Nel 1867, fu pubblicato dal signor L. Celentano un interessantissimo opuscolo intorno all'arte del canto ("Intorno all'Arte del cantare in Italia nel secolo XIX". - Napoli, Stamperia Ghio, 1867) che trovò eco favorevole ne' nostri critici musicali più competenti. Nel paragrafo VII così esprimevasi l'egregio autore:
« Sì, a che giova tacerlo? la vera scuola di canto è in abbandono. E' moralmente abbandonata, perchè non pochi sono i discenti, nè mancano, per ora istitutori anche bravi; ma non più, in generale, si apprende e s'insegna "seriamente" l'arte del cantare. E' vana cosa propugnare a voce i precetti contenuti nelle prefazioni dei classici metodi, se poi non si ha il coraggio di seguirli nell'APPLICAZIONE. Dove sono gli studi "lunghi e severi" coi quali, già ben riconosciuta l'indole della voce, la gola dell'allievo giungeva ad acquistare sicurezza d'istrumento?
« Dove è la paziente ricerca della più vera emissione del suono, in cui la "nota tenuta o messa di voce", nell'atto che sceverava e piantava il più bel suono, insegnava la tranquilla e profonda respirazione, il sostegno ed equilibrio del fiato?
« Dove è quel complesso di tanti accertamenti che menano a quella suprema sicurezza d'intonazione?
« Dove è la fermezza del metodo che nel maestro è certezza di giungere senza fallo, allo scopo, studiando e soccorrendo la "tempra speciale di ciascuna voce"? »
Già fin dal 1864 il primo ed unico Congresso musicale italiano, tenuto a Napoli, si occupò seriamente della decadenza dell'arte del canto; e la numerosa Sezione V a cui apparteneva questo ramo e della quale, oltre al De Giosa, al Petrella, al Beretta e Lauro Rossi facevano parte i chiarissimi maestri Scafati, Guercia, Caiano, Bisaccia, Lombardini, Fornari, Carelli, Sarria ed altri, diè fuori, dopo lunga e matura discussione, la sua relazione, che fu votata per acclamazione nella tornata generale del Congresso del 1° ottobre, presieduta dal Mercadante. Quella dotta relazione, firmata dal presidente D. Scafati e dal segretario L. Celentano meriterebbe esser qui trascritta per intero, ma per brevità farò cenno del brano più saliente.
« La gola umana, primo fra gli strumenti sonori, non è mai cangiata. Lo esercizio dell'arte del canto in Italia è stato prodigioso. Noi abbiamo tuttora i libri scritti delle esercitazioni con cui quei famosi cantanti si educarono e pervennero a quella perfezione, che bastò a far suonare altissimo nel mondo il nome italiano ne' foschi recenti giorni della nostra istoria.
« Queste tre verità culminanti ed incontestabili ci aprirono ben tosto la via ad affermare che la questione "canto" non è questione della natura dello istrumento, e nemmeno di possibilità di educarlo, o d'ignoranza de' mezzi di giungervi; che cioè la questione "canto" non sta nell'essenza di quest'arte ma nella sua APPLICAZIONE: che l'arte esiste in Italia, e può insegnarsi perchè niuno manca degli elementi di cui si compone; ma che intanto lo stato presente nell'esercizio vocale appare in un aspetto così scoraggiante da dover richiamare la più seria attenzione di questo primo Congresso musicale, così sulle cagioni, che sui mezzi di provvedere al rimedio. »
[cfr. Primo Congresso Musicale Italiano in Napoli. - Relazione della Sezione V, Canto - Tipografia Carluccio, Napoli 1864]
(da: Alessandro Guagni-Benvenuti - "L'odierna scuola di canto in Italia", in IL TEATRO ILLUSTRATO, agosto 1889)
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