venerdì 1 maggio 2020

Il segreto della "quarta voce" di Mustafà, Emma Calvé ed Enrico Caruso

Il soprano Emma Calvé (a sinistra) ed il tenore Enrico Caruso col soprano Rosa Ponselle (a destra)
 
Per scoprire e riscoprire la "quarta voce" dobbiamo cominciare le nostre ricerche a partire dal famoso castrato Domenico Mustafà.

Nato nel comune di Sellano (in provincia di Perugia) nel 1829, divenne un noto castrato soprano con la Cappella Sistina in Vaticano. Fu particolarmente ammirato per le sue performance di musica di Handel. Al suo apice, Mustafà possedeva una voce di forza e bellezza superiori, e dominava i trilli e le colorature alla massima perfezione. Secondo il professore di musica austriaco Franz Haböck, aveva una voce "tanto dolce e piacevole quanto quella di una donna" con una gamma utilizzabile di almeno 2 ottave da DO 4 a DO 6.

Mustafà era anche un compositore-tra i suoi lavori un famoso "Miserere" e "Tu es Petrus secundum magnum". Fu anche un insegnante e diede lezioni di musica al celebre soprano francese Emma Calvé nel 1892 a Roma. Qui insegnò alla Calvé ad impiegare la sua famosa "quarta voce", che era un falsetto molto acuto e raffinato che si estendeva a un ultraterreno incorporeo RE 6. Ella, ascoltata la voce di Mustafà, la descrisse così: «una squisita voce da tenore acuto, davvero angelica, né maschile né femminile, profonda, sottile, penetrante nella sua vibratile intensità con certe curiose note ch’egli chiamava ‘quarta voce’: suoni strani, asessuati, sovrumani, arcani»; e sotto la sua guida volle ella stessa impadronirsene (nell’edizione francese del suo libro "Sous tous les ciels j'ai chanté" le chiama «petites notes flûtées», simili agli armonici del violino!).

Monumento funebre in onore di Domenco Mustafà, nel cimitero cittadino di Montefalco

Troviamo altre informazioni interessanti sul Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 77 (2012). Qui Salvatore de Salvo Fattor scrive:

"Non si hanno notizie sui primissimi anni della giovinezza né sull’epoca dell’evirazione, volta a conservargli il registro di soprano, avvenuta presumibilmente prima del 1840. Condotto dalla famiglia a Roma, fu affidato al cantante sopranista Giovanni Matteo Tubilli, che lo tenne presso di sé per diversi anni e lo educò al canto; studiò quindi composizione con Francesco Basily. A 13 anni fu ammesso come cantore onorario nella cappella Giulia e il 28 agosto 1842, su segnalazione del canonico Andrea Caja, ottenne l’incarico di cantore beneficiato nella cattedrale di Anagni, completando gli studi musicali sotto la guida di Giuseppe D’Addrizza. Il 20 marzo 1847 prese gli ordini minori; avrebbe ricevuto ulteriori insegnamenti da Saverio Mercadante (De Angelis, 1926, p. 10). Il 14 marzo 1848 fu ammesso come primo soprano ‘soprannumerario’ alla cappella pontificia. Il 9 febbraio 1849 partecipò al Te Deum per la proclamazione della Repubblica Romana, suscitando l’indignazione dei cantori pontifici; una volta ripristinata la sovranità del papa, fu sospeso dal servizio e dovette sottoporsi a esercizi spirituali per ottenere, nel 1850, la riabilitazione. Nel 1851 prese parte, assieme ad Antonio Cotogni (che fu suo allievo) e Nazareno Rosati, all’esecuzione dell’oratorio S. Eustachio di Salvatore Capocci, data a Roma in S. Maria della Vallicella."
 
