euro 50, inclusiva di Associazione a Belcanto Italiano. Possibilità di alloggio convenzionato su richiesta.
Per informazioni e prenotazioni rivolgersi al seguente numero: 347.58.53.253
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