mercoledì 11 ottobre 2023

Do di petto o Do di testa? - Ecco il pensiero di Rossini e l'interpretazione di Lauri-Volpi


- "DO di petto" o "DO di testa"? -

Era il tempo (1837), in cui i dilettanti parigini accorrevano, curiosi, all'Opéra per applaudire il famoso 'do di petto', che il tenore Duprez faceva sentire nel "Guglielmo Tell". Il "Suivez-moi" eccitava ogni sera esplosioni di frenetica ammirazione, mentre passavano inosservate certe meravigliose scene dell'opera. (Il pubblico è stato e sarà sempre lo stesso "profanum vulgus" in ogni paese!) Il Rossini non poteva soffrire quei "gridi di disperazione", com'egli soleva chiamarli.

«Questa nota» — diceva — «fa raramente buon effetto all'orecchio. I tenori possono evitare a sè stessi uno sputo di sangue ed al pubblico il laceramento del timpano, sostituendo un 'do di testa', modesto ma chiaro. Il tenore Duprez fu il primo a "frizionare" gli orecchi dei Parigini con quel DO di petto, a cui io non ho mai pensato. Il Nourrit si contentava di un DO di testa, ed è quello che ci vuole.
Quando, nel mio passaggio a Parigi, nel 1837, proprio dopo il clamoroso debutto del Duprez in quest'opera, il focoso tenore m'invitò ad andare a sentirlo all'Opéra, "Venite piuttosto a casa mia!" — gli risposi. — "Farete sentire il vostro DO a me solo ed io ne sarò molto lusingato". Abitavo allora in casa del mio amico Troupenas. Il Duprez si affrettò a venire ed in presenza del Troupenas mi cantò magnificamente, devo confessarlo, molti frammenti della mia opera; ma all'avvicinarsi del "Suivez-moi", provai lo stesso ansioso malessere, che sentono certe persone al momento previsto di un colpo di cannone. Alla fine esplose il famoso DO. Corpo di bacco! Che fracasso! mi levai dal piano e mi diressi in fretta verso una vetrina piena di bicchieri di Venezia delicatissimi, che ornavano la sala del Troupenas.

"Non si è rotto nulla!" — gridai — "Pare incredibile!".

Il tenore sembrò soddisfatto della mia esclamazione, che prese per un complimento alla mia maniera.

"Allora, Maestro, il mio DO vi piace? Ditemelo sinceramente...".

"Sinceramente, ciò che più mi piace nel vostro DO è 'ch'è passato' ed io non corro il rischio di risentirlo. Non amo punto gli effetti contro natura, e questo DO, col suo timbro stridente, urta il mio orecchio italiano, come il grido di un cappone che si sgozza. Voi siete un grandissimo artista, un vero nuovo creatore della parte di Arnoldo: perchè, dunque, abbassarvi ad usare un simile espediente?".

"Egli'è" — replicò il Duprez — "che gli abbonati dell'Opéra vi sono ormai abituati: questo DO è il mio gran successo...".

"Se è così, ne volete uno più grande ancora? Sparatene due!".»

L'esempio del Duprez portò gravi conseguenze. Dopo il suo successo, tutti i tenori vollero emettere quel DO di petto, che assicurava l'applauso fragoroso degli spettatori, ed in tal modo cominciò a sostituirsi il 'grido' al canto e si corruppe il gusto.
Più tardi si ricorse al DO DIESIS di petto.

«Quel mattacchione di Tamberlick» — continua il Maestro — «nel suo fervore di superare il DO di Duprez, ha inventato il DO DIESIS di petto e me l'ha appioppato al finale dell' "Otello", dove io ho scritto un LA. Lanciato a pieni polmoni, credevo che questo LA fosse abbastanza feroce per soddisfare abbondantemente l'amor proprio dei tenori di tutti i tempi; ma ecco che Tamberlick me l'ha trasformato in DO DIESIS, e tutti gli "snobs" vanno in delirio.»

Una sera che si faceva musica in casa Rossini, il domestico venne ad annunziare: "il signor Tamberlick"!

"Fatelo entrare" — disse il Maestro —. Poi ripigliandosi: "Ditegli però che lasci il DO DIESIS all'attaccapanni. Lo riprenderà nell'uscire".

(aneddoto n.54, da: "ANEDDOTI ROSSINIANI AUTENTICI", raccolti da Giuseppe Radiciotti - Roma, 1929)

[Nell'immagine, sopra riportata: Bozzetti di Eugène Du Faget per i costumi della produzione originale del 1829 di 'Guillaume Tell'; in centro, Adolphe Nourrit (Arnold), con Laure Cinti-Damoreau (Mathilde), a sinistra, e Nicolas Levasseur (Walter), a destra.]

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Chi ha compreso perfettamente il discorso "rossiniano" è stato Giacomo Lauri-Volpi il quale ha dato prova di realizzare una interpretazione unica e irraggiungibile per perfezione tecnica e stilistica nella parte di Arnold, cantando magnificamente il ruolo completo (in lingua italiana) sia in Italia, alla Scala di Milano, che all'estero (Metropolitan)!


Ecco la spiegazione in dettaglio, data dallo stesso Lauri-Volpi: 

«All'inizio dell'800 si verificò una specie di rivoluzione nell'uso della voce umana cantata. Ai sopranisti succedettero, sulla scena lirica, i T. per i quali i famosi compositori cominciarono a scrivere parti impegnative e rischiose che non si limitavano al canto spianato, ma esigevano vocalizzi, abbellimenti, cadenze, filature, falsetti inverosimili, per i quali venne in voga il cosiddetto "belcanto", appunto per gli abbellimenti e per i virtuosismi che comportava. Simile scuola esigeva l'educazione della laringe, educazione che si protraeva per sei o sette anni di studi severi e faticosi. Rossini gettò le basi di questa scuola, ma si preoccupò di non lasciare all'arbitrio dei cantanti le cadenze e di non permettere ai tenori (Tamberlick e Duprez) di lanciare i do acuti (cosiddetti "di petto") a squarciagola, senza cioè giovarsi delle risonanze superiori o cervicali (dette note "di testa"), da non confondersi con il falsetto, l'uso del quale andò via via scemando fino a scomparire con l'avvento della mezza voce tenorile. La quale costituì la letizia dei teatri d'opera nella seconda metà dell'800.»

[dalla voce enciclopedica "TENORE" scritta dal tenore Giacomo Lauri-Volpi per l'Enciclopedia della Musica, Ricordi 1964] 


Per approfondimenti, si rimanda a questi interessanti articoli:

https://lauri-volpi-tecnicavocale.blogspot.com/2017/02/lavvento-della-voce-tenorile-nel.html

https://lauri-volpi-tecnicavocale.blogspot.com/2015/10/lauri-volpi-e-il-bel-canto-secondo.html

http://lauri-volpi-tecnicavocale.blogspot.com/2016/10/che-cose-il-belcanto-di-giacomo-lauri.html

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