Domenico Mustafà
Da notare che la provenienza di questo celebre castrato sarebbe turca (anche la Calvé, sua allieva quanto alla "quarta voce", come vedremo, lo definisce così: "l'ultimo dei castrati, Mustafà, un turco"), come si può leggere qui, stando alla testimonianza del pronipote Massimo Postelli:


Come si può immaginare, il Maestro essendo evirato non ha figli, ma alcuni suoi discendenti ne conservano la storia e le virtù, come la famiglia Postelli. Nell’incontro con il pronipote Massimo si percepisce la passione che si tramanda da padre in figlio e racconta che: «Domenico Mustafà ha due sorelle e un fratello, quest’ultimo ha dei figli, tra cui Ottavio, mio bisnonno che purtroppo nasce quando suo padre è in carcere, per avere rubato delle pecore, e non può essere da lui riconosciuto all’anagrafe. Per non marchiarlo a vita, si decise di cambiare il suo cognome da Mustafà a Postelli. Tuttavia, sembrerebbe che l’origine del cognome Mustafà si debba alla migrazione di fedeli mussulmani dalla Turchia al territorio sellanese. In ragione del loro credo, non essendo consumatori di carne di maiale, sono utilizzati al tempo dalla popolazione locale per la guardia a questi animali».

[Fonti: Informazioni tratte dall’intervista con il pronipote del Cantore, Massimo Postelli, e dal libro da lui stesso fornito dal titolo: “Mustafà, cantore, direttore, compositore, il Verdi della Musica Sacra. Hanno detto di lui”, a cura di Lanfranco Cesari, Giornalista.]

Targa dedicata a Domenico Mustafà nella piazza a lui dedicata

Vediamo ora, qui di seguito riportate, tre brevi testimonianze - simili ma con alcuni particolari diversi in più - di Emma Calvé sulla "quarta voce" appresa da Mustafà:


RETOUR A ROME - Création de « l'Amico Fritz », de Mascagni.

L'oeuvre est exquise et renferme des beautés de premier ordre. Le duo seul entre Fritz et Suzel suffirait à assurer la réussite de l'opéra. Très grand succès. Mascagni rayonnant est venu me féliciter. Le ténor De Lucia a chanté divinement et Lhérie a composé île rôle du rabbin avec sa maîtrise habituelle.
Je commence à pouvoir me servir des petites notes flûtées enseignées par Mustapha. Ces sons très spéciaux, d'une ténuité, d'une légèreté et d'un joli timbre, vont me permettre d'aborder très facilement le ré, mi, fa, au-dessus de la portée, en grande douceur. Ils rappellent les harmoniques du violon, dont Lily Lehmann parle dans son "Traité de chant".
Hier, comme je venais d'atteindre un contre-ré, j'entends une camarade déclarer qu'après tout, cette note est du « truc ». Je rapporte le propos à Mustapha.
— Laissez dire les envieux. Ils appellent « truc », me dit-il, avec son accent italien, ce qu'ils ne savent pas faire, et lorsqu'ils l'apprennent, ils nomment ça « du talent ». Servez-vous-en toutes les fois qu'ils seront appropriés à la phrase musicale.

(Emma Calvé - "Sous tous les ciels j'ai chanté", Paris, Librairie Plon 1940)
[RITORNO A ROMA - Creazione de « l'Amico Fritz », di Mascagni.

L'opera è deliziosa e racchiude delle bellezze di prima qualità. Il duetto tra Fritz e Suzel basterebbe ad assicurare il successo dell'opera. Un grandissimo successo. Mascagni raggiante è venuto a congratularsi con me. Il tenore De Lucia ha cantato magnificamente e Lhérie ha creato il ruolo del rabbino con la sua consueta maestria. Comincio a poter usare le piccole note flautate insegnate da Mustafà. Sono dei suoni molto particolari, di una finezza, di una leggerezza e di un timbro grazioso, che mi permetteranno di arrivare molto facilmente al re, mi, fa, sopra il pentagramma, con gran dolcezza. Essi ricordano gli armonici del violino, di cui Lilli Lehmann parla nel suo "Trattato di canto".
Ieri, una volta arrivata ad un re sopracuto, sento un collega dire che dopo tutto, questa nota è « un trucco » . Riferisco a Mustafà. — Lasciate parlare gli invidiosi. Essi chiamano « trucco », mi disse, col suo accento italiano, ciò che non sanno fare, e quando lo imparano, lo chiamano « del talento». Servitevene ogni volta che saranno consoni alla frase musicale.]

(trad. it. di Carolina Barone)

Disegno che mostra De Lucia (come Fritz) e la Calvé (come Suzel) al Covent Garden (Punch, 4 giugno 1892)

THE HOLY CITY (ch. VII)
In 1891 I was chosen by Mascagni to create the charming role of Suzel in his opera, "L'Amico Fritz." It was produced at the Costanzi Theatre in Rome [on the 31 October 1891 with Fernando De Lucia] (...)
During my sojourn in the Holy City, I often went to hear the choir of the Sistine Chapel, which was at that time under the direction of the last of the eunuchs, Mustapha, a Turk, like all his companions. He had an exquisite high tenor voice, truly angelic, neither masculine nor yet feminine in type—deep, subtle, poignant in its vibrant intensity. He sang the classic church music admirably, especially Palestrina. He had certain curious notes which he called his fourth voice—strange, sexless tones, superhuman, uncanny!
I was so much impressed by his talent that I decided to take some lessons from him. The first question I asked was how I might learn to sing those heavenly tones.
"It's quite easy," he answered. "You have only to practice with your mouth tight shut for two hours a day. At the end of ten years, you may possibly be able to do something with them."
That was hardly encouraging!
"A thousand thanks!" I exclaimed. "At that rate, I will never learn! It takes too much patience!"
Nevertheless, with the tenacity which is a fundamental part of my character, I set to work. My first efforts were pitiful. My mother assured me that they sounded like the miauling of a sick cat!
At the end of two years, however, I began to make use of my newly acquired skill; but it was not until the third year of study that I obtained a complete mastery of the difficult art.
These special notes, which I have used since then with great success, are rarely found in the ordinary run of voices. I have tried repeatedly to develop them in my pupils; but, in spite of hard work and close application, I have never found one pupil who has been able to imitate them.
While I was studying in Rome, I overheard one of my comrades remark that, after all, this "fourth voice" was nothing but a trick. Much vexed, I told Mustapha what had been said.
"Let them howl!" he answered. "Our friends call our achievement trickery when they cannot do the same thing themselves. As soon as they have learned the art, they call it talent!"
I have always been an eager student, anxious to acquire new skill, ready to try any method that might increase the effectiveness of my interpretations.

(Emma Calvé - "MY LIFE" - D. Appleton and Company, 1922 - translate by Rosamond Gilder)

[Nel 1891 fui scelta da Mascagni per creare l'incantevole ruolo di Suzel nella sua opera "L'Amico Fritz." Venne data al Teatro Costanzi di Roma [il 31 ottobre 1891 con Fernando De Lucia] (...)
Durante il mio soggiorno nella 'Città santa', spesso andavo a sentire il coro della Cappella Sistina, che a quel tempo era sotto la direzione dell'ultimo dei castrati, Mustafà, un turco, come i suoi colleghi. Aveva una squisita voce di tenore acuto, veramente angelica, né maschile né tanto meno femminile come tipologia—profonda, sottile, toccante nella sua vibrante intensità. Cantava la classica musica da chiesa in modo mirabile, specialmente Palestrina. Possedeva certe note singolari che egli chiamava la sua quarta voce—strani, suoni asessuati, sovrumani, prodigiosi!
Ero così tanto impressionata dal suo talento che decisi di prendere qualche lezione da lui. La prima domanda che gli feci fu come potevo imparare a produrre quei suoni celestiali.
"E' piuttosto semplice," rispose. "Deve solo esercitarsi con la bocca completamente chiusa per due ore al giorno. Passati dieci anni, potrà forse essere in grado di farci qualcosa."
Questo non fu molto incoraggiante!
"Mille grazie!" esclamai. "Di quel passo, non imparerò mai! Ci vuole troppa pazienza!"
Tuttavia, con la tenacia che è una parte fondamentale del mio carattere, mi misi al lavoro. I miei primi tentativi furono miserevoli. Mia madre m'assicurò che i suoni che uscivano assomigliavano al miagolio di un gatto malato!
Passati due anni, comunque, cominciai a far uso della mia abilità di nuova acquisizione; ma non fu prima del terzo anno di studio che ottenni un completo dominio di tale difficile arte.
Queste note speciali, che ho impiegato da quel momento in poi con grande successo, raramente si trovano nell'ordinario tipo di voci. Ho tentato ripetutamente di svilupparle nei miei allievi; ma, nonostante il duro lavoro, non ho mai trovato un allievo che fosse in grado di imitarle.
Mentre le studiavo a Roma, udii per caso uno dei miei colleghi commentare che, dopo tutto, questa "quarta voce" non era altro che un trucco. Molto contrariata, dissi a Mustafà ciò che era stato detto.
"Lasciamoli strillare!" rispose. "I nostri amici chiamano il nostro risultato trucchetto quando essi stessi non possono fare la medesima cosa. Non appena hanno imparato l'arte, la chiamano talento!"
Sono sempre stata un'insaziabile studente, ansiosa di acquisire nuove abilità, pronta a provare qualsiasi metodo che potesse incrementare l'efficacia delle mie interpretazioni.]

(trad. it. di Mattia Peli)


THE "FOURTH VOICE"

"One thing I try to teach them [my pupils]—it cannot be learned by all—is a vocal possession of which I am very proud and jealous, the 'fourth voice.' In "My Life" I have told about the eunuch of the Sistine Chapel in Rome, Mustapha, a Turk, from whom I acquired this strange and lovely register, which he called his 'fourth voice.' It is a gamut of tones which are neither masculine nor feminine in character, but have a certain celestial quality of their own, of the greatest softness and charm. I studied with Mustapha—so much was I impressed by the beauty of these tones which I had heard him sing in the solemn services at St. Peter's—and it cost me three years of unremitting work to perfect my control of this special register. These 'fourth voice' tones are located in the frontal sinus, in the bridge of the nose, and might be compared to the harmonics of the violin. But wait a moment," continued Madame, "why do I tell you about them, when it is much simpler to sing them for you!" She threw back her head and produced an ascending flight of clear, full, beautiful tones and then, in the "fourth voice," she repeated the notes she had sung. The tones were like and yet unlike an echo, fainter, yet at the same time more colorful, more crystalline. They were very sweet, with a noticeable difference in "timbre" from the usual tones of the singing voice, and with a distinct bell-like quality—a reflection, delicate and evanescent, rather than an echo of the other voice. "No," said Madame Calvé, "I have never regretted the time and effort I gave to learning these tones, and I teach the secret of their production (a secret in which patience is the principal ingredient) to those among my pupils who seem qualified to learn it."

(Frederick H. Martens - "The Art of the Prima Donna and Concert Singer" - D. Appleton, New York, 1923)

["Una cosa che ho cercato di insegnare a loro [ai miei allievi]—non tutti possono apprenderla—è un possesso vocale del quale sono molto orgogliosa e gelosa, la 'quarta voce'. In "La mia vita" ho parlato del castrato della Cappella Sistina a Roma, Mustafà, un turco, dal quale ho appreso questo strano ed adorabile registro, che egli chiamava la sua 'quarta voce'. Si tratta di una gamma di suoni che non sono per natura né maschili né femminili, ma che hanno una certa propria qualità celestiale, della massima dolcezza e fascino. Ho studiato con Mustafà—tanto fui impressionata dalla bellezza di questi suoni che gli avevo udito cantare nei servizi solenni a S.Pietro—e mi ci vollero tre anni d'incessante lavoro per perfezionare il controllo di questo registro speciale. Questi suoni della 'quarta voce' sono situati nel seno frontale, nell'arco del naso, e potrebbero essere paragonati agli armonici del violino. Ma aspettate un momento," continuò la Signora, "perché ve li sto descrivendo, quando è molto più semplice farveli sentire!"
Pose indietro la testa e produsse un volo ascendente di toni chiari, pieni e belli e poi, nella "quarta voce", ripeté le note che aveva cantato. I suoni erano simili a un eco, e tuttavia diversi da un'eco, più tenui, ma allo stesso tempo più colorati, più cristallini. Erano molto dolci, con un'evidente differenza nel "timbro" dai soliti suoni della voce cantata, e con una distinta qualità risonante: un riflesso, delicato ed evanescente, piuttosto che un'eco dell'altra voce. "No", disse la Signora Calvé, "non mi sono mai pentita del tempo e degli sforzi che ho dedicato all'apprendimento di questi suoni, ed insegno il segreto della loro produzione (un segreto in cui la pazienza è l'ingrediente principale) a coloro, tra i miei allievi, che sembrano qualificati per apprenderlo".]

(trad. it. di Mattia Peli)


Ecco alcuni esempi fra le registrazioni del celebre soprano francese in cui si può sentire la Calvé utilizzare la "quarta voce" in zona acuta: 

(ascoltare la prima parte)

(ascoltare la cadenza conclusiva col flauto)


In realtà, in precedenza, la Calvé aveva già parlato di un meccanismo vocale che sembra corrispondere a quello della "quarta voce", come si può leggere in un'intervista pubblicata nei primi anni del Novecento in "Stars of the Opera":

Mabel Wagnalls - STARS OF THE OPERA (1907)

"Did you ever 'hum' in your practice?"

Now her face lighted up.

"Yes," she replied, all animation, "and, do you know, that is splendid! I do it a great deal even yet, especially for the high tones like this"——, and there and then, without moving a muscle, like a conjurer materializing a flock of birds, she showered upon us a bevy of humming-tones. They were soft, of course, but clear and perfect as tho made with full voice, and you wanted to wrap each one in cotton and take it home. But—they were gone!—and the singer went on speaking.
"With Mme. Marchesi I used to hum a great deal. Yes, it is an excellent practice, for it brings the tone forward right here," and she touched the bridge of her nose.

(Mabel Wagnalls - "Stars of the Opera", 1907)


["Ha mai 'cantato a bocca chiusa' nell'esercitarsi?"

A questo punto la sua faccia s'illuminò.

"Sì", ella rispose, tutta animazione "e, sapete, è splendido! Lo faccio ancora moltissimo, specialmente per i suoni acuti come questo" ——, e seduta stante, senza muovere un muscolo, come un prestigiatore che materializza uno stormo d'uccelli, ci inondò di un fiume di suoni a bocca chiusa. Erano delicati, ovviamente, ma chiari e perfetti come quelli fatti a piena voce, e avresti voluto avvolgerli tutti nel cotone e portarli a casa. Ma—erano svaniti!—e la cantante proseguì a parlare.
"Con la Signora Marchesi ero solita cantare molto a bocca chiusa. Sì, è un esercizio eccellente, poiché porta il suono avanti proprio qui," e si toccò l'arco del naso.]

(trad. it. di Mattia Peli)

Ma da dove viene questa "quarta voce"?

Troviamo la risposta nel "Musurgia vocalis" di Isaac Nathan (un allievo di Domenico Corri che fu allievo di Nicola Porpora) che parla della voce umana nelle sue tre tipologie principali e ne menziona anche una quarta spiegando nel dettaglio come viene prodotta:


OF THE HUMAN VOICE, AND ITS GENERAL QUALITIES

The qualities of the human voice are commonly distinguished under three heads, according to the natural organs which appear most particularly concerned in its modulation and tones:
- 1st, where the sound appears to issue almost entirely from the lungs, it is distinguished as a "chest voice", called by the Italians, "voce di petto";
- 2ndly, where the throat appears the chief organ connected with the production of sound, it is called a "throat voice", termed in Italian, "falsetto";
- and 3rdly, where the process of breathing seems more than usually connected with the nostrils, and the sound is accordingly modulated by their influence, it is termed a "head voice", in Italian, "voce di testa".

There is a fourth kind of voice, which is but little appreciated, consequently rarely cultivated–and since I cannot trace any sponsors, either among the Italian, or English, who have given a name to this peculiar style, I shall call it the "feigned". I am aware that the "falsetto" is considered a feigned voice; and certainly that voice must be feigned which is produced by artificial constraint, and that does not consequently seem to come forth naturally from the chest; but the quality of the sound that I allude to is not that which is produced in the throat, and already distinguished under the name of "falsetto"; nor is it the "voce di testa". It is a species of ventriloquism, a soft and distant sound produced apparently in the chest, and chiefly in the back of the throat and head–an inward and suppressed quality of tone, that conveys the illusion of being heard at a distance:–It is as sweet and soft melodious sound, wafted from afar, like unto the magic spell of an echo.
Mr. Braham [*] is the only public singer I ever heard, who has availed himself of the proper advantages which the feigned voice affords. Those who have listened to his singing of the echo song from "Narensky", must recollect the enchantingly-pleasing effect which he gave to the farewell supposed to come from his father. 





This kind of voice is in common use with the Hebrews, and is termed by them, קוֹל של ילד (qol shel yeled) "the voice of a child".–I am decidedly of opinion, that it is partly in consequence of their cultivating this particular tone, that they possess that peculiar sweetness of voice that has ever distinguished them from other singers.

(from: Isaac Nathan - MUSURGIA VOCALIS - Chapter VI - "An essay on the qualities, capabilities, and management of the human voice", 1836)

 
[* John Braham (1774-1856) - Jewish tenor with phenomenal technique and expression. Close friend of Nathan. Weber who called him "the greatest singer in Europe" composed a bravura aria especially for Braham. ("The Old Italian School of Singing: A Theoretical and Practical Guide" by Daniela Bloem-Hubatka - McFarland & Company, 2012)

N.B. Braham was a 'meshorrer' (descant singer) at the Great Synagogue, and here his abilities were noted by Lyon, who led a double life as an operatic tenor at the theatre at Covent Garden (under the name of Michael Leoni). His first stage appearance was in fact at Leoni's Covent Garden 1787 benefit, when he sang Thomas Arne's "The soldier tir’d of war’s alarms". Braham was trained by the male soprano Venanzio Rauzzini from 1794 to 1796 and his reputation remained strong until at least the mid-1820s, when he created in London the role of Huon in Weber’s opera, "Oberon" and sang in Mozart’s Requiem at Weber's funeral service not long afterwards (June 1826). In the 1830s he began to abandon tenor roles for baritone parts.
In 1840 he sang in Mendelssohn's Lobgesang (Second Symphony) at Birmingham under the composer's baton, and subsequently undertook a tour of America with his son Charles Braham. His last public performance was given in London in March 1852 (that is, when he was probably 78 years old).
He also worked as a singing teacher. Two of his notable pupils included mezzo-soprano Adelaide Kemble and soprano Fanny Corri-Paltoni.]


DELLA VOCE UMANA, E DELLE SUE QUALITA' GENERALI

Le qualità della voce umana sono comunemente distinte in tre categorie, secondo gli organi naturali :
- 1°, laddove il suono appare emesso quasi interamente dai polmoni, si distingue come "chest voice", chiamata dagli Italiani, "voce di petto;"
- 2°, laddove la gola appare l'organo primario connesso con la produzione del suono, si chiama "throat voice", denominata in Italiano, "falsetto";
- 3°, laddove il processo di respirazione appare più del solito connesso con le narici, ed il suono è di conseguenza modulato per loro influenza, si chiama "head voice", in Italiano, "voce di testa".

Esiste un quarto tipo di voce, che è poco apprezzato, di conseguenza raramente coltivato, e poiché non riesco a rintracciare alcun promotore, né Italiano né Inglese, che abbia dato un nome a questo stile peculiare, lo chiamerò "feigned" [voce finta]. Sono consapevole che il "falsetto" venga considerata una voce finta; e certamente quella voce deve essere finta essendo prodotta da una limitazione artificiale, e di conseguenza non sembra provenire naturalmente dal petto; ma la qualità del suono a cui alludo non è quella prodotta nella gola, e già distinta sotto il nome di "falsetto"; né è la "voce di testa". È una specie di ventriloquismo, un suono delicato e distante prodotto apparentemente nel petto, e principalmente nella parte posteriore della gola e della testa-una qualità di suono interiore e trattenuta, che comunica l'illusione d'essere udita a distanza:–E' un suono tanto dolce e delicato, diffuso da lontano, quanto l'incantesimo magico di un'eco.
Il Signor Braham [*] è l'unico tra i cantanti conosciuti che ho ascoltato che si sia avvalso dei benefici offerti dalla voce finta. Coloro che l'hanno ascoltato cantare il suo canto dell'eco dall'opera "Narensky", ricorderanno l'effetto piacevolmente incantevole che ha dato all'addio che dovrebbe provenire da suo padre.
Questo tipo di voce è d'uso comune fra gli ebrei, e viene da loro definito קוֹל של ילד (qol shel yeled) "la voce di un bambino".– Sono decisamente dell'opinione che, se essi possiedono quella peculiare dolcezza di voce che li ha sempre distinti dagli altri cantanti, ciò in parte derivi dalla loro coltivazione di questo particolare suono.

 (trad. it.: Mattia Peli)

(a 4.13 della registrazione con Nicolai Gedda si può sentire un effetto 'alla Braham')

Punto in cui il tenore John Braham presumibilmente emetteva il si acuto nel meccanismo della quarta voce indicata da Nathan (come "feigned" voice) nell'aria di bravura di Huon of Bordeaux, "From boyhood trained in tented field" (Von Jugend auf in dem Kampfgefild), nell'opera "Oberon" di C.M. von Weber rappresentata per la prima volta al Covent Garden di Londra il 12 aprile 1826

[* John Braham (1774-1856) - Tenore ebreo dalla tecnica ed espressione fenomenali. Intimo amico di Nathan. Weber che lo definì "il più grande cantante d'Europa" compose un'aria di bravura per Braham. (vedi: "The Old Italian School of Singing: A Theoretical and Practical Guide" by Daniela Bloem-Hubatka - McFarland & Company, 2012)
N.B. Braham fu un 'meshorrer' (cantore acuto) alla Grande Sinagoga, e qui le sue abilità furono notate da Lyon, il quale condusse una doppia vita come tenore operistico al teatro del Covent Garden (sotto il nome di Michaele Leoni). La sua prima apparizione sul palcoscenico fu infatti all'evento di beneficenza di Leoni del 1787 al Covent Garden, quando cantò "The soldier tir’d of war’s alarms" di Thomas Arne. Braham fu istruito dal castrato Venanzio Rauzzini dal 1794 al 1796 e la sua reputazione rimase buona sino almeno alla metà degli anni venti dell'Ottocento, quando creò a Londra il ruolo di Huon nell'opera di Weber "Oberon" e cantò nel Requiem di Mozart alla cerimonia funebre di Weber non molto tempo dopo (giugno 1826). Negli anni trenta dell'Ottocento cominciò ad abbandonare i ruoli tenorili optando per le parti baritonali.
Nel 1840 cantò nella Seconda sinfonia "Lobgesang" di Mendelssohn a Birmingham sotto la bacchetta del compositore, e successivamente intraprese un 'tour' in America con suo figlio Charles Braham. La sua ultima esibizione venne data a Londra nel marzo 1852 (vale a dire all'età di circa 78 anni).
Lavorò anche come insegnante di canto. Due dei suoi allievi degni di nota furono il mezzosoprano Adelaide Kemble ed il soprano Fanny Corri-Paltoni.]

John Braham ('Mr Braham in the character of Orlando') - 22 March 1802

Questa connsessione con il canto ebraico sinagogale la ritroviamo anche successivamente ai primi del Novecento nell'esperienza di Enrico Caruso in America. 

 
Nella sua autobiografia "Ponselle, a singer's life" (Doubleday 1982), il celebre soprano Rosa Ponselle affermava in merito al grande collega quanto segue:

"Caruso was an interesting study at rehearsals. He was always punctual, and only did a few vocalises to warm up his voice. To conserve his resources, unless it was a dress rehearsal, he would sing in half voice, occasionally showing off his full volume if he felt disposed to. During most of the rehearsals he would sing high notes in a cantor-like falsetto, an eerie sound compared to what his voice sounded like at full volume."

(Rosa Ponselle & James A.Drake - "Ponselle, a singer's life", foreword by Luciano Pavarotti - Doubleday, 1982)


[Caruso era interessante da studiare alle prove. Era sempre puntuale e faceva solo pochi vocalizzi per scaldarsi la voce. Per conservare le proprie risorse, a meno che non si trattasse di una prova in costume, egli cantava a mezza voce, a tratti sfoggiando il suo pieno volume se lo sentiva necessario. Durante molte delle prove egli cantava le note acute in un falsetto del tipo usato dai cantori sinagogali, un suono misterioso in confronto a come risultava la sua voce a pieno volume.]

(trad. it. di Mattia Peli)


In ambito lirico, tra i tenori dei primi decenni del Novecento, Enrico Caruso (nel 1909) ed Herman Jadlowker (nel 1919) registrarono un noto brano operistico intitolato "Magische Töne", tratto dall'opera "Die Königin von Saba" di Karl Goldmark. A conclusione di questo brano tenorile è possibile ascoltare come due note acute vengano emesse nel meccanismo della "quarta voce"!




In un articolo intitolato "Magda's Jewish Friend - The unusual friendship between a Zionist and a top Nazi leader's wife" apparso su "The Detroit Jewish News", il 31 marzo 2005-03-31, firmato da ELIZABETH APPLEBAUM - AppleTree Editor, si legge:


In his book "Enrico Caruso, My Father and My Family" by Enrico Caruso Jr. and Andrew Farkas, the tenor's son spoke with Emil Ledner, Caruso's long-time European impresario. Caruso, he said, spent almost every Friday evening and rehearsal-free Saturday at Jewish services because he discovered that
"Jewish cantors employ a peculiar art and method of singing in their delivery. They are unexcelled in the art of covering the voice, picking up a new key, in the treatment of the ritual chant and overcoming vocal difficulties that lie in the words rather than in the music."

(as quoted in "Enrico Caruso: My Father and My Family" by Enrico Caruso Jr. & Andrew Farkas - Hal Leonard Corporation, 1997)


Qui ci viene detto che Caruso, essendo stato spesso alle funzioni ebraiche, affermava che:
"I cantori giudei impiegano un'arte e un metodo di canto particolari. Essi sono insuperabili nell'arte di coprire la voce, nel prendere un nuovo tono, nel trattamento del canto rituale e nel superamento di difficoltà vocali che risiedono nelle parole piuttosto che nella musica."

(trad.: Mattia Peli)


Ecco una serie di esempi di cantori ebrei che usano la "quarta voce" nelle loro registrazioni audio o video che ci hanno lasciato: David Roitman, Yossele Rosenblatt e Berele Chagy. Incisioni nelle quali si nota, tra l'altro una grande mobilità libera della laringe e dunque flessibilità dell'organo vocale atto a muovere la voce con agilità.


 



Come abbiamo visto, il mondo dei castrati e quello mediorientale ha direttamente influenzato l'opera lirica ed i cantanti lirici.

Che si canti con la 'quarta voce' o con altri meccanismi, in ogni caso, è la variabilità timbrica e la modulazione dinamica (assieme all'agogica ed al fraseggio) a rendere vario e completo il canto lirico, altrimenti avremo un canto monotono, costantemente pompato nel forte - privo di mezzevoci, piani e pianissimi - e mancante di qualità dal punto di vista tecnico ed espressivo.

E' a questo livello e risultato che deve puntare lo studio e la pubblica performance di un cantante che vuole arrivare a diventare un vero ARTISTA!
 
 

1 commento